That weekend

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marzo. io ed Emily stavamo insieme ormai da quasi quattro mesi ed eravamo molto felici. era tutto perfetto, i nostri amici ci appoggiavano e avevamo sempre più libertà, nonostante comunque i mille limiti. era vero però che non ci facevamo molti problemi ad essere spontanee in pubblico, ma non era colpa nostra, anzi non era proprio una colpa. non si possono trattenere certi sguardi, certe risate, certi gesti, non potevamo trattenere ciò che ci univa. quando abbiamo iniziato a diffondere la notizia tra i nostri amici, non ce n'è stato uno che non avesse risposto "l'avevo capito", proprio per il fatto che non potevamo per niente passare inosservate. una nostra amica in particolare, Rachel, aveva capito tutto dall'inizio, ma è stata una delle ultime a saperlo. io ed Emily abbiamo aspettato febbraio per dirglielo perché inizialmente nessuna delle due aveva un rapporto abbastanza stretto, poi però lei insisteva con frasi come "state insieme per forza, si vede che vi amate" e abbiamo ceduto. non è stata per niente una scelta sbagliata, anzi, avrei preferito farlo prima. con questa rivelazione abbiamo legato sempre di più e ora a pensarci mi sembra stupido aver aspettato così tanto. Rachel è una persona speciale, ci tiene molto a noi e si vede. è davvero unica, mi fa sempre ridere e le voglio un mondo di bene. era diventata praticamente quella che sclerava ad un nostro sguardo, urlava a ogni abbraccio e quasi sveniva per un bacio, la nostra 'shipper' insomma.

18 marzo, un sabato come gli altri, forse. come di consuetudine, uscimmo per mangiare una pizza. eravamo il solito gruppo, Gayle, Rachel e altri della classe. sarebbe dovuta venire con noi anche Stacy ma aveva un impegno con un'altra nostra compagna, Gwen, con cui ultimamente aveva legato parecchio. avevo sempre visto Gwen come una persona simpatica e carina, ma soprattutto anche molto affidabile, però quel giorno avevo un brutto presentimento e non mi sentivo tranquilla a sapere che le due ragazze erano insieme e senza nessun altro.
Emily invece era uscita con i suoi e amici, quindi la serata non fu delle migliori ma neanche così spiacevole e passò abbastanza velocemente. finito di mangiare usciamo dal locale e mi arriva una chiamata da Stacy, aveva una voce molto strana e le chiesi subito se fosse tutto okay, lei disse che non si senteva molto bene, al che le chiesi di spiegarmi dov'era, presi Gayle con me, le spiegai tutto e raggiungemmo le due ragazze. arrivate da loro mi accorsi subito che c'era qualcosa che non andava e venni finalmente informata da Gwen che la ragazza aveva bevuto. Stacy era molto debole e non reggeva per niente l'alcool quindi mi arrabbiai con entrambe per ciò che era successo ma non c'era tempo per nessuna ramanzina. cercammo di far sentire meglio la ragazza, ero totalmente impanicata, menomale che c'era la mia migliore amica con me. avevo bisogno di sentire anche la mia ragazza però, così la chiamai per vedere se era in zona e per fortuna dopo poco arrivò, con i suoi. ci raggiunse anche mia madre che era venuta a prendermi, e fu lì che conobbe la madre di Emily, ma non avevo testa per pensarci in quel momento. finalmente dopo una serata passata a cercare di calmarla, Stacy si riprese e tornò a casa con sua madre che ovviamente non sapeva nulla. tornai a casa anch'io, ma durante il tragitto in macchina mia madre iniziò a parlare:
-Brooklyn ma è la prima volta che succede? tu me le devi dire queste cose, sennò io sto in pensiero e poi non ti faccio uscire. ti prego devi essere sincera con me-
io non riuscivo a parlare perché la mia mente era troppo affollata, era piena di parole e sensi di colpa. i miei genitori non sapevano niente di me ed Emily, ma era da un po' che pensavo di parlare con loro di ciò, aspettavo solo il momento giusto, che non era certamente quello. forse però per cos'era successo, per la paura che avevo avuto, per l'agitazione, per tutte le bugie che avevo detto ai miei e per tutto quello che gli stavo nascondendo, parlai. vomitai tutto in un attimo e scoppiai a piangere davanti a mia madre. non potrò mai dimenticare la sua faccia, quella faccia che diceva tutto sulla sua delusione, sulla sua preoccupazione per me, sulla sua rabbia per il fatto che l'avevo tenuto nascosto per tutto quel tempo. salimmo a casa e mi costrinse a dirlo anche a mio padre. ero lì, in lacrime, davanti ad entrambi, nessuno diceva niente, mio padre stava continuando a guardare la televisione e io stavo per svenire, quel silenzio mi stava uccidendo. poi, finalmente, cessò. mia madre disse che mi avrebbero voluto bene lo stesso e io dissi che non ero neanche sicura, che probabilmente era solo una fase, ma una bella fase. mio padre disse che se non ero sicura dovevo stare attenta. dopo aver parlato mi abbracciarono e andai a letto. prima di dormire però lo dissi ad Emily, non riuscivo a capire come l'avesse presa, forse era felice perché lo sapevano ed era andata bene o forse non lo era perché era contraria a dirlo ancora. io ero abbastanza sconvolta e tremavo, non potevo ancora crederci, sapevano tutto e non avevano reagito male per niente. ero molto contenta.
il giorno dopo fu tutto meno felice, l'atmosfera in casa era strana e i miei mi guardavano con una faccia triste, specialmente mia madre. ci avevano ripensato? ne avevano parlato tra di loro? beh, l'avrei scoperto molto presto. mia madre per tutta la giornata cercò di rassicurarmi con frasi come "a noi puoi dire tutto, non ci nascondere più niente di così importante". mi stavo preoccupando sempre di più e ne avevo tutti i motivi. infatti la mattina seguente, lunedì 20, prima di uscire per andare a scuola mi dissero una cosa che non scorderò mai, ricordo ancora le parole precise: "Brooke, devi lasciarla, non potete assolutamente continuare". e tutto quello che mi avevano detto sabato sera? era tutto finto? non pensavano nulla di quello che mi avevano detto?
provai a dire qualcosa, a chiedere spiegazioni, ad oppormi, ma iniziarono a minacciarmi di farmi cambiare classe e addirittura scuola, e io non sapevo davvero cosa fare. ci tenevo troppo, la amavo troppo, non potevo lasciarla, non volevo. allo stesso tempo però loro erano comunque i miei genitori e la situazione a casa sarebbe solo peggiorata e già non era delle migliori. sono sempre stata una persona abbastanza debole, forte solo in apparenza, e neanche, una di quelle che abbassa la testa molto facilmente, e l'ho sempre considerato un enorme difetto, perché lo è.
arrivata a scuola ne parlai con Gayle che mi propose di continuare a mentire, ovvero dire ai miei che l'avevo lasciata quando in realtà non l'avevo fatto. così però sarei tornata punto e a capo, l'avevo detto ai miei proprio per smettere di mentire, per poter essere sincera con loro e poter parlare liberamente, non volevo tornare indietro ma non volevo neanche rinunciare alla cosa che più mi rendeva felice. ne parlai con Emily e vidi subito la sua espressione cambiare, non voleva rinunciare a me e appena dissi ciò che mi avevano detto i miei genitori, se ne andò, non voleva neanche sentirlo. ci pensai a lungo, in fondo mentivo già da quasi quattro mesi, continuare non mi avrebbe fatto granché. optai quindi per la soluzione proposta dalla mia migliore amica.
una volta a casa però mia madre mi chiese se l'avessi lasciata e io dissi di si, poi mio padre mi prese in disparte e mi disse che avrei fatto meglio a dire la verità perché sennò me ne sarei più che pentita, mia madre stava male per tutto ciò e, se non li avessi ascoltati davvero, mi avrebbero mandata da uno psicologo. mi mise paura, davvero tanta. e fu lì che crollai. parlai con Emily e le dissi ciò che non avrei mai immaginato di dirle: "forse sarebbe meglio una pausa". in quel momento avevo perso, avevo perso contro i miei genitori, contro la mia debolezza, contro il mio cervello, ma soprattutto avevo perso lei. non riuscivo a stare in quella casa con quell'atmosfera sapendo di non essere sincera, avevo bisogno di staccare il cervello ma purtroppo coinvolsi anche lei che era l'ultima a meritare di soffrire, tanto meno per me.
stavo male, terribilmente.
a scuola era uno strazio, era uno strazio vederla lì e non poterle stare vicino, non poterla baciare, o tenerle la mano, o anche solo stringerla a me in uno di quegli abbracci che rassicurano, che dicono "va tutto bene, ci sono qui io", perché non andava tutto bene e purtroppo io non c'ero più, non c'ero più io e non c'era più un noi.

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