La scuola non era più la stessa. Discorsi vuoti, conversazioni noiose, persone lontane. Val mi tirava su di morale, si era accorta che qualcosa non andava, lo capivo dal modo in cui mi guardava, ma non si era permessa di chiedermi niente, perché aveva imparato a conoscermi e sapeva che preferisco fumare una sigaretta in silenzio, che parlare di me. «Mi vedo con un ragazzo.» ruppe la monotonia della lezione rivelandomi un'informazione personale. Mi girai verso di lei fingendomi interessata e le fece le usuali domande: Come si chiama? Quanti anni ha? Di che colore ha gli occhi? Dove vive? Ti piace? Soliti quesiti. Provai una leggere malinconia, insomma io non potevo certo confessarle che facevo sesso con la nostra professoressa. Nessuno poteva pormi quelle domande, perché nessuno doveva saperlo. Vivere nell'incognito era emozionante, almeno all'inizio, ma adesso iniziava a stancarmi. Mi sentivo come un segreto da custodire, un brutto segreto che non puoi confidare a nessuno, mai. «E tu? Emily mi ha parlato molto di te.» mi diede una leggera gomitata e poi un'altra più forte. Fui costretta a rivolgerle la mia attenzione. «Non so che dirti Val. Sono impegnata in queste settimane e non ho tempo per pensare a Emily.» disegnai degli scarabocchi confusi sulla banda alta del quaderno, sentivo lo sguardo di Val starmi addosso. Odiavo quando qualcuno indagava su di me, mi faceva sentire a disagio. «Si. Anche lei ha detto che sei impegnata, ma non nel senso in cui credi tu.» mi voltai di scatto verso di lei e sorrisi nervosamente portando una ciocca di capelli, caduta davanti agli occhi, dietro all'orecchio. Fortunatamente la campanella suonò e scappai dall'aula, ma presto Val mi fu addosso e con esagerata calma mi disse: «Non devi sentirti in obbligo di raccontarmi tutto, ma mi farebbe piacere sapere almeno a grandi linee. Ti reputo la mia migliore amica, ho bisogno almeno di un po' di fiducia da parte tua.» si appoggiò contro l'armadietto schiacciando lo zaino rosso contro il metallo celeste. Che cosa avrei dovuto dirle? Non volevo certo mettere in pericolo la carriera di Lauren, tantomeno la nostra relazione. Relazione? Rapporto, meglio rapporto. «Non c'è niente da dire Val.» dissi scuotendo la testa e aprendo l'armadietto per prendere i libri per la prossima ora. «Io credo di si.» la sua sicurezza mi spiazzò. Okay che Emily le avesse fatto intendere che io ero già occupata con qualcun altro, ma il suo tono grintoso nascondeva qualcosa. «Val ti sbagli.» risposi con altrettanta freddezza e richiusi con forza l'anta producendo un rumore metallico fastidioso. «Non credo proprio. Emily ha ragione Camila. Ti ho vista entrare in macchina con la professoressa Jauregui e sembravate molto intime.» le sue parole mi gelarono il sangue. Mi voltai a rallentare verso di lei, le mie labbra erano schiuse e sentivo il mio respiro confondersi con la paura e insieme miscelarsi al sangue dentro le vene. Era lei. Non mi ero sbagliata, c'era davvero qualcuno quel pomeriggio a guardare, ed era Val. «Val..cosa...come..» non sapevo come rispondere, per fortuna ci pensò lei a scongelarmi. Le sue mani presero affettuosamente le mie e mi guardò con fare confortante. «Non dirò niente Camila, non preoccuparti.» diede una rapida occhiata alle mie spalle, il ragazzo che frequentava l'aspettava all'entrata principale. Sciolse le mani dalle mie e mi rassicurò ancora una volta che sarebbe rimasta in silenzio, si allontanò soltanto quando annuii facendole capire che avevo capito. Dovevo chiamare Lauren, avvertirla. So che eravamo d'accordo che mi avrebbe chiamata lei, ma sentivo un peso opprimermi il petto e dovevo assolutamente parlarne con lei. Mi rinchiusi nel bagno della scuola e composi il suo numero, uno squillo, due, tre, quattro, cinque...
«Camila non puoi chiamarmi.» la sua durezza mi spaventò, mi ero quasi dimenticata del suo lato gelido, nemmeno un secondo di tempo e mi tornò a mente. «Si lo so, ma è importante.» la interruppi velocemente, mi assicurai che nei bagni non ci fosse nessuno e quando ebbi la sua attenzione le chiarii la situazione: «Lauren una persona ha scoperto quello che succede fra noi.»
«E quindi?» rispose con estrema tranquillità, la mia affermazione non l'aveva scossa, né tanto meno scioccata. Provai a ripeterle quello che avevo appena detto, ma il suo atteggiamento non cambiò.
«Camila, non ci causerà problemi e se lo farà, fidati, se ne pentirà. Non sono preoccupata e non dovresti esserlo nemmeno tu.» sospirò con fastidio, come se la mia chiamata l'avesse disturbata.
«Un po' lo sono, per te.» ammisi scioccamente. Mi lasciai andare contro la parete, portai le gambe vicino al petto e appoggiai la testa contro il palmo della mano.
«Non devi esserlo. So badare a me stessa, so di cosa sto parlando. Camila devo andare.» lo disse frettolosamente, c'era furia nella sua voce, voglia di chiudere quella chiamata fin troppo inaspettata.
«Che c'è Lauren?»
«Niente perché?» rispose duramente e ancora più noiosamente.
«Sei strana, frettolosa e fredda.» mi alzai lentamente dal muro al quale mi ero appoggiata, il palmo della mano scorse lungo la parete fredda. Quando tornai in posizione eretta la mia immagine si riflesse involontariamente nello specchio e notai la preoccupazione, forse anche un po' di gelosia percorrere rabbiosamente la mia fronte.
«Perché ti ho detto che ti chiamo io maledizione!» sentii un rumore stordente, forse il frantumarsi di un piatto, o un di un bicchiere, magari solo il battere del pugno contro il vassoio d'argento. «Ho compagnia Camila. Ho da fare, non posso stare al telefono con te.»
«Hai compagnia Lauren?» lei non si accorgeva del male che mi infliggeva, credeva che fosse normale andare a letto con le persone che le piacevano, non pensava ai sentimenti altrui, perché lei, per prima, non aveva.
«Si, ho compagnia. Stavo scopando prima che tu mi interrompessi.» confessò senza peli sulla lingua. Inizialmente mi ribollì il sangue nelle vene, fui sorpresa da un'improvvisa rabbia, gelosia, mi sentii colpita nella dignità, poi mi gelai, non percepii più le mani, gambe, niente. Ed infine la rabbia tornò ad assalirmi, come un fuoco che si riaccende dalle ceneri.
«Vaffanculo Lauren.» e attaccai. Uscii dal bagno sbattendo con forza la porta. Fanculo a lei e anche a me, perché ci avevo creduto per qualche minuti, prima che lei partisse per la gita, c'avevo davvero creduto e allora fanculo a me e alla speranza.
Mentre camminavo a grandi passi nel corridoio incrociai Emily e in un primo momento proseguii senza nemmeno salutarla, se non con un cenno del capo, poi venni colta dall'ultimo impavido sentimento: la vendetta. Tornai indietro e le chiesi se fosse ancora disponibile per quel gelato. «Certo che si.» le si accesero gli occhi, un'illuminazione abbagliante, calda. Anche a me si accesero di un bagliore accecante, freddo e spietato.
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Indecent |CAMREN|
FanfictionSTORIA NON MIA! La storia originale appartiene a @RedSara e la ringrazio per avermi dato l'onore di riadattarla in versione Camren! Love you! Trama: Era tutto nuovo per me...ancora non sapevo di vivere la storia più emozionante della mia vita.