2.

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Quella sera, quando cominciò tutto, era il secondo martedì di ottobre.

Dopo aver appena finito di rileggere la sua lista di perplessità su Gerard e aver svolto qualche espressione per semplice svago, Frank venne avvisato dai suoi genitori che, appunto, era martedì, e quella sera dovevano uscire, il che lo lasciò molto perplesso, perché pensava che fosse lunedì, e quando chiese cosa ci fosse quella sera e suo padre gli disse che c'era la cena del club e sua madre gli chiese gridando come faceva a non saperlo e gli disse che non c'era mai con la testa, si domandò, ancora più perplesso, come avesse fatto a dimenticarsi che martedì c'era la cena con il club, visto che alle cene con il club c'era anche Gerard, e tutte le settimane aspettava quel momento solamente per vederlo e rivolgergli timidamente la parola.
Così, in tutta fretta, si mise la sua camicia più bella, i pantaloni scuri, si pettinò i capelli, si mise le scarpe lucide (simili a quelle di Gerard, e di questo andava molto fiero) e poi sua madre andò da lui, lo guardò, sbuffò e gli pettinò i capelli di nuovo perché - a quanto sosteneva - erano perennemente disordinati in un modo che riteneva impossibile e a furia di fare tutti quei calcoli e non uscire mai gli sarebbero diventati come quelli di Einstein
Sembrava che la principale preoccupazione di Linda Pricolo fosse l'ordine, ma sembrava anche che Frank non fosse affatto portato per esso, come avete già potuto capire dalla lista. 
Tra loro era una continua lotta tra quella meticolosa e vana perfezione della madre e il caos brillante e quasi involuto del figlio, una battaglia che finiva sempre per essere vinta da quest'ultimo - non tanto perchè lei non fosse abbastanza testarda per sopraffare quel disordine, quanto perchè Frank era così, appunto, disordinato, che quasi sempre una minuscola parte di quel disordine riusciva a sfuggire alla tirannide dell'organizzazione.

Dopo tutte queste riflessioni sull'ordine ed essere rimasto molto perplesso dal fatto che lui vedesse molto più ordinato il disordine, dell'ordine, cercò di ricordarsi mentalmente di dover chiamare Gerard Signor Way, raccomandandosi almeno un centinaio di volte di non fare una figuraccia come al solito, cominciando con "Ger" e finendo con "or Way" massaggiandosi le costole per qualche gomitata.
Se lo disse per tutto il viaggio (come ogni martedì sera) sulla limousine da casa alla sede del club, che si trovava distante dalla loro casa qualche minuto, un tempo che variava da dieci minuti e quarantasette secondi quando la strada era libera a quattordici minuti e ventinove secondi quando c'era particolarmente traffico e il loro autista, George, cominciava a imprecare borbottando contro i tassisti con quelle splendide macchine gialle e poi sua madre lo rimproverava perchè il linguaggio scurrile non era affatto educato e comunque Frank non poteva assolutamente imparare quel modo di esprimersi e infine il padre di Frank alzava gli occhi al cielo e Frank non capiva mai cosa volesse dire quel gesto, così si limitava a guardare fuori dal finestrino con aria molto molto interessata e a ripetersi di chiamare Gerard "signor Way".
Così fece anche quel secondo martedì di ottobre.

Eppure quando fu lì davanti a lui e quello che fino a diciassette secondi prima aveva deciso si sarebbe chiamato signor Way gli disse "ciao, Frank" con quel sorriso così speciale l'unica cosa che seppe dire fu proprio "ciao Gerard", ovvero l'unica che non avrebbe dovuto pronunciare.
Lo lasciò molto perplesso come suonò bene nella sua bocca, nonostante fosse così sbagliato.
Con la lingua ancora intorpidita da quel  nome meraviglioso, ricevette prontamente una gomitata nelle costole da sua madre, poi sbattè due volte le palpebre e non fece in tempo a pensare che forse avrebbe dovuto correggersi che vide che Ge - il signor Way, proprio il signor Way, stava tendendo la mano verso il suo viso. 
Rimase immobile, mentre una carezza gli sfiorava prima le occhiaie, delicatamente, poi, procedendo sempre più giù, con una dolcezza inaudita, gli zigomi ben definiti, facendolo tremare da capo a piedi. Il suo cuore cominciò a battere forte, così forte che sembrò staccarsi dal suo petto.
Quel gesto era la più importante perplessità che aveva su Gerard, perchè ogni volta era sempre lo stesso - una splendida carezza vellutata e tiepida - ma lo lasciava, appunto, sempre più perplesso.

𝐜𝐨𝐥𝐨𝐮𝐫𝐬  ♡  𝐟𝐫𝐞𝐫𝐚𝐫𝐝 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora