22.

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Frank guardò a bocca aperta l'enorme edificio che si ritrovava davanti, il naso alzato all'insù. Era stretto, ma molto molto alto. Sembrava fatto di cristallo come i castelli delle principesse delle fiabe: era tutto liscio e trasparente, così si potevano vedere tutte le persone alle scrivanie e che prendevano l'ascensore e rovesciavano i documenti molto importanti e parlavano insieme oppure guardavano il cellulare o il computer.
Gerard era il capo di tutti lì, dava un sacco di ordini e dirigeva tutto il lavoro di quegli uomini e quelle donne e poteva anche licenziarli o permettergli un aumento dello stipendio, e inoltre aveva anche altri edifici come quello in giro per il mondo dove altra gente lavorava ancora per lui, controllata a distanza attraverso degli amministratori che erano persone altrettanto capaci di cui si fidava molto. Aveva ereditato tutta questa grande catena di uffici e aziende da suo padre quando era morto ed era riuscito a mantenerle organizzate e ricchissime ed era molto bravo in economia (anche se Frank sapeva che quelle cose non piacevano tanto a Gerard).
Tutto questo gli era stato spiegato dai suoi genitori perché pensavano che lui avesse fatto carriera e fosse uno di quei fatidici esempi da seguire. Loro sapevano solo fargli esempi di persone da imitare. Non gli indicavano mai la strada per fare qualcosa di bello per lui che gli piacesse. Si sentiva dire tante volte che una certa persona era brava e buona e gentile ma loro volevano che lui fosse uguale, ma lui non poteva essere uguale a quelle persone, e aveva fatto anche una lista di motivi per spiegare perché:

1) erano noiose e non si interessavano delle stelle o degli animali;

2) non avevano nemmeno delle perplessità;

3) non avevano un Gerard e Frank non poteva stare senza Gerard, e poi avrebbe dovuto avere, ad esempio, una Violet, e Violet non gli piaceva proprio, soprattutto perché era una ragazza e a lui piacevano i ragazzi;

4) appunto, non era quelle persone e quindi non poteva farsi piacere anche le cose che piacevano a loro. Che erano oltretutto noiose, e quindi si ritornava al punto 1) della lista.

Dopo questa serie di considerazioni il rumore di un motore che veniva avviato lo riportò alla realtà:

- Ma dove devo andare? Io non so dov'è Gerard - si girò smarrito verso il signor Pemberton, lo zaino appoggiato sulle sue spalle.
Il silenzioso autista lo aveva portato fino a lì senza dire quasi niente, in realtà. Era venuto fuori da scuola a prenderlo e gli aveva detto che Gerard aveva tanto lavoro da fare quella mattina e quindi lo doveva portare nel suo ufficio, così appena avrebbe finito di compilare dei fogli molto molto importanti avrebbero potuto andare a casa insieme. Frank era salito sulla macchina che costava tanto e si era sentito a disagio, perché il signor Pemberton sembrava severo e sapeva anche che lui e Gerard si baciavano e si amavano e forse aveva anche capito che avevano fatto l'amore e si sentiva in imbarazzo davanti a lui per questo. In più l'uomo lo guardava sempre con le sopracciglia aggrottate come se avesse fatto qualcosa di male.

- Ultimo piano - l'autista disse queste poche parole, e poi partì definitivamente, lasciandolo da solo davanti alle porte scorrevoli.
Il ragazzo guardò l'automobile sparire, poi si fece forza ed entrò. Non era facile per lui pensare di trovarsi da solo in mezzo a tante persone sconosciute che avrebbero parlato e gli avrebbero chiesto delle cose e forse lo avrebbero anche toccato. Ma era grande ed era cresciuto tanto da quando era un bambino, e ormi aveva diciotto anni, quindi doveva per forza arrivare da Gerard da solo senza accasciarsi sul pavimento e cominciare a gridare o a emettere quei mugolii come quelli che fanno i cani quando sono tristi. Doveva essere coraggioso e prendere l'ascensore, cliccare il bottone del piano giusto - ma quello era facile perché bastava vedere il numero più alto di tutti - e poi trovare l'ufficio di Gee.
Appena si ritrovò nella hall, si accorse che per fortuna non c'era tanta gente lì, quindi sarebbe stato tutto molto più facile.
Sorrise e cercò di mettere da parte tutti i suoi dubbi e le insicurezze, ma soprattutto di non perdersi guardando la luce riflessa dal vetro di cui era costituito tutto il grattacielo, scomposta in un bellissimo arcobaleno. Avanzò di qualche passo, tra tutte quelle donne e quegli uomini (più donne però) che non lo guardavano nemmeno in faccia. Per farsi coraggio aprì lo zaino, tirò fuori Johnny il pinguino e lo strinse forte tra le sue braccia.

𝐜𝐨𝐥𝐨𝐮𝐫𝐬  ♡  𝐟𝐫𝐞𝐫𝐚𝐫𝐝 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora