30. Potere o volere

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«Piccolo?» chiesi, cercando di avvicinarmi a lui.
Posai la mia mano sulla sua spalla, ma lui si ritrasse al mio tocco.
Trattenni il respiro per qualche istante di fronte alla sua reazione.
«T-tua madre ha detto che è tutto okay» iniziai, cercando di rassicurarlo.
«Vattene.»
Una pila enorme di mattoni, duri più delle pietre, sembrò crollarmi addosso.
Vattene?
«Io l'ho delusa, ho potuto leggerlo nei suoi occhi, ed è solo colpa tua» continuò, voltandosi definitivamente.
«Credevo sapessi le conseguenze quando hai scelto di diventare il mio ragazzo» risposi, con amarezza.
Ero ferito.
«E tua madre non sembra-»
«Perché lei mi ama!» urlò lui di colpo, il viso rosso dalla rabbia.
«Lei farebbe qualsiasi cosa pur di vedermi felice, persino accettare di avere un figlio sbagliato come me, un figlio che ha mandato a puttane tutto il lavoro che lei ha fatto per anni, un figlio che si è lasciato toccare e che ha fatto cose che mai, mai avrebbe dovuto fare, un figlio che l'ha tradita.»
Una parola, un mattone.
Una parola, uno squarcio nel mio cuore.
Una parola, un mio respiro spezzato.
Una parola, una lacrima in più nei miei occhi.
«Non posso credere che tu pensi davvero ciò» sputai con rabbia, passandomi la manica del giubbotto sul viso, velocemente.
«Lo penso» dichiarò lui con fermezza.
Due parole, due pugni nello stomaco.
Due parole, due pezzi in cui il mio cuore si era diviso.
Due parole, così come due parole sono anche ti amo.
Quelle due parole che dissi, quasi senza rendermene conto, come se potessero cancellare tutta quella merda che avevo appena ascoltato.
«Io non voglio amarti.»
Io non voglio.
Non era io non devo.
Non era io non posso.
Era un volere, era una sua decisione, era una sua scelta.
«E adesso vai via.»
Mi alzai dal letto come un automa, le gambe pesanti, la mente annebbiata dalla confusione di tutte quelle frasi gettatemi addosso.
Sentivo i suoi passi seguirmi, e quasi sperai mi fermasse quando aprì la porta.
«Se cambierai idea, se sceglierai di amarmi, chiamami» dissi, quando le sue mani si posarono sul legno per chiudermi fuori.
Fuori casa.
Fuori dalla sua vita.
Fuori da lui.
Lui annuì flebilmente, ma non chiamò più.

Zayn's POVS
Suonai il campanello per la milionesima volta, nervoso.
Avevo lasciato come minimo una decina di messaggi sulla segreteria di Louis, ma sembrava scomparso.
Un brivido attraversò velocemente la mia spina dorsale.
E se avesse fatto qualcosa? Qualcosa di stupido?
Mi rassicurai pensando che non si stava parlando di Liam, poi scacciai il suo nome dalla mia testa perché anche solo pensarlo mi faceva venire una grande voglia di tornare a casa da lui.
«Zayn?»
Mi voltai, di fronte a me vi era Louis.
Distrutto.
I capelli disordinati, gli occhi rossi e gonfi, stette li in piedi a fissarmi per quelli che parvero minuti interminabili.
Poi si fiondò tra le mie braccia, i singhiozzi che lo scuotevano da capo a piedi, le lacrime che bagnavano la mia maglia.
Non sapevo cosa fare o cosa dire.
Cercai di carezzargli piano la schiena, di formulare una frase.
«Mi ha lasciato» disse.
Non lo avevo mai visto così vulnerabile.
Non era più Louis.
«È stato costretto?»
«No, lo ha fatto lui- non mi a-ama, Zayn.»

Liam's POVS
Riaprí piano gli occhi, venendo investito da una luce fortissima e dovendoli richiudere quasi subito.
Quando li spalancai nuovamente Niall fu la prima cosa che notai.
Stava immergendo delle zollette di zucchero in un bicchiere, lo sguardo preoccupato.
«Ní?» chiesi.
Mi meravigliai di quanto la mia voce fosse debole, sembrava quasi un sussurro.
«Bevi» mi disse, porgendomi l'intruglio.
Feci come aveva ordinato, per poi notare che il sanguinamento si era fermato.
«Hai un aspetto orribile» borbottò lui.
Io lo guardai, poi scoppiai a ridere.
«Seriamente, sembri un vampiro» rispose, abbozzando un sorriso.
«Grazie» dissi, di getto.
Lui strabuzzò gli occhi, poi guardò il pavimento e infine me.
«Ti voglio bene.»
«Te ne voglio anch'io» mi fermai, cercando una posizione più comoda per poter parlare speditamente.
«E ho fatto un sacco di errori, un casino, un bordello.. I-io non mi perdonerò mai, ma per favore, ti prego, tu perdonami. Sei sempre stato qui per me, e io ti ho solo usato, ti ho trattato come uno schiavo, come-come» sospirai.
«Sono gay» confessai, sentendo le lacrime scorrere sulle mie guance.
«Da quanto?» chiese lui, semplicemente.
«Da quando ho cominciato ad odiare tutti. P-perché credevo nessuno mi avr-»
«Harry lo è, ma non ha mai avuto paura nel dircelo. Lo ha detto persino a te, nonostante tu lo trattassi di merda.»
Aveva ragione.
«Sono un coglione.»
Lui rise.
«Si, probabilmente lo sei, ma si può sempre rimediare.»
Si avvicinò, cercando di abbracciarmi senza compromettere il mio braccio.
«Ora però dobbiamo aiutare Harry.»

YOU'RE TOO CUTE! | Larry Stylinson |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora