La pasta con tanto sugo di Gerard, cioè, del signor Way era squisita.
E la cosa migliore fu che pranzare con il signor Way si rivelò molto più interessante di quanto già non fosse stato cenare con il signor Way - che già era stato molto molto interessante, e tutto questo lasciò Frank molto perplesso, dal momento che aveva pensato che non ci potesse essere conversazioni più interessante di così, ma evidentemente si sbagliava, perché Gerard gli parlò in modo davvero molto molto molto interessante di un pittore che viveva in Spagna, dove c'erano i tori e la paella, e aveva fatto un quadro bellissimo che era intitolato Guernica nel quale aveva disegnato una mano con un fiore in mezzo a tutto il disordine della guerra (perchè a quel tempo, gli aveva spiegato Gerard, c'era la dittatura in Spagna e c'era qualcuno che non la voleva e quindi cercava di contrastare il dittatore) che simboleggiava la speranza.
Inutile dire che a Frank piacque molto questa cosa del fiore e della speranza, infatti era così intento ad ascoltare tutto quel magnifico discorso e a guardare le mani di Gerard che gesticolavano, accompagnando le sue parole, che ad un certo punto fece cadere un maccherone sulla sua maglietta, che si sporcò tutta di pomodoro, e Frank arrossì moltissimo perchè si ricordò che sua madre gli diceva sempre che sembrava un bambino di cinque anni quando faceva così e lo rimproverava sempre un sacco per questa cosa, ma Gerard rise e basta, e gli porse un tovagliolo per pulirsi.
Poi gli chiese quali quadri piacevano a lui e Frank disse che lui non sapeva molto di dipinti, ma che si ricordava di un pittore che disegnava dei fiori bellissimi, cioè, che non erano proprio fiori, ma ninfee, che gli trasmettevano davvero molta tranquillità; Gerard si illuminò, domandò se per caso era un signore che si chiamava Monet e Frank dopo averci pensato diciassette secondi annuì, e poi aggiunse anche che gli piaceva moltissimo guardare i quadri degli altri perchè i pittori molte volte avevano delle idee molto interessanti rispetto al resto delle persone.
Finita la pasta buonissima con tanto tanto sugo, ancora un po' del pittore spagnolo che aveva fatto il Guernica, poi spostarono l'argomento ai tori nelle corride e alla paella, che Frank non aveva mai assaggiato, ma Gerard sì, perchè una volta era andato in Spagna e aveva visto il mare blu e il sole caldo, le spiagge, la Sagrada Familia e il Parque Guell , aveva mangiato, appunto, la paella con il pesce appena pescato e aveva passeggiato per le strade del Barrio Gòtico e per le Ramblas, che si chiamavano Las Ramblas in castigliano e Les Rambles in catalano, e si era sentito al centro del mondo quando si era ritrovato in una piazza che era chiamata Plaça de Catalunya.
Poi dopo aver parlato per una buona mezz'ora di tutto quello che aveva visto quando era andato in quella terra che a Frank era sembrata meravigliosa e piena di cose interessanti, Gerard portò in tavola un cestino nel quale era appoggiato un tovagliolo bianco e blu con sopra del pane morbido, buonissimo e profumatissimo, cominciò a pulire il piatto e gli fece un occhiolino, invitandolo a fare lo stesso, così Frank sentì le sue guance che diventavano bollenti come quando in macchina i loro visi erano stati molto molto vicini, perchè sembrò proprio che Gerard - oh, Dio, lo stava di nuovo chiamando Gerard - avesse fatto tutto quello apposta per lui.Visto che dopo che ebbero pulito i piatti con il pane buonissimo erano solo le due e mezza, Gerard propose a Frank di fargli vedere tutta la casa, dato che da quel momento in poi avrebbe dovuto passare quattro pomeriggi su sette da lui, e Frank disse "sì Gerard" con la bocca piena e poi si accorse che se sua madre fosse stata lì probabilmente gli avrebbe dato due gomitate (una per il Gerard e una per aver parlato a bocca piena) e quindi si coprì le labbra con la mano, mandò giù e poi ripetè la frase con l'intenzione di chiamarlo signor Way, ma disse ancora Gerard perchè era distratto e dovette correggersi come al solito, poi Gerard rise e dimenticò che doveva chiamarlo signor Way e si disse che la risata di Gerard lo faceva sentire davvero bene, e chissà come si doveva sentire bene Jeffrey, che faceva sempre ridere Gerard.
Quando Gerard ebbe riso per qualche secondo (tredici secondi e ventitré, più o meno) e Frank ebbe ripetuto a sè stesso per l'ennesima volta che avrebbe dovuto cominciare a chiamarlo signor Way anche nella sua testa per abituarsi, cominciarono a fare il giro della casa.
Era davvero enorme.
Non che il minore non fosse abituato alle grandi ville da miliardario. Lui stesso poteva dire di avere una bellissima abitazione (e, malgrado tutto, pensava che i suoi compagni lo invidiassero per questo, anche se non lo ammetteva mai con orgoglio), quindi in teoria non avrebbe dovuto stupirsi di ogni singola stanza, eppure non riusciva a non spalancare gli occhi per osservare ogni oggetto, ogni cosa che lui tutti i giorni toccava, ogni stanza nella quale la sua vita si consumava: la penna che usava per scrivere con il tappo mordicchiato, i fogli bianchissimi nella stampante, il computer, e poi le camere da letto (due per gli ospiti e una per sè), le pareti ben verniciate, l'odore di legno e carta che lo faceva sentire così a casa, poi quello di limone del suo profumo, i quadri che lui aveva dipinto e che altri artisti gli avevano regalato, le scale lievemente scricchiolanti... oh, i suoi sorrisi nel spiegargli che funzione aveva ogni minimo particolare erano la cosa più bella del mondo. Si perdeva in quelle labbra ogni pochi secondi, ma bastavano pochi attimi e poi di nuovo tornava a guardare tutto quello che c'era attorno a lui, a sentire gli odori, i profumi: la piccola biblioteca piena di scaffali profumati, il set di stilografiche che odorava d'inchiostro, le foto dei posti che aveva visitato, i quaderni pieni di schizzi lasciati qua e là.
Gli piaceva la casa di Gerard.
Era calda, accogliente, come i suoi occhi, come lui.
La villa della famiglia Iero, al contrario, era stata progettata da un architetto famosissimo che secondo Frank doveva essere molto noioso e freddo, proprio una di quelle persone che sembravano statue, quelle bellissime statue che facevano i Greci e Romani che avevano l'espressione fissa e gli occhi tutti vuoti. I muri erano tutti grigi e sua madre non gli aveva mai permesso nemmeno di toccarli per non rovinarli e mantenere fresco quel colore così brutto e triste, i pavimenti sempre lucidi e freddi, a scacchi bianchi e neri, e se Frank giocava a scivolarci sopra quando George li puliva Linda lo sgridava tantissimo e gli diceva che ormai era grande per quelle cose. Lo sgridava anche quando fissava per qualche secondo un certo pezzo d'arredamento, perché sosteneva che erano tutti molto molto costosi e di alto design e non si potevano assolutamente rovinare, anche se Frank veramente non aveva mai capito come avrebbe potuto, con il solo sguardo, frantumare quelle cose che erano molto molto costose e di alto design ma non si potevano nemmeno usare, in quanto molto fragili e soggette persino all'erosione da parte dell'aria che entrava dagli spifferi (sua madre sosteneva fortemente anche questo) - ed era anche molto perplesso dal fatto che, dato che non si potessero nemmeno usare, quegli oggetti fossero molto inutili eppure i suoi genitori avessero spesso un patrimonio per comprarli. Un esempio lampante era il vaso rosso laccato di un certo tizio molto molto famoso che si trovava su un tavolino di vetro in salotto in cui Frank rischiava sempre di inciampare, dato che era molto molto goffo e distratto e non prestava mai attenzione a dove metteva i piedi, e sua madre lo sgridava per quello quasi ogni giorno, come per un sacco di altre cose che in realtà lasciavano Frank di nuovo molto perplesso... oh, aveva perso il filo del discorso, di nuovo!
Ah, giusto.
Sta di fatto che su quel tavolino di vetro c'era il vaso rosso del tizio molto molto famoso, e questo vaso rosso aveva una forma così strana che avrebbe potuto studiarne gli angoli e i lati e inventare un nuovo poligono.
Ed era perfettamente inutile.
Aveva il glorioso, unico, scopo di essere mostrato con orgoglio alle amiche di Linda - che il ragazzo in realtà riteneva un po' frivole, superficiali, o comunque prive di qualsivoglia scintilla che avrebbe potuto far scattare il suo interesse per le loro conversazioni.
Frank davvero non le capiva. Ammiravano quel vaso come se fosse stato l'uomo più bello del mondo. Perdevano ore a parlare di quel vaso. E a guardare sua madre che lucidava quel vaso.
Abbastanza inutile anche fare tutte quelle cose, non trovate?
Ma ognuno ha i suoi passatempi, d'altronde.
![](https://img.wattpad.com/cover/86670243-288-k574679.jpg)
STAI LEGGENDO
𝐜𝐨𝐥𝐨𝐮𝐫𝐬 ♡ 𝐟𝐫𝐞𝐫𝐚𝐫𝐝
Fanfiction"Sei il blu Frank, la tentazione di ogni artista, splendidamente armonioso." • • #228 in fanfiction 10/03/17 #137 in fanfiction 5/12/17 © mravelous