Camila's pov
Tre anni dopo.«Sei sfiancante Emily!» sbuffai finendo di sistemare le ultime cose dentro la valigia. «Non è colpa mia se non sai come tenere ordinate le tue cose.» su mio ordine saltò sopra la valigia nera posta sul letto e io chiusi la cerniera, lanciandole un'occhiata di rimprovero. Non è vero che non sapevo essere ordinata, solo mi faceva fatica esserlo. Preferivo appallottolare i vestiti e buttarli in valigia, piuttosto che impiegare ore a catalogarli per colore e ripiegarli come faceva Emily. «Non capisco perché dobbiamo tornare a Miami.» sospirai affaticata gettandomi sul letto. Non mi dispiaceva rivedere mia madre e Val. Mi ero tenuta in contatto con quest'ultima. Aveva aperto un bar in centro, le cose andavano a gonfie vele. Inoltre mi aveva anche confidato di frequentarsi con un ragazzo che le piaceva molto ed io non vedevo l'ora di conoscerlo, ma nel profondo sapevo perché non volevo tornare a Miami. Avevo costruito il mio rifugio lontano da tutti oltre oceano. Durante le vacanze non tornavo mai a casa, anche se Emily durante Natale e l'estate andava sempre a trovare i suoi e cercava sempre di convincermi, ma inventavo sempre una scusa per non andare. Temevo di incontrare Lauren. Mi ero dimenticata di lei? Certo che no. Non si dimentica il grande amore della vita, la persona che riesce a farti intravedere l'arcobaleno anche se sta piovendo a dirotto. Era una cicatrice ancora aperta e lo sarebbe stata sempre, ma non volevo renderla ancora più profonda e starle lontana era l'unico modo per salvarmi.
Con Emily andava tutto bene. Avevamo comprato un appartamento nel centro di Londra, lei studiava all'università, io avevo lasciato perdere accorgendomi che non era la mia strada. Lavoravo come azionista: praticamente giocavo in borsa, ed era incredibilmente proficuo.
Comunque stavo partendo per Miami perché mia madre aveva ricevuto un lavoro importantissimo: stava per scrivere la sceneggiatura per un film internazionale. Per festeggiare aveva organizzato una festa alla quale erano invitati più di cento ospiti. All'inizio avevo rifiutato, ma poi Emily mi chiese: «Camila, ma di cosa hai paura?» le sue parole mi innervosirono così tanto che finimmo per litigare come mai prima d'ora. Reagii così perché sapevo che le sue insinuazioni erano vere e anche se rifiutavo di accettarlo, avevo paura, una tremenda paura. Impiegai qualche giorno per ammetterlo a me stessa, ma quando accettai la cosa decisi che era arrivato il momento di affrontare la realtà. Richiamai mia madre e accettai il suo invito. Lei era felicissima, non solo perché avrei partecipato alla sua festa, ma anche perché era la prima volta che mi avrebbe rivista dopo tre anni. Mi sentivo un po' in colpa. Non ero più andata a trovarla per paura di incontrare Lauren e questo mi aveva impedito di stare vicino a mia mamma durante i periodi più bui: quando mi chiamava in lacrime perché credeva di aver incrociato lo sguardo di Lexie per strada e poi si ricordava che non c'era più. Avrei tanto voluto prendere il primo aereo e correre ad abbracciarla, ma non ci riuscivo. La mia paura mi domava, l'idea di tornare in quel posto mi immobilizzava al suolo e l'unica cosa che riuscivo a fare era spendere qualche parola di conforto per lei. Ma ora era arrivato il momento. Mi sentivo pronta per tornare a casa, e poi non era sicuro che avrei incontrato Lauren, perciò nessuna paura!
La mattina dopo la sveglia suonò troppo presto. Ero abituata ad un ritmo diverso e alzarmi alle cinque e mezzo per me era un record, Emily preparò la colazione, si occupò delle valigie e di me. La mattina non ero la persona più loquace, anzi molto laconica. Emily mi mise di buon umore e mi rassicurò che mi avrebbe lasciato il posto al finestrino. Eravamo appena salite sull'aereo. Mandai un messaggio a mia madre per avvertirla che partivamo e che presto saremo state là. Durante il volo ammirai l'oceano sotto di noi. Era così calmo, perfetto, piccole onde increspavano il mare dandogli una forma vellutata. Sorrisi ammirando il paesaggio. Emily aveva il posto davanti al mio, dormiva.
«E' bello, non è vero?» una voce femminile raggiunse le mie orecchie. Senza distogliere lo sguardo annuii e sussurrai "meraviglioso." «Sono trent'anni che prendo l'aereo, eppure non mi stanco mai di osservare il mare.» la sua voce era così armoniosa, piena di ricordi. Mi voltai verso la mia interlocutrice: era una donna sulla cinquantina, capelli castani con qualche striatura di biondo qua e là. Mi guardava con un gran sorriso, due grandi occhi illuminati da chissà quali memorie. Si capiva subito che era una donna che viaggiava molto, una che aveva visto tanti posti chissà quanti lontani. «Io vado a Miami, o meglio torno a casa.» dissi scrollando le spalle con un sorriso malinconico. Il posto che chiamavo "casa" era quello dove avevo sofferto di più e parlarne con una certa amarezza mi veniva spontaneo. «Io vado a prendere mia moglie a Miami e poi andiamo a San Francisco. Le faccio una sorpresa.» era davvero emozionata. Parlando della moglie i suoi occhi erano diventati lucidi e ora era come se non avesse visto nessun posto, conosciuto nessuna persona, se non sua moglie. «Tu vai da sola?» domandò riportando l'attenzione su di me. Scossi la testa e le indicai la ragazza che dormiva davanti a noi, con le cuffie nelle orecchie. «E' tanto che state insieme?» chiese con una certa curiosità. «Circa 3 anni, già.» annuii guardando verso l'alto e sospirando. Era tanto tempo, eppure non sembrava così tanto, pareva un giorno che eravamo partite per Londra, ma un'eternità che non vedevo Lauren. «C'è un'altra ,vero?» mi guardò nascondendo il labbro inferiore e strizzando l'occhio in maniera maliziosa. Come cazzo aveva fatto a capirlo? «No, no, no assolutamente no.» cercai di restare calma e sorrisi con disinvoltura. Lei tornò ad assumere un'espressione normale, appoggiò la testa contro lo schienale e dopo qualche secondo di silenzio sentenziò. «C'è un'altra.» mi voltai verso di lei e cercai di negare, soprattutto perché avevo paura che Emily potesse sentire, anche se dormiva avevo la sensazione che fosse sempre vigile. «Non c'è nessun'altra. Per favore abbassi la voce.» mormorai indicandole con un cenno del capo il sedile davanti. La donna si scusò mostrando i palmi in segno di resa, ma dopo qualche minuto ripartì l'interrogatorio. «La ami?» «Cristo Santo non c'è nessun'altra.» mentivo, mentivo non solo a lei, ma anche a Emily e a me stessa. Mi sembrava strano parlane con un'estranea, ma ammetto che ha colpito in pieno, riportando a galla i sentimenti che avevo represso per tutto quel tempo. Sospirai arrendevole e ammisi che si, c'era un'altra donna. Le raccontai tutto, omettendo che fosse stata la mia professoressa. «Come ha fatto a capirlo?» domandai curiosamente. Insomma avevo incontrato tanta gente, nessuno aveva mai capito il mio segreto e adesso quella donna in due secondi aveva capito tutto. «Quando parli della tua ragazza hai un torno amareggiato, come se volessi trovarti in un altro posto, con qualcun altro.» non ci avevo mai fatto caso, ma adesso che ci pensavo bene era esattamente così. Mi sorpresi della scaltrezza di quella donna e mi spaventò l'idea di aver quella conversazione proprio il giorno in cui rimettevo in gioco tutto.
L'aereo atterrò dopo ore di volo. Avevo parlato per quasi tutto il tempo con quella donna, della quale ignoravo il nome e poi mi ero addormentata. Mi aveva svegliata la voce del pilota. Ci avvertiva che era andato tutto bene, che eravamo arrivati con un'ora d'anticipo e che ci auguravamo una buona permanenza. Mi sgranchii gambe e braccia, salutai la donna che mi aveva tenuto compagnia, ma prima che potessi scendere mi disse: «Buona fortuna.» e sorrise. Ricambiai l'augurio e me ne andai insieme a Emily. Accesi il telefono. Avevo 3 chiamate perse da mia made. La contattai dicendole che eravamo appena atterrate e che presto saremo arrivate. Non l'avevo mai sentito così felice. Chiamammo un taxi e ci facemmo accompagnare a casa. Rivedere Miami mi faceva uno strano effetto. Per Emily non era niente di nuovo, ma tornare dopo 3 anni era maledettamente affascinante e straziante allo stesso tempo. Molti luoghi mi riportavano alla mente ricordi ancora vivi e riaccendevano quelli sbiaditi. Avrei potuto svoltare l'angolo e trovare Lauren, sentivo quella speranza cogliermi ogni volta che guardavo la folla, o cambiavamo strada. Il mio cuore accelerava, mi avvicinavo al finestrino e osservavo persona dopo persona sperando di trovarla, ma non fu così.
Arrivammo a casa in perfetto orario. Mia madre ci aspettava sulla porta. Quando vide il taxi arrivare corse in strada allegramente, un'immagine che mi fece sorridere. Scesi velocemente dall'auto, Emily pagò il tassista, mentre io correvo tra le braccia di mia madre e la stringevo forte ridendo. Mi distaccò di qualche centimetro per guardarmi meglio. «Come sei diventata grande Camila! Mamma mia che bella ragazza sei. Vieni qui, abbracciami ancora.» mi strinse nuovamente contro il suo petto, baciandomi la fronte. Mi era mancata tantissimo, ed ero felice di essere nuovamente fra le sue braccia amorevoli. «Sei bellissima tesoro. Hai fatto qualcosa ai capelli? Sono più chiari. E i tuoi occhi hanno cambiato colore, ora sono più marroni di prima, ma meno raggianti. Tutto bene, si? Non ti sei mica messa a dieta?! Non ne hai bisogno lo sai.» non la smetteva di parlare e più farneticava più io ridevo. Emily scese dal taxi trasportandosi dietro le valigie. Andammo ad aiutarla e portammo tutto dentro. «Mamma mia, come sono felice di avervi qui. Tutte e due!» disse mia madre baciando anche Emily, anche se loro si vedevano spesso quando lei tornava a Miami, ma si vede che mia madre fu presa da un'emozione tanto forte da dimenticarsene. Quella stessa sera venne mio padre e Anne a cena Vederli ancora insieme mi rendeva contenta, forse aveva davvero trovato la persona giusta, ma rivedere Anne mi metteva nostalgia, mi ricordava i momenti passati con Lauren e non era facile per me, ma pretesi che andasse tutto bene. Mio padre si informò sul mio lavoro, mi diede qualche consiglio utile e mi disse anche di cercarmi un impiego fisso, così avrei avuto un appoggio in più. Mi domandò come andava la storia con Emily, se avevano intenzione di sposarci, ma smentii subito quella idea bizzarra. Pensare di impegnarmi per sempre con lei mi rendeva nervosa. Era come se legandomi per sempre a qualcuno che non fosse Lauren cancellasse per sempre la nostra storia. E non ero ancora pronta a mettere il punto fine e daccapo, non ancora.
Durante la serata Anne si avvicinò a me quatta quatta, senza farsi notare. Eravamo da sola in cucina, mentre gli altri parlavano a gran voce nell'altra stanza. «Come stai?» mi versai un bicchiere abbondante di vino. Non potevo continuare quella conversazione senza bere. «Bene, bene. Voi tutto ok? State tutti bene?» non la guardai nemmeno per un istante mentre le parlavo. Fissavo davanti a me, o tenevo la testa bassa sul bicchiere, ma mai su di lei. «Si, stiamo tutti bene.» mi schiarii la voce prima di specificare. «Ma, proprio tutti?» sentii il suo sguardo bruciare su di me. Con la coda dell'occhio riuscii a intravedere un leggere sorriso sulle sue labbra. «Si Camila, proprio tutti.» in quel momento entrò mio padre in cucina e avvertì che era arrivato il momento di andare. Anne gli diede un bacio a stampo, per il quale feci una faccia schifata creando una risata generale. «Allora, ci vediamo domani!» disse mio padre prendendo a braccetto Anne, la quale prima di congedarsi disse: «E' un problema se veniamo con amici?» al suono di quella parola mi girai di scatto. Amici? Non quelli che credevo io, spero! «Oh, no assolutamente più siamo meglio è.» disse mia madre abbracciando la donna e salutando mio padre con 2 baci sulle guance. A quanto pare erano cambiate tante cose in 3 anni: in questo tempo i miei si erano riconciliati e adesso avevano un bel rapporto. Speravo che adesso mia madre lasciasse andare l'ombra del suo primo amore e trovasse qualcuno che l'amasse e meritasse.
Durante la notte Emily non si svegliò nemmeno una volta, mentre io non dormii. Andai a farmi una tisana e restai per qualche ora sul divano a vedere la televisione, fin quando non mi addormentai. La mattina mia mamma mi trovò a dormire in salotto e pensò che avevo litigato con Emily, ma la rassicurai che andava tutto bene, mi ero solo appisolata guardando vecchie fiction. Mia madre mi spiegò come aveva organizzato la giornata: alle sei e mezzo arrivavano gli intimi, dalle otto in poi gli altri ospiti, infine alle nove iniziava la cena. Aveva imbandito due tavoli lunghi nel giardino posteriore, aveva anche ingaggiato un catering a spese sia sue che di mio padre, il quale aveva voluto contribuire a tutti i costi. Emily si svegliò molto presto, venne a cercarmi e mi trovò intenta con mia madre a pulire casa. «Io vado a prendere la torta. E' un piccolo regalo che abbiamo pensato di farti io e Camila.» mi cinse la vita e mi diede un bacio sulla guancia sussurrando un dolce buongiorno all'orecchio. Sorrisi e ricambiai, mentre mia madre ringraziava immensamente Emily e ripeteva che non ce n'era bisogno. Dopo 5 minuti interi di ringraziamenti e smancerie, mi annoiai di sentire sempre gli stessi complimenti e un po' bruscamente dissi: «Okay, abbiamo capito! Emily ed io ti abbiamo fatto un pensiero, non importa ringraziarci da qui a stasera.» mi madre mi guardò e con un sorriso sarcastico rispose: «E' bello vedere che certe cosa non cambiano mai.» e ridemmo tutte e tre. Emily poi uscì per andare a prendere la torta dal pasticcere, così io e mia mamma restammo sole.
«Quanto tempo ti fermerai tesoro?» so che sperava dicessi qualche giorno oppure addirittura settimane, ma dovetti deludere le sue aspettative: «Fino a domani mamma. Il volo parte alle cinque del pomeriggio.» notai un'espressione di disapprovazione sul suo volto, così allungai la mano verso di lei e strinsi la sua. «Abbiamo ancora del tempo insieme.» mia madre la strinse più forte e alzò la testa interrompendo il suo lavoro. I suoi occhi erano lucidi, pieni di lacrime. «Ma poi non dovrò aspettare altri 3 anni, vero? Insomma questo Natale potresti tornare e stare con me qualche giorno in più.» sospirai pensando di dover rivivere le sensazione che provavo in quei giorni, ma in fondo mia madre era una donna sola, con un peso enorme sulle spalle e la mancanza di una figlia. «Vedremo mamma, vedremo.» sorrise dandole una fievole speranza. Dopo qualche ora tornò Emily con la torta e festeggiammo l'assunzione di mia madre augurandole il meglio.Lauren's pov
Erano le quattro di pomeriggio, stavo leggendo un libro sul divano in completa solitudine. Marlene era partita per lavoro, la sua vita aveva preso una piega inaspettata: era entrata in una compagnia lavorativa importante grazie all'aiuto di alcuni amici e aveva smesso di drogarsi, non di bere, ma non esagerava più come prima e la nostra vita andava abbastanza bene. Non era perfetta, perché non poteva esserla neanche se lei fosse la persona più buona del mondo. Ormai il mio cuore apparteneva ad un'altra, non la vedevo da 3 anni. Ci eravamo scambiate dei messaggi a volte, molto freddi, come fanno due amiche a distanza di tanti anni, e sentirla così distaccata mi faceva solo male, così avevo smesso di scriverle e anche di rispondere, interrompendo qualsiasi comunicazione fra di noi. Probabilmente era stata la scelta migliore. Ora non stavo tutto il tempo ad aspettare che mi scrivesse, non passavo le giornate sperando in un suo messaggio, vivevo giorno dopo giorno con Marlene. Avevamo fatto diversi viaggi, alcuni molto tristi, perché erano mete che avrei dovuto visitare con Camila, ma me la passavo discretamente. Fino a quel giorno, quando Anne si presentò alla mia porta.
«Che ci fai qui?» domandai abbracciandola. Non ci vedevamo molto ultimamente perché lei era sempre impegnata con suo marito, io con i ragazzi indisciplinati a scuola e mia moglie. «Lauren devo parlarti.» disse con quel tono spaventosamente familiare, ed entrò senza nemmeno guardarmi. Le dissi di accomandarsi. Ero visibilmente agitata. Forse era successo qualcosa di grave. «Anne, mi fai preoccupare.» mi sedetti accanto a lei con il gomito sul poggiatesta e lo sguardo fissato su di lei. «Non so come dirtelo.» si massaggiò le tempie bisbigliando qualcosa sottovoce di incomprensibile. «E' tornata.» «Chi? Marlene? No, è ancora in viaggio. Ma che c'entra?» scosse la testa energicamente e mi zittì urlando: «Non Marlene, Camila è tornata!» silenzio. Lei continuava a parlare, ma l'unica cosa che riuscivo a percepire era il mio battito cardiaco impossessarsi del mio corpo, risuonare come un tamburo. Il mio respiro si era fatto corto. Stava succedendo davvero. Mi sentii mancare il terreno sotto i piedi e se non fossi stata a sedere sarei crollata a terra. «Lauren, ma mi stai ascoltando?» ero rimasta a bocca aperta, cercavo di ricordare come si respirava, ma momentaneamente l'avevo scordato. «Ok, ti prego non morire! Non voglio essere implicata in un omicidio. Non posso andare in carcere, hanno i bagni in comune! Ti prego, non morire.» mi afferrò per le spalle e mi scosse con forza. Rientrai nel mio personaggio, indossai la maschera che portavo spesso e con freddezza dissi: «Non mi importa.» Anne scoppiò a ridere, io continuai a ripetere la stessa frase finché la donna non mi diede uno schiaffo zittendomi. Portò le mani davanti alla bocca, incredula del suo gesto. «Grazie, ne avevo bisogno.» dissi sistemandosi la mascella e andandomi a versare un bicchiere d'acqua. «Devi venire con me stasera. C'è una festa a casa della mamma di Camila. Lei sarà lì. Devi assolutamente venire.» si alzò dal divano e venne verso di me, sedendosi infine sullo sgabello della cucina. «Non se ne parla Anne, ti ringrazio per avermi avvertita, ma non sono pronta. Non sono pronta.» buttai giù l'acqua tutto d'un sorso e riempii un altro bicchiere. Anne mi guardò in modo truce. Per la prima volta mi faceva paura quella donna tanto dolce. «Lauren sei la donna più forte che abbia conosciuto, non a caso sei la mia migliore amica e il destino ha voluto che la figlia di mio marito fosse il tuo vero amore. Non mi interessa se non sei pronta, se hai paura, se ti senti spaesata e pensi che lei non ti ami più, cosa che posso confermare non essere vera. Devi dimostrare di avere le palle e devi venire con me a quella festa, anche solo per rivederla, per amarla un'ultima volta. Non ti lascerò sprecare quest'occasione. Ti porterò a quella festa. Viva o morta. Scegli tu.» le sue parole mi colpirono davvero, non solo perché aveva centrato in pieno il punto, ma anche perché temevo davvero che mi avrebbe uccisa e portata al party. Alzai le mani in segno di resa e andai a vestirmi. Indossai un abito bianco, abbastanza scollato, molto attillato e con una spaccatura sulla gamba. Poi Anne andò a casa sua a vestirsi e tornò a prendermi un'ora dopo accompagnata da suo marito. Cioè dal padre di Camila, che situazione! Arrivati davanti alla porta, mi fermai un attimo. Una parte di me voleva fare irruzione là dentro, andare verso di lei e baciarla. L'altra voleva scappare, correre lontano e far finta di nulla, ma poi Anne venne accanto a me. «Lauren, è solo una porta. Solo quella porta vi divide.» respirai a pieni polmoni, tutto il mio corpo tremava: dalle ginocchia, alle dita delle mani. «Ho paura Anne. Come non mai in vita mia.» lei sorrise lievemente massaggiandomi amichevolmente la schiena con il palmo della mano. «L'amore fa quest'effetto.» mi afferrò per mano e mi trascinò dentro. Se non l'avesse fatto lei non sarei mai riuscita a muovermi. Quando entrammo mi guardai attentamente attorno. C'erano tante persone, troppe. La cercai scrupolosamente fra tutti gli invitati, poi Anne mi diede una gomitata e con il dito mi indicò una ragazza in abito nero a qualche metro da noi. Il mio cuore si fermò, o forse tornò a battere. I miei polmoni si riempirono d'aria e quando lei si voltò, i nostri sguardi si incrociarono, rilasciai andare il respiro che avevo trattenuto fino a quel momento. Dio quando era bella. Quanto l'amavo.To be continued...

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Indecent |CAMREN|
FanficSTORIA NON MIA! La storia originale appartiene a @RedSara e la ringrazio per avermi dato l'onore di riadattarla in versione Camren! Love you! Trama: Era tutto nuovo per me...ancora non sapevo di vivere la storia più emozionante della mia vita.