Capitolo 11 - Il cucciolo

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EMILY

Quando ero poco più che una bambina, gli adulti mi ponevano sempre la solita domanda: Cosa vuoi fare da grande? La maggior parte delle ragazzine della mia età dava sempre la stessa risposta: Voglio diventare una principessa. Io, d'altro canto non volevo esserlo. Le principesse delle Fiabe erano costrette a dipendere dal principe azzurro, e dovevano essere salvate in continuazione dal cattivo di turno. Venivano mostrate bellissime, ma senza carattere. Come un gioiello raro, ma che alla fine era inutile. Per questo motivo decisi che volevo diventare il principe, e non sarei mai stata una principessa.

Le lezioni sono appena finite. L'ultima ora con la professoressa di lingue è stata massacrante. Ha iniziato a spiegare tre capitoli del libro di testo in solamente 60 minuti. Non ho capito nulla di quello che ha detto. Adesso che è terminata l'ultimo flagello della giornata, arriva per gli studenti il momento più bello è rilassante del giorno. La pausa pranzo. Tutti quanti si dirigono verso le mensa scolastica, compresa me. Ho promesso a Justin e Damien che avrei pranzato con loro. Mentre cammino per i corridoi, mi accorgo di aver dimenticato l'orsacchiotto di peluche. Quindi faccio ritorno in classe per riprenderlo. Quando varco la porta dell'aula, vedo delle ragazze vicino al mio banco.

- Com'è possibile che a Damien Evans piaccia quello scorfano? -

- Davvero non lo capisco. Potrebbe aspirare a qualche ragazza più bella. L'avete vista? Sembra un uomo con quei capelli corti e i Jeans stretti -

- Avete notato come lo guarda? -

- Si, ci ho fatto caso. Se lo mangia con gli occhi. Che ragazza viscida, ma non si vergogna? -

- Ma una che viene vestita in quel modo, secondo te conosce la vergogna? -

- Hai ragione. Non la conosce per niente -

L'ultima ragazza si mette a ridere, mentre le altre la seguono a ruota come delle galline. Faccio cadere il mio zaino per terra.

- Scusate, ho interrotto il vostro discorso. Non volevo -

Mi dirigo verso il banco. In questo momento stanno tutte zitte. Sembrano un branco di pecore spaventate dal lupo.

- Come ho fatto a dimenticarti? - rivolto all'orsacchiotto.

Lo prendo, e inizio a pulirlo.

- Cavolo, ma chi ti ha toccato con le sue mani sporche? -

Volgo lo sguardo verso le ragazze. 

- Per caso siete state voi? Odio quando qualcuno tocca le mie cose. L'ultimo che l'ha fatto, è stato una settimana all'ospedale. Credo che avesse qualche costola rotta, oppure erano i denti? Non ricordo bene -

Iniziano a tremare. La loro paura sta iniziando a manifestarsi.

- No, non siamo state noi. Perché avremmo dovuto toccare quest'orso di peluche? -

- Cosa, sono state loro? Sei sicuro. - mi rivolgo al peluche

- Ma con chi stai parlando? - Mi dice una di loro

- Ragazze, questa è pazza. Parla con gli orsacchiotti di pezza. Meglio andare -

- Mi avete chiamato pazza? -

Mi muovo con uno scatto felino, e alzo una delle mie braccia come se stessi per dare uno schiaffo. Tutte loro si accartocciano come dei sacchi di patate per cercare di pararsi. 

- Cosa fate? Perché vi siete abbassate? Stavo cercando di prendere una mosca. Eccola -

Faccio finta di stringerla tra le mani, e soffiarla via. Credo si siano spaventate abbastanza. Ora si sono allontanate da me, e sono tornate ai loro banchi per ripetere qualcosa, o almeno è quello che vogliono farmi credere.

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