Capitolo 37

1.2K 65 3
                                    

Camila's pov

Avevo girato tutti i locali della città, chiesto dappertutto di lei, ma nessuno aveva notizie. Ero senza speranze. Chissà dove era andata a leccarsi le ferite. Mi sedetti su una panchina nel parco davanti all'ultimo locale nel quale avevo chiesto informazioni. Mi accesii una sigaretta, avevo davvero bisogno di calmare i nervi. Avevo una brutta sensazione, non so come spiegarlo, è qualcosa che ti assale all'improvviso, come se un filo invisibile ti legasse a qualcuno per tutta la vita e ciò che accade ad uno dei due influisce sull'altro. Il rapporto con mia sorella era più o meno questo. Nonostante la distanza, i fraintendimenti, le litigate, tornavamo sempre a ridere assieme. Lexie era troppo importante nella mia vita per poter restare arrabiata con lei. Quello che le avevo detto prima di uscire dalla stanza non era vero, non lo pensavo minimamente e so che lei lo sapeva, doveva saperlo! Io amavo mia sorella, quella era stata una brutta frase detta in un momento critico, ma avrei dato tutto per poter tornare indietro.
«Camila?» alzai lo sguardo sulla mia interlocutrice. La luce del lampione illuminava il suo volto, ma la nuvoletta di fumo lo appannava leggermente e così mi impiegai una manciata di secondi prima di riconoscere Emily. «Emily, che ci fai tu qui?»domandai spegnendo la sigaretta sotto la suola della scarpa. «Ero al locale. Ti ho vista entrare e poi uscire. Tuto bene?» mi chiese avanzando un passo verso di me. Scossi la testa debolmente e lei mi indicò la panchina, chiedendomi con un semplice gesto di sedersi accanto a me, ed io accosentii. «Hai una faccia, che succede?» mise le mani sotto le cosce e si piegò in avanti squadrandomi attentamente il volto. La guardai, la vicinanza al suo viso mi provocò un fastidio sotto forma di prurito e abbassai velocemente la testa sulle mie scarpe. «Mia sorella è scomparsa, non ho idea di dove sia. Devo trovarla.» afferrai la testa fra le mani, le dita scorsero nei capelli e li strinsi con forza, provando un dolore alla cute, ma non feci niente per fermarlo, anzi tirai più forte. «L'ho vista al locale qualche ora fa» mi voltai di scatto verso Emily. Avevo appena ritrovato la speranza, non potevo crederci. Finalmente qualcuno che potesse aiutarmi. Istintivamente afferrai le spalle di Emily e la scossi sorridendo, poi in tutta contentezza le chiedo come stava, se le aveva detto qualcosa, se sapesse dove era diretta. «Non ci ho parlato, ma l'ho vista al bancone del bar. Stava parlando in maniera sospettosa con il barista, poi lui le ha dato qualcosa, non ho visto cosa, e lei se ne è andata.» le sue parole mi scoraggiarono un po'. Speravo che avesse avuto la possibilià di parlarle, ma sapere che stava bene mi confortava molto, perciò domandai a Emily di accompagnarmi dentro. Dovevo parlare col barista.
IL locale era un vero caos, era il posto più rumoroso nel quale fossi entrata. Mi fermai sulla porta indecisa se entrare o meno, ma ci pensò Emily a trascinarmi dentro con forza. Ci facemmo strada fra la folla, venimmo spinte da una pate all'altra prima di arrivare al bar. Emily mi indicò il ragazzo con il quale aveva parlato mia sorella e mi disse che mi avrebbe lasciato qualche minuto. Mi sedetti al bancone e ordinai qualcosa da bere, con la scusa del drink mi avvicinai al ragazzo e gli feci qualche domanda. «Hai visto questa ragazza?» gli mostrai lo schermo del mio smartphone. Inizialmente lui negò, ma quando gli spiegai che era mia sorella e che la stava cercando disperatamente cedette. «Senti io non ne so niente. Non voglio andarci di mezzo, chiaro? Ho solo fatto il mio lavoro.» non capivo il perchè della sua improvvisa paura. Sembrava spaventato, anzi lo era sicuramente, ma lo calmai e lo rassicurai che nessuno ce l'aveva con lui. «Io lo so come vanno queste cose,» insistette «è sempre colpa di noi spacciatori.» mi si gelò il sangue. Non riuscii più a muovermi dalla posizione nella quale mi era messa dapprima. Che ingenua! Pensavo che Lexie fosse venuta qui a prendere un drink e che il barista fosse suo amico, il quale l'avrebbe ospitata volentieri a casa sua, invece era venuta qui per drogarsi. «Che cosa le hai dato?» domandai in preda al panico. Le mie mani tremavano sotto al bancone, le misi dentro le tasche per fermare il tremolio, ma non funzionò, perchè tutto il mio corpo iniziò a tremare come una foglia. «Cocaina.» deglutii e successivamente mi schiarri la voce e gli domandai se sapeva dov'era andata, con chi, ma lui non aveva nessun dettaglio, così tornai da Emily e l'aggiornai, dopodichè le dissi che sareii andata a cercare mia sorella e anche se lei si offrì più volte di accompagnarmi la pregai di restare a divertirsi.
Passai l'intera notte in giro per la città, senza però trovare niente e nessuno. Lexie era scomparsa nel nulla, inghiottita dalla notte. Mi ero arresa alle sette di mattina ed ero tornata a casa. Controllai se mia sorella fosse tornata, ma la sua stanza era ancora vuota. Stavo per mettermi a letto, quando qualcuno bussò alla porta. Tirai un sospiro di sollievo, doveva essere Lexie per forza. Corsi giù per le scale e aprii velocemente. Avevo già il discorso in testa, le scuse perfette, ma davanti a me su presentò un poliziotto in divisa. Oh no! Era stata beccata! «Vive qui Lexie Cabello?» domandò con aria formale, stringendo la cinta con i pollici. Annuii. «Si, sono la sorella. L'avete portata in commissariato?» l'uomo abbassò il capo e lo rialzò dopo qualche secondo. Ricordo solo il suo sguardo: vuoto, come le parole che seguirono: «Mi dispiace signorina, ma sua sorella ha avuto un incidente provocato da un'overdose. Non ce l'ha fatta purtroppo.» in quel momento non credevo a ciò che quell'uomo stesse dicendo, non volevo crederci. «No, non è vero. Chi è lei? Non è vero, non è vero.» iniziai ad urlare, a strapparmi i capelli, fino a quando mia madre si svegliò e corse in mio soccorso. Quando mi ritrovai fra le sue braccia realizzai che era tutto vero e mi lasciai scivolare giù, rannicchiandomi sul pavimento, mentre mia madre ascoltava le parole strazianti di quel poliziotto e le lacrime rigavano il suo volto.

Indecent |CAMREN| Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora