Capitolo 25

313 22 5
                                    

– Tu scherzi. – esclamai incredula. Lui in risposta si mise a ridere e mi resi conto di quanto effettivamente fosse mal ridotto: aveva ferite e lividi su tutto il corpo, alcune cicatrici in faccia erano perfettamente visibili. Non osai immaginare cosa avesse passato nei secoli di fuga. – Dobbiamo tornare alla Fortezza. – dissi. – E tu verrai con me. –. Il sorriso si spense; sapeva che venire con me avrebbe significato porre fine a tutti gli anni di esilio e consegnarsi alla giustizia. – Vorrei prima darmi una sistemata e mangiare qualcosa, se non ti dispiace. – fece. – Come ultimo desiderio. –. Lo fissai per un attimo riflettendo: lui era disarmato e decisamente denutrito, senza forze, ma rimaneva comunque un guerriero più abile di me; d’altro canto io ero armata e potevo fare appello ai miei poteri. Se avesse cercato di farmi del male, avrei potuto ucciderlo senza fatica. – D’accordo… – acconsentii. Tornai al mio aspetto ‘umano’ sotto il suo sguardo meravigliato. – Come ci riesci? – chiese con stupore. – Non lo so. – risposi secca. – Dove hai intenzione di cambiarti? E soprattutto con cosa? –. Sorrise di nuovo: – Vedi quel palazzo? – indicò l’edificio dall’altro lato della strada. – Lì c’è l’appartamento dove vivevo con tua madre. –. Fissai l’edificio di mattone davanti a noi. “Quindi hanno vissuto insieme.”, pensai. – Hai le chiavi? – chiesi. – Non ho intenzione di fare irruzione in quella che potrebbe essere diventata la casa di qualcun altro. –. Lui sorrise di nuovo: – Ce l’ho. – mi fece strada. Cercai di non perderlo di vista nemmeno un secondo, avendo paura sfuggisse. Arrivati davanti al portone, estrasse un mazzo di chiavi (tantissime chiavi) e si mise a cercare quella giusta. – Ecco qua! – esclamò quando la trovò. Aprì il portone e accese la luce sul pianerottolo. – Ascensore o scale? – chiese. – Che piano? – domandai io. – Quinto. – Scale. Se riesci a salirle. –. Pensai che gracile com’era, ci fosse il rischio che svenisse. Lui mi lanciò un’occhiata divertita. – Sono vecchio, figliola, ma non da non riuscire a salire delle scale! – rispose, fingendosi offeso. – Va’. – intimai fredda. – E non chiamarmi figliola. Non sono figlia tua. –. La mia ultima affermazione sembrò ferirlo; la sua espressione si fece dura e seria e non disse nulla finché non arrivammo al piano. Infilò un’altra chiave nella serratura e poi un’altra e un’altra fino ad aprire la porta. – Accomodati. – disse. – Entra prima tu. – risposi. – E niente scherzi o ti sgozzo come un maiale. –. Mi rivolse un sorriso beffardo. Era millenario, eppure il suo viso era giovane, nonostante le ferite e lo sporco. Quelli che lo tradivano erano gli occhi: erano profondi, vissuti e saggi. Provai a immaginare a che uomo sarebbe stato se non avesse agito come aveva fatto; probabilmente avrebbe fatto da Custode a generazioni di Guardiani e sarebbe diventato Generale, come Angel. – A che pensi? – chiese mentre accendeva la luce nell’ingresso. Notai che la casa era pulitissima: nessuna traccia di polvere, ragnatele e tutte le cose che mi ero immaginata. Una casa normale, con mobili normali, ma non vissuti. – La donna delle pulizie deve essere passata proprio stamattina. – constatò. – Sento l’odore di detersivi, tu lo senti? –. Annuii con la testa. – Va’ a cambiarti. – dissi trasformandomi sotto i suoi occhi meravigliati. – E ricorda, niente scherzi! – Sei tu il capo! – rispose e andò in quella che pensai fosse la camera da letto. Nel frattempo, io aprii la porta del salotto e vi entrai: non era particolarmente grande e ammobiliato. C’era una libreria, delle mensole, un divano con un tavolino basso davanti e il mobile per il televisore (un modello degli anni ‘90). Mi avvicinai alla libreria: era piena zeppa di volumi di ogni genere. Mi meravigliai nello scoprire uno scaffale interamente dedicato a Tolkien. Sotto di esso, c’era una bella foto incorniciata. La presi tra le mani: ritraeva Talerius, senza barba e con i capelli sistemati abbracciato a una sorridente ragazza dagli occhi blu. Mia madre. Sembravano felici: ridevano entrambi sotto il sole estivo, in un parco. Come poteva averla ingannata così? Eppure non dava l’idea di un uomo senza scrupoli. “L’apparenza inganna.”, mi dissi mentre mettevo a posto la foto. – Quella era Viola. – disse Talerius facendomi sussultare. Non mi ero accorta fosse entrato in stanza. – Avrei pensato… – iniziò incerto. – ti va di cenare qui? Cioè, in frigo non c’è nulla, ma qui sotto c’è una pizzeria niente male, chiamo? – D’accordo… – accettai. Pizza come ultimo pasto, una cosa che probabilmente avrei fatto anch’io. – Come la vuoi? – mi chiese mentre cercava il numero in una rubrica. – E’ uguale. – risposi.

“Reeze mi ammazzerà”, pensai. Ero sparita nel nulla con un potenziale pazzo e nessuno aveva idea di dove fossi. “Magari saranno tornati alla Fortezza e riprenderanno le ricerche da lì.”, mi dissi. Questo se la battaglia fosse finita; non sapevo quanti demoni Yfrit avesse portato con sé. Pregai solo che non facesse del male a nessuno dei Guardiani presenti. Sentii la voce di Talerius parlare in una lingua sconosciuta al telefono. Se non avesse detto ‘pizza’ avrei potuto benissimo pensare che stava lanciando un sortilegio. – Bardzo dobrze! Dziękuję! – fu l’ultima cosa che disse prima di attaccare il telefono. – Tra mezzora dovrebbero arrivare. – disse rivolto a me. – Io intanto vado a darmi una sistemata, tu fa’ come se fossi a casa tua! –. Che gentile! Quella sarebbe stata casa mia se il bastardo non avesse deciso di abbandonare mia madre a se stessa, in strada e per giunta incinta. Eppure c’era qualcosa in lui per cui non riuscivo a vederlo come lo stronzo che era. Le cose erano due: o era bipolare, oppure sapeva fingere benissimo. Sperai con tutta me stessa che fosse la seconda. Mi misi seduta al tavolo in cucina e mi concentrai sui rumori che provenivano dal bagno. Sentivo le forbici tagliare i peli e i capelli cresciuti a dismisura. Mi domandai quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che si era guardato dentro uno specchio… o fatto un bagno. Dopo le forbici, fu il turno del rasoio e della schiuma da barba. Terminata la rasatura, lo sentii entrare in doccia e lavarsi. A quanto pareva non stava tentando la fuga, ma era possibile che dopo secoli si fosse arreso al suo destino? Mi sembrava troppo improbabile. Continuai a ‘tenerlo d’orecchio’ per tutto il tempo. Una ventina di minuti dopo che era entrato in bagno, ne uscì come nuovo. Rimasi stupita del cambiamento: non sembrava più nemmeno lui. Adesso era tornato l’uomo sorridente della foto, sbarbato, pulito e con i capelli ordinati. Si era anche cambiato: gli abiti sudici e consumati erano diventati una camicia bianca e un pantalone nero, molto semplici. Notai che al collo portava una catenina d’argento, con un ciondolo a forma di scudo. L’albero in rilievo era color oro: lo stemma dei Guardiani. – Dici che va bene per un’esecuzione? – scherzò facendo una giravolta. Io alzai il sopracciglio. – Quando stavano per giustiziarmi, mi presentai con indosso questa. – dissi. Lui impallidì: – Come stavano per giustiziarti? –. Fui costretta a raccontargli di tutto quello che era successo con Reeze durante la mia prima vera trasformazione, del processo che mi avevano fatto e di come ero riuscita a scamparla grazie ad Angel. – Dovrò ringraziarlo, immagino. – disse lui serio. – Non prendertela, comunque. Al Consiglio piacciono le esecuzioni. –. Rimasi a fissarlo mentre guardava fuori dalla finestra, pensoso. Poco dopo, il citofono squillò, annunciando l’arrivo del fattorino. Lui si alzò per aprire e prese dei soldi da un cassetto. Quando suonò il campanello della porta, mi alzai e fermai alla porta della cucina: se era un suo complice, li avrei linciati entrambi. Non mi meravigliai nel vedere un vero fattorino consegnare le pizze a Talerius. Non sapevo perché, ma il suo comportamento mi stava spingendo a fidarmi di lui, anche se non avrei dovuto. Portò le pizze in cucina e fece per prendere un coltello per tagliarle, ma lo fermai. – Faccio io. – dissi con un tono che non ammetteva repliche. Lui si allontanò dal cassetto con le mani alzate e mi fece prendere il coltello. Tagliai le pizze in tranci più o meno uguali. – Assomigli moltissimo a mia zia, sai? – disse mentre gli porgevo la sua pizza. – Anche nei modi. –. Mi sedetti e mi apparecchiai. Iniziai a mangiare ma mi assalì il panico. – Non hai fatto mettere nulla nel cibo, vero? – chiesi preoccupata e pronta a sputare tutto. Lui si mise a ridere. – Dafne, se avessi voluto ucciderti, fidati, saresti già morta. –. La naturalezza con cui fece l’affermazione non mi tranquillizzò. – Se vuoi puoi anche non mangiare, non ti obbligherò a farlo. –. Allontanai la pizza da me, sotto il suo sguardo dispiaciuto e lo osservai mangiare. Aveva dei modi molto eleganti per essere uno che non si nutriva da giorni. Io, al posto suo, mi sarei gettata sul cibo senza pudore. – Cos’è successo con Yfrit? – chiesi, ricordandomi che fosse stato imprigionato dal demone. – Quando ti ha preso? –. Lui si rabbuiò. – Ho sbagliato ad andare alle rovine della casa in cui sei cresciuta. – rispose. – Mi teneva un agguato e a quanto pare non era il solo. – mi lanciò un’occhiataccia. – Come facevi a sapere dove avessi vissuto? – chiesi nuovamente, incuriosita. – Ho sempre saputo dove fossi. – ammise lasciandomi perplessa. – Dafne, io non ti ho mai davvero abbandonata. Ho continuato a farti visita di nascosto da tutti fino ai tuoi 10 anni, poi ho dovuto smettere perché dagli Stregoni erano sulle mie tracce e ho temuto che risalissero a te. – Tu… cosa? –. Non riuscivo a credere a quello che mi aveva appena detto. Lo sentii sospirare: – Avevo perso tua madre, ma tu eri salva per miracolo. Non potevo portarti via, la famiglia che ti aveva accudita ti avrebbe dato tutto ciò di cui avevi bisogno, tutto ciò che io non avrei potuto darti. Ma sapevo che eri figlia mia e così ogni tanto venivo a vedere come stavi. Poi scoprii di essere pedinato e decisi di non vederti più per non metterti in pericolo. Non pensavo che sarebbe finita… non volevo crederci. –. Tornò ad addentare la sua pizza mentre io cercavo di ricompormi. – Tu menti! – scattai in piedi sotto al suo sguardo perplesso. – Tu l’hai abbandonata! Mia madre! L’hai lasciata in strada quando hai saputo che fosse incinta di una femmina! Il tuo esperimento era fallito e così l’hai mollata! –. Lui mi scrutò con le sopracciglia aggrottate. – Chi ti ha detto queste cose? – Ha importanza? – replicai furibonda. Lui lasciò cadere la pizza sul piatto e mi fissò dritta negli occhi, ghiaccio contro ghiaccio. – Stammi a sentire: io amavo tua madre e lei amava me. Mi aveva fatto tornare a vivere dopo aver passato secoli a brancolare nel buio. Era una donna meravigliosa. Fu lei a scappare da me quando mi vidi costretto a dirle chi fossi davvero e cosa le avessi fatto. Credette fossi pazzo e scappò. Era sola al mondo, cresciuta in un orfanotrofio, non aveva nessuno. E nessuno di quelli che considerava amici la volle aiutare, pensarono che la pazza fosse lei. Nel frattempo sono dovuto fuggire da Cracovia poiché un’orda di Guardiani si era riversata per contrastare una faida tra vampiri. Se mi avessero riconosciuto, non staremmo qui a parlarne. Quando tornai, venni a sapere della morte di tua madre. Il medico dell’obitorio mi disse che aveva partorito da poco, ma quando la trovarono non c’era nessun neonato. Così mi misi a cercare e risalii ai tuoi. Fui io a procurare loro i documenti per farli tornare in Italia senza destare sospetto. L’istinto mi diceva di prenderti con me e portarti via, ma non potevo. Avresti vissuto meglio con i Comuni e ti giuro che ho pregato il Creatore ogni giorno dalla tua nascita affinché tu fossi mortale come tua madre e che nessuno capisse chi eri davvero, ma purtroppo non è stato così. – fece una pausa e notai che i suoi occhi erano lucidi. – Non so come abbiano fatto a trovarti. – L’Anima Pura… non mi hanno trovata perché sapevano fossi tua figlia. – dissi come per cercare di rassicurarlo. Lui sorrise. – Già, immagino sia così. – sospirò di nuovo. – Quando venni a conoscenza di quello che l’Ariet aveva fatto a una famiglia di Comuni non volli crederci, ma non potevo tornare a verificare di persona, così mandai un vampiro mio amico che mi riportò le foto della casa e… delle lapidi. Leggere il tuo nome è stato il dolore più forte che abbia mai provato. Qualche tempo dopo mi giunse la notizia di una giovane Guardiana Suprema, cresciuta sulla dimensione mortale. Capii che eri tu e mi sentii sollevato. Mi ritirai in Tibet, certo di non essere raggiunto da nessuno. Le barriere naturali e spirituali sono troppo forti per i demoni. – Ecco perché Yfrit voleva ti raggiungessi in Tibet… – constatai ad alta voce. – E’ stato l’Ingannatore a rifilarti la storia dell’esperimento? – domandò Talerius. Io annuii imbarazzata. Quello stronzo era riuscito a raggirarmi per due volte. – Chi mi dice che tutto quello che mi stai dicendo sia vero? – chiesi insospettita. Lui non rispose subito. Fece un respiro e sorrise leggermente. – Quando eri piccola, più o meno 6/7 anni di età, i ‘tuoi’ ti comprarono una bicicletta rosa. A te piaceva tantissimo, soprattutto per il colore; ci attaccassi un adesivo con una margherita sul manubrio. Un giorno cadesti dalla collina e ti facesti un profondo taglio sulla coscia addosso a una roccia. Hanno dovuto portarti all’ospedale a farlo ricucire. Credo ti sia rimasta la cicatrice. –. Sgranai gli occhi sbalordita. Talerius non mi aveva mentito: mi faceva davvero visita, attento a non farsi scoprire. – Posso dirtene altre, se vuoi… – incalzò con un sorriso spento. – L’amavi davvero? – chiesi. – Viola? – sorrise. – Mi ha cambiato la vita. Era così energica e solare. Non si perdeva mai d’animo, sai? Ed era molto testarda, proprio come te. – fece di nuovo una pausa. – L’amavo davvero, Dafne. Non pensavo sarei riuscito ad amare di nuovo qualcuno, ma lei arrivò e me ne innamorai. –. Lo guardai mentre se ne stava immerso tra i suoi ricordi. – Perché hai ucciso Isotta? – domandai a mezza voce. Forse mi stavo spingendo troppo oltre. Anche adesso, non rispose subito. – Non l’ho uccisa io. – mormorò a denti stretti. – Qualcuno ha voluto incastrarmi e ci è riuscito. – Vorrai scusarmi, ma stavolta non riesco a crederti! – esclamai. Lui fece un sorriso amaro: – Lo so, nessuno mi ha mai creduto. Il piano è stato così perfetto che tutte le prove erano contro di me. –.

Calò il silenzio. Avevo ancora tante domande da fargli ma paura ad esprimerle. Dopotutto non potevo avere la certezza che tutto quello che mi aveva raccontato fosse vero, anche se qualcosa mi diceva che non mi aveva mentito. E poi il tempo stringeva: tra poco avrei dovuto riportarlo con me alla Fortezza e poi giustiziarlo. Mi sentii combattuta e confusa come mai prima d’ora. – Il demone ha detto la verità? – chiese lui distogliendomi dai miei pensieri. – Te la fai col suo figlio bastardo? -. Mi assalì la rabbia. – Reeze non è un bastardo. – sibilai. – Lo ha cresciuto Angel come fosse figlio suo e Selma lo ha aiutato a controllarsi. E lui ripudia il padre biologico molto più di me. –. Talerius mi guardò con severità. Sfidai il suo sguardo con prepotenza. Non gli avrei permesso di insultare Reeze, non lo conosceva nemmeno! Con mio stupore, sorrise. – Tu lo ami? – chiese. – Sì. – risposi fredda. – Capirai, allora, – riprese. – che a volte si è costretti di fare delle scelte difficili per la persona amata. Per proteggerla, solitamente. – Ucciderla non mi sembra rientrare tra queste. – commentai acida e lui ne rise. – No, decisamente no. – fece. – Ma se allontanarti da lui fosse l’unico modo per farlo stare al sicuro, lo faresti? – Certo che lo farei! – risposi come se fosse ovvio. – Non capisco cosa c’entri con l’assassinio di Isotta, però! –. Vidi che nel sentire il nome della Guardiana, l’ombra di un dolore profondo gli solcò il volto. – Sapevo che l’avrei messa in pericolo, non avevo altra scelta che allontanarla. – la sua voce si spezzò. – Ma da cosa? – Da quelli che volevano farmi fuori. Il Consiglio tende a eliminare quello che non comprende, quello che vede come una minaccia, era solo questione di tempo. – “Il Consiglio?”, pensai. Il Consiglio non poteva eliminare uno Stregone Bianco. Ripensai a Magnus che si era accanito contro di me, al tentativo di Reginald di uccidermi e qualcosa dentro di me si contorse. – Perché mai il Consiglio avrebbe voluto farti fuori? – chiesi, anche se in fondo sapevo già la risposta. – Dafne, i nostri non sono poi così diversi dai mortali. – affermò con freddezza. – Chi ha il potere lo brama ancora di più e vede minacce anche dove non ce ne sono. Lo hai visto anche tu: ti avrebbero uccisa nonostante avessi riportato il vita Reeze, nonostante avessero fatto di tutto per sbarazzarsene anche loro. Ti temono e ti temeranno sempre, cercheranno ogni pretesto, ma tu non devi farglielo trovare! – una luce si accese nei suoi occhi. – Non dovrai mai permettere loro di trovare un modo per sbarazzarsi di te, si venderebbero l’anima per rimanere sulle loro belle poltrone e qualcuno forse lo ha già fatto. – sorrise beffardo. – Non sono stato io a uccidere Isotta; l’amavo sopra ogni cosa. Avevo paura che la usassero contro di me e così mi sono ritirato a vivere nella foreste, affinché lei potesse operare senza essere ostacolata. Si era resa conto che qualcosa stava bollendo in pentola e venne ad avvertirmi, ma purtroppo qualcuno scoprì che sapeva e preferirono sbarazzarsi di lei incolpando me, inventandosi la storia del ‘pazzo d’amore’. E io non potei fare nulla per ostacolarli, avevano architettato tutto a tavolino. Ero spacciato! Sarei morto pur di raggiungerla, ma lei mi apparve in un sogno e mi pregò di andare fino in fondo alla verità, così sono scappato. Per arrivare fin qui, dovetti rinunciare alla magia, altrimenti mi avrebbero scovato subito. Non potevo più tornare nella dimensione per indagare. Il mio migliore amico mi dava la caccia assieme alla nuova Suprema. Non sapevo a chi rivolgermi, dove andare… poi incontrai uno Sciamano in Africa; mi fece rivivere la morte di Isotta, come se fossi lì con lei come spettatore di un massacro atroce. –. La sua voce si spense. – E’ stato un incubo: la vedevo lottare contro un gruppo di demoni, sola. L’accerchiarono e la fecero a pezzi, ne rimase solo un mucchio di ossa. Ma grazie all’esperienza, mi resi conto di non essere stato l’unico spettatore: c’era un ragazzo nascosto su un albero, un figlio della foresta. Aveva assistito al massacro e sentito i demoni dire di avvertire ‘il vecchio’ della riuscita del compito per cui erano stati evocati. – sorrise beffardo. – Tutto puoi dirmi, tranne che sono un vecchio. Ho più di un migliaio di anni, ma non gli dimostrerò mai. –. Ascoltai rapita il suo racconto; mi sembrava tutto surreale, ma per quanto fosse pazzesco, poteva essere possibile. – Sei riuscito a scoprire chi fosse il vecchio? – chiesi. – Davvero non ci arrivi? – fece lui. – Ho saputo che si è fatto strada, all’epoca era appena entrato nel Consiglio, ma oggi so che lo presiede, o meglio, lo presiedeva prima che arrivassi tu. –. Sgranai gli occhi. Mi sembrò di sentire la sua risata dannatamente falsa e il tono mellifluo che dava la nausea. – Magnus… – sussurrai. Talerius quasi sputò a terra dal disgusto. – Già! – disse con un disprezzo secolare. – Magnus Socrate. –. Rimasi seduta, in silenzio a cercare di riordinare i miei pensieri come se fossero tasselli di un puzzle: sembrava combaciare tutto alla perfezione, aveva tutto una logica dietro. Magnus che temeva sarebbe stato surclassato dal brillante Talerius e dalla Guardiana Suprema Isotta. Con loro al comando, non sarebbe mai riuscito ad acquisire più potere. Per sua fortuna, i litigi continui tra la Guardiana e lo Stregone erano diventati di dominio pubblico e così aveva avuto la possibilità di avanzare tra i ranghi, facendosi portavoce e alimentando i pettegolezzi riguardo i due, soprattutto la pazzia di Talerius. Era stato lui a dire in giro della gelosia di mio padre, ed era stato sempre lui a far sì che Isotta fosse sempre via. Aveva fatto in modo di allontanarli e distoglierli dal Consiglio, da diventare il membro più illustre. E quando quello che aveva ottenuto non gli bastava più, aveva fatto assassinare Isotta per riversare la colpa sul suo compagno. La nuova Suprema sarebbe stata troppo inesperta e lui avrebbe guidato la linea politica della dimensione. Sarebbe stato un piano perfetto, se Talerius non fosse scappato e se non mi avesse appena confessato tutto. – Non posso portarti con me. – esordii sotto lo sguardo stupito di lui. – Non finché non avrò scoperto la verità. Se scopro che mi hai mentito, ti faccio fare una fine ben peggiore di quella di Isotta. – Dafne… – iniziò lui ma lo interruppi. – Sappiamo dove sei, per cui non potrai sfuggirmi. Ma per il momento dovrai darti alla macchia. Io indagherò su tutto quello che mi hai detto. Se dici la verità, ti scagionerò e taglierò la testa a ogni membro del Consiglio che sia stato coinvolto in questa storia. Ma se menti… – non finii la frase ma il mio sguardo parlò per me. Talerius mi fissò con orgoglio: – Sei la degna nipote di tua prozia. –. Mi alzai: – Non penso ci vedremo presto, – “Angel e Reeze non mi lasceranno partire dalla Fortezza per un bel po’.”, pensai. – Tu cerca di non farti prendere, non ti dovrebbe risultare difficile. –. Lui sorrise. Misi la mano sulla mia spalla e premetti con tutta la forza che avevo. Sentii l’osso spezzarsi. Talerius mi guardò inorridito. – Ma che fai?! – chiese urlando. – Simulo uno scontro. – Sfoderai la spada e mi tagliai una guancia. Lo Stregone mi guardava con disappunto, ma sapeva fosse necessario. Io sorrisi mentre rinfoderavo la lama. – Sai qual è la cosa divertente? – chiesi sotto al suo sguardo perplesso – Mi è appena venuto il nome da dare a lei: Speranza. –. Toccai il pomello di zaffiro e lo sentii riscaldarsi sotto le dita. – Mi sembra un bel nome. – fece lo Stregone.

Poco dopo, mi teletrasportai alla volta della Fortezza, lasciando Talerius a Cracovia. Mi aveva detto di non avere più alcun potere, per cui si sarebbe spostato con mezzi tradizionali, come aveva sempre fatto. Arrivai all’ingresso della Fortezza con il braccio dolorante e il sangue che sgorgava dalla guancia ferita. Nonostante fosse notte fonda, il castello pullulava di vita. – Vostra Grazia! – esclamò una Guardiana, non appena mi vide accasciarmi a terra. Per tornare lì, prosciugai tutte le mie forze e non riuscii più a ritrasformarmi affinché le ferite guarissero. Fui portata immediatamente in infermeria per essere curata dai Guaritori e, subito dopo, raggiunta da Reeze, Tjana e Angel. I primi due erano sporchi di terra e sangue demoniaco, mentre Angel sembrava in preda a un attacco di collera. Reeze fu il primo a raggiungere la brandina su cui ero sdraiata. – Dafne… – sussurrò. Prese la mia mano tra le sue con delicatezza, come se temesse di romperla. – Ehilà! – lo salutai cercando si sorridere; ero davvero esausta. – Cos’è successo? – chiese. – Lasciala riposare. – lo rimproverò Tjana. – Non vedi quant’è pallida? Vado a parlare col Guaritore. –. Si allontanò lasciandomi sola con Reeze e Angel. Quest’ultimo si mise al lato opposto di Reeze. Cercai di sorridergli, ma mi uscì una smorfia che probabilmente interpretarono come dolore. Reeze mi mise una mano in fronte per controllare se avessi la febbre. Poco dopo entrai in dormiveglia. – Secondo te l’ha stregata? – chiese ad Angel preoccupato. – No, non l’ha stregata, – rispose lui. – non c’è traccia di magia in lei. In realtà non c’è proprio traccia di lui… – Che vuoi dire? – domandò Reeze perplesso. – Ce lo dirà lei domani. – concluse Angel. – Non dovevamo mandarla in missione, avevi ragione, ti chiedo scusa. – Reeze non rispose. Sentii il suono di una pacca. – Vado a dormire, – annunciò al figlioccio. – Buonanotte. – 'Notte. – rispose Reeze. Caddi in un sonno profondo, senza sentire più nulla di quello che mi accadeva intorno. Mi svegliai che il sole stava già calando. Aprii gli occhi e trovai Reeze al mio fianco intento a leggere. – Buongiorno… – farfugliai stiracchiandomi. Reeze mi rivolse un sorriso stupendo. – Ben svegliata. – fece sporgendosi sopra a me per darmi un bacio. – Stai meglio? –. Annuii. Ero un po’ rimbambita, ma avevo recuperato le energie perse la notte prima. – Dafne… – iniziò incerto. – ti va di parlarne? –. Sospirai. – Posso mangiare qualcosa, prima? – chiesi. – Ho una fame! –. Lui sorrise di nuovo: – Ma certo! Vado a molestare Klaus per farti preparare qualcosa, non muoverti da qui! –. Mi diede un altro bacio e uscii dall’infermeria. Rimasi sola a riflettere: avrei dovuto dirgli di Talerius? Mi avrebbe creduto, oppure considerata una sciocca che si era lasciata sfuggire un’occasione d’oro, l’occasione d’oro? Di certo non avrei mai potuto indagare da sola per scoprire la verità, ma non volevo nemmeno essere considerata una stupida dalle persone a cui tenevo e che si fidavano di me. La porta dell’infermeria si aprì, lasciando entrare Angel. – Finalmente sei sveglia! – esclamò, salutandomi. Io gli feci un cenno con la mano. Mi si avvicinò e si sedette sulla brandina su cui ero semisdraiata. – Hai ripreso colore, il che è tutto dire. – scherzò e mi finsi offesa. “Ad Angel lo devi dire.”, pensai, ma quello non era il luogo adatto per una confessione così pesante. – Ha cercato di ucciderti? – chiese senza troppi giri di parole. Aveva lo sguardo fisso sulla finestra dietro di me. Impossibile capire cosa pensasse o provasse.  – Chi? – chiesi a mia volta, rimanendo spiazzata dalla domanda. – Talerius, Dafne. – incalzò lui con tono impaziente. – No… – risposi. Lui fece un sorriso strano, forzato. – Stasera passo a vedere come stai, va bene? – si alzò dalla brandina e fece per andarsene. Io lo fissai perplessa, ma non dissi nulla. Reeze tornò poco dopo con un bel panino farcito e della spremuta. – Klaus dice che ti devi rimettere in piedi! – esordì. Io mangiai in silenzio con lo sguardo di Reeze puntato addosso: era impaziente, lo sentivo. Masticai lentamente ogni boccone per prendere tempo. Non sapevo ancora se dirgli la verità fosse la mossa giusta. Quando finii finalmente l’ultimo pezzo, lui si mise seduto accanto a me. – Insomma? – chiese con uno sguardo ansioso. – Insomma, niente… – iniziai io titubante, cercando di evitare il suo sguardo. – Non so perché siamo finiti a Cracovia; lo Stregone si è liberato e mi ha aggredita per poi fuggire. Non sono riuscita a stargli dietro. – aggiunsi vedendo che Reeze stava per controbattere. – Tu piuttosto! Cos’è successo dopo che sono scappata? – domandai sperando di distogliere la sua attenzione dalla presunta fuga di Talerius. – Beh, ce la stavamo vedendo davvero brutta.. – ammise lui con disappunto. – Ma dopo che hai richiamato quel fulmine la maggior parte dei demoni si sono dileguati per la paura, credo. Sei stata incredibile, a proposito! Credevo fosse stato Sandor; quando ho visto te, beh… wow! –. Sorrisi imbarazzata dai suoi complimenti. – Anche l’Ingannatore era terrorizzato, – riprese con una vena di compiacimento. – Era furioso quando siete spariti. Ha fatto ritirare i demoni rimasti ed è sparito anche lui. Poco tempo dopo ci raggiunsero le altre truppe: erano stati attaccati anche loro. – Qualcuno è caduto? – chiesi preoccupata. – Qualche ferito, ma nulla di grave. Non erano preparati, ma sono comunque Guardiani. –. Sospirai di sollievo. Almeno erano tutti vivi. – Dafne? – disse Reeze. – C’è qualcosa che non mi stai dicendo? –. Lo fissai con finto stupore, cercando di sembrare naturale. Qualcosa nel mio stomaco si contorse. Odiavo mentirgli, ma non potevo fare altrimenti. – No amore, ti ho detto tutto. Ho cercato di prenderlo: quando mi sono resa conto di non riuscire a fiutarlo, sono tornata qui. –. Lui alzò un sopracciglio e si avvicinò di più a me. – Amore? – mi fece il verso sorridendo. – Hai per caso battuto la testa? –. Gli feci la linguaccia e mi baciò. – Non farmi più scherzi del genere. – disse serio. – Ho temuto che… non tornassi più. –. Presi il suo viso tra le mani e lo accarezzai. – Sono qui mi pare. – risposi mentre mi prendeva le mani tra le sue. – Grazie al cielo sei qui, amore. –.

Lightbearer - La Portatrice di LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora