Capitolo XXXI

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La prigione di Plaingrass era uno di quei luoghi dove Astrid non era mai stata e , prima di allora, pensava che non avrebbe mai avuto motivo di farvi visita. 

E invece la vita l'aveva costretta ad affrontare anche questo ostacolo, cosciente che presentarsi nella cella di suo padre era solo l'inizio del calvario.

La preoccupazione per suo marito non le aveva dato il tempo di rendersi conto della gravità della situazione. La sua famiglia era accusata di frode e tradimento e ciò significava che, se fossero stati ritenuti colpevoli, sarebbero stati condannati a morte.

Ma a tutto questo non aveva ancora pensato. Almeno finché non mise piede nella prigione. Piccola, aveva solo una cella di pochi metri, e lugubre, non era certo il posto dove avrebbe voluto passare la notte. 

L'illuminazione era pessima, quasi assente, e contribuiva a rendere il luogo ancora più lugubre. Faceva freddo, molto freddo, tanto che non appena entrarono Byron si tolse la giacca e le coprì le spalle, in un gesto galante. 

Astrid si voltò a fissarlo e a sorridergli, per ringraziarlo, anche se il suo volto rimase tirato e nervoso. Il marito intuì subito le emozioni che stava provando e perciò, non appena furono entrati nell'ambiente, le chiese: «Sei sicura di voler rimanere da sola?»

Più di una volta durante il tragitto da casa fino al centro del paese le aveva ricordato che non era costretta a farlo ma, soprattutto, che se voleva lui sarebbe rimasto al suo fianco per tutto il tempo.

Ma Astrid sentiva anche l'esigenza di parlare da sola con suo padre, senza alcun tipo d'interferenza, nonostante la paura la stesse attanagliando. 

«Devo farlo da sola», affermò con sicurezza nonostante il sudore le stesse inondando la schiena e il cuore le batteva forte in petto. 

«Se hai bisogno, io sono qui», Byron fu costretto a lasciarla andare, anche se si poteva intuire dalla sua espressione che non moriva dalla voglia di restare all'entrata ad aspettare la moglie. 

Cercando di apparire quanto più possibile tranquilla, anche per il bene di suo marito, Astrid evitò di lanciare un occhiata all'unica cella della prigione, dove in silenzio c'erano i suoi fratelli. 

Passò oltre, facendosi guidare dal poliziotto attraverso uno stretto corridoio in pietra che portava alla stanza degli interrogatori. 

A due passi dall'uomo davanti a lei, Astrid non riusciva a vedere molto e quando abbassò il volto osservò le proprie mani, piccole e bianche, sul ventre rigonfio. 

Quando poi l'agente si fece da parte, per farla passare, Astrid lo superò e attraversò la piccola porta in legno, entrando a tutti gli effetti nella stanza. 

«Volete un po' di intimità, milady?» non fece molto caso alla domanda dell'uomo, troppo concentrata sulla visione davanti ai suoi occhi. 

Il padre sedeva ad una sedia, anch'essa di legno, con i gomiti posati poco elegantemente su un tavolo, e la guardava senza lasciar trasparire nulla. 

Con gli abiti leggermente sporchi, il colletto della camicia un po' strappato, i capelli arruffati e un sottile strato di barba, neanche sempre lord Crowell, l'uomo sempre perfetto e tutto d'un pezzo. 

Non ricordava di aver mai visto suo padre in vestaglia, o con gli abiti sporchi, neanche la mattina quando si erano da poco svegliati. Per questo non solo ne rimase sorpresa, ma anche turbata. 

L'agente non aspettò a lungo una sua risposta e, avendo considerato il caso, decise di chiudersi la porta alle spalle e lasciare alla figlia qualche momento da sola con il padre. 

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