Mi svegliai completamente intorpidito su una scomodissima brandina ospedaliera. L’infermiera accanto a me disse qualcosa, ma non la sentii: ero davvero troppo intontito. In un attimo, fui circondato da tre Guaritori che mi fissavano sbalorditi. – Bentornato tra i vivi, Capitano Belfort. Come ti senti? Riesci a parlare? – dal tono della sua voce, sembrava parlasse a un handicappato. – Sto bene. – dissi, scoprendo di avere la voce roca come mai prima. – E’ un vero miracolo che sia tra noi, Capitano! – esordì il Guaritore alla mia destra. – Avvertite gli Anziani che si è svegliato. –. All’improvviso mi venne in mente che fosse tutto completamente sbagliato: io non dovevo essere lì. Ero morto. L’ultima cosa che ricordavo era Dafne su di me che mi piantava la freccia nel petto, un dolore mai provato prima e poi il nulla. “Dafne!”, pensai subito a lei e mi si strinse lo stomaco. Dovevo vederla, sempre che fosse lì. Speravo con tutto me stesso che Yfrit non l’avesse presa, altrimenti sarebbe stata la fine. – Capitano, rilassati, nessuno vuole farti del male. – disse l’infermiera mentre mi misuravano la pressione sanguigna. All’improvviso una folta chioma arricciata e scura entrò in infermeria e scattò verso di me. – Oh, Santo cielo! Allora avevo percepito giusto! – esclamò Tjana quasi in lacrime. – Credevamo di averti perso. Se non fosse stato per Dafne saresti morto davvero! – Dafne? Ma come? E’ qui, quindi! – feci sollevato. Il fatto che stesse qui in qualche modo significava che stesse bene e non c’era cosa più importante. – E’ qui, ma la tengono prigioniera nelle sue stanze. – rispose Tjana rammaricata. – Dopo che vi abbiamo riportati, l’hanno portata alle segrete ma lei è riuscita a teletrasportarsi qui e quando siamo arrivati con Angel, ti stava abbracciando e il tuo cuore batteva di nuovo. Nemmeno lei sa come ci sia riuscita. –. L’avevano imprigionata? Ma perché? – Non è il momento ora, devo correre ad avvertirla! Le risolleverà sicuramente il morale sapere che sei sveglio. –. Scattò di nuovo e uscì dall’infermeria. Dafne era lì ma, per qualche strana ragione l’avevano imprigionata, per cui non poteva stare bene. In più, a quanto pareva si era preoccupata per me e mi aveva salvato. “E’ tornata in sé.”, pensai. La sera stessa, l’Anziano Magnus, forse il più viscido di tutto il Consiglio mi venne a trovare. Ricordavo ancora che l’idea della fustigazione come prova per vedere se fossi in grado di resistere all’impulso di trasformarmi, era venuta proprio a quello stronzo. – Capitano Belfort! – disse con la voce melliflua e falsa come pochi. – E’ davvero un immenso piacere averti di nuovo tra noi! – La ringrazio, Mio Signore. – risposi cercando di non far trapelare l’odio. Se c’era qualcuno che avrebbe potuto buttare Dafne in prigione, quello era lui. La sua paura per ogni cosa che si trovasse al di fuori del suo criterio di normalità, era davvero stupida. – Il resto del Consiglio ti porge gli auguri di pronta guarigione. – continuò lui. – Ringrazi anche loro da parte mia. –. Chissà che diavolo voleva da me quel pallone gonfiato. – Bene, – riprese. – adesso passiamo al motivo cruciale della mia visita. – “Eccola, là!”, pensai. – Come ben saprai, la Suprema verrà processata per quello che ha fatto… – Processerete Dafne? – chiesi incredulo. – E per cosa esattamente? –. Lui mi fissò perplesso, come se fosse ovvio. – Ma per averti ucciso, figliolo! – Mi ha anche riportato in vita mi è parso di capire! – Certo, lo ha fatto, – disse lui con disprezzo. – ma non sarebbe stato necessario se non fosse diventata quella… quella cosa. –. Il suo disgusto mi fece davvero incazzare. Quindi era quello il problema, vecchio porco! Tu non potevi controllarla, la temevi. – Rappresenta un pericolo per l’intera Congrega e anche per le dimensioni, Belfort, spero tu te ne renda conto. – riprese e lo fulminai con lo sguardo. Forse non si rendeva conto con chi stava parlando. – Io non trovo che una Guardiana in grado di salvare vite, sia motivo di preoccupazione, Signore. – risposi. – Ma Capitano! Lei ti ha ucciso. – ribatté Magnus, sprezzante. – Non temi possa farlo di nuovo? Non temi che il suo istinto le imponga di prevalere su te, in quanto suo unico rivale? – Temere Dafne?! – scoppiai a ridere. – Ma voi almeno sapete cos’è successo quel giorno? – la mia rabbia iniziò a trapelare. – No, ed è il secondo motivo della mia visita. – rispose lui. – Se te la senti, domani, insieme agli altri Anziani, vorremmo raccogliere le testimonianze di tutti i presenti all’accaduto, così da farci un idea, visto il processo imminente. – Me la sento. – risposi deciso. – Naturalmente, – disse l’Anziano con un bagliore maligno negli occhi. – non potrai vedere nessuno fino al processo, sei il testimone chiave e temiamo che certe influenze potessero indurti a mentire e noi non vogliamo questo, vero? – No, Signore. – Bene, allora a domani Capitano! – fece lui col suo sorrisetto finto. – 10 in punto alla Sala della Luce, le guardie che abbiamo messo all’entrata, ti accompagneranno. Buonanotte! – A lei, Mio Signore! –. Crepa, vecchiaccio! Dafne non era la sola ad essere in prigione, era evidente che avevano pensato a tutto. Credevano davvero che in qualche modo lei potesse influenzarmi, indurmi a mentire. Ma che diavolo pensavano che potesse fare quella ragazza? E soprattutto, chi era davvero? Sarebbe stato meglio aiutarla e indagare piuttosto che lasciarla sola con se stessa dentro quattro mura. Mi augurai che almeno Tjana potesse andarla a trovare. Tjana, ma certo! “Mi senti? Ti prego, rispondi!” Sì che ti sento, ma adesso non posso, aspetta stasera sul tardi, ok? “D’accordo!”. Attesi ore prima che Tjana tornasse a comunicare con me. Eccomi. Sentii la sua voce nella mia testa come se fosse lì con me. “Allora? Racconta tutto! Non tralasciare nulla!”. Ok… Iniziò a raccontarmi di come Yfrit fosse scappato al loro arrivo (erano riusciti solo a intravedere una sagoma che si dissolveva nell’aria), Dafne sopra a me, di come ha dovuto immobilizzarla, della sua aggressività. Mi disse che per poco non fece esplodere la prigione di cristallo, quando si rese conto di cosa aveva fatto. E poi, una luce accecò lei, Angel e gli Anziani e Dafne non era più lì. Mi disse che nonostante mi avesse riportato in vita, gli Anziani decisero di processarla e di come Angel li abbia convinti a rimandare il processo fino al suo ritorno. A quanto pareva, nel diario che avevamo trovato a casa sua c’era la prova che Dafne non fosse realmente figlia dei suoi, così Angel partì alla ricerca di risposte. Gli Anziani accettarono e adesso Tjana stava preparando Dafne al processo, su richiesta di Selma. “Quanto si sente in colpa?” chiesi. Tanto, davvero tanto. Ma adesso abbiamo una piccola speranza che non la condannino a morte. Dopotutto, ti sei svegliato e sei tu il testimone chiave. Forse riusciremo a salvarla. “Non forse. Dobbiamo farlo. Cazzo, quanto vorrei vederla!” Lo sento… Senti, evita di fare puttanate però, d’accordo? Lo so che non sarà facile, ma dovete pazientare entrambi. “Fa’ in modo che stia bene”, dicendolo una strana sensazione mi percorse. Tjana se ne accorse sicuramente. Farò del mio meglio. Adesso vado, sento che qualcuno sta cercando di arrivare a te. Ci vediamo domani! “A domani!”, risposi. Ero sorvegliato non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Cercai di non pensarci e diressi i miei pensieri su di lei. Era stata terrificante, quando mi aveva attaccato; mai visto ne sentito una tale forza. Allo stesso tempo, però, l’avevo trovata magnifica, anche se la preferissi umana. Era un’imbranata: così goffa, arrogante… Mi resi conto di sentire la sua mancanza. Non volevo ammetterlo, ma mi ero affezionato davvero tanto a lei; a volte mi sembrava di esserne attratto come una calamita. Passai tutta la notte a pensarci.
Con il nuovo giorno, Guaritori e infermiere si alternarono nel controllare che tutto fosse a posto. Poco prima delle 10, mi aiutarono a vestirmi e due Guardiani mi vennero a prendere per portarmi alla Sala della Luce. All’ingresso di essa, c’erano tutti gli uomini che avevo portato con me in missione. Mi salutarono all’unisono e risposi, con rispetto. Tjana era dentro a deporre. Aspettammo una mezzora prima che uscisse dalla Sala; mi sembrava preoccupata. – Capitano Belfort! – mi chiamò una voce all’interno della Sala. – Prego! Segga! –. Entrai e mi misi seduto su quell’unica sedia di metallo presente al centro. Dagli spalti, tutti gli Anziani, compresa Selma, mi guardavano. – Allora… – fece Georgina, l’Anziana biondo platino affiliata a Magnus. – ci racconti cos’è successo, senza timore. –. Iniziai a raccontare della missione, del perché fossimo lì e di cosa fosse successo. – Quindi lei pensa, – riprese lei. – che Yfrit, l’Ingannatore, abbia appunto ingannato la Guardiana Suprema con lo scopo di farla fuori. – Sì, – risposi. – è esattamente quello che penso. Dafne non si sarebbe mai trasformata se non avesse provato una fortissima emozione e non mi avrebbe mai attaccato senza motivo. – Certo, perché il nostro Capitano se ne intende di trasformazioni, non è vero? – disse Magnus con fare sarcastico. Cercai di controllare la mia mente, sapevo mi leggessero dentro. – Sì, me ne intendo. – risposi. – E so per certo che se imparasse a controllarsi, non rappresenterebbe nessun pericolo. – Ma noi come facciamo a essere sicuri che non le abbia, che so, modificato la memoria? –. Fissai Selma, inorridito. Il suo viso era come sempre una maschera impenetrabile di calma. Lei sapeva che non era possibile, ne ero certo, ma gli altri Anziani a causa dell’influenza di Magnus si erano lasciati contagiare da questa malsana idea. – Sono sicuro di ciò che ho visto e vissuto. – ripresi deciso. – Dafne mi ha fatto del male a causa dell’Ingannatore, altrimenti sarebbe stata innocua. – Bene, Capitano. E’ tutto. Ci rivedremo al processo. –. Le Guardie mi riportarono in infermeria e mi misi a pensare. Avevo la netta sensazione che il processo si sarebbe svolto a breve, sebbene non fosse una certezza. Avevano promesso ad Angel che lo avrebbero aspettato, ma nessuno mi aveva parlato del suo ritorno, quindi non era tornato. Passai giorni a pensare a lei; mi ricordai della sua risata, quegli occhi giovani e curiosi di scoprire il mondo; ripensai a come mi faceva sentire sentirla pronunciare il mio nome, a quanto si era dispiaciuta nel pensare che la stessi prendendo in giro, visto che, come un coglione, l’avevo accusata di tenere più ad Angel che a me. Abbracciarla quel giorno era stata la cosa più bella che avessi mai fatto. Aveva indossato fiera il dente di leone che le avevo regalato e probabilmente lo portava ancora. E poi la sera stessa del suo compleanno: la vidi e iniziai a sudare. Era così bella, così raggiante. Avrei voluto stringerla a me e non lasciarla più andare. E mi piaceva pensare che anche lei mi vedesse come la vedevo io, che sentisse come mi sentivo io ogni volta che la guardavo. Il pensiero che tutto questo potesse finire l’indomani, mi fece quasi piangere dal dolore.
Un pomeriggio il Guaritore Capo mi permise di tornare nella mia stanza, a patto che fossi tornato una volta al giorno per farmi visitare. Naturalmente, non avevo il permesso di lasciare la camera senza che le Guardie mi venissero dietro. Il Consiglio si era premurato di non farmi andare da lei, quei bastardi patetici. Verso sera, con mio immenso piacere, Selma si presentò nella mia stanza. Era turbata e stanca. Mi abbracciò forte. – Sono davvero contenta che tu sia qui, figlio mio! – disse con gli occhi lucidi. – La mia però non è una visita di cortesia. Il Consiglio ha deciso di processarla domani. –. Sgranai gli occhi, incapace di far uscire un suono dalla bocca. Selma prese a singhiozzare debolmente. La strinsi più forte; vederla così era davvero troppo. Aveva fatto del suo meglio per Dafne, ne ero sicuro. Parlammo un po’ dell’imminente processo. Mi confidò di essere furiosa con il Consiglio per non aver rispettato i patti. – Purtroppo Magnus ha convinto la maggioranza che dobbiamo agire prima che la ragazza diventi un pericolo reale. – affermò rammaricata. – Ho tentato di farli ragionare, ma sono irremovibili. Temo per la loro decisione. –. Quindi era come pensavo, avevano già deciso il verdetto. – Non dobbiamo perdere la speranza, madre. – feci cercando di convincere anche me stesso. Poco dopo Selma si congedò, lasciandomi a tormentarmi con i miei pensieri. Fu allora che la sentii, una disperazione sotto forma di guaito. Non ressi il colpo, mi trasformai senza sapere nemmeno come e, con altrettanto dolore, risposi al suo guaito con un ululato forte, un lupo ferito. Doveva sapere che ero lì, lontano fisicamente, ma vicino col cuore. Non riuscii a sopportare di non poterla avere con me, così scattai fuori e corsi più veloce che potevo verso lei, ma le Guardie mi raggiunsero a pochi metri di distanza dalla sua porta, riportandomi in camera e chiudendomi a chiave. Passai la notte a piangere e cercare di ricordare ogni cosa di lei. L’avrei ricordata così per sempre, finché non mi avrebbero preso e giustiziato. Perché sapevo che li avrei uccisi a sangue freddo se solo l’avessero sfiorata.
In mattinata, Tjana mi raggiunse e insieme ci dirigemmo alla Sala della Luce. Quando Dafne entrò, ogni muscolo del mio corpo si irrigidì: era dimagrita e pallida in volto, ma fiera come non l’avevo mai vista. Indossava la tenuta da caccia; sorrisi al pensiero che stesse sfidando apertamente il Consiglio. Si sedette sulla sedia di metallo, con le manette ai polsi. La vidi guardare nella mia direzione e cercai di sorridere. Tjana si sporse, appoggiandosi sulla mia spalla. – Mi ha chiesto di dirti che va bene cosi e che ti ringrazia. – disse. Feci per alzarmi e andare da lei, ma Tjana mi fermò. – Non fare cazzate. – continuò con tono severo. Il processo iniziò e Dafne mi stupì con le risposte spavalde che dava: sembrava non le fregasse nulla di chi aveva davanti. A un certo punto, parlando di me e di come mi avesse riportato in vita, mi salutò e non riuscii a trattenere la risata. “Sei una furia, ragazzina.”, pensai. Anche le persone che attorno sembrarono apprezzare la spavalderia della ragazza. Per la prima volta da quando la conoscevo, vidi in lei una guida che avrei volentieri seguito, e non fui il solo. Gli Anziani si ritirarono per deliberare e tornarono senza Selma al loro seguito. Un pessimo presagio. Mi agitai all’istante e così Tjana. – La condanneranno… – sussurrò con la voce rotta. “No!”, gridai dentro di me, pensandole tutte pur di poterla far fuggire da là. Non potevano condannarla, avevano prove sufficienti per rendersi conto che non fosse un pericolo, si era trasformata a comando, senza perdere la calma, dannazione! Che altro volevano facesse per dimostrare di non essere pericolosa? Gli Anziani emisero la sentenza a morte e sentii la rabbia ribollire nelle mie vene. Stavo per alzarmi e falciarli tutti senza pietà, quando le porte della Sala si aprirono, rivelando Angel e i suoi al seguito. Era furibondo. Accusò il Consiglio di non aver rispettato i patti. Poi raccontò delle sue scoperte, di come Dafne sembrasse discendere dai Primi, motivo per cui le Antiche Leggi la rendevano intoccabile. Parlò alla platea più che agli Anziani e, con immenso piacere, mi resi conto che tutti furono d’accordo con lui: Dafne non era un pericolo ma una risorsa che non potevamo permetterci di perdere. Il mio cuore riprese a battere regolarmente. Decisero di metterla ai voti e quasi tutti i Guardiani votarono affinché la ragazza venisse risparmiata. Tjana dietro di me scoppiò in lacrime di gioia. Era fatta, Dafne era salva! Ringraziai con tutto me stesso il Creatore e Angel per essere arrivato in tempo. Vidi dall’alto degli spalti, Dafne saltargli in braccio e provai un po’ di gelosia che mi scrollai di dosso subito. Era viva, questa era l’unica cosa che realmente importava.
Passammo il pomeriggio insieme a Tjana e ci divertimmo un mondo, anche se dovetti trattenermi dal saltare addosso alla ragazzina. Era stupenda così felice. Le chiesi di insegnarmi a controllare la trasformazione e lei acconsentì. Pian piano però, mi resi conto che adesso era diventata davvero la Guardiana Suprema e questo pensiero quasi mi uccise: non l’avrei più avuta tutta per me. Ero un egoista, ma il desiderio di averla era diventato davvero irrefrenabile. In cuor mio sapevo però che non avrei mai potuto. Più tardi scesi in cucina per partecipare alla festa in suo onore. Passai la serata a guardarla divertirsi con una strana malinconia. L’indomani i suoi doveri sarebbero stati messi in primo piano e mi domandai se fosse pronta. – Lo è. – fece Tjana, avvicinandosi con Angel al seguito. – Quindi discende dai Primi, eh? – chiesi a lui. – Così sembrerebbe. – mi rispose. Qualcosa nella sua voce che mi fece capire di non insistere oltre. Quando si fece veramente tardi, cercai di convincere Dafne a dormire: era visibilmente brilla e all’inizio si oppose, ma poi capì che fosse il caso di congedarsi. La vidi salire su un tavolo e tenere un discorso di ringraziamento verso tutti i presenti. “Sì, è pronta.”, pensai mentre parlava con maestria alla folla. Forse a causa dell’alcool, mi resi conto che l’avrei veramente persa. Quel pensiero mi corrose come acido. La recuperai in mezzo alla folla e mi diressi con lei al piano di sopra, cercando di scacciare via quei maledetti pensieri. Lei se ne rese conto e mi sbarrò la strada, costringendomi a dirle quello che pensavo. Mi fissò con il viso dolce. – Io troverò sempre del tempo per te, idiota! – mi incoraggiò decisa. Era così vicina che a stento riuscii a trattenermi dal baciarla. Titubai e poi la strinsi a me, col cuore in gola. Non potevo rischiare di distrarla dal suo compito, sarebbe stato sbagliato. Con rammarico, le diedi la buonanotte e me ne andai in camera cercando di respingere l’istinto di tornare indietro. Il giorno dopo l’aspettai insieme ad Angel nella Sala della Luce. Aveva partecipato alla sua primissima seduta e l’ansia mi stava divorando. – Andrà bene. – mi disse Angel, vedendomi turbato. Quando finalmente uscì e la vidi per la prima volta nel suo abito da Suprema mi resi conto di quanto sembrasse fatta davvero a pennello per quel ruolo. Li accompagnai a pranzare e parlammo della seduta che aveva tenuto. – Se solo Selma non fosse stata così stupida da andarsene ora. – esclamò Angel con rabbia. – Piano con le parole. – lo ripresi. Selma era mia madre, anche se non biologica, e non mi piaceva che si parlasse così di lei. Ma non potevo dargli torto: subito dopo il verdetto Selma decise di prendersi una pausa da tutto. Non ci disse quanto tempo sarebbe stata via, il che peggiorava la situazione di Dafne, sebbene se la fosse cavata benissimo in quel primo giorno. – Calmi voi due. – ci riprese la ragazzina. – E’ vero: Selma mi ha lasciato un po’ nella merda, lo so. Ma ne aveva bisogno e tornerà. E poi non tutte le sedute del Consiglio sono chiuse, quindi ci sarete anche voi due quando si prenderanno le decisioni più importanti. Adesso quello che dobbiamo capire è perché l’Odioso è sembrato entusiasta all’idea di convocare qui i clan. – Oh, questa è facilissima! – disse all’improvviso Tjana. – I clan si combattono tra loro da sempre, è per questo che oggigiorno sono così pochi. Credo che la sua speranza sia quella che facendoli venire qui, facciano un gran macello così da poter incolpare te di tutto. – Ha ragione. – affermò Angel. – E poi il Consiglio non sa ancora che quello che gli ho raccontato non è vero. – Che?! – esclamai, stupito. – Parla piano, idiota! – mi rimproverò Tjana. Angel mi raccontò di come avesse iniziato a sospettare che Talerius il Traditore, fosse il vero padre di Dafne e di come, naturalmente, non poteva dirlo apertamente finché non ne fosse stato certo. – Questo complica le cose… – dissi mentre ci riflettevo su: se Talerius fosse stato il padre di Dafne le cose si sarebbero messe male per Angel. – Convocare qui i clan sarebbe inutile e il Consiglio capirebbe che gli hai mentito, ti ammazzerebbero per questo. Penserebbero di nuovo che nascondi Talerius. – Lo so. Ma io non ho davvero idea di dove sia né se sia vivo. L’ho cercato quando ero via, ma nulla. Un buco nell’acqua. – Dobbiamo continuare a cercarlo, in qualche modo. – feci. – Non può essersi dileguato e senza poteri non può varcare le dimensioni, deve essere per forza ancora tra i mortali. – A meno che non li abbia riacquistati i poteri. – fece Tjana. – Sì, ma come? – ripresi io. Per quello che ne sapevo, era impossibile. – Gli Anziani se ne sarebbero accorti. – Non sai nulla di Talerius? – esclamò Tjana sorpresa, rivolgendosi a Dafne. – Ma non le hai fatto anche lezioni di storia? – chiese ad Angel – Sì. Scusatemi, devo andare, è tardi. –. Angel si alzò di scatto e se ne andò senza salutare. – Ma che gli ha preso? – domandò Tjana. Lo guardai allontanarsi. Gli faceva ancora male. – Non lo so, ma Angel ha ragione è tardi. E tu, – indicai Dafne. – devi ancora allenarti. Ci vediamo al campo, porta la spada. –. Mi alzai e andai a recuperare la mia lama, per poi dirigermi al campo e iniziare a riscaldarmi. Avevo da poco iniziato con i colpi, quando fui raggiunto da Dafne, sorridente come sempre quando mi vedeva. Le dissi che avremmo dovuto aspettare Angel per iniziare e lei prese a riscaldarsi vicino a me. La vidi fare fatica; sicuramente il periodo di prigionia non le aveva fatto bene nemmeno sotto questo punto di vista. Angel ci raggiunse e ci spiegò la sua idea di allenamento, da quel momento in poi. Voleva che ci trasformassimo e imparassimo a riconoscerci, in modo da non commettere errori in battaglia. Impallidii: io non sapevo trasformarmi a comando come Dafne e avevo il terrore di non controllarmi. Angel mi disse di non preoccuparmi e poi fece una cosa che mai mi sarei aspettato: spezzò il braccio di Dafne. Il suo urlo di dolore mi risuonò fin dentro le ossa. Mi incazzai da morire, ma che stava facendo quel pazzo? – Le romperò anche l’altro se non ti trasformi. – annunciò. Per fortuna Dafne si trasformò e la sua guarigione accelerata (molto più della mia), le fece riprendere l’uso del braccio praticamente subito. Angel le puntò un coltello alla schiena e spinse: sentii l’odore del sangue e non riuscii a trattenere la furia. Mi trasformai sotto gli occhi compiaciuti di Angel. Dafne mi si parò davanti, trasformata anche lei. – Sto bene. – mi disse. – Ce la fai? Altrimenti la finiamo qui e vado a prendere a pizze Angel. –. Le sorrisi. Era tenera a preoccuparsi per me, ma sapevo che sarebbe stata anche indomabile se fosse scattata. – Ce la faccio. – risposi. Il suo odore era dolciastro ora, un po’ nauseabondo per il mio olfatto sviluppato. Angel si complimentò con noi e ci spiegò che avremmo dovuto fare a gara su chi abbatteva prima l’atro. Ci diede il via e mi girai per cercare di prenderla, ma lei, furba, mi sorpassò da dietro e corse verso la foresta. Era velocissima. In un instante le fui dietro, seguendo la scia che lasciava. Stava cercando di depistarmi, così pensai di tenderle un imboscata alla radura. Ma lei non era stupida; se ne accorse e all’improvviso vidi la sua sagoma risalire il versante della montagna. Mi lanciai all’inseguimento. L’avevo quasi raggiunta in cima alla roccia su cui si era fermata quando la vidi prendere la rincorsa e lanciarsi. Era splendida: un falco in picchiata. La guardai sparire tra gli alberi e la rincorsi di nuovo. Aveva sorpassato la radura. Raggiunsi la sponda del fiume e la vidi lì, in attesa, un ghigno in volto. Era un qualcosa di indescrivibile. Mi buttai su lei, sferrando pugni che schivava senza sforzo. Di colpo, mi spinse con le gambe e volai dentro l’acqua. Riemersi imprecando. Non riuscivo a colpirla, era troppo veloce. Si tuffò in acqua e iniziò a prendermi a pugni. Riuscii a spingerla via e nuotai verso la riva. Quella sua aggressività, il compiacimento nel sentirsi vittoriosa, mi diede alla testa. Mi si buttò sopra, bloccandomi completamente. Rideva con malizia vedendomi sotto di sé – Hai vinto. – mi arresi. L’impulso che avevo verso di lei era troppo forte, non riuscivo a controllarlo. – Avevi qualche dubbio? – mi chiese, beffandosi di me. Allentò leggermente la presa e io persi il controllo. La rigirai, buttandomi su di lei e la baciai per tutte quelle volte che non lo avevo fatto. Lei non si oppose, mi lasciò fare, mi strinse a sé. Mi stava facendo impazzire. Più la baciavo, più la volevo. Era una droga. Mi ritrasformai e continuai a baciarla con più dolcezza ma durò poco. La consapevolezza di aver fatto un errore madornale mi prevalse. Mi staccai da lei e mi allontanai, lasciandola perplessa. “Non puoi. Non devi farlo mai più”, mi intimai. Per fortuna, Angel arrivò al fiume e proclamammo Dafne vincitrice, salvandomi dallo sguardo severo di lei.
Passai il resto del pomeriggio a pensare a quanto fosse stato bello. Mi sentivo rinato, l’avevo sentita mia. E non si era opposta, quindi anche lei mi voleva. Era una sensazione indescrivibile. La venni a trovare in serata e la trovai con Tjana, a terra e in lacrime. Mi spaventai. Tjana uscì lasciandoci soli. Le chiesi cos’avesse più volte e alla fine mi rispose, dicendomi che per aiutare Tjana, aveva ripensato alla morte dei suoi. L’impulso di stringerla era così forte che non riuscii a trattenermi. E lei mi baciò, ancora in lacrime. Avrei voluto non doverlo fare, ma non potevo. Mi staccai da lei. – Non posso… non possiamo… – le dissi, fuggendo via dal suo sguardo addolorato. Lottai interiormente con me stesso per tutta la notte. Temetti di impazzire ma alla fine, riuscii a convincermi che quella fosse stata la cosa giusta da fare. Il giorno dopo Angel mi chiese di andarla a cercare e tornare da lui. – E’ giusto che sappia di Talerius. – mi fece. – Vi aspetto alle cascate. –. Pensavo di trovarla al Settore F, ma un secchioncello che lavorava lì mi disse che se n’era andata. Alla fine riuscii a trovarla al campo, intenta a parlare con un gruppo di bambini. Fantasticai su come sarebbe come madre e mi si strinse il cuore nel pensare che non lo avrei mai saputo. – Guardiani! – esordii quando fui vicino. Quei bambinetti mi guardarono con rispetto e salutarono con i loro piccoli pugnetti. Dissi loro di tornare ad allenarsi e poi mi rivolsi a lei. – Sono fichissimi, non trovi? – le chiesi per smorzare la tensione che le leggevo in faccia. – Fanno paura. – rispose con voce piatta. – Cosa vuoi, Capitano? –. Era gelida come non lo era mai stata con me. Mi fece male. – Angel ti cerca. – risposi con altrettanta freddezza. – Mi ha detto di accompagnarti da lui. – Dov’è, di preciso? – chiese voltandomi le spalle. – Alle cascate. – Bene. So arrivarci da sola. Devi dirmi altro, Capitano? – No, Vostra Grazia. –. Mi lasciò lì, spiazzato, ferito e allarmato. Possibile se la fosse presa? Possibile fosse così stupida da non capire? Me ne andai ad allenarmi solo, cercando di ricomporre i pensieri. Più tardi, per poco non mi ci scontrai in cucina. Avrei voluto rimproverarla per la sua disattenzione, ma non riuscii a dirle nulla. Quei suoi occhi profondi come l’oceano mi avevano ipnotizzato. – Con permesso. – fece lei. Mi incazzai come mai prima. Che diavolo pensava di ottenere comportandosi così? Sbattei la porta della mia stanza e mi buttai a letto, infuriato. Il potere le aveva dato davvero alla testa. O forse no? Magari trovava più sensato allontanarmi e non potevo biasimarla per questo. Adesso riuscivo a capire Talerius, anche se mai sarei riuscito a farla uccidere. Significava troppo, anche quando mi faceva uscire fuori di me dalla rabbia. Stavo al Poligono a parlare con Nunghes dell’allenamento di Colins, quando la vidi entrare. Riusciva sempre a lasciarmi senza fiato. – Hai deciso che i nerd non fanno per te e vieni ad ammirare i fusti? – le chiesi inacidito. – No, Capitano Belfort, – rispose lei, con altrettanta accidia. – preferirò sempre chi la testa la sa usare. Sono solo passata per un saluto e vedere come va. –. “Brutta stronza!”, pensai e la trascinai per un braccio verso l’ufficio, senza che gli altri si accorgessero del gesto. – Adesso mi dici qual è il fottuto problema! – tuonai di rabbia. – Questo ti costerà caro, lo sai vero? – rispose a denti stretti. Era spaventata. – Oh, certo! Adesso siamo diventati così formali, vero? Eppure quando ieri mi sei saltata sulla bocca, non mi sembrava lo fossimo! –. Mi guardò con odio e io mi addossai alla porta: – Non uscirai di qui fino a che non avrò una risposta. – le intimai. Lei abbassò lo sguardo. – La sai già la risposta. –. La vidi scoppiare in lacrime e mi sentii morire. Avrei voluto stringerla a me, ma non potevo. – Guarda che non attacca, eh! Prima mi rispondi e poi esci! E’ inutile piangere! – cercai di essere deciso ma la preoccupazione era chiara nella mia voce. – Vuoi sapere cosa non va? Benissimo! – gridò all’improvviso. – Non va che mi sono fatta delle vane speranze! E non è con te che ce l’ho, ma con me stessa per essere stata tanto stupida da pensare che tu potessi essere interessato a me tanto quanto io lo sia a te! –. Mi guardava severa mentre le lacrime le rigavano il viso. Lei ci sperava. Lo voleva, mi voleva. – Adesso fammi uscire da qui, prima che la cosa diventi davvero spiacevole, per favore. – disse. Mi scansai da davanti la porta come un automa; le sue parole risuonavano nella mia testa. Mi stava passando accanto quando la presi tra la braccia e la bloccai contro il muro, gettando il mio corpo sul suo. Era incredibile quanto aderisse perfettamente al suo. – Reeze lasciami! – gridò ma era troppo tardi; la stavo già baciando. Sentii il suo corpo sciogliersi; mi strinse a sé e così feci io. La baciai con foga, la sua mano si infiltrò tra i miei capelli. Era fantastico. La alzai da terra e la feci sedere sulla scrivania, senza staccarmi da lei per un secondo. La volevo così tanto da scordarmi di tutto il resto. Doveva essere mia, l’avrei fatta mia. – Dafne… – sussurrai. Avrei voluto dirle quanto mi facesse impazzire ma preferii tornare sulle sue labbra. La sentii fremere. Un calore pervase il mio corpo. E poi si staccò da me, quasi con violenza. – Tu hai detto che non puoi. – disse ansante. Quel suo tono mi fece venire voglia di spogliarla all’istante. Cercai di stringerla ma non me lo permise. – No. – mi spinse via. Subito dopo si tuffò sul mio petto. La strinsi a me con premura. – Non puoi farmi questo. – disse, piangendo. – Non puoi… non è giusto… – Dafne… – cercai di calmarla. – posso passare stasera? – chiesi non appena smise di singhiozzare. – Così parliamo un po’. –. Annuì con la testa ancora poggiata sul mio petto. Presi la lista dei cadetti mentre si sistemava. Uscimmo dall’ufficio insieme, come se niente fosse. – E Colins? – domandò facendo finta di continuare una conversazione. – Cosa mi dici di Colins? – Eccezionale con la balestra, eccola là! Colins, fa’ vedere alla Suprema cosa sai fare! – ordinai alla migliore delle mie allieve. A parte Dafne, naturalmente. La ragazza annuì con la testa e colpì il bersaglio a 50 metri da lei per ben tre volte in un minuto, perfettamente al centro. – Meraviglioso! – esclamò Dafne. – Complimenti, Colins. Diventerai una Guardiana formidabile. –. La ragazza arrossì e rivolse un profondo inchino. Presentai Dafne agli altri Capitani; sembrarono tutti contenti di conoscerla. – Adesso devo andare, è stato un onore conoscervi! – salutò lei. –. L’accompagnai all’uscita e le diedi un bacio sulla guancia; dovevano saperlo tutti che era offlimits. – A stasera, ragazzina! – feci e tornai dai miei allievi. – Insomma te la fai con la Suprema, eh Belfort? – Ah, sta’ zitto, Nunghes! –.
Indugiai sulla porta della sua stanza, non sapendo ancora bene cosa dirle. Bussai ma non aprì nessuno. “Sta ancora cenando.”, pensai. Qualche minuto dopo la vidi arrivare. Il mio cuore prese a battere forte quando si avvicinò. Mi invitò a entrare ma era strana, turbata. – Va tutto bene? – chiesi allarmato. – Certo! – rispose, ma le si leggeva in faccia che non fosse così. Mi sedetti alla scrivania, mentre lei si mise sul davanzale. Era rigida. – Tu sei sicura… – cercai di chiederle, ma mi interruppe. - Sì, sto bene! – la sua voce risuonò acuta come mai prima. – Dafne… – iniziai alzandomi per andare da lei ma saltò giù dal davanzale e si allontanò. – Non posso farlo… – sussurrò mentre la guardavo perplesso. – Non me la sento… –. Ecco che tutte le speranze che mi ero costruito per noi nelle ultime ore, caddero a pezzi. – Cosa non puoi fare? – chiesi per avere conferma e sentendomi tremendamente patetico. – Lo sai cosa! – esclamò come se fosse ovvio. – Non avrò la tua età ma so benissimo cosa significa ‘passo dopo per parlare’! –. Sgranai gli occhi e scoppiai a ridere, incapace di trattenermi. “Non può averlo pensato davvero.”, mi dissi. – Che cazzo c’è di tanto divertente? – urlò furibonda. Avevo le lacrime agli occhi. Quella situazione era assurda. – Idiota che altro non sei! – le feci quando riuscii a calmarmi. – Io voglio davvero parlare. Ho pensato di farlo qui perché così siamo tranquilli, ma se avessi saputo cosa ti sarebbe saltato in mente, ti avrei proposto una passeggiata! –. Lei avvampò per la vergogna e si buttò sul letto, nascondendo quel suo bellissimo viso ai miei occhi. Le sedetti accanto e iniziai a giocare con i suoi capelli. – Sei proprio un’idiota… – continuai. – Non pretenderei mai una cosa del genere da te, soprattutto così presto. Diciamo che sono all’antica. – Nel senso ‘niente sesso prima del matrimonio’? – chiese senza guardarmi. – Nel senso, – mi sdraiai accanto a lei e le scoprii la faccia. – che non farò mai nulla se non ho la certezza che lo voglia anche tu. –. Finalmente riuscii a guardarla negli occhi: – Ti aspetterei per secoli, ragazzina. –. Divenne rossa, di nuovo. Si avvicinò e posò la testa sul mio petto. Il suo odore mi mandava in estati. Restammo così per un po’, senza parlare. Gli unici rumori furono i nostri battiti e i respiri. – Hai detto che dovevi parlarmi… – fece all’improvviso. Eccola, che caspita le avrei detto? – Sì… – risposi. Mi sedetti di fronte a lei. – Devi capire che ho passato davvero tanto tempo a curarmi solo di me stesso e del mio compito. – iniziai incerto. Avrebbe capito? – Non avevo amici, non volevo ragazze, niente che potesse distogliermi di miei doveri. Non credevo che avrei mai tenuto più al bene di qualcun altro che al mio. E poi sei arrivata tu… – “E mi hai fatto impazzire.”, pensai. – Io non so nemmeno come sia successo, ma ho iniziato a pensare a te costantemente, a preoccuparmi, a cercare di farti stare bene e piano piano mi sono reso conto che ti volevo come non avevo mai voluto niente al mondo. Ma non potevo averti… – confessai. – E credo sia sbagliato anche adesso. – Ma perché? – domandò. – Perché lo trovi sbagliato? – Perché… – ripresi incerto. – ho paura che questo ti distragga dai tuoi doveri. Tu hai un compito davvero importante Dafne, e io non posso permettere che quello che provo per te o quello che provi tu, ti distolga da questo compito. – E non pensi che sia più giusto lasciare decidere a me? – chiese lei, come se fosse una cosa ovvia. – Insomma, credo di essere io la persona più adeguata a decidere se tu sia una distrazione o meno e francamente, è comportandoti da fesso che mi distrai da tutto il resto! –. La fissai. Stava davvero dicendo quello che pensavo? – Io non so definire quello che provo per te, so però che è forte e se ho anche solo una possibilità di vedere se possa funzionare, allora non voglio sprecarla. – disse. Sì, lo aveva detto. Il mio cuore scoppiò di gioia. – Lo vuoi davvero? – chiesi. – E se non funzionasse? – “Mi abbandonerai?”, proseguii a mente. – Se non funzionasse, – riprese. – torneremmo a essere io il Capo e tu un mio sottoposto, senza rancore. –. Non riuscii a resistere e mi tuffai su di lei. Sentivo il suo respiro farsi irregolare sotto di me e mi fece impazzire. – Chi sarebbe il Capo, scusa? – le chiesi con malizia. Mi ribaltò mettendosi sopra di me. Era stupenda. – Io. – disse e mi baciò.
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Lightbearer - La Portatrice di Luce
FantasíaDa millenni ogni dimensione viene protetta dall'Oscurità dalla Congrega della Luce, senza esserne spesso a conoscenza. I Guardiani della Luce vivono in una loro dimensione e si curano di mantenere in vita ogni creatura. Dopo la rinuncia dell'ultim...