Capitolo 4

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Aprii gli occhi e mi resi conto di non essere nel mio letto. La luce del sole entrava dalla finestra alle mie spalle. “Infermeria.”, pensai.
L’ultima e unica volta che ero stata in quel posto fu la sera in cui arrivai alla Fortezza. Angel mi fece sedere su una barella e uno strano dottore mi somministrò un liquido denso e insapore che mi fece tranquillizzare.
Ma perché ero là? Mi alzai a sedere e la testa prese a girarmi.
– Ti sei svegliata. – disse una voce familiare accanto a me. Tjana era seduta su una seggiola con un libro in mano. – Come ti senti? – chiese. – Come se avessi passato tutta la notte a bere… – risposi, roca. Avevo la bocca secca e la testa mi pulsava, in più non ricordavo nulla; sembrava davvero una sbornia. Tjana mi passò una tazza. – Bevi. – disse. – E’ un infuso di melissa, ti sentirai meglio. –. Obbedii. Pian piano la testa smise di girarmi. – Come ci sono finita qui? – chiesi perplessa. Non ricordavo nulla, ero convinta di essermi addormentata nel mio letto, non in questo. – Ti abbiamo portata qui io e Reeze – rispose lei. – Ok, ma perché? E lui dov’è adesso? –. Tjana aggrottò le sopracciglia. – Non ricordi davvero nulla, Dafne? – domandò. Feci di no con la testa. – Ti ho sentita urlare nel cuore della notte e mi sono precipitata da te. Eri sola in stanza, ma piangevi. Credo avessi avuto uno dei tuoi soliti incubi. – fece una pausa, prendendo un bel respiro. – Mi sono avvicinata ma eri svenuta, credo, così mi sono spaventata e ho chiamato Reeze. Lui è arrivato di corsa, ti ha presa in braccio e stavamo venendo qui ma ti sei svegliata. Non te lo ricordi, vero? – No. – risposi sincera. Non ricordavo niente di niente di tutto quello che mi stava dicendo Tjana. – Beh… ti sei svegliata ancora in braccio a lui a gli hai urlato contro che è… che è un bastardo. Ti sei dimenata e sei caduta a terra. Ho cercato di aiutarti ad alzarmi ma mi hai spinta via. Sei balzata in piedi e ti sei gettata su di lui. Gli hai dato un calcio e lo hai steso a terra, ributtandoti su di lui. Lo hai graffiato e continuavi a urlargli contro. –.
Spalancai la bocca e gli occhi quasi mi uscirono dalle orbite. Com’era possibile che fossi riuscita a stendere Reeze? Perché non si è difeso? “Oh, Dio!”. – No, non si è trasformato. Alla fine sono riuscita a paralizzarti e ti abbiamo portata qui. Ti hanno sedata e ti sei addormentata. – Mi hai paralizzata? – Con la mente, sai… ho raggiunto il tuo subconscio e ti ho imposto di fermarti. – Tu puoi controllare le persone? – chiesi sbalordita. Tjana sembrò a disagio. – Non lo faccio mai, di solito. Ti chiedo scusa. – disse visibilmente dispiaciuta. – Grazie… – replicai. – Se non lo avessi fatto forse avrei portato Reeze al limite. Dov’è adesso? – dovevo chiedergli scusa, anche se non sapevo esattamente per cosa. – E’ qui anche lui. Oh, eccolo! – esclamò lei, mentre Reeze si faceva strada tra le varie brandine disposte. – Lasciaci soli, Tjana. – disse con tono pacato. – Capitano, io non credo che… – Tjana. Lasciaci soli. Per favore. –. Non la guardava; i suoi occhi erano fissi su di me. Quello sguardo impenetrabile mi metteva a disagio. Voleva rimproverarmi? Insultarmi? Lo avrei lasciato fare, dopotutto lo avevo aggredito senza motivo. Tjana si alzò salutandomi con un “Cerca di riprenderti presto!” e uscì dall’infermeria.
Restammo soli e io ero tesa. – Reeze, io… – iniziai ma mi interruppe. Aveva diversi lividi sulle braccia e un graffio profondo che partiva dal naso e si estendeva su gran parte della guancia destra. Mi rifiutai di pensare di essere stata io ad averglieli fatti. – Tieni, – disse. – è per te. Non sapevo cosa portarti, così ho optato per questa. ‘E’ decisamente il tuo colore’. – scandì l’ultima frase facendo il verso a Madame Debois. Mi porse una rosa blu, le cui spine erano state accuratamente tolte. Era stupenda. – Grazie… – farfugliai. Lui sorrise e si sedette sulla brandina. – Allora, – riprese. – penso che ti terranno qui per un paio di giorni. Gli allenamenti saranno rinviati fino a nuovo ordine. Ma se te la senti, possiamo tenere delle lezioni teoriche. Ho chiesto a Tjana se fosse disposta nel caso in cui tu non voglia sia io a fartele. – Reeze ascolta… – lo interruppi io stavolta. Mi guardò di nuovo. La luce del sole illuminava il suo viso, sfigurato da quei tagli. – Non ho idea del perché né di come abbia fatto a ridurti così, mi dispiace. Ma perché diamine non ti sei difeso? –. Sorrise di nuovo: – Non volevo farti del male. – Ma io ti ho attaccato! Avresti dovuto spingermi via… – Non potevo. A quanto pare sei più forte tu. – Finiscila! – sbuffai e mi sdraiai con la testa sul cuscino, guardando il soffitto. – Dico davvero. – continuò. – Non riuscivo a liberarmi da te; mi bloccavi e per quanto cercassi di liberarmi, non ci riuscivo. In un certo senso, sei stata formidabile! –. Come si poteva definire quello che ho fatto formidabile? Mi vergognai di me stessa. – Voglio che sia tu a tenermi le lezioni. – affermai. – Angel vuole così. – E tu cosa vuoi? – mi chiese lui, incuriosito. Lo guardai decisa. – Tu sei il guerriero più capace dopo Angel qui e io voglio imparare dai migliori se devo diventare una Suprema. Ne vale della vita di molti. – Anche della tua. – puntualizzò lui. – Della mia non mi importa. – dissi a bassa voce. – Dovrebbe invece. – si fece più severo. – Non sottovalutarti mai e tanto meno sopravvalutarti. Non commettere i miei stessi errori. – si alzò. – Riposati adesso. Dopo pranzo ti porterò da leggere. –.
Si batté il pugno sul petto e se ne andò, lasciandomi sola con i miei pensieri.
Nemmeno dopo le mie sbronze più devastanti, non ricordavo niente il giorno dopo. Era davvero frustrante. Pensai a cosa avrebbe potuto scatenare una furia così potente da riuscire a sopraffare Reeze. Tjana mi aveva detto che probabilmente lui era il Guardiano più capace che lei abbia mai conosciuto. Forse l’avevo solo colto di sorpresa.
Mi girai sul fianco e chiusi gli occhi; Reeze mi aveva detto di riposare e così feci.

Lightbearer - La Portatrice di LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora