Capitolo 22

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Camila's pov

Avete presente quando state nell'acqua e il cavo elettrico finisce per folgorarvi? Ecco, io mi sentivo così sotto al tocco di Lauren. Emily era alla mia destra, ignara di tutto. Cercavo di concentrarmi sulla musica, sulla folla urlante, ma tutto quello che arrivava alle mie orecchie era il respiro di Lauren sul mio collo, i suoi gemiti mentre facevamo sesso. Sentivo il suo tocco ardere sempre di più sotto la mia maglietta, arrivava a toccare  la spalla e poi scendeva graffiandomi, ripeteva questo gesto sempre con più tenacia, fino a farmi male. «Devo andare al bagno.» mi scusai frettolosamente con Emily e mi alzai senza degnare di uno sguardo nessuna delle due. Camminavo attraverso la folla, il mio cuore accelerava scalpitante nel mio petto, il respiro era divenuto affannato e lentamente iniziai a vedere le persone girare attorno a me, i corpi non esistevano più, volteggiavano sfocati attorno a me, proprio come sopra ad una giostra. Mi chiusi la porta del bagno alle spalle, piano piano ripresi a respirare, portai una mano sul cuore e mi ripetei: "va tutto bene, tutto bene." Incitavo il mio stesso muscolo a rilassarsi e stranamente mi diede ascolto. Dondolai fino al lavandino e mi sciacquai la faccia con uno schizzo d'acqua fredda, quando rialzai la testa nello specchio vidi riflessa l'immagine di Lauren e tutti i progressi che avevo fatto fino ad ora andarono persi. Mi girai di scatto, le mie mani si aggrapparono istintivamente al lavandino dietro di me e restai a bocca aperta, senza fiato. «Hai portato un'amica o sbaglio?» avanzò di un passò, inclinò la testa verso destra e i capelli seguirono i movimenti del capo. Vedendomi in difficoltà, le nacque un sorriso malizioso e sarcastico allo stesso tempo.«Si, si e allora?» farfugliai tentando di restare calma, ma il nervosismo era chiaro nella mia voce. Quando ebbe la conferma che in sua presenza tremavo come una foglia, raddrizzò la testa e il suo sguardo divenne famelico. Ero la sua vittima, preda di un gioco al quale non avevo nessuna possibilità di vincere. O mi arrendevo o venivo sconfitta, non c'erano altre opzioni. «E allora...» si avvicinò pericolosamente a me, mi schiacciai contro il lavandino. La sua mano accarezzò i miei capelli, scese lenta fino al collo e con delicatezza sfiorò la palle con il suo indice. «Mi hai disubbidito.» i suoi occhi dentro ai miei mi facevano desiderare di morire, o forse era solo voglia di iniziare a vivere. «Questo non è affatto vero.» scansai la faccia dal suo tocco, girandola dall'altra parte. La sua mano rimase ferma nel vuoto, offesa del mio gesto. «Io e te non abbiamo...insomma voglio dire...non sono di tua proprietà, non più.» specificai duramente, tenendo lo sguardo basso, fisso sul pavimento. Con la coda dell'occhio intravedevo le sue perfette gambe curate nelle calze marroni, erano così vicine alle mie che riuscivo a sentire il suo tocco anche senza un evidente contatto. «Oh Camila.» mi riportò a guardarla, prendendo il mio mento fra l'indice e il pollice. «Tu sarai sempre mia.» il mio cuore mancò di un battito, inizialmente per la paura che le sue parole fossero effettivamente vere, in seguito per il modo in cui le aveva pronunciate. Non ci scambiammo altre parole. Le sue labbra si posarono sulle mie con irruenza, rifiutai quel bacio per quanto mi fu possibile, ma infine mi concessi inevitabilmente a lei. Assaggiai il suo sapere, ebbi la certezza che non avrei voluto baciare mai più nessun altro, se non lei. Le sue mani mi afferrarono per i fianchi, mi mise a sedere sopra al lavandino e mi abbassò i jeans. Il suo respiro si agitava sempre più, le mie guance si arrossirono in fretta, i nostri corpi si cercavano, si volavano. Immerse le labbra sul mio collo, passò la punta della lingua fino al mio capezzolo. Girò attorno ad esso, rendendo il tutto una tortura straziante per me, divertente per lei. Spinsi il busto verso di lei, facendola sorridere soddisfatta e finalmente lo prese in bocca, succhiandolo con forza. Cercai qualcosa a cui aggrapparmi, stringermi. Una mano scivolò attorno alle sue spalle, l'altra si appoggiò contro il vetro. Due dita entrarono dentro di me con forza, la sua bocca era ancora impegnata sul mio seno. Fece scivolare un altro dito, inarcai la schiena e lasciai uscire un gemito soffocato. Si chinò baciandomi i fianchi, le sue mani mi attirarono più vicina a lei e la sua lingua fu subito sopra il mio punto debole. Il mio corpo era tutto un brivido, schiacciai la guancia con il vetro freddo e mi morsi con forza il labbro inferiore per non urlare quando venni dentro la sua bocca. Lauren si alzò lentamente, sorridendo. Mi ritirai su i pantaloni, nascondendo la mia nudità. Feci per scendere, ma lei mi chiuse in una gabbia umana, spingendomi nuovamente contro lo specchio. I nostri volti erano così vicini che i respiri si confondevano in una nuvoletta calda. Pensai volesse baciarmi, invece si leccò entusiasta le labbra, succhiò uno ad uno le dita che erano entrate in me. «Che buon sapore hai.» sussurrò. Il mio petto si gonfiò irregolarmente, trattenni il respiro per qualche secondo. Dopo le sue parole ero già pronta a ricominciare. L'allontanai con una spinta e scesi dal lavandino con un balzo, intanto il suo sorriso non accennava a spegnersi. «Questo non significa niente. Non cambio idea, non siamo niente.» mi agganciai il bottone dei pantaloni e mi sciacquai nuovamente la faccia ancora arrossata e sudata. «Come vuoi.» arrivò di sorpresa alle mie spalle, mi fece voltare verso di lei. Sorrise sotto i baffi e poi mi baciò puramente, liberamente come un uomo abbraccia il mare. «Non siamo niente.» e se ne andò, lasciandomi a riprendere fiato nella solitudine. Passai la lingua sopra le labbra e raccolsi un po' del suo sapore.
Adesso lo sapevo: la mia era voglia di vivere.

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