26.

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- Hai visto Johnny? - sussurrò pianissimo Frank, guardandosi attorno con fare curioso, mentre sua madre, tre o quattro sedie più in là, sfogliava distrattamente una rivista sui vestiti e sui gossip delle modelle e degli attori famosi.
La grande sala d'attesa del dottore per i pazzi suicidi era tutta bianca, e spoglia. C'era un quadro con tanti pallini neri su uno sfondo anch'esso bianco, una pianta verde di plastica (Frank preferiva le piante vere, quelle finte non profumavano di niente e si vedeva che non erano vere piante), un tavolino di vetro trasparente e delle poltroncine marroni; e infine una macchinetta del caffè, davanti alla quale si trovava suo padre, che, in silenzio, sorseggiava un espresso che con una probabilità dell'89,99% era insapore e di qualità scadente.
Tutto era brutto, noioso e puzzava di disinfettante. La porta per lo studio del dottore era accanto al quadro noioso, nera come la pece, lucidissima. Faceva un po' paura.
Il ragazzo sospirò, e con le mani fece fare su e giù alle piccole pinne del peluche:

- E' tutto bianco e triste e bruto e noioso e puzza - continuò, arricciando il naso e sbattendo le ciglia - Secondo me a Gerard non piacerebbe per niente. E anche a me non piace.

Lo avevano portato lì in macchina il giovedì pomeriggio, dopo la scuola, insieme. Per tutto il viaggio non avevano detto una parola, e nemmeno adesso stavano dicendo una parola, entrambi lontani da lui come se non fosse stato nemmeno loro figlio.
Sporse in fuori il labbro inferiore, mentre accarezzava il pelo morbido del pinguino.

- Non volevo venire qui, Johnny - mormorò, abbracciando forte il pupazzetto per avere un pochino di conforto.
Quando faceva così sentiva tanto tanto caldo al cuore, e poteva annusare anche il profumo di Gee, e accarezzare il fiocco blugiallo che avevano preso dal fiorista simpatico.

- Io non sono un pazzo suicida vero? - chiese, guardando dritto in quegli occhietti neri e lucidi, dolcissimi - Io non volevo davvero buttarmi da quel tetto. Volevo solo che a scuola le cose andassero meglio e che i miei genitori facessero la pace e che qualcuno mi amasse e che io e Gerard fossimo fidanzati perché solo con lui mi sentivo bene, ma non sapevo che lui fosse già perso per me. Ha detto che era perso per me da tanto tanto tempo quindi lo era, non è vero Johnny? E ora che so che è perso per me e siamo fidanzati va molto molto meglio e non mi butterei mai giù da quel tetto perché siamo insieme e ci amiamo tanto tanto. E abbiamo fatto anche l'amore, ci credi Johnny? Abbiamo fatto l'amore due volte ed è stato bellissimo.

Disse tutto molto molto piano, perché i due adulti non dovevano sentire, poi emise un risolino, emozionato da tutta quella segretezza, poi avvicinò di più il viso al becco morbido dell'animaletto:

- Siamo venuti tanto e mi ha lasciato tutti i succhiotti o segni di suggellazione o ecchimosi sul petto. Sono bellissimi e tutti viola. Se vuoi a casa quando metto il pigiama te li faccio vedere.

Una pausa, in cui strofinò il proprio naso contro il soffice giocattolo.

- Chissà se il dottore è bravo - sussurrò, dopo qualche secondo di osservazione del quadro, che era molto brutto e anche molto privo di significato - Magari mi chiede di te. Sei felice Johnny? Parlerò di te al dottore. Secondo me anche questo dottore è pelato e grasso. Dirò che sei un bellissimo pinguino, e che sei gentile ed educato e...

- Frank - un richiamo secco da parte di sua madre lo interruppe - Potresti smetterla di parlare con quel... coso? E' da minuti interi che stai biascicando cose senza senso. Piantala.

Così Frank smise all'istante di parlare con Johnny, ma ci rimase male, perché Johnny era l'unica persona - cioè, l'unico animale... simpatico a cui poteva dire qualcosa quando Gerard non c'era.
Si limitò ad accarezzarlo e guadarlo per tutto il tempo rimanente, dondolando le gambe avanti e indietro, perché la sedia era molto alta e lui molto basso e quindi non toccava nemmeno terra.
In ordine, ripeté tutti i paradossi che conosceva, fece la lista dei numeri primi, cercò di contare tutte le perplessità che aveva sul mondo, e pensò anche che quella era un'altra cosa che avrebbe dovuto spiegare al dottore.
Dopo quelle che gli sembrarono ore e ore di attesa Frank vide uscire dallo studio un uomo che aveva vagamente l'aria di essere un medico per i pazzi suicidi, insieme a una ragazza con tanti piercing e i capelli quasi rasati a zero che lo guardò con disprezzo e guardò con ancora più disprezzo Johnny. Aveva in bocca una gomma rosa - oh, Frank detestava le gomme da masticare, ma tutto sommato gli piacevano i colori che avevano - e la fece scoppiare due volte, poi se ne andò senza dire niente, lasciando la famiglia Iero sola con il dottore.
Non era grasso e pelato come aveva immaginato Frank, ma era alto e magro e aveva i capelli marroni ed era abbastanza giovane per avere a che fare con i pazzi.

𝐜𝐨𝐥𝐨𝐮𝐫𝐬  ♡  𝐟𝐫𝐞𝐫𝐚𝐫𝐝 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora