27.

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Quel giorno dopo scuola Gerard lo aveva portato di nuovo nel parco vicino all'acquario dove si erano baciati per la terza volta e avevano deciso di essere fidanzati per dipingere il quadro verde.
Avevano mangiato di nuovo le cose fritte e la Coca Cola e il caffè, poi il più grande gli aveva tolto la maglietta e il cardigan e lo aveva fatto e sdraiare sul prato.
Gli aveva spiegato che doveva allungare il braccio e stringere, con due dita, lo stelo di una margherita. Frank aveva fatto esattamente così, poi Gerard si era messo di fianco a lui e aveva cominciato a disegnare a matita lo schizzo su una tela bassissima e lunghissima.
Ogni tanto smetteva di lavorare, si fermava, lo guardava sorridendo e poi si chinava per baciarlo sulle labbra e sussurrargli frasi dolci dolci da innamorati. Gli diceva che era bellissimo, che era perfetto.
"Tutto mio" sussurrava, carezzandogli la fronte. E quando Frank annuiva e ricambiava con un ultimo bacio, si alzava di nuovo in piedi e riprendeva ciò che aveva interrotto.
Tante ore erano passate in questo modo, e adesso era passato un pochino da quando si erano baciati l'ultima volta. 
Bacio, baciare, bacio.
Labbra.
Bocca.
Frank si chiese quante volte avrebbe ripetuto nella sua testa quelle parole.
Quanto le aveva ripetute negli ultimi giorni.
Sorrise, tra sé e sé.
Era perché aveva un fidanzato e quindi adesso ci pensava spesso. 

- Qui mi ricorda tanto tanto che ti amo.

Passò le dita nell'erba vicino al laghetto, ridacchiando per il lieve solletico degli steli sulla sua pelle candida. 
Erano le quattro e mezzo del pomeriggio, stavano dipingendo da ore; cominciava a fare un po' di freddo, e lui era completamente nudo.

- Perché me lo hai detto qui che mi amavi. Ti ricordi Gee?

Quelle iridi verde chiaro cercarono quelle color cioccolato di lui, e le trovarono dopo pochissimi secondi, fisse sul suo petto.

- Certo che mi ricordo, amore - il biondo rispose mentre ancora stava facendo scorrere il pennello sulla tela lunghissima e bassissima appoggiata al cavalletto di legno. 
A Frank piaceva la forma bizzarra di quella tela.
Sembrava un bassotto.
E a lui piacevano i bassotti. 
Per la proprietà transitiva, se la tela era uguale a un bassotto e i bassotti piacevano a Frank, allora gli piaceva anche la tela, in quanto uguale a un bassotto.
In realtà funzionava così solo con i numeri e gli elementi della geometria (se a era uguale a b e c era uguale ad a allora c era uguale anche a b) ma applicarla a tele e bassotti era abbastanza interessante. 
E oltre a interessante era bizzarro.
Bizzarro era un aggettivo ed era un modo più bello e, appunto, interessante, per dire strano.

- Hai finito il quadro verde? - chiese, con i denti che battevano.
Era novembre, e il gelo dell'inverno si poteva percepire benissimo nell'aria, anche se quella giornata il sole aveva mitigato molto la temperatura durante l'ora di pranzo.
Ma ora cominciava a fare buio, e, mentre il cielo diventava di quell'indefinibile color cobalto invernale, il vento soffiava sempre di più. Cominciava a sentire la pelle d'ora senza maglietta. 

- Non ancora, piccolo, ma adesso smettiamo, non voglio che prendi freddo - posò i colori e il resto del materiale in un'apposita valigetta di legno, avvolgendo i pennelli sporchi in un vecchio strofinaccio bianco.

- Questo è l'ultimo dipinto che facciamo all'aria aperta. Non l'ho finito ma ricordo benissimo le luci e i colori, non avrò bisogno che torniamo qui - aggiunse, borbottando mentre cercava alcuni pennelli dalla punta più fine che aveva lasciato nell'erba.

- Non capisco, ne manca uno... - tastò il terreno e aggrottò le sopracciglia.

- Vuoi dire questo?

Si girò e vide Frank che gli porgeva il più piccolo, le setole sporche di giallo, ancora a petto nudo, tremante ma sorridente, con un velo di imbarazzo negli occhi, quello che lo accompagnava sempre e lo rendeva così adorabile.

𝐜𝐨𝐥𝐨𝐮𝐫𝐬  ♡  𝐟𝐫𝐞𝐫𝐚𝐫𝐝 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora