33.

675 112 201
                                    

- Sei pronto Frankie? - Gerard lo guidò per un corridoio buio che sembrava quello di quando erano andati all'acquario, con una mano sulle sue spalle e le labbra che sfioravano dolcemente la sua guancia sinistra. 

- Sì Gee! - esclamò Frank, sorridendo, tremando per l'emozione.

La prima stanza era quella blu - semplicemente, aveva tutte le pareti blu, e il quadro appoggiato delicatamente sul muro più ampio.
Quella della sua gelida depressione.
Frank si ritrovò di nuovo in quel bagno, nudo dentro la vasca.
Si ritrovò di nuovo ad affondarci dentro, mentre pensava di non valere niente.
Mentre pensava che di lui nessuno si sarebbe mai potuto interessare.
Era un dipinto pulito, ordinato.
Blu e bianco - una calma apparente, fredda, come di luci a neon.
Le piastrelle del bagno con i loro riflessi, la vasca laccata. La sua figura magra e bagnata all'interno di un'acqua ormai poco insaponata. Non si vedeva il viso. Solo la schiena, i capelli neri e le braccia magrissime.
Sì intravedeva un lavabo, uno specchio, niente di più.
Era vuoto.
Anche la sua pelle aveva qualcosa del blu, notò.
Una specie di riflesso.

La seconda stanza era quella del grigio.
Era uguale alla prima, a eccezione del fatto che fosse completamente grigia.
Il quadro era fumoso.
Le dita che tenevano la sigaretta erano rosse e fin troppo accese.
Era nudo, aveva le labbra pallide e gli occhi vitrei, troppo lucidi.
Umidi di pianto.
Era quando era triste.

La terza stanza era quella nera.
Era uguale alle altre due, solo che aveva le pareti tutte nere.
Era come se in ogni stanza Gerard avesse voluto far penetrare il visitatore nell'essenza del colore.
Il dipinto era più grande degli altri.
Mille righe nerastre si inerpicavano su per il suo collo, serpenti sinuosi, velenosi e oscuri tentatori, mentre le sue labbra colorate di rossetto lucido lasciavano chiunque a desiderare di venire travolti dalla sensazione della sua morbida bocca, non importa se in una minacciosa nuvola color del buio, il mascara che aveva allungato all'inverosimile le sue ciglia, rendendo i suoi occhi di vetro verde simili a quelli di un cerbiatto, dentro cui si specchiava il dolore fatto a schegge di diciotto anni passati nell'incomprensione e nella tristezza di non essere come tutti gli altri - era uno sguardo folle, iniettato di sangue e al contempo fin troppo chiaro, di una sensualità che però era di un morboso angosciante.

La quarta stanza era quella marrone.
Era uguale alle altre tre, ma aveva le pareti tutte marroni.
Nel quadro c'era lui, con la terra tra le mani e le radici degli alberi dietro la schiena.
Se si guardava il quadro di lato, sembrava che sulle sue guance ci fosse una spruzzata di lentiggini rossicce.
Trasudava il profumo autunnale delle foglie secche e della nebbia, una certa essenza primordiale che era quasi divina.

La quinta stanza era quella color arancio.
Era uguale alle altre quattro, solo che le pareti erano tutte arancioni.
Uno splendido tramonto che ormai era solo un ricordo.
Il sole che si inabissava ai confini dell'orizzonte per lasciare posto a un blu navy incredibilmente brillante.

La sesta stanza era quella del bianco.
Era uguale alle altre cinque, ma aveva le pareti tutte bianche.
Lui sembrava un angelo con la veste stracciata per davvero, investito di luce.
Non si vedeva niente, se non la sua carnagione pallida e i suoi capelli scuri, il resto era particolareggiato ma pieno di una luminosità e una purezza abbagliante. 

La settima stanza era quella rossa.
Era uguale alle prime sei, a eccezione del fatto che aveva tutte le pareti rosse. 
Frank ricordò il primo momento in cui lo aveva visto, mentre lui e Gerard facevano l'amore.
Il color cremisi incendiava qualsiasi cosa, non solo il letto, ma anche le sue labbra, le sue guance, le mani che si aggrappavano al drappeggio attorno al pube, disperatamente in cerca di piacere.
I suoi occhi verdi luccicavano come pietre preziose, illuminati di un'immaginaria ubriachezza e di un folgorante godimento che faceva bruciare le viscere a qualunque osservatore, solamente mentre pensava a cosa, a chi quella figura stesse pensando mentre era in procinto di toccarsi. La carnagione pallida gridava, supplicando di essere dilaniata, fremente, tesa all'attimo in cui la voluttà sarebbe esplosa, spazzando via tutto il resto del mondo.
La sua stessa immagine lo aveva investito tutto d'un colpo, incredibilmente concreta. 
Possedeva un fascino senza pari. 
Era la lussuria che trasudava, e quel colore rosso, che rimaneva impresso ovunque, nel volto e nello sguardo, nella carne, un bollente desiderio che non faceva altro che ridestarsi da un sonno impastato di niente. 

L'ottava stanza era quella color verde.
Era come le precedenti sette, ma aveva tutte le pareti verdi. 
Si vide stanco, sdraiato sull'erba di un prato, con l'accenno di un sorriso sincero sul volto. 
La sua cassa toracica ben in evidenza, come se stesse prendendo un respiro enorme. 

- Sei bellissimo - sussurrò Gerard al suo orecchio.
Lui arrossì.

La nona stanza era quella del giallo.
Era uguale alle prime otto, ma aveva tutte le pareti gialle.
Nel quadro c'era lui seduto sulla sedia con i girasoli in mano, il suo pube appena visibile, sorridente e con i capelli scompigliati.
I girasoli sembravano quelli di Van Gogh, ma erano molto più luminosi, più carichi di colori. 
Pieni di grinta e di vita. 
Era come se dal quadro rosso fosse più felice.
Era come se da quando aveva scoperto l'amore e il suo colore, allora riusciva a sorridere.

La decima stanza era quella rosa.
Era come le prime nove, solo che aveva tutte le pareti rosa. 
In quella stanza c'era il colore dell'alba.
Il dipinto era bellissima.
Il cielo aveva un sacco di sfumature, investivano completamente chi guardava, trasportandolo direttamente in mezzo alle nuvole.
Lui era in mezzo a quello spettacolo come un semplice partecipante.
Finalmente felice, al principio ridente del giorno. 

A quel punto Frank pensava che non ci fossero altre stanze perché i quadri che avevano fatto insieme erano finiti.

Invece Gerard lo condusse verso sinistra, un corridoio piccolo e scuro.
Camminando mano nella mano raggiunsero un nuovo spazio.

Era più grande degli altri.
Più scuro. 

L'undicesima stanza era quella viola.
Le pareti erano contornate di specchi che erano posizionati in modo da riflettere unicamente pezzi di quadro - una tela in cui il corpo del ragazzo era avvolto in un drappeggio violaceo. Le sue labbra erano rosse, ma era perso, e la tela era divisa in riquadri che lo ritraevano da diverse prospettive, come in un quadro di Picasso.
Sembrava stesse cadendo, in un riquadro aveva la bocca spalancata in un urlo che sembrava disumano.

Frank guardò gli specchi in silenzio.
Tutti riflettevano dettagli di lui troppo sofferenti, troppo vividi.

Era la morte del rosso e dei suoi sorrisi.

- Lo hai fatto morire, Gerard. L'uomo del quadro. Lo hai fatto morire.























Oks ho scritto tutto questo capitolo ascoltando MANIA finalmente una buon'anima lo ha messo su yt tutto intero  (sponsorizzo il canale perché mi ha salvato la vita, in caso qualcuno ne avesse bisogno: Actual Trash) 
nonostante le critiche che tutti gli hanno mosso a spada tratta per il genere che è cambiato, a me piace da morire quindi YEP
cioè i testi sono S T U P E N D I   D U H I E

E che dire?
GIUSTO vi devo spiegare la struttura del finale.

Allora, sarà articolato in due parti.
INSOMMA TUTTE E DUE C'ENTRANO COL VIOLA, but prima ci sarà un capitoletto in corsivo specifico per il viola e a seguire un capitolo scritto normalmente; e infine l'epilogo, che prevede molti capitoli in corsivo e due capitoli scritti normalmente.
Ho già tutto in testa, non ci sarà niente di così chilometrico - insomma, siamo arrivati alla fine, non c'è motivo di indorare troppo la pillola.






non sono cattiva vero?

mi volete comunque bene?

hizzie, mi ami ancora?

𝐜𝐨𝐥𝐨𝐮𝐫𝐬  ♡  𝐟𝐫𝐞𝐫𝐚𝐫𝐝 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora