12. Casino

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Non so come ma ero riuscito a tenere a bada Harry e me stesso per altri cinque minuti, prima di trovare un posto abbastanza isolato e fermare l'auto.
Mi voltai, mezzo sconvolto, le mani strette al volante.
«Mi dai una spiegazione?» chiesi, leggermente incazzato.
Perché si, ero stato io a dargli il mio numero e a mettermi in quella faccenda ma lui, Dio Santissimo, lui.
E la sua dannata innocenza.
«Volevo solo vederti» sussurrò, chinando il capo.
«No, no, Harry» esclamai subito, mettendo due dita sotto al suo mento e costringendolo a guardarmi.
«Parliamo, okay?» domandai, scrutando nei suoi occhi.
«Sono gay, d'accordo? E l'ho scoperto tramite una sega da parte del fratello del mio migliore amico! Bel modo, eh?»
Sputò fuori tutto, e mi ritrovai di fronte un sedicenne maturo e consapevole, arrabbiato e disperato.
Non più il piccolo inesperto, ora vi era un adolescente in crisi.
«Non l'ho fatto solo perché mi ecciti, okay?» sbottai, rendendomi conto di aver ammesso una cosa piuttosto importante.
Lui arrossì ma non abbassò il tono della voce quando mi disse:«Non ti sto dando delle colpe! Solo che- non puoi, cazzo.»
Si mise le mani tra i capelli e appoggiò i gomiti sulle ginocchia, sbuffando.
«Non puoi fare quello che hai fatto e poi arrivare qui e fare l'incazzato» sussurrò, e capí di averlo ferito.
«Non lo sono ma, Cristo, rischiamo di finire nei guai se la storia viene a galla, e trascinandomi ad un'uscita di fronte agli occhi di tua madre non mi sembra il c-»
«Trascinandomi?» ripeté, disgustato.
Stavo facendo un casino.
«Non ti ho costretto, ci siamo in due in questo macello!» urlò.
E la consapevolezza ci colpí entrambi nello stesso momento, come uno schiaffo in pieno viso.
Stavamo facendo qualcosa di sbagliato ma che entrambi volevamo, fin troppo.
E non mi resi neanche conto di essere sul punto di farlo.
Mi avvicinai al suo viso, al suo adorabile broncio e poggiai piano le mie labbra sottili sulle sue, morbide e rosa.
Lo sentì fremere leggermente e, poi, avvicinarsi a me.
Non ero mai stato bravo con le parole e, attraverso quel bacio, volevo dimostrargli che non avrei fatto lo stronzo, che non era la mia bambolina, che forse -forse- provavamo qualcosa entrambi.
Quando si staccò la paura fece capolino nel mio cuore ma «Perché?», chiese, senza rabbia.
«Perché credo di essere in un casino» sussurrai «se per casino intendiamo l'essermi innamorato di te.»
I suoi smeraldi dardeggiarono nella mia direzione, sorpresa e gioia nuotavano al loro interno.
Poi, affogarono entrambe, sopraffatte da un lampo improvviso.
«Come si può f-fare?» borbottò, e inizialmente io non capì.
«Con questo è sottinteso il fatto che sia reciproco?» chiesi, indagatorio.
«Mi pareva ovvio» bofonchiò lui, per poi fissare il cruscotto.
«Ti stai fasciando la testa senza essere caduto, comunque» gli dissi dolcemente, per poi attirarlo a me.
Era stato tutto più semplice del previsto, forse proprio perché eravamo entrambi consci che il difficile stava nel poi.
Lui si accoccolò al mio petto, lasciando un piccolo bacio sul mio collo.
«Lo so, ma io voglio provare a stare con te» sussurrò, e in quel momento mi sentì la persona più felice del mondo.
«E ci proveremo. Te lo prometto» gli dissi, affondando il mio naso nei suoi ricci.
«Ti posso portare ad un'appuntamento, visto che abbiamo bruciato un po di tappe?» chiesi, approfittando del suo silenzio.
Lui rise contro la mia spalla.
«Forse si, ma sarà un appuntamento speciale» disse, con voce suadente «io, te e Liam.»
Scoppiammo entrambi a ridere, poi lui si fece di nuovo triste, diventando un ammasso di tenerezza.
«Sono le uniche occasioni che avremo per stare insieme» mugugnò.
«Te le farò bastare, okay? E ci inventeremo qualcosa» cercai di rassicurarlo, anche se non ero sicuro di come sarebbero potute andare le cose.
«Perché sei innamorato?» mi chiese, dopo essere stati qualche minuto stretti l'uno all'altro.
«Non lo so» dissi, sincero «so solo che quando vai via ti penso, quando sei in soggiorno con Liam ti penso e sei bello, e dolce, e tenero.»
Per ogni aggettivo poggiavo le mie labbra sul suo viso, guancia destra, sinistra, e nasino.
Poi un dubbio oscurò la mia felicità.
E se io fossi soltanto una sua cotta passeggera?
E fui sul punto di chiederlo, quando il telefono suonò e rispondendo udì la voce di Anne.
«Allora, avete preso il regalo?»

Oggi potrei anche pubblicare due capitoli, se volete il secondo questo pomeriggio fatemelo sapere!
xx

YOU'RE TOO CUTE! | Larry Stylinson |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora