Capitolo 5 - Reeze

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NOTA DELL'AUTRICE: Ho pensato di scrivere qualche capitolo decsrivendo gli accadimenti dal punto di vista di Reeze, visto che lo considero protagonista della vicenda al pari di Dafne. Fatemi sapere cosa ne pensate e, come sempre, buona lettura :) P.

Richiusi piano il pesante portone dell’infermeria e mi diressi all’ingresso da cui sarei salito ai piani superiori. Per la prima volta dopo anni mi sentivo meglio, come se il peso che portavo dentro si fosse alleggerito. Forse Angel aveva ragione: passare del tempo insieme avrebbe fatto bene sia a me che a Dafne. “Dafne… un nome piuttosto inusuale presso i Comuni.”, pensai.
Mentre iniziavo a salire le scale, ripensai al giorno in cui Selma annunciò la presenza dell’Anima. – E’ appena percettibile, ma si sente. Dovrete sbrigarvi, – disse a me e ad Angel. – prima che gli altri l’avvertano. –. Aveva ragione: se gli Stregoni Neri l’avessero percepita, non avrebbero esitato a eliminarla. Dopotutto per loro rappresentava una minaccia: da quando Selma aveva rinunciato all’incarico di Guardiana Mater, gli attacchi delle Creature delle Tenebre erano raddoppiati in tutte le dimensioni. Senza una guida, molti dei Guardiani si sentivano abbandonati a loro stessi, il sistema governativo si era indebolito, molte rivolte interne erano insorte. Avevamo avuto talmente tanti problemi interni da non riuscire a gestire il nostro compito principale: proteggere le dimensioni dall’Oscurità. Io e Selma all’epoca eravamo partiti alla volta della casa dove lei era cresciuta, sul mare.
Ricordai la piacevole sensazione di calma che mi procurava fissare le onde infrangersi sugli scogli.
– E’ casa tua ora. – disse Selma.
Avevo passato venticinque anni lì: meditavamo ogni giorno, per ore. All’inizio lo trovavo snervante, soprattutto perché Selma era sempre paziente, anche quando non me lo meritavo. Avevo ucciso un mio coetaneo e, per l’ennesimo scherzo del destino, ero riuscito a scamparla. Avrei continuato a vivere, sempre se la mia potesse chiamarsi vita.
Poco tempo dopo il ritorno dal nostro esilio, Selma aveva avuto il sogno e da lì è partita la frenetica ricerca dell’Anima Pura. Avrei voluto parteciparvi, ma il Consiglio si oppose, credendo che se mi avessero lasciato andare sarei scappato. Tenendomi alla Fortezza invece, avrebbero potuto tenermi d’occhio.
Mi sentivo in prigione. Certo, avevo partecipato a missioni minori, cercando ogni volta di mostrare la mia lealtà ai Guardiani ma anche adesso, dopo anni e anni, sentivo che non si fidassero di me.
Poi, una sera di settembre dell’anno prima, Angel arrivò trionfante alla Fortezza con una ragazza; gli Anziani avvertirono l’aura dell’Anima Pura in lei, ma rimasero titubanti: era una mortale, come fosse possibile nemmeno loro lo sapevano. Angel raccontò loro dell’attacco dell’Ariet alla casa della fanciulla. Mentre parlava, ero sugli spalti a scrutare la ragazza. Era così normale: una comune mortale come tante, eppure gli Anziani sembravano convinti che fosse davvero lei la nuova Guardiana Suprema.
Ad Assemblea terminata, mi feci avanti tra la folla per andare da Angel: era stato il mio mentore, mi aveva cresciuto. Lo vidi accanto a lei: le parlava con fare paterno, rassicurante, mentre lei annuiva, visibilmente scossa. Vedendola da più vicino, mi resi conto di quanto fosse giovane: vestita in modo leggero, gli occhi azzurri pesantemente truccati di nero, come a volersi dimostrare più grande. Gran parte del trucco le era colato per il pianto. “Una bambina”, pensai, “una bambina che vuole sembrare un’adulta.”. Era patetica. Angel le mise una mano sulla spalla e lei trasalii; era davvero spaventata. Lo vidi cercare di tranquillizzarla e lei gli rispose in malo modo. Ma come si permetteva? Non aveva un briciolo di rispetto, di riconoscenza! Angel l’aveva salvata, dopotutto.
Mi irritai: nessuno aveva il diritto di parlare ad Angel in quel modo. Quando fui abbastanza vicino, Angel si voltò e mi rivolse il saluto, a cui non risposi; fissavo ancora irritato la ragazza.
– Una Comune, eh? – dissi rivolto a lui. – allora era vero… –. Preferii non dire altro, così mi voltai e uscii dalla Sala della Luce, chiudendo la porta troppo energicamente.
Passai quella notte a pensare a come quella ragazzina sarebbe riuscita a diventare una Guardiana Suprema. Non era allenata, non conosceva nulla sulle dimensioni; per quel che mi riguardasse, la sua presenza sarebbe stata solo un peso. E infatti così fu.
Angel passava gran parte con lei, a istruirla sugli usi, sulla storia, ad allenarla come si faceva con i bambini e lei sembrava non avere nessun talento. Certo, trovandomi ad ascoltare le loro lezioni teoriche, mi era sembrata interessata, molto partecipe, ma non era la teoria che l’avrebbe salvata in battaglia, io lo sapevo bene.
Dopo mesi, lei ostentava ancora grosse difficoltà a cui Angel sembrava non dare molto peso. Era paziente con lei, troppo paziente. Eppure spesso lei gli mancava di rispetto; era infantile, per nulla matura. Mi dava davvero sui nervi.
L’avevo evitata come potevo, non riuscivo a perdonarle il fatto di non impegnarsi abbastanza. Aveva Angel dalla sua, ma non le importava, lo snobbava. Avrei fatto di tutto perché Angel tornasse a istruirmi come stava invece facendo con lei.

Lightbearer - La Portatrice di LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora