10. Sciagure e disastri

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Appena sveglio la prima cosa che fui in grado di notare fu il vuoto che avevo affianco, e subito mi agitai.
Buttai le coperte all'aria, pensando persino di essermi immaginato tutto quanto e corsi, letteralmente, in camera di mio fratello.
Spalancai la porta con un botto e sentì un urlo in risposta.
«Ma che diavolo hai?»
Era Liam, il capo leggermente sollevato dal cuscino e gli occhi ancora semichiusi, per via della luce.
Sospirai di sollievo quando, sul letto accanto al suo, notai i ricci castani di Hazzy Razzi.
Cercai, poi, di formulare una frase coerente.
«Colazione!» fu tutto quello che mi venne in mente, sorridendo raggiante.
«Sembri un elfo» mugugnò il piccolo, che nel frattempo si era messo seduto sul materasso.
Sembro un coglione.

•••

Non avevo mai sgobbato così tanto in vita mia pur di preparare un pasto così velocemente.
Avevo, infatti, costretto i due a cambiarsi e mi ero messo a correre da una parte all'altra della cucina, armeggiando con pentolini, ciotole e cucchiai.
Avevo, poi, fatto cadere del burro per sbaglio e ci ero scivolato sopra buttando tutta la pastella all'aria.
E avevo persino perso la ciotola.
Si, non biasimatemi per questo.
Alla fine ero riuscito a mettere qualcosa in tavola, e a ripulire persino in tempo.
«Potrei abituarmici, quindi dovresti andarci piano» esalò Liam, non appena prese posto.
Harry, invece, era accoccolato sulle proprie braccia piegate, in un grosso ed enorme maglione azzurro, silenzioso ma con un grande sorriso sul viso.
E rimase così per tutto il tempo, rispondendo solo alle domande dell'amico.
Fu qualche minuto prima di andarsene che mandò Liam a prendere le sue cose in camera e corse da me.
«Loueh» mi richiamò.
«Dovevo parlarti» dissi d'un colpo.
«Credo di aver capito» mi bloccò lui.
Deglutì piano, dalla frase successiva dipendeva praticamente la mia intera vita.
Le sue labbra rosa tremarono leggermente mentre disse «Siamo uguali» e sobbalzò alla vista di Liam in piedi sulla soglia, uno zaino in mano e una faccia leggermente confusa.
Avrei voluto dargli un bacio sulla guancia, da quando cazzo sono così romantico?
Poi una brillante idea mi colpì improvvisamente e andandogli a consegnare il cappotto vi lasciai scivolare, dentro ad una delle tasche, un foglietto accuratamente piegato.
Dopodiché tornai in cucina a guardare un po' di tv e a gettare occhiate pigre al mio telefono.
«Sono a casa!» urlò quella banshee di mia madre, spalancando la porta all'improvviso.
E fu in quel momento che mi resi conto di dove fosse finita la ciotola.
Sul frigo, in bilico, ancora mezza piena.
Una goccia di impasto colò lungo il portello e io spalancai gli occhi, traumatizzato.
«Cosa diavolo-» sussurrò lei, per poi alzare lo sguardo.
«Oh-oh» feci in tempo a dire, mentre una folata di vento chiudeva con violenza l'uscio e il frigorifero ciondolava.
«Louis!» urlò lei.
Mi nascosi il viso tra le mani, mentre un sonoro plop! mi rimbombava nelle orecchie.
Santo Gesù, helpami tu.

•••

Ero finito in punizione.
In camera mia.
A diciotto anni.
Mi sentivo un completo sfigato, per di più non avevo ancora avuto modo di scoprire se Harry avesse trovato il mio numero o meno, visto che mia madre mi aveva confiscato il cellulare.
E sapevo di essermi buttato in una cosa tremendamente strana e sbagliata, ma dopotutto chissenefrega e l'ho fatto ebbasta.
Mi rotolai su di un fianco prima che la voce dell'aguzzina colpevole delle mie sciagure mi chiamasse dal soggiorno.
Cosa diavolo voleva ancora, che gli ricoprissi la cucina con piastrelle decorate con stampe di Gianni Morandi?
«Zayn» sbottò quando la raggiunsi, piazzandomi in mano il telefono di casa.
«MI SPIEGHI CHE CAZZO HAI COMBINATO?» urlò talmente forte che dovetti allontanare la cornetta dall'orecchio.
«Che ho fatto stavolta?» chiesi, sospirando e alzando gli occhi al cielo.
«Prega per te che il ragazzino per cui hai una cotta non si chiami Harry Styles, figlio di Anne, residente a-»
«È lui» confermai, con enormi punti interrogativi che iniziavano a ronzarmi attorno alla testa.

«Prega per te che il ragazzino per cui hai una cotta non si chiami Harry Styles, figlio di Anne, residente a-»«È lui» confermai, con enormi punti interrogativi che iniziavano a ronzarmi attorno alla testa

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«LOUIS! SUA MADRE MI HA APPENA CHIAMATO! TI RENDI CONTO DI QUELLO CHE HAI FATTO?»

YOU'RE TOO CUTE! | Larry Stylinson |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora