"I ricordi di Justin"
Il mio secondo anno alle scuole superiori è stato davvero un inferno. Mi sentivo come se tutti i ragazzi della mia scuola mi sparlassero alle spalle, quindi odiavo anche solo andarci. Il pensiero che gli altri mi puntassero il dito contro, mi provocava all'interno un vortice di tristezza. Ero diventato diverso. Fuori posto. Anche i pochi amici che mi ero fatto il primo anno si erano allontanati da me. Non volevano essere presi in giro. Non se la sentivano di essere associati al figlio di un assassino. Visto che ero diventato un reietto, gli studenti non si facevano scrupoli a sputare sentenze e a giudicare senza sapere. Quando entravo all'interno dell'Istituto, mi chiudevo in una stanza e non riuscivo neanche a respirare, facevo finta di essere invisibile per cercare di passare inosservato. Venivo maltrattato di continuo e non sapevo cosa dire per difendermi. Avevo iniziato a credere che veramente avessi sbagliato, e che mi meritassi quel tipo di trattamento da parte loro. Volevo sparire dalla faccia della terra ogni singolo giorno. E nonostante quello, speravo che qualcuno allungasse una mano verso di me. Desideravo che mi portasse in salvo da tutto quello che mi stava succedendo.
Nulla sembrava come prima. Varcando l'entrata dell'Istituto, tutti iniziarono a lanciarmi occhiatacce di sdegno. Sembravano disprezzarmi e biasimarmi. Non riuscivano a capacitarsi di come avessi avuto il coraggio di presentarmi a scuola come se nulla fosse successo. C'erano studenti che mi strattonavano per i corridoi, e altri che invece ridacchiavano alle mie spalle. Il mio armadietto scolastico era stato completamente imbrattato da scritte offensive. Disgustoso, schifoso e criminale erano le parole che erano più in rilievo tra tutte. Non mi sarei mai aspettato un trattamento del genere. Neanche nei peggiori dei miei incubi. Cosa ancora più spaventosa fu quella che trovai nel mio armadietto. Una piccola bambola di pezza appesa per il collo ad uno spago di cotone, e con un ago infilzato nello stomaco. Accompagnato al pupazzo c'era un piccolo bigliettino.
"Meglio che muori. Nessuno ti vuole in questa scuola. Perché non ti togli la vita? Faresti un piacere a tutti"
Questo era il contenuto del biglietto. Iniziai a guardarmi attorno spaventato. Chiunque avrebbe potuto scriverlo. Tutti mi odiavano, e avevano paura di me. Il mio cuore palpitava velocemente, e cominciai a sudare. Avevo male allo stomaco, e per questo motivo mi recai al bagno. Mi chiusi nel primo che trovai libero, e vomitai.
- Avete visto? Ha avuto il coraggio di venire a scuola. Non ha un minimo di pudore -
- Di chi stai parlando? -
- Del figlio dell'assassino. Non si vergogna per nulla. Non sono passati neanche dieci giorni dalla morte di quella ragazza. Come ha avuto la faccia tosta di presentarsi a scuola -
Alcuni ragazzi stavano parlando di me. Non sapevo se uscire, oppure rimanere chiuso li dentro.
- Dove si sarà cacciato? Dobbiamo dargli una lezione -
Uscii dal bagno, e cercai di andarmene con indifferenza, ma tutto questo non servi a niente.
- Che fortuna. Non abbiamo neanche dovuto perdere tempo nel cercarlo. Ragazzi, prendetelo -
Due di loro, mi presero per le braccia, e mi fecero inginocchiare. Mi strinsero i polsi in maniera così violenta, che riesco ancora a sentire il dolore che provai allora.
- Cosa state facendo? Lasciatemi. Lasciatemi andare -
- Che possiamo fare per lui? Avete idee? -
- Non saprei. Lo prendiamo a calci? -
- No, sarebbe troppo scontato. Ho un idea più interessante. Prendete il succo che ha preparato mia madre questa mattina. Si trova nel mio zaino -
- Cosa vuoi farci? -
- Secondo te? Devo lavare questo sporco assassino. Così ci penserà due volte prima di venire a scuola -
Non appena gli passarono la lattina contenete il succo, iniziò a versarmelo sulla testa.
- Guardate. Finalmente si sta lavando -
- Hai ragione. Aveva bisogno di una sciacquata. Adesso sembra più pulito -
Cercavano di umiliarmi, e ci stavano riuscendo. Ero arrabbiato, e triste. Strinsi i pugni per non scoppiare. Non appena finirono di versare tutto il contenuto del barattolo, mi spinsero a terra.
- Ora è meglio andare. Le lezioni stanno per iniziare. Lasciatelo -
Il ragazzo che mi aveva versato il succo addosso si avvicino ad una delle mie orecchie. E sussurrò alcune parole.
- Non osare più presentarti a scuola. Oppure e questo quello che ti succederà ogni giorno. Sporco assassino -
Volevo prenderlo a pugni, ma non era da solo. Lui e i suoi amici erano troppi, e probabilmente sarei stato io quello ad essere pestato. Non appena si allontanarono, iniziai a lavarmi i capelli sotto ad uno dei lavandini scolastici, e li asciugai con l'asciugatore elettrico che era in bagno. Il succo si era tolto dai capelli, ma l'odore pungente si sentiva ancora. Mi guardai allo specchio, e il mio viso era completamente stravolto. Avevo voglia di piangere, ma le lacrime non volevano uscire. Volevo scappare da scuola, ma dovevo andare a seguire le lezioni.
L'aula era silenziosa prima del mio arrivo. Il professore stava spiegando, e tutti erano concentrati a seguirlo. Cercai di entrare senza che mi notasse, ma purtroppo si accorse che stavo sgattaiolando dietro ai banchi.
- Ti ho visto. Vai a sederti il più presto possibile. Questa è l'ultima volta che te la lascio passare liscia -
- Mi scusi. Ho avuto un contrattempo. Non succederà più -
Andai a sedermi nell'unico posto libero rimasto nell'aula. Di fianco ad una mia compagna all'ultimo banco.
- Cos'è questa puzza? -
La ragazza fece finta di tapparsi il naso, e pronuncio queste parole.
- Scusa, non importa quante volte ho usato il sapone, l'odore non è andato via -
- Potresti cambiare posto? Non riesco a respirare -
- Non ci sono posti liberi. Questo è l'unico rimasto -
- Non è un mio problema. Siediti per terra se non ne trovi uno. La puzza è terribile -
Altri miei compagni di classe iniziarono a commentare dopo di lei.
- Aprite la finestra. L'aria è irrespirabile -
- Si sarà lavato prima di venire a scuola?
- Disgustoso. Che persona ripugnante -
Tutti diventarono complici. Un intero branco si era messo contro di me, e non sapevo cosa fare.
- Volete fare silenzio? Non la finite - Esclamò il professore.
- Prof. Non possiamo rimanere in classe con una persona del genere. Puzza -
- Non riusciamo a respirare. Lo mandi via -
Anche l'insegnate non sapeva cosa fare.
- Concluderò qui la lezione. Justin vieni un attimo nella sala insegnati. Devo parlarti -
Il professore mi chiese se qualcuno mi stava dando fastidio, e se ero stato vittima di qualche bullo quella mattina. Mi vergognavo di rispondere a quelle domande. Non ci riuscivo, e non volevo farlo. Per questo motivo gli dissi che stavo bene, e nessuno mi stava trattando in maniera diversa dal solito. Dopo una lunga conversazione, finalmente mi lascio andare. Si era fatta quasi l'ora di tornare a casa. Camminavo per i corridoi, e tutti si allontanavano da me. Mi sentivo sporco, e ripugnate come avevano detto i miei compagni. Ero rimasto solo con me stesso, e senza nessuno che mi aiutasse. Volevo solamente scomparire.
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Quella strada verso te
Teen FictionEtichettato come il figlio dell'assassino, Justin Well è vittima di bullismo. Non ha amici e non riesce a relazionarsi con le altre persone. Cerca di condurre una vita normale e il suo unico obiettivo è quello di passare inosservato. Ma contrariamen...