Camila's pov
«Abbiamo appena fatto sesso in una cappella.» mi voltai verso di lei, lo spazio era così poco che a malapena ci entravamo: tenevo le gambe sotto al sedere, mentre lei aveva disteso le sue a terra, i ginocchi piegati. «In realtà abbiamo fatto sesso nel confessionale, per così chiamarlo.» si guardò intorno. Il legno scricchiolava ad ogni minimo movimento, in alto c'erano dei graffi incisi da tempo, sui lati il colore del legno era usurato e invece di essere un marrone scuro tendeva un leggero castagna. Tante persone si erano sedute lì per confessarsi, centinai di voce aveva trovato il coraggio di venir fuori e farsi udire, migliaia di segreti erano stati perdonati e adesso noi eravamo immerse in quel turbine di trasgressione ed era come se sentissimo quelle voci forti e chiare e nessuna di loro era vergognata dal nostro gesto, ma anzi ci accoglievano fra loro. Lauren aveva appoggiato la testa all'indietro, tendeva lo sguardo e le orecchie verso il soffitto, era come se anche lei stesse ascoltando tutte le preghiere immacolate nel legno. «Andrai a Londra?» chiese scacciando via ogni preghiera intinta nel legno. Il suo sguardo non si posò su di me, rimase fermo nel punto dov'era prima. «Tu vuoi che io vada?» inclinai la testa per cercare di raggiungere i suoi occhi che involontariamente scapavano dal mio contatto intenti ad osservare i segni lasciati sulla cabina di legno. «No.» scrollò le spalle in un gesto rattristito e poi finalmente si verso di me sospirando. «Però questo non...» «Non cambia le cose.» annuii abbassando la testa. Lei emise un leggero respiro nel quale mi sembrò di cogliere una parola, la quale però non riuscii a decifrare. «Mi consideri un errore Lauren? Pensi che io sia un numero scritto sbagliato che va cancellato dal foglio?» strinsi le mani in pungo e premetti con forza le unghie dentro la pelle fino a sentir bruciare i palmi, fino a vederli cambiar colore e passare dal bianco al rosso. «No, no assolutamente no.» sentii uno spostamento d'aria, poi le sue mani avvolsero le mie e mi pregò di guardarla mentre lei era in ginocchio davanti a me. «Sei la migliore cosa che potesse succedermi. Sai quanto si dice "la persona giusta al momento sbagliato?" E' così.» mi avvicinai a lei lentamente mantenendo gli occhi aperti per fotografare quell'immagine e li chiusi solo quando le mia labbra sfiorarono le sue dapprima gentilmente, un tocco quasi inesistente, poi desiderosamente le nostre lingue si trovarono e Lauren si alzò lentamente da terra per sedersi sulle mie gambe. «Non voglio essere la persona giusta se non posso stare con te.» accarezzai la sua guancia con l'esterno del pollice, la sua pelle liscia tramutò in un rosso caldo che riscaldò anche me. «Dovresti essere felice invece. Pensavo che non esistesse la persona giusta per me e tu hai cambiato questa convinzione.» sorrise debolmente immergendo la testa nell'incavo del collo e accarezzando i miei capelli in un movimento gentile che arruffò la mia pettinatura. «Non sono felice, non sono felice perché non posso averti.» mormorai accarezzando la sua pelle con la punta del naso. Il suo profumo mi inebriò, ricordai le giornate passate a letto, i momenti di passione sfrenata, la voglia matta di ricominciare. «Sono già tua.» i suoi occhi incontrarono i miei, erano lucidi, come se le lacrime pregassero di uscire, ma lei le respingeva indietro ogni volta. La baciai a fondo, cercavo di accontentarmi di averla lì adesso, di essere entrata nel suo cuore, ma con lei non mi bastava mia. Più sfuggiva, più la volevo.
«Camila sei qui?» la voce di Emily risuonò nella chiesa come un eco raccapricciante. Tappai istintivamente la bocca di Lauren, non senza ricevere uno sguardo di rimprovero da parte sua, poi mi schiarii la voce. «Si.» sentii i suoi passi dirigersi verso di noi, più il suono si faceva vicino, più premevo la mano contro la bocca di Lauren, come se avessi potuto farla scomparire coprendo con più forza, infine però mi morse il dorso della mano e dovetti ricacciare indietro un gemito di dolore. «Ma che ci fai lì?» la voce di Emily era così vicina ormai che mi sembrava persino di poterla vedere aprire la porta e scoprire tutto. Già immaginavo la sua faccia: dipinta di delusione. Dio non me lo sarei mai dimenticato. «Io..io..» mi guardai intorno. La prima cosa che vidi fu la faccia scocciata di Lauren, il suo copro mezzo nudo, le gambe aggrovigliate alle mie, le braccia incrociate al petto in segno di protesta e l'unica cosa che mi venne n mente di dire fu: «Mi sto confessando con una suora!» quello fu il culmine di ogni menzogna. Emily fece quello che sembrò un passo all'indietro, emise degli strani versi con la bocca, come se avesse voluto parlare, ma senza riuscire a dire niente. «Allora è meglio se vado. Mi raccomando confessa tutto eh..» una strana risata percorse la cappella, si sentiva in imbarazzo per avere interrotto qualcosa che in realtà era altro. «Cioè non intendevo dire che hai qualche peccato, ma se così fosse dovresti dirlo. Quello che intendo...» non trovava le parole per togliersi da quella strana situazione, così lo feci io per lei interrompendola: «Si Emily, grazie.» quando la porta della chiesa si chiuse tolsi la mano dalla bocca di Lauren la quale non ritardò a darmi un pugno sul braccio e subito dopo aggiunse: «Non provare a farlo mai più.» la sua voce fredda e imperiale mi ricordò i primi mesi passati assieme e se dapprima mi nacque un sorriso malinconico, venne seguito da un impeto focoso accesasi improvvisamente nel mio basso ventre. Catturai le sue labbra fra le mie e la baciai con forza riaccendendo quel desiderio anche in lei. Le sue dita si intrecciarono nei miei capelli con passione sfrenata, ma allo stesso tempo delicatamente, come se passasse piacevolmente la mano contro spighe di grano.Cinque mesi dopo.
«Camila svegliati, svegliati!» qualcosa di morbido mi colpii in pieno viso con forza facendolo sembrare un colpo di piombo. Alzai di scatto il busto facendo scivolare le coperte alle mie gambe. Un brivido freddo mi assalii. Non c'era niente di peggiore che uscire essere investiti dal fresco mattutino dopo aver passato una notte confortante sotto le coperte calde. «Porca puttana devi andartene. Marlene sta parcheggiando proprio adesso.» mugolai assonnata e mi lasciai cadere affondando di nuovo la testa nel cuscino che Lauren mi aveva lanciato addosso. «No Camila!» sentii il materasso afflosciarsi sotto di me e poi le gambe di Lauren furono sopra di me, mi bloccò i polsi con una stretta forte, ma quello che mi spaventò di più fu il suo sguardo, che del resto era sempre stato il suo asso nella manica. «Hai due opinioni: andartene con le tue gambe uscendo da dietro, oppure essere lanciata dalla finestra. Scegli.» risi alla sua battuta, ma quando incontrai il suo immutabile sguardo capii che non stava scherzando affatto, così balbetti che sceglievo la prima opzione. Lei annuì compiaciuta e lasciò andare i miei polsi, mi aiutò a raccogliere le mie cose in fretta e corsi giù per le scale seguita dai suoi passi veloci. Passai attraverso la cucina scivolando sul parquet, mi caddero di mano i pantaloni, non mi fermai a raccoglierli perché sapevo che Lauren li aveva già presi al posto mio. Ci trovammo davanti alla porta bianca del garage, mi voltai e non feci in tempo a dire niente perché le sue labbra furono contro le mie. «Questa storia deve finire.» mormorai stringendo il suo volto fra le mie mani, ma tenendo lo sguardo abbassato. «E finirà.» la sua mano si posò sopra la mia, chiusi gli occhi riscaldata da quella sensazione calda che sapeva di casa. «Ma non adesso, e tu sai perché.» mentre parlava i suoi occhi cercavano i miei e come ho detto prima, il suo sguardo era la cosa più potente che la contraddistinguesse. La porta in quel momento si aprii e la voce biascicata di Marlene interruppe i nostri discorsi. «Lauren, vieni subito qui! Credo di aver vomito sulle scarpe.» alzai gli occhi al cielo e morsi il labbro inferiore per non dire niente. Ormai era da un mese che Marlene tornava ubriaca a casa e questo complicava le cose non solo fra me e Lauren, ma che nella della persona che amavo, che in quel perioso si era trasformata in una badante sprecando il suo tempo a ripulire Marlene, ad accudirla come un'anziana signora non più autosufficiente. «E' ubriaca di nuovo.» le dissi con rabbia, lei mise la mano davanti alla mia bocca e socchiuse gli occhi supplicandomi silenziosamente di non aggiungere altro. «Non te lo meriti.» scossi la testa rattristata. Mi alzò la testa mettendo le dita sotto al mio mento. «Avremo il nostro lieto fino Camila.»
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Buon inizio scolastico❤
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Indecent |CAMREN|
FanfictionSTORIA NON MIA! La storia originale appartiene a @RedSara e la ringrazio per avermi dato l'onore di riadattarla in versione Camren! Love you! Trama: Era tutto nuovo per me...ancora non sapevo di vivere la storia più emozionante della mia vita.