Capitolo 13

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Camila's pov

Camminai fino all'aula, sentivo uno strano formicolio nelle dita. Mi ero presa la libertà di comandare io per una volta e mi piaceva, mi faceva impazzire poter toccare il suo corpo, sentirla mia. Ne avrei comunque pagato le conseguenze, ma ero sicura che ne valesse la pena. Avevo ancora il suo profilo fa i capelli, e le dita erano calde, per niente sazie.
«Camila!» mi voltai verso la voce e trovai la piccola Holmes alle mie spalle. Era qualche metro di distanza, ma mi raggiunse aumentando notevolmente il passo. Quando fu davanti a me la guardai abbassando leggermente la testa. «Senti Camila non voglio obbligarti, ma tu mi piaci. Mi piaci davvero tanto. Pensavo che se non ricambi dovresti dirmelo e basta.» sorrisi alle sue parole. Era stata così diretta e dolce esprimendo il suo amore per me. Mi sistemai lo zaino sulla spalle e dondolai leggermente all'indietro come se quell'interesse arrivasse proprio nel momento più sbagliato. Lo so che non avrei dovuto nemmeno pensarlo, ma mi sentivo legata ad un'altra persona e anche se lei mi aveva espressamente detto di non dovermi fare problemi a conoscere nuove persone, non intendevo seguire le sue direttive. Mi sembrava di tradirla. «Ah, ecco io, insomma non è che tu non mi piaccia, perché sei davvero carina, ma sono impegnata.» scelsi accuratamente la parola. Impegnata era perfetta per descrivere la mia situazione. Ero impegnata a seguire gli ordini di Lauren, impegnata a compiacerla, impegnavo il mio tempo con lei e per lei. Ero impegnata e stranamente ammetterlo mi fece sorridere. «Oh io, non ne avevo idea. Dio, che stupida! Mi dispiace, davvero. Okay ciao, ciao Camila» iniziò a farfugliare imbarazzata e inciampò mentre camminava all'indietro allontanandosi velocemente. Lasciai che scomparisse dietro l'angolo, avrei voluto tranquillizzarla, ma non mi sentii di aggiungere altro e quando lei scomparve mi diressi verso la mia aula.
Furono 5 ore strazianti, dopo la seconda ora già non seguivo più niente. Impiegai il tempo a parlare con Val. Mi invitò ad una festa il sabato sera, disse che ci sarebbe stata mezza scuola e che dovevo assolutamente andare. Non diedi una risposta precisa perché probabilmente Lauren avrebbe scombussolato i miei piani e non vedevo l'ora che lo facesse. La campanella suonò, diversamente dagli altri giorni mi alzai di scatto dalla sedia e uscii dalla porta sul retro, dove mi aspettava la Jauregui.  Mi guardai nervosamente attorno, poi due fanali illuminarono debolmente la mia vista e corsi verso l'auto. Sentivo un tumulto agitarsi dentro di me, cresceva man mano che avanzavo verso la macchina. Quando entrai dentro, richiusi la portiera e mi assicurai che non ci fosse nessuno attorno a noi, infine girai la testa verso di lei e senza dire una parola fui io la prima ad avventarmi contro le sue labbra. Lauren rimase evidentemente sorpresa, alzò le braccia come per lasciarmi lo spazio di fare ciò che avevo iniziato, ma sapevo che presto il gioco si sarebbe ribaltato e avrebbe preso lei il timone della nave portandoci in mezzo all'oceano, in mezzo all'alta marea e alle onde scatenate. Morsi quelle labbra succose, portai il suo viso più vicino al mio e immersi più a fondo la lingua.  Sentivo il suo respiro farsi sempre più affannoso, il sangue ribolliva nelle vene di entrambe riscaldando le nostre mani impegnate a toccarsi avidamente, le nostre guance sovrapposte l'una all'altra, i nostri petti saldamente uniti e le labbra scontratesi in un bacio passionale. «Camila..Camila.» dovette staccarmi con forza perché tanta era la rabbia di possederla. Mi sistemai sul sedile e annuii facendole capire che avevo inteso, e che avrei aspettato di essere a casa sua per continuare il nostro ravvicinato. Lauren mise in moto la macchina con trepidante controllo. Le sue mani si strinsero con forza sul volante, ritirò il collo all'indietro e respirò rumorosamente ad occhi chiusi. Stava spegnendo la fiamma accesasi dentro le sue membra.  «Merda.» disse ad alta voce, la guardai inclinando la testa e la scossi leggermente inconsapevole di ciò che stava succedendo. Lauren abbassò del tutto il mio sedile e montò a cavalcioni su me. In una mossa repentina sfilò la mia maglietta e si chinò sopra al mio petto riempiendolo di baci e morsi. Era un alternarsi di dolore e piacere, un po' come il nostro rapporto in generale.  Le sue unghie graffiarono possessivamente la mia carne, mi segnò in mezzo al seno facendomi gridare violentemente, poi sfiorò la mia pelle, con il dorso caldo, fino all'ombelico e spostò di lato la  mano graffiandomi sulla pancia, fino al bordo dei jeans. Fin quando le sue unghie incisero graffi rossi sulla mia pelle restai  a bocca aperta, quando, invece, la sua mano crudele entrò sotto le mie mutande furono le sue labbra a soffocarmi. La sua lingua si muoveva intorno alla mia, i nostri corpi strusciarono l'uno contro l'altro freneticamente, ma Lauren quasi mi impediva di toccarla. Più volte avevo tentato di aggrapparmi al suo collo, ma lei si era sempre scansata facendo ricadere la mia braccia contro i sedili, dopodiché aveva afferrato entrambi i miei polsi e gli aveva fermati sopra la mia testa stringendoli con forza con una mano. «Lasciati toccare.» sussurrai sulle sue labbra aperte contro le mie. Appoggiò la fronte contro la mia guancia, il suo naso accarezzò la mia pelle fino al collo dove lasciò un bacio su di esso e sorrise contro la pelle umida. «Hai già toccato abbastanza.» non mi diede il tempo di replicare, entrò dentro di me con due dita. I miei polmoni si sgonfiarono come palloncini bucati, sentii l'aria abbandonare il mio corpo. Era come se non avessi bisogno di respirare perché erano le sue dita a farlo per me. Si muovevano lentamente dentro di me, un movimento così lento che mi fece agognare. Spinsi il bacino verso di lei, Lauren mi mostrò l'indice e lo mosse in segno di "No". Riprese a muoversi dentro di me solo quando acconsentii a restare ferma, come voleva lei. Ansimai e sbattei la testa contro il sedile, mi incurvavo sotto di lei, mi torcevo come una ballerina sul palco. «Vuoi che aumenti?» mormorò maliziosa al mio orecchio. Quanta soddisfazione le stavo dando in quel momento. Lauren viveva di potere ed io la stavo cibando. «Si..si.» riuscii a dire senza guardarla. Appoggiò il suo seno contro il mio e si mosse più velocemente sopra di me. I suoi capelli solleticavano la mia faccia riempendola di riflessi corvini. Io ero il mare, lei l'increspatura bianca e spumeggiante dell'onda. «Supplicami.» morse il mio labbro e smise di baciarmi finchè non l'accontentai. «Ti..ti prego.» a quel punto lasciò andare le mie braccia, capì che avrei avuto bisogno di sorreggermi per sostenere l'ultimo round. Le sue dita spinsero con forza dentro di me, sempre più su, sempre più violentemente. Allacciai le mani attorno al suo collo, l'avvicinai a me, senza baciarla però, semplicemente spinsi la sua faccia nell'incavo del mio collo e annusai il suo profumo che si confondeva al mio respiro. Venni sulle sue dita, inebriata dalla sensazione del suo tocco. Lauren si distese accanto a me, quasi più sfinita di me. Sospirò portandosi i capelli all'indietro e lasciò scoperto il volto latteo.
«La mia ex-moglie. Quella nella foto, è la mia ex-moglie.» ruppe il silenzio con una confessione scioccante. Mi voltai verso di lei incredula, il mio petto si gonfiava ritmicamente e, mentre tentavo di riempire i polmoni, la guardai come si guarda il tramonto all'orizzonte del mare: è spettacolare, ma così tanto lontano che sembra quasi irreale. «Cosa?»

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