Capitolo 8

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Camila's pov

Entrai in classe alla seconda ora, Val era ricurva sul suo banco, nascondeva la testa ed era intenta a massacrare il ciondolo del suo braccialetto. Dovevo esserle mancata molto, era davvero nervosa e non sembrava aver scambiato parola con nessuno in classe. Mi sedetti accanto a lei, la mia presenza la spaventò inizialmente, ma quando mi riconobbe di fiondò al collo con uno slancio improvviso e mi abbracciò forte. «Oddio Camila, sono così contenta di vederti!» la presa attorno si fece più forte. Non capivo quell'improvviso slancio, okay che fosse contenta di vedermi, ma così tanto?  Forse era successo qualcosa. «Tutto bene Val?» l'afferrai per le spalle e la guardai bene negli occhi, speravo di ottenere un bagliore traditore dentro di essi, ma invece colsi soltanto un profondo bianco e l'usuale color nocciola. «Sto bene, ho preso 3 ad arte, ma sto bene.» si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e scoprii la pelle chiara nascosta sotto di esso. «E poi è stata una noia! Una sfida a chi sbadigliava di più!» si lamentò annoiata e appoggiò il gomito sul banco, aprì il palmo della mano e riposò la testa su di esso. Seguirono quattro ore di scuola, una breve ricreazione dove andai in bagno a controllare le mutande. Un liquido biancastro si era seccato sul tessuto, grazie Lauren! Non vidi più la donna, era sicuramente a terrorizzare chissà quale classe. Mi faceva sorridere il pensiero di saperla impegnata a prendere in giro dei poveri ragazzi. La sua perfidia mi aveva contagiato. Forse era il semplice pensiero di sapere che una donna così potente desiderasse me. Che poi, mi voleva davvero o ero semplicemente un passatempo? Avrei puntato sulla seconda. Sicuramente una come lei non aveva bisogno di qualcuno accanto che l'accompagnasse durante il tortuoso viaggio chiamata vita, ma desiderava trovare una persona che soddisfacesse, o meglio compiacesse i suoi bisogni. Ecco cos'ero. Una valvola di sfogo.
Driiiin. La campanella suonò. Mi affrettai a mettere i libri dentro lo zaino, Val mi domandò se tornavo a casa con lei, ma mi inventai che mi ero iscritta al corso di musica e restavo qualche ora in più. Se ne andò ricurva, proprio come l'avevo trovata.
Uscii dalla classe senza destar sospetti. Mi fermai a prendere qualcosa alle macchinette per perdere tempo, nel quale gli alunni si dirigevano verso l'uscita. Adesso era rimasta la metà delle persone, ma continuavo a guardarmi attorno scrupolosamente. Vidi la porta in fondo al corridoio. Senza pensarci corsi verso di essa e l'aprii spingendola con la spalla. Il parcheggio sul retro era davvero piccolo e angusto, c'erano giusto quattro o cinque macchine. Un'auto nera, che assomigliava ad una range, mi abbagliò con i fanali. Avanzai verso la macchina a passo frettoloso, mentre dentro imprecavo contro me stessa. Com'era possibile che mi fossi cacciata in quella situazione?! Perché non avevo seguito la mandria di ragazzi e me ne ero tornata a casa? Quanto potere aveva Lauren su di me? Quanto paura suscitava in me? E quanto desiderio ardeva per un tocco delle sue mani? Entrai dentro la macchina nera e chiusi la portiera alle mie spalle. Fissavo davanti a me, oltre il vetro. Non potevo guardarla negli occhi, altrimenti avrebbe letto il mio nervosismo e avrebbe capito che, ancora una volta, comandava lei il gioco. «Sono sorpresa Camz.» ("Camz"? Ma è un bellissimo nomignolo! Oddio che cosa carina! OKAy basta!) La guardai con la coda dell'occhio camuffando il mio sorriso e notai un'espressione sarcastica dipingersi sul suo volto. «Pensavo che sarei dovuto venire a cercarti e portarti via per le orecchie. Non credevo saresti stata tanto accondiscendente. Ah, e solo io posso chiamarti Camz.» si posizionò compostamente sul sedile e girò le chiavi, facendo borbottare il motore di quell'ammasso di ferro. «Mi tratti come se fossi un cane.» Notai con una punta di asperità. Mi sentivo il suo animale da compagnia: venivo sgridata se non seguivo i comandi; minacciata se non obbedivo alle sue richieste; ed infine mi insegnava anche le buone maniere.  «Non dire stupidaggini! Non potrei mai farmi un cane.» fece un faccia inorridita e graffiò il volante con le unghie. Devo dire che l'immagine di Lauren a letto con un cane, mi faceva troppo ridere e non cercai di nascondere il mio divertimento. Scoppiai a ridere piegandomi in due sul sedile e lasciai uscire una risata con i fiocchi. Avevo persino le lacrime agli occhi e i crampi allo stomaco da quanto stavo ridendo. «Camila se continui a ridere di me ti salto sopra e ti prendo direttamente su questo sedile, in questo parcheggio.» mi guardò e non c'era gioco nei suoi occhi. Le sue labbra erano tirate in una linea rigida. Mi ricomposi al meglio che potevo, mi schiarii la voce e le feci segno di andare. Lauren sorrise beffardamente, poi si sporse verso di me e mi diede un bacio sul collo. Le sue labbra toccarono la mia pelle in un punto alquanto sensibile e il mio corpo rabbrividì all'instante. «Brava la mia ragazza.» mormorò vicino al mio orecchio. Le sue parole calde sfiorarono il mio lobo e sentii il suo respiro abbattersi contro il mio collo, come un'onda si infrange contro gli scogli. Avvampai nuovamente. Si era subito riacceso il desiderio in me e per quanto cercassi di tenerlo sotto controllo, o di negare che quella donna provocasse in me tale passione, era impossibile ignorare gli effetti che aveva sul mio corpo. Avevo sempre tenuto a bada i miei ormoni, ma quando Lauren era vicina  a me impazzivo come i bambini al luna park. Le giostre giravano freneticamente! Non mi ero mai concessa così tanto a qualcuno e sicuramente non avrei mai puntato il dito sulla mia professoressa di scienze, ma era come se il mio corpo si abbandonasse a lei senza che io controllassi i miei istinti. Lauren mise la prima e partì. Mentre passavamo davanti alla porta dalla quale ero uscita, mi sembrò di notare una figura in piedi oltre la soglia. Intravidi dei capelli corti, spalle larghe e nient'altro. Non riconobbi chi fosse, ma qualcuno ci stava guardando. Mi voltai di scatto, ma non c'era più nessuno. Forse la vista mi aveva giocato un brutto scherzo. Quando ero con Lauren avevo sempre il timore di essere scoperta e forse quella volta le mie paure si materializzavano. «Hai visto?» domandai alla donna alla guida ci allontanavamo da scuola per dirigerci...dove? Dove stavamo andando precisamente? «Cosa?» chiese confusa. Scossi la testa con noncuranza e le dissi di non farci caso, era stata una mia svista. «Dove stiamo andando?» la strada si allargava sotto di noi, il paesaggio era sempre più verde e i grattacieli erano ora diventati case di campagna. «A casa mia.» mi girai per controllare la sua espressione. Non stava scherzando, ma tentai comunque di sdrammatizzare. «No dai seriamente, dove andiamo?» chiesi di nuovo guardandola stavolta. I suoi occhi  guardarono per un secondo i miei. Le si accendeva quel bagliore quando i nostri sguardi si incontravano, io lo interpretavo come desiderio, lo stesso che bruciava dentro di me. «Ti pare che io scherzi? Andiamo a casa mia.»

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