Capitolo 34

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– Avresti dovuto sentire i pensieri di Ronel! – esclamò Tjana. Era tutto un fremito, emozionatissima. Camminava al fianco di Eva, tenendole dolcemente la mano. La ragazza, d’altro lato, sembrava imbarazzata sia dall’euforia di Tjana, sia per quel gesto che le faceva in un certo senso, uscire allo scoperto. Arrivammo in cucina e ci sedemmo al nostro solito tavolo, con Tjana che esponeva ancora i pensieri di suo fratello, come se se li fosse segnati. – Insomma, è stato meraviglioso! – disse infine. Eva alzò gli occhi al cielo: – Ci stai esasperando. – fece notare alla ragazza. Tjana le rivolse un sorriso e le diede un bacio. Entrambe sgranammo gli occhi, ma Tjana sembrò non curarsene minimamente. Poco dopo Sandor raggiunse la compagnia. – Salve a tutte, donne! – esordì con una grottesca imitazione del fratello di Tjana, che sembrò divertirla molto. Il Guardiano si sedette accanto a me e mi diede il cinque: – Sei stata formidabile oggi, dico davvero. –. I suoi occhi marroni scrutarono profondamente i miei, costringendomi ad abbassare lo sguardo. – Gli altri? – chiese Eva, mentre Klaus ci serviva il pranzo. – Non so. – risposi addentando una coscia di pollo. – Ma io ho fame, quindi si fottano. – Quanta volgarità. – commentò Reeze mentre si sedeva al tavolo. Sandor si allontanò leggermente da me e si concentrò sul suo piatto, senza dire una parola. – Muoviti a mangiare. – riprese Reeze rivolto a me. – Il prigioniero vuole vederti. – Che sia la volta buona che confessi? – chiese Tjana, rivolgendomi uno sguardo d’intesa. – Speriamo. – feci io per poi tornare al mio pollo. – Più tardi devo anche vedere tuo nonno. – Sì, lo so. –. Mi sbrigai a finire e lasciai i miei amici al tavolo, uscendo insieme a Reeze dalla cucina. – Complimenti per prima. – disse lui mentre scendevamo le scale, diretti ai sotterranei. – Grazie. – risposi con indifferenza. Meno ci parlavo, meglio stavo. E poi mi aveva fatto un po’ male la sua scommessa contro di me: era come se non si fidasse delle mie capacità. Entrammo nelle prigioni e trovai Talerius intento a leggere un libro. – Vedo che te la passi bene, Traditore. – gli dissi. Lui non distolse lo sguardo dalla pagina che stava leggendo: – Iniziavo a preoccuparmi che non venissi più a trovarmi, Guardiana. Non sei forse più interessata a farmi confessare? – Sei intenzionato a farlo? – Certo che no. – rispose lui. Magnus è venuto qui la scorsa notte. – E allora perché hai voluto che venissi qui? – “Che voleva?” – Mi mancava la tua presenza. – Assicurarsi che muoia al più presto. Ha detto che ho i giorni contati. Dafne, lui sa. – Vorrei poter dire lo stesso, Traditore, ma purtroppo non sento minimamente la tua mancanza. – “Sa cosa?” Della vostra incursione nelle catacombe. Credo sospetti anche che tu stia indagando. Fa’ attenzione: quell’uomo è più pericoloso di quanto sembri. – Come ti ho già detto, non confesserò qualcosa che non ho commesso. – “Non preoccuparti, posso cavarmela. Silas è qui, inizierò a lavorarmelo da oggi.” Bene, ma ti prego: sta’ attenta. – Se non hai altro da dire, io avrei altro da fare. – Temo sia tutto. – Bene. -. Mi alzai e rivolsi a Reeze: – Assicurati che non legga troppo; non vorrei trovasse qualche appiglio con cui sfuggire di nuovo. – Comandi! – rispose il Capitano e io uscii da quel posto. Andai in infermeria, convinta che era lì che avrei trovato lo Sciamano. Infatti, non appena fui dentro, lo vidi intento ad aiutare il nipote con la medicazione. – Non siete venuti a pranzo. – dissi. Ronel mi sorrise; dopo lo scontro, sembrava aver completamente cambiato atteggiamento con me, abbandonando quell’aria strafottente. – Ho preferito fare compagnia a mio nipote. – rispose lo Sciamano. – E comunque, complimenti! I vostri Guaritori sono davvero abili nel curare le ferite. – Non solo quelle. – feci io, ricordando come mi avessero rimessa in sesto la mia primissima notte alla Fortezza. – Se preferisce, passo più tardi così parliamo delle mie lezioni. – Possiamo farlo anche ora. – fece prontamente lui. – Io e Ronel non abbiamo segreti. – Come vuole. –. Mi sedetti accanto al letto del ragazzo. Notai che la sua carnagione era leggermente più scura di quella di Tjana e che sulle sue braccia spiccava una miriade di cicatrici. – Cosa sai degli elementi? – chiese il nonno. – So che per riuscire a domarli bisogna entrarci in sintonia e che è una cosa piuttosto complessa. – Sì, è vero, sta tutto nella volontà. Ma questo non significa che dobbiamo imporci: la natura non si può comandare, è indomabile. – lo sciamano mi rivolse uno sguardo che sembrava studiarmi. – Ho comandato il fuoco. – dissi. – E anche il tuono e credo la terra, ma non ne sono certa. Ma il fuoco l’ho sicuramente comandato. – Immaginavo. – rispose lui. – Vedi, ogni elemento ha delle caratteristiche differenti, non solo fisiche, ma anche comportamentali, diciamo. Un temperamento forte, istintivo, come in questo caso il tuo, non avrà mai problemi a comandare elementi come fuoco o energia, tuttavia potresti riscontrare problemi nel controllo dell’aria e, soprattutto dell’acqua che, come elementi, sono più quieti. Ed è da lì che vorrei iniziare. – Cioè? – chiesi incuriosita. – Non avrebbe più senso cominciare da quello che riesco a fare? –. Silas sorrise: – Avrebbe certamente più senso logico, sì. Ma sono le debolezze che vanno curate prima delle forze, altrimenti si rischia di rimanere scoperti su quello che è il nostro lato più fragile. – E finire steso in un letto ospedaliero. – commentò Ronel. Sorrisi alla sua battuta e tornai a suo nonno: – Quando pensa che potremo iniziare? – Io direi domani. – rispose. – Così posso stare accanto a questo giovanotto qui, senza che ne combini un’altra. – Domani sia. – dissi, congedandomi.

Avevo il pomeriggio libero, il che significava potermi dedicare a qualsiasi cosa che non fosse compilare, leggere o firmare documenti. Sapevo già cosa morivo dalla voglia di fare. Sulla soglia della Biblioteca, trovai Sandor che ne usciva. – Suprema. – disse con un ampio sorriso. – Riuscirò mai ad abituarmi a cotanta bellezza? – Piantala! – risposi imbarazzata. – Che fai qui? – Stavo andando ad allenarmi un po’, vuoi venire? – D’accordo. – risposi e il suo viso si illuminò ancor di più. Ci incamminammo verso le cascate, chiacchierando spensierati. Sandor mi raccontò di quanto si fosse ‘divertito’ durante la missione assieme a Eva e a quanto lo avesse affascinato la vita nella Foresta. – Potresti andarci. – constatai. – Se ti piace, insomma. – Vuoi sbarazzarti di me? – finse il broncio. – No che non voglio! – replicai. – Ma se ti piace così tanto, sarei contenta se andassi. Mi faresti comodo là. – Comodo per cosa? – chiese perplesso. – Vorrei riuscire ad avere un rapporto più stretto e migliore con le popolazioni alleate alla Congrega. – risposi. – Finora i rapporti sono stati solo formali. Io vorrei che invece diventassero qualcosa di più solido, concreto. Vorrei che si rendessero conto che per noi, per me, sono importanti quanto la Congrega stessa, non solo un elemento marginale. – Una visione molto ottimistica. – commentò lui mentre raggiugevamo le cascate. – Che vuoi dire? – chiesi. Sandor si fermò un attimo e scrutò la cascata in lontananza. – Vedi, Dafne, – iniziò. – io credo che i Guardiani, in quanto tali, hanno tutto il diritto di ritenersi superiori. Dopotutto, siamo noi che rischiamo la pelle per mantenere la pace su questa terra. Penso che le popolazioni ci debbano più rispetto. Guarda lo stesso nipote dello Sciamano: non ti ha rispettata nemmeno per un secondo prima che tu lo sbattessi a terra, come meritava. Ecco, penso che sia questa la direzione da prendere. –. Alzai un sopracciglio: – Sottomettere? – Se vuoi chiamarla sottomissione… adesso guarda. – mi disse scrutando l’orizzonte. Iniziò a muovere le braccia in una sorta di danza e, di colpo, un forte vento si alzò, circondandoci. Fui costretta ad annaspare per prendere fiato. Sandor diresse il vento in direzione dell’acqua e, man mano, un vortice si levò da essa, creando un tornado acquatico. Fissai impressionata il fenomeno mentre cresceva sotto i miei occhi. Era uno spettacolo mai visto prima, se non in qualche film catastrofico. Così come si era generato, non appena Sandor abbassò le proprie mani, l’acqua ricadde con un tonfo all’interno del bacino; se non fossimo abbastanza lontani dalla riva, saremmo stati bagnati completamente dagli schizzi che si levarono. – Fico, eh! – esclamò lui. Io applaudii, incapace di trovare una parola adatta per descrivere quella meraviglia. ‘Fico’ non rendeva affatto giustizia. – Prova tu. – mi disse, incoraggiandomi. – Io non… non credo di saperlo fare. – Infatti ti ho detto di provare. –. Si mise dietro di me: – Adesso chiudi gli occhi. – fece mentre le sue mani alzavano le mie braccia. – Sta’ rilassata, non ti faccio nulla, così, brava. –. Iniziò a muovere il mio corpo come se fossi una bambola, ricreando una sorta di vortici con le mie stesse mani. – Concentrati sull’aria; la senti, vero? Parlale dolcemente. Accarezzala, così. –. Mentre parlava, sentivo la sua voce sempre più lontana, finché non divenne completamente ovattata. Tutto quello che sentivo, adesso, era l’aria che mi carezzava dolcemente le mani, le braccia, il volto. Riuscivo a sentirne la pesantezza, come se fosse solida. Era una sensazione strana, a metà tra piacere e sgradevolezza. “Muoviti.”, pensai e un vento si levò da terra, in alto, sempre più in alto. – Bravissima. – sussurrò Sandor dietro di me. – Adesso spingila, non avere paura. –. Io mossi le braccia in avanti, come se stessi premendo contro qualcosa e sentii il vento cambiare direzione. Continuai a premere finche non incontrai un ostacolo; decisi di spingere più forte e sentii Sandor dietro di me irrigidirsi. – Piano, ragazza. – disse allarmato. D’istinto, aprii gli occhi e vidi che l’aria che stavo ‘spingendo’ aveva aperto un varco nella cascata, dividendola in due. Meravigliata da quella visione, decisi di spingermi più in là: con la mente, cercai di entrare in contatto con l’acqua, come aveva fatto Sandor prima. Il risultato però non fu quello desiderato. All’improvviso, l’acqua che sgorgava giù dalla cascata, divenne più numerosa, selvaggia. Non riuscendo a controllarla, abbassai le braccia e la cascata tornò a sgorgare come sempre, solo che l’acqua era davvero tanta. Arrivata al bacino, lo riempii completamente e la riva non riuscii ad arginarla. Ne fummo travolti, rimanendo del tutto zuppi. Passata l’onda anomala, io e Sandor ci guardammo, scoppiando a ridere all’unisono. – Questo è stato davvero inaspettato! – esclamò lui. Ci ritrovammo costretti a tornare alla Fortezza per cambiarci e sulla via chiacchierammo dell’accaduto. Nonostante il disastroso risultato, ero rimasta stupefatta dalla mia stessa capacità e anche soddisfatta di me stessa. Arrivammo all’ingresso, ancora sorridenti. – Sei stata sorprendente, sul serio. – disse Sandor. – Hai un gran potenziale in te. –. Mi tolse una ciocca bagnata dal volto, accarezzandomi la guancia. In quel momento, con la coda dell’occhio, notai una sagoma familiare: Reeze era rimasto immobile, sull’ultimo gradino delle scale che portavano ai sotterranei e ci fissava in cagnesco. Io mi scansai subito da Sandor e lo costrinsi ad accorgersi lui stesso della presenza di Reeze. Cambiò immediatamente espressione, irrigidendosi subito. Reeze prese ad avvicinarsi a noi, con un’ombra scura sul volto. Sandor accanto a me gonfiò il petto, anch’egli con un’espressione dura e fredda. – Che cosa le hai fatto? – sibilò Reeze al ragazzo con fare minaccioso. – Non ha fatto nulla. – intervenni io, cercando di interpormi tra i due. – Ho provato a fare una cosa ma mi è sfuggita di mano. – Non doveva insegnarti lo Sciamano a lavorare con gli elementi? – chiese Reeze a me, senza distogliere lo sguardo da Sandor. – Le ho fatto fare pratica io, visto che a differenza tua me ne intendo. – rispose Sandor sprezzante. – Vuoi vedere che adesso ti faccio fare un po’ di pratica io? – rispose Reeze, ancora più incazzato. – Se vuoi essere risucchiato dalle viscere della terra. – incalzò Sandor. Io rimasi quasi a bocca aperta: i due non si erano simpatici, ma non erano mai andati oltre alle battutine. Decisi di intromettermi, prima che le cose degenerassero: – Okay, adesso basta, tutti e due. – dissi. – E’ un ordine! –. Spinsi via Reeze, costringendolo a guardarmi. Era davvero furioso. – Finiscila. – gli intimai. Sandor dietro di me emise un suono simile a una risata forzata. – Vado a cambiarmi. – disse. – Con permesso. –. Si incamminò su per le scale mentre io e Reeze ci fissavamo in cagnesco. – Vieni con me. – gli feci e salimmo anche noi ai piani superiori. Entrammo in camera mia e corsi subito al bagno a prendere un asciugamano. Reeze rimase in stanza ad aspettarmi. Uscii con addosso un accappatoio, infreddolita. – Ma che cazzo ti ha preso?! – tuonai. – Hai voglia di fare a botte? Vatti a fare un giro al campo, allora! – Cos’ha preso a me? – ribatté lui. – Te ne vai in giro con quello scarto di fabbrica, ti trovo fradicia all’entrata della Fortezza che te la ridi e chiedi cosa sia preso a me? – Esattamente! – replicai. – Sei tu che hai quasi aggredito Sandor! – Grazie al cazzo! Ti ci trovo insieme completamente bagnata! Pensavo fosse successo qualcosa! – E non ti è venuto in mente che potessi essere io la causa di questo qualcosa? – controbattei. – Deve essere per forza sempre lui il cattivo per te? –. Reeze alzò gli occhi al cielo, esasperato: – Tu dovresti smetterla di fidarti di chiunque! – Ma lo sai che hai proprio ragione?! – sibilai. – Fidandomi di te, ho solo preso pezze al culo! – Cosa?! – Oh, e piantala! Sei tu quello che ha tradito la mia fiducia, non lui. E decido io di chi fidarmi e di chi no. – Quindi ti fidi di quello e non di me? – Come pretendi che io mi fidi di te?! –. Non ci fu una risposta verbale: Reeze mi si avventò contro, spingendomi contro il muro e bloccando i miei polsi con le proprie mani. La sua bocca si dischiuse prepotentemente sulla mia e non potevo reagire, o forse non volevo. Quel bacio mi fece quasi male, non fisico, ma dentro, come se una ferita interna si fosse aperta all’improvviso. Reeze si staccò da me e mi fissò con rabbia negli occhi. Io sostenni il suo sguardo, cercando di trasmettergli tutto il risentimento che provavo nei suoi confronti. Finalmente, mi liberò i polsi e se ne andò, sbattendo la porta. Io gli corsi dietro e appena fui in corridoio gli urlai dietro: – Sei uno stronzo! –. Le Guardie davanti alla mia porta si scambiarono uno sguardo, motivo per cui le fulminai col mio. Sbattei la porta dietro di me e mi gettai a letto in lacrime. Ma perché quel ragazzo, quell’uomo, doveva sempre rendere tutto così complicato? Era davvero così difficile stare insieme? Se dovevo passare così il resto della mia vita, tanto valeva lasciar perdere subito. “Ma chi vuoi prendere in giro…”, mi dissi, “Tu lo ami. Non riuscirai a staccartene nemmeno da morta.”. Singhiozzai più forte e piansi fino a terminare le lacrime, maledicendomi per la mia sensibilità.

Dopo diverse ore, riuscii a calmarmi e mi feci una doccia. Decisi che quella sera avrei mangiato in camera: non volevo incontrarlo, non dopo quell’ennesima scenata. Mandai un messaggio a Cainnear, chiedendole di pensare lei a recapitare il messaggio a Klaus. Verso le 20.30, bussarono alla mia porta. – Avanti! – dissi. Ero seduta sul davanzale a leggere il mio ‘Lo Hobbit’, incurante di chi mi stesse portando la cena. – Così queste sono le stanze del capo, qui. – disse una voce con cui avevo poca familiarità. Alzai lo sguardo e notai Ronel, un braccio lasciato, che entrava nella mia stanza con la cena in sacchetto. – Stava salendo Tjana, ma mi annoiavo e così le ho chiesto di poterti portare io la cena. – disse rispondendo al mio sguardo interrogativo. – Hai finalmente rivolto parola a tua sorella. – commentai tornando al mio libro. – Complimenti. – Non credo che il mio rapporto con Tjana sia qualcosa che ti riguarda. – rispose lui. Io serrai il libro sonoramente. – Invece sì, dal momento che si tratta della mia migliore amica! – incalzai. – Nemmeno una lettera! Né da te, né dai vostri genitori! Siete davvero sgradevoli. – Non ti permetto di giudicare la mia famiglia, Guardiana! – tuonò lui. – E cosa farai, altrimenti? – mi avvicinai a lui con aria di sfida. – Vuoi riprendercele? Attento però che stavolta non c’è tuo nonno ad arbitrare. – E’ così che tratti i tuoi ospiti? – domandò lui con una punta di veleno. Fu come una doccia fredda per me: mi resi conto della mia scortesia e me ne vergognai profondamente. Ronel non c’entrava nulla con la mia rabbia, anche se in effetti ce l’avevo un po’ con lui per la faccenda di Tjana ma, in fondo, aveva ragione: non erano fatti miei. Leggendo la mia espressione, la sua si addolcì. – Deduco che qualcosa ti turba. – disse. – E non voglio forzarti a parlarne con uno sconosciuto. Quindi… – Resta. – dissi. – Per favore. Mi sono comportata da vera stronza. Mangia con me, è il minimo per come ti ho trattato. – Con piacere. – rispose lui, accomodandosi sul divano. Mi lanciò il sacchetto e lo presi al volo: dentro c’erano due panini con porchetta, ancora caldi. Gliene porsi uno e iniziammo a mangiare in silenzio. – Insomma, vuoi che mio nonno ti insegni la magia degli elementi, eh. – chiese d’un tratto. – L’idea è quella. – risposi, mandando giù un boccone. – I vostri Stregoni non ne sono capaci? – I nostri Stregoni non si fidano di me. –. Ronel rimase perplesso, in attesa di più dettagli. – Sì, insomma... faccio prima a fartelo vedere. –. Mi trasformai davanti ai suoi occhi e lui si ritrasse spaventato. Tornai immediatamente umana e continuai a magiare. – Cosa diavolo sei tu?! – esclamò. – A saperlo. – risposi in tutta tranquillità. – Sono innocua, comunque. E’ solo che cambio forma. E’ utile in battaglia. – Per questo hai vinto contro di me, oggi! – disse lui indignato. – Non ho cambiato forma quando lottavo con te. Non ho barato. – risposi. – Comunque, come ti dicevo, gli Stregoni qui non si fidano di me. Questa cosa si è risvegliata di botto, non sapevo nemmeno di poterla fare fino a qualche tempo fa, ma sono sempre io, solo più forte. – Beh… è davvero… wow! – replicò lui. – E ce ne sono altri come te? – Non che io sappia. Cioè, c’è Reeze, ma la sua è una storia diversa. E’ per metà demone. – Cosa?! –. Fu così che passammo la serata con me che raccontavo a Ronel tutta la storia di Reeze, (almeno, quello che sapevo), e anche la mia, omettendo chi fossero davvero i miei. Lui ne rimase strabiliato: interrompeva solo per dei chiarimenti, assorto completamente dalle mie parole. – E cosa mi dici di Tjana? – chiese d’un tratto quando finii di raccontargli del mio processo. – Tua sorella è la persona migliore che conosca. – risposi. – E’ una combattente formidabile, ma soprattutto un’amica sincera e fedele. Mi è stata molto vicino e io ho cercato di fare altrettanto con lei. – Pensi che… credi che ci sia una possibilità che mi perdoni? – Perdonarti? – Sì. – Ronel si incupì. Era strano vedere un omaccione così impacciato. – Quando l’hanno mandata qui ero poco più che un poppante e crescendo mi hanno insegnato che lei era… diversa. Non avrebbe mai potuto stare con noi. Mio nonno consigliò ai miei di tagliare completamente i ponti, così avrebbe fatto meno male, ma ogni tanto mia madre ancora piange la notte. E’ stato devastante perdere la propria primogenita. E io non ho mai saputo come riallacciare i rapporti: non sapevo niente di lei, nemmeno come fosse fatta. Assomiglia molto a nostra mamma, sai? –. Bevve un sorso d’acqua e fissò fuori dalla finestra: – Vorrei davvero non fosse così estranea per me. – Beh, hai un’occasione d’oro tra le mani ora. Sfruttala. – risposi. – Pensi che sia possibile? – Penso che lei abbia la stessa voglia di conoscere te di quanta ne abbia tu. Siete fratelli, è giusto che abbiate la possibilità di creare quel legame che non avete mai avuto. Ascolta: Tjana domattina starà al campo ad allenare i ragazzini. Va’, parlaci, passaci del tempo. Sarà sicuramente imbarazzante all’inizio, ma sono sicura che ne varrà la pena. –. Ronel mi sorrise e si alzò: – Mi fido del tuo giudizio, Lightbearer. Adesso vado a riposare. Grazie per avermi dedicato del tempo. – Grazie a te per avermelo concesso. –. Non appena Ronel fu fuori, mi sdraiai a letto e addormentai immediatamente. Sognai di essere in un campo infuocato: c’erano persone morte a terra e più camminavo, più loro aumentavano. Esterrefatta, iniziai a correre, ma qualcosa mi impediva di prendere velocità. Di colpo, mi voltai e vidi Reeze che mi veniva incontro, ma era strano, barcollava. Quando mi resi conto della lancia che aveva piantata nel petto, era troppo tardi: si accasciò a terra e io non riuscivo a muovermi per andare a salvarlo. Un ghigno maligno mi distrasse, ma prima di riuscire a vedere da chi provenisse, mi svegliai. Non era ancora l’alba e io avevo il cuore il gola. Senza pensarci su un attimo, scesi giù dal letto e mi precipitai fuori. Corsi lungo il corridoio e quando arrivai alla sua stanza, non bussai nemmeno. Spalancai la porta e lo trovai seduto accanto alla finestra, in pigiama, che leggeva. I capelli bagnati mi dissero che era appena uscito dalla doccia. Mi fissava allarmato; chiuse il libro e scattò in piedi, nella mia direzione. – Che hai? – chiese. – E’ successo qualcosa? Ti hanno fatto qualcosa? –. Io gli gettai le braccia al collo e lo strinsi a me. – Sei vivo… – sussurrai. – Sei qui… –. Ero ancora sudata e a stento mi reggevo in piedi. Reeze mi cinse la vita con le proprie braccia e mi carezzò dolcemente i capelli. – Mi vorresti morto? – chiese ridendo. Io spostai il viso e lo guardai dritto negli occhi: – Non dirlo nemmeno per scherzo! Mai! – Come vuoi, ragazzina... – fece lui, rivolgendomi un sorriso. – Adesso, mi dici che succede? –. Mi fece sedere sul suo letto e gli raccontai del sogno. Lui rimase in silenzio ad ascoltarmi, tenendomi tutto il tempo per mano. Quando finii di parlare, Reeze si mise di nuovo a ridere. – E’ stato solo un sogno. – disse. – Come vedi, sono qui e sto bene e tu non sei in nessun campo infuocato, ma in camera mia. Sei troppo stressata, dovresti rilassarti un po’. – E come? – chiesi. – Non lo so, magari il tuo amico Sandor può aiutarti… – Reeze… – lo imbruttii. – Beh, è la verità. Magari tu e lui… – Reeze… – Va bene, la smetto. – Io e lui niente. – risposi. – Siamo amici. Non sono interessata a lui. – Ma lui è interessato a te. – replicò Reeze con un po’ di risentimento. – Mi sembra che sto in camera tua adesso, non nella sua. – Solo perché hai visto morire me. –. Mi alzai di scatto, scioccata. – Certo che sei assurdo! – sbottai. Lui in risposta mi si parò davanti, alzando il mio viso verso il suo. – Sto scherzando. – disse piano. – Io ti amo. So che non faresti mai nulla per ferirmi. Ma oggi… beh, non è stato piacevole. E ho reagito male, per questo ti chiedo scusa. Ma cerca di capire: mi hai tagliato fuori e l’ho accettato perché me lo sono meritato, poi ti vedo con quello tutta sorridente e… tu di solito sorridi così con me, o almeno lo facevi. Non ti sto dicendo che non puoi rifarti una vita se non vuoi avermi al tuo fianco, ma che, beh, io non lo sopporterei. –. I nostri volti erano così vicini che riuscivo a sentire il suo odore. Inalavo il suo respiro, mentre i miei battiti acceleravano pericolosamente. – Come ti ho già detto prima, – dissi con voce incredibilmente roca. – sto in camera tua, adesso. –. Reeze sorrise debolmente: – Ah, sì? – quasi sussurrò. – E quindi? –. Stavolta fui io a sbatterlo contro qualcosa; in questo caso, sul letto. – Quindi tornerò a essere incazzata con te tra qualche ora. – feci mentre mi avvicinavo al suo volto angelico, adagiando il mio corpo sul suo. – Ne sei sicura? – chiese con una voce calda e seducente. – Beh, – risposi a un centimetro dalla sua bocca – questo dipende da te. –.

Lightbearer - La Portatrice di LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora