Capitolo 21

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Per pranzo fui raggiunta da Tjana e le raccontai di aver scoperto che Reeze non fosse in missione, ma alla casa al mare. – Tu sai dov’è di preciso? – chiesi speranzosa. – No e non te lo direi manco se lo sapessi! – fece lei irritata. – Se non è ancora tornato è perché non si sente pronto per farlo. Due deficienti, ecco cosa siete! –. Finimmo di pranzare senza tornare sull’argomento, anche se non avevo fatto altro che pensarci. Quel pomeriggio Cainnear dovette ripetermi per tre volte cosa stavo firmando. – Ma mi stai ascoltando? – chiese spazientita quando le domandai per l’ennesima volta di ripetere. – Scusami, è che sta storia di Holdrin mi sta facendo diventare scema. – mentii nella speranza che credesse alla scusa che le avevo rifilato. Il suo viso si addolcì: – Se vuoi, indico un Consiglio straordinario per parlarne. – No, niente Consigli. – replicai. Non avevo per niente voglia di passare ore rinchiusa in una saletta con gli Anziani per dir loro che ero perseguitata da un nobile che non voleva mollare l’osso. Non sapevo più come fargli capire che non potevo nulla contro la commissione né cosa inventarmi per evitarlo. – Ma devi prendere dei provvedimenti. – incalzò Cainnear. – Non puoi continuare così. E nemmeno io. –. Guardai di fuori: la pioggia batteva forte contro la finestra del mio ufficio. All’improvviso mi venne un’idea. – Voglio che convochi qui Holdrin. – dissi. – Ora. –. Cainnear rimase perplessa ma eseguì l’ordine. Tempo dieci minuti e il Barone mi raggiunse con il figlio al suo seguito. – Barone! – esordii con un sorriso smagliante. Lui sembrò compiaciuto del mio caloroso benvenuto e si accomodò sul divano. – Vostra Grazia ha forse cambiato idea su mio figlio? – chiese ironico. Mi venne voglia di tirargli i suoi baffoni fino a strapparglieli. – Ma Barone, non sono io a non essere convinta del talento di suo figlio! – replicai indignata. – Infatti ho deciso di addestrarlo personalmente! –. Holdrin strabuzzò gli occhietti porcini. – Dite sul serio? – balbettò. – Ma certo! – risposi sorridente. – Mi ha detto che Aman è molto più abile di tanti della sua età, per cui non dovrebbe avere problemi ad avere me come Custode. –. Il Barone cambiò colore almeno due volte: da rosso vivo diventò diventato bianco neve. – Naturalmente, se vuole, può fermarsi ancora qualche giorno cosicché suo figlio si abitui a restare qui in modo graduale, che ne dici Aman? – chiesi rivolgendomi alla palletta di lardo che sedeva di fianco al padre. Lui arrossì e non disse nulla. Vidi l’espressione furbetta spegnersi sul suo viso e ne sorrisi compiaciuta. – Allora è deciso! – proseguii alzandomi. – Domani mattina alle 7 al campo est, puntuale eh! – Sissignora! – mi rispose il padre e uscì dal mio ufficio. Cainnear, che era rimasta tutto il tempo fuori, rientrando mi chiese spiegazioni. – Vedrai… – risposi enigmatica. All’ora di cena, mi congedai per consumare il pasto presso le mie stanze. Finito di mangiare, chiesi a Giò, una delle mie due Guardie personali, di chiamare Tjana e portarla in camera mia. Qualche minuto dopo, Tjana entrò in pigiama e con i capelli leggermente umidi. – Io domani devo allenare dei marmocchi, lo sai? – sbottò infastidita dalla mia convocazione. – E’ questo il punto, – feci io. – ho bisogno del tuo aiuto. –. Le spiegai il piano che avevo in mente e lei ne restò piuttosto scossa, anche se sotto sotto era divertita. – Sei un mostro! – disse scherzando. – Lo so… – risposi, strizzandole l’occhiolino.

L’indomani mattina mi svegliai presto, mandai le Guardie a prendere la mia colazione e mi vestii con la tuta da allenamento blu navy che Madame Debois aveva accuratamente confezionato mesi prima. “Su richiesta di Reeze”, pensai e il mio cuore ebbe un sussulto. Mancava da un mese ormai; tutta la rabbia che provavo verso lui era scomparsa, lasciando il posto alla sua mancanza che mi logorava dentro. Cercavo di tenere duro perché sapevo che lo stava facendo anche per me: un periodo lontani ci avrebbe fatto riflettere su tante cose, ma certe volte trovavo la sua assenza insopportabile. Mangiai in fretta e scesi al campo. Tjana era arrivata prima di me e stavamo aspettando il gruppetto di bambini che le era stato assegnato; da quello che sapevo, erano tutti novellini, tra i 4 e i 6 anni di età. Non avevano iniziato il loro addestramento da molto, per questo erano perfetti per mettere in atto il mio piano. A poco a poco, iniziarono a riunirsi tutti al campo, incuriositi dalla mia presenza. Alcuni di loro, quelli più grandi, mi salutarono con i loro pugnetti, mentre i più piccoli cercavano di osservarmi senza farsi vedere. – Sei la nuova maestra? – mi chiese una bambina di forse 5 anni. – In un certo senso… – le risposi sorridente. Tutti quei visini mi fecero pensare a Liv e mi fece un po’ male, ma riuscii a gestirlo. Quando tutta la classe di Tjana fu arrivata, lei li fece disporre in due file: i più alti dietro, i più piccolini davanti. Ero quasi sconvolta da quanto erano piccoli gli allievi; avrebbero dovuto frequentare l’asilo, giocare e invece erano lì a imparare a uccidere. – Chi sa dirmi chi abbiamo il piacere di avere a lezione con noi oggi? – chiese Tjana camminando avanti e indietro lungo la fila davanti. Un ragazzino dall’aria spavalda alzò la mano. – Quidy. – disse Tjana indicandolo. – La Guardiana Mater, signora! – Molto bene, Quid. – fece lei. – Questa qui, cari miei, è il mio e vostro capo. Trattatela con rispetto se non volete essere buttati in prigione. – Tjana! – la rimproverai. – Non spaventarli. E voi non datele retta. Non butterò nessuno di voi in prigione. Voi siete Guardiani quanto lo sono io, noi ci proteggiamo a vicenda, non ci minacciamo! –. Scorsi con la coda dell’occhio il Barone Holdrin con il pupillo al suo seguito. – Bene, bambini, – esordii. – perdonatemi, Guardiani! –. I volti di molti di loro si illuminarono, come se trattarli alla mia pari li rendesse molto felici. – Vi presento un vostro nuovo compagno: Aman Holdrin. Faremo lezione tutti insieme oggi. Siete pronti? –. Aman raggiunse la seconda fila. Tjana alzò un sopracciglio e io le sorrisi. Il Barone mi si avvicinò. – Vostra Grazia, permettete due parole? – fece. – Ma certo. – risposi io, allontanandomi da Tjana – Mi dica, Barone. – Vostra Grazia, signora, voi mi avete detto di fare personalmente lezioni ad Aman. – disse impacciato. – Sì, certo. – risposi facendo finta di non capire. – Ecco, mi chiedevo allora, perché ci sono altri bambini al campo? – Perché li alleniamo tutti insieme, – feci con tono pratico. – se gli allenassimo individualmente, dovrei impiegare tutti i Guardiani a farlo e non so nemmeno se basterebbero! – Perdonatemi, ma mio figlio… – Holdrin, suo figlio verrà addestrato come tutti gli altri. – lo interruppi. – Oh! Ma voi volete farlo passare direttamente all’anno successivo, ma certo! –. Il Barone sbiancò. – Ma no! Vostra Grazia, non c’è bisogno! State già facendo tanto per noi! – balbettò iniziando a sudare freddo. – Guardi che non c’è nessun problema! – dissi io. – Non vogliamo mica che Aman si senta fuori luogo. – Ho detto che va bene così! – tuonò lui. Era piuttosto spaventato. – Bene, allora! – feci. – Vado dai miei allievi. –. Tornai dai bambini e da Tjana che a quanto pareva si era gustata lo spettacolo dei pensieri di Holdrin. Le feci cenno con la testa e iniziammo l’allenamento: un po’ di stretching, corsetta sul posto, allungamenti vari e poi corsa intorno al campo, per iniziare. Il giovane Holdrin aveva il fiatone già dopo la corsetta sul posto. Nel frattempo, il padre osservava preoccupato il figlio. Dopo la corsa di riscaldamento, Tjana ordinò ai bambini di formare delle coppie: si sarebbero allenati a parare i colpi. Holdrin, per suo sfortuna, capitò con Quidy, il ragazzino sveglio che Tjana aveva interrogato a inizio lezione. Glielo leggevo in faccia che aveva la stoffa di diventare un ottimo Guardiano, anche se probabilmente sarebbe stato anche bello presuntuoso. Immaginai che Reeze sarebbe stato così, se fosse nato tra i Guardiani. – A te l’onore. – mi fece Tjana, incredibilmente divertita. A quanto pareva, aveva deciso di passare la mattinata nella testa del Barone Holdrin. – Ok, fanciulli! – mi rivolsi  al mio giovane pubblico. – Voglio che il compagno a destra sferri due pugni alti al compagno a sinistra e che quest’ultimo li pari. Sfruttate i sensi per capire la direzione. Naturalmente non dovete farvi male e non si colpisce sotto la vita! –. I bambini si erano tutti messi in posizione, tranne Aman e Quidy, intenti a discutere. – Qualcosa non va, voi due? – chiesi avvicinandomi. – Sostiene di trovarsi a destra, quando sta a sinistra! – sbottò Quidy, piuttosto agitato. I bambini attorno ridacchiarono e Aman arrossì di brutto. – Non fa niente, può capitare. – dissi. – Aman, tu adesso pari i colpi, d’accordo? – feci rivolta al giovane Holdrin. – Tuo padre mi ha assicurata che sei bravo nel corpo a corpo. –. Tjana ridacchiò sotto i baffi. – Pronti? – domandai a tutto il gruppo. – Iniziate! –. Rimasi impressionata da quanto fossero tutti bravi a dare bugni e pararli; tutti tranne Aman che si ritrovò a terra in mezzo minuto. Il padre gli corse incontro. – Cos’è successo? – chiese. – Cosa ha fatto quel teppista a mio figlio? –. Mi avvicinai al Barone con severità. – Intanto, Barone, la pregherei di non alzare i toni. – gli intimai. I bambini intorno a noi sembrarono spaventati. – Non le permetto di rivolgersi ai futuri Guardiani con questo tono! –. Holdrin era paonazzo. – Ma avete visto cosa ha fatto a mio figlio? Questo è oltraggioso! – urlava così forte da farsi sentire da tutti i vari gruppi presenti al campo. – Oltraggioso è lei, Barone. – dissi sprezzante, alzando il tono a mia volta. – Lei mi aveva assicurata che suo figlio fosse stato addestrato a dovere, facendomi perdere un sacco di tempo e adesso, dopo che le ho dato una possibilità, scopro che mi ha persa in giro! Questo è oltraggioso. Non un bambino che sta duramente lavorando per proteggere un giorno lei e la sua famiglia. –. Holdrin teneva la testa chinata. – Voi mi avete preso in giro, Vostra Grazia. – sibilò. – Mi avete promesso… – Prometterle? Io non le ho promesso nulla! Ho acconsentito ad allenare Aman dopo che lei mi ha perseguitata per settimane, sostenendo che la commissione non avesse accettato il ragazzo per antipatia e via dicendo. Io ho preso con me il ragazzo che, a differenza delle baggianate che lei va dicendo, non possiede alcun talento! Mi ha mentito, Barone. Lei ha mentito a me. –. Per la prima volta dopo settimane, Holdrin sembrò rendersi conto di chi avesse davanti. Era terrorizzato e imbarazzatissimo. Tesi una mano verso Aman per aiutarlo a rimettersi in piedi. – Non voglio sentir parlare di questa storia mai più. – dissi rivolgendomi al padre. – Adesso andate. –. Il Barone prese suo figlio e quasi scappò con la coda tra le gambe. Tjana, dietro di me, applaudì. – Questo vi serva da lezione, bambini. – disse. – La nostra Guardiana Suprema è buona e gentile, ma questo non significa che dobbiate approfittarvene! –. Vidi i volti dei bambini annuire. Poco dopo, ripresero i loro esercizi.

Passai tutta la mattinata con Tjana e i futuri Guardiani; passato l’imbarazzo e la paura iniziali, presero molta confidenza con me e io scoprii che passare il tempo ad addestrare bambini non era poi così terribile. Decisi di pranzare con Tjana nelle cucine. Klaus quasi si commosse vedendomi entrare. – Dafne! – esclamò, venendomi incontro per abbracciarmi. – Mia dolcissima Dafne! –. Lo abbracciai a mia volta e assieme a Tjana prendemmo posto al solito tavolo, già occupato da Angel ed Eva. Entrambi ci salutarono con degli ampi sorrisi. – Qualcuno è tornato tra la plebe! – mi punzecchiò Angel, mentre sedevo. Tjana si mise vicino a Eva e si sorrisero dolcemente. “Te ne parlerà quando sarà pronta”, mi dissi. Klaus ci servì il pranzo e chiacchierammo allegramente fino alla fine del pasto. – Più tardi ti trovo in ufficio? – mi chiese Angel poco prima di andarsene. – Per forza… – risposi, ricordandomi di aver passato tutta la mattina fuori, per cui avrei passato tutto il pomeriggio dentro quelle quattro mura. Poco dopo mi congedai anch’io, lasciando Eva e Tjana da sole. A quanto pareva l’allenamento le aveva fatte diventare molto intime. Sorrisi al pensiero. Sulle scale incontrai Sandor. – Vostra Grazia! – salutò lui. In pubblico tutti si comportavano in modo molto formale con me, soprattutto dopo essere stata Iniziata e mi faceva davvero strano, ma avevo iniziato ad abituarmici. – Sandor. – risposi al suo saluto. – Mi stai portando le nuove formazioni? -. Lui annuì e mi passò dei fogli. – Mancano quelle del Capitano Belfort, – disse. – Per il resto, è tutto qui. –. Diedi una letta veloce all’elenco di nomi che Sandor mi aveva portato. – Chi si sta occupando della truppa di Reeze? – chiesi con gli occhi ancora fissi sulla lista. – Nessuno, perché? – fece lui. Qualcosa nella sua voce tradì una strana emozione; speranza, forse? – Mi stai dicendo che da un mese siamo senza una truppa operativa? – Sì, beh… sì. – farfugliò lui. La cosa mi infastidii abbastanza. Non avevo fatto caso di non aver mai firmato i rapporti della truppa di Reeze nell’ultimo mese; una svista che avrebbe potuto costarmi caro se fosse successo qualcosa di grave. – Dove sono adesso? – domandai brusca. – Dove sono, chi? – mi chiese lui perplesso. – Gli uomini di Reeze! Radunali. – Tutti, tutti? – sembrava preoccupato. – Lo sai che Reeze comanda un plotone di 150 soldati in totale, vero? –. Sospirai. – Voglio gli uomini che di solito porta in missione. La prima squadra, come vuoi chiamarla. – risposi avviandomi verso l’ufficio. – Cos’hai intenzione di fare? – chiese alle mie spalle, senza ottenere una risposta. In realtà, nemmeno io sapevo cosa fare. Nel giro di mezzora, mi ritrovai una ventina di Guardiani in ufficio. Molti di loro li riconobbi: avevano preso parte della missione a cui avevo partecipato, quella in cui ho ucciso il loro comandante. Motivo per cui mi temevano più che rispettarmi e la cosa mi metteva piuttosto a disagio, ma non potevo biasimarli: se avessi visto Angel ammazzare a sangue freddo Tjana o lo stesso Reeze, lo avrei odiato anch’io. – Siamo tutti? Bene. – iniziai alzandomi in piedi dalla mia poltrona. – Suppongo sappiate perché siete qui. – ripresi cercando di non usare un tono da rimprovero. – In un mese, non ho ricevuto nessun rapporto dalla vostra truppa, ma non vi sto incolpando! Siete rimasti senza Capitano, dopotutto. –. Andai alla finestra e guardai di fuori. – Quello che mi chiedo però, è: perché non avete fatto richiesta per passare momentaneamente sotto un’altra truppa? O, se proprio disprezzate quest’idea, potevate nominare il secondo, Capitano provvisorio. –. Mi voltai a guardarli uno a uno: erano imbarazzati. – Quindi? Perché? –. Non ci fu risposta. – Signori, sia ben chiaro che io non voglio punirvi. – dissi cercando di incoraggiarli a parlare. – Ma se nessuno mi spiega, sarò costretta a prendere provvedimenti e dubito che Reeze sarà contento di scoprire di avere i suoi venti uomini migliori in congedo, quando tornerà. – Quindi Voi sapete dov’è? – mi chiese un giovane ragazzo dai tratti asiatici. – L’ho mandato io in missione, per me, e la cosa è top secret. Per questo non ve ne ha parlato. –. La convinzione nella mia voce stupii anche me. Non me la cavavo male con le bugie, ma di solito venivo scoperta. Ora invece sembravano tutti credermi. – Quando tornerà? – chiese di nuovo il ragazzo. – Top secret. – risposi accennando un sorriso. – Non abbiamo avanzato richieste perché credevamo il Capitano Belfort sarebbe tornato in poco tempo. – disse una donna dai capelli viola. – Pensavamo che il Capitano ci avrebbe mandato delle direttive, qualcosa… e invece niente. – Avete ragione, – dissi io. – vi chiedo scusa a nome di entrambi. Se dovesse ricapitare organizzerò meglio la cosa, ma se dovessi per qualche ragione dimenticarmene o non doveste ricevere notizie di alcun genere da parte mia o di Reeze, vi prego di farmelo presente. Non posso permettermi di avere la truppa migliore fuori uso un’altra volta. –. Annuirono tutti, un po’ meno tesi. – Ora, – ripresi. – se non dovessi firmare pile su pile di figli ogni fottuto giorno, vi guiderei io, ma al momento non è possibile, per cui concordate tra voi chi sostituirà Reeze e fatemelo sapere domani mattina. Per sabato prossimo voglio il fascicolo con i vostri rapporti, intesi? –. Batterono i pugni sui propri petti e uscirono dalla stanza. Cainnear entrò in fretta. – Cosa hai fatto a Holdrin? – chiese stupefatta. – E’ ripartito poco fa senza dire ‘A’! –. Sorrisi. – Gli ho solo ricordato quale fosse il suo posto e qual è il mio. – risposi. – E questi che cosa diavolo sono? –. Ero sconcertata dalla vista della montagna di fogli che la mia assistente teneva tra le mani. – Il lavoro che avresti dovuto svolgere stamattina. – rispose con un sorrisetto. Mi lasciai cadere sulla scrivania, mentre la mia carissima assistente si curava di posare la pila di documenti accanto alla mia testa. – Prima il dovere, poi il piacere. – disse. – Se li inverti, è un tuo problema. –.

In men che non si dica, arrivò novembre con il vivo dell’autunno: piogge quasi incessanti, venti che soffiavano a ogni ora del giorno e della notte e l’umore generale piuttosto basso. Nel frattempo cercavo di portare avanti i miei impegni, tra riunioni del Consiglio, nobili in visita, pile di pratiche da visionare, rapporti di missioni, schede tecniche degli allievi Guardiani e, ultima ma non meno importante, la ristrutturazione dell’Armeria. Quest’ultima era il cavillo più grande, poiché nonostante tutti gli accordi fossero stati presi, iniziavano a sorgere i primi problemi tra i vari settori: nessuno dei fabbri voleva collaborare al fine di riunire ogni tipo di arma sotto lo stesso settore. Madame Debois era fra coloro che più si opponeva: – La mia è arte! – aveva esordito durante l’ennesima riunione-scontro. – E’ inaccettabile per me dover lavorare fianco a fianco a mansioni così vulgaires. –. La sua affermazione aveva fatto infuriare Oleg e Lathias, la quale aveva appellato la Debois con parole poco educate. – Ce ici – disse facendo il verso alla Debois, infuriata come non mai – è volgare! –. Mi ci era voluta quasi una giornata a calmare le acque e far capire loro che lo scopo di un settore unico era proprio quello di non far insorgere credenze di superiorità simili. – Nessuno di voi è più importante dell’altro. – dissi. – Svolgete compiti differenti ma il fine è lo stesso; lavorare insieme non farà altro che aiutarvi a capire che non siete poi così diversi come pensate e magari ci scapperà anche qualche nuovo congegno ipertecnologico, con lame affilatissime, leggero e d’alta moda. –. Non erano esattamente convinti e sapevo mi avrebbero dato ancora del filo da torcere, ma almeno avevano smesso di sbraitarsi addosso. A fine giornata ero talmente stanca da non voler nemmeno cenare: l’unica cosa che volevo era il mio lettino comodo. La mattina dopo, mi allenai con Angel in un corpo a corpo durato un’eternità: Angel voleva che mi trasformassi a scatti, quando ne avevo la necessità, e che tornassi umana per parare colpi meno duri. Era stato piuttosto faticoso, ma pian piano mi abituai. Mi mancava trasformarmi: non ne avevo avuto più occasione e, a dirla tutta, nemmeno il tempo. A volte lo facevo la sera, tornata in camera per farmi il bagno, ma non era la stessa cosa. Sentivo il desiderio pulsante di battermi, di battermi sul serio. La sete di sangue a volte era così forte da farmi sognare battaglie su battaglie, morte e distruzione. Più di una volta mi sono svegliata completamente zuppa di sudore. Come se non bastasse, il caso Reeze stava iniziando a darmi problemi: passate le due settimane di tempo che avevo dato ai Capitani, vennero di nuovo a cercarmi e dovetti mentire loro dicendo che Reeze mi aveva contattata, che stava bene e stava per tornare. La realtà era che Angel non voleva collaborare a darmi notizie del figlio e quindi non potevo nemmeno avere la certezza che stesse bene. E poi era passato davvero un sacco di tempo, possibile dovesse ancora sbollire? O me la stava solo facendo pagare per il gusto di farlo? – Bella addormentata! – mi richiamò Tjana resasi conto che non la stavo ascoltando. – Tornerà quando vorrà, smettila di pensarci. – Seria? Come cazzo faccio a smetterla di pensarci? E’ più di un mese che non lo vedo! – mi lagnai. Mai avrei pensato che mi sarebbe mancato così tanto. – Sono sicura che gli manchi molto anche tu, – mi abbracciò prima che iniziassi a piangere. – ma Reeze è come tutti noi qui: non ci rendiamo conto del tempo che passa, ti ci abituerai. –. Già. Peccato che io non avessi la certezza di essere immortale e che se così non fosse, non avevo tutto il tempo del mondo a mia disposizione. – Puoi sempre scoprirlo. – fece Tjana. – Va’ dal tuo amichetto nerd e chiedigli di inserire il tuo DNA sulle sonde terrestri. Troviamo Talerius, lo riempiamo di botte e poi ci facciamo dire cosa sei davvero. –. Sorrisi all’idea; sarebbe stato davvero molto comodo così, ma non potevo farlo e, in un certo senso, non volevo. Tjana sembrò capire e non insistette. Alla fine si congedò e andò a dormire nella sua stanza mentre io mi sdraiai a letto, distrutta. Dovevo ammettere che stavo riuscendo bene nel ruolo che avevo assunto, ma non era semplice. Stavo per addormentarmi quando sentii bussare. Mi alzai incerta e andai ad aprire. Sandor mi salutò con la mano e fece segno col dito di fare silenzio. Le Guardie alla mia porta erano addormentate profondamente. Lo lasciai entrare, perplessa. – Scusami, – disse. – ma non mi avrebbero mai lasciato passare. – Che diavolo ci fai qui a quest’ora? – chiesi interdetta. – Lo so, lo so! E’ che mi sono ricordato di una cosa importante. – fece una pausa e mi fissò dubbioso. – Vestiti, devo farti vedere una cosa. – Ma sei impazzito? Sta diluviando! –. Lui sorrise malizioso. – Non più. – indicò la finestra. –. Aveva smesso di piovere e il cielo si era completamente aperto, lasciando intravedere una luna piena meravigliosamente bella. – Vieni, allora? – chiese Sandor rivolgendomi un sorriso splendente. Presi il giacchetto dall’armadio e lo seguii. Uscimmo fuori dalla Fortezza e ci dirigemmo alle cascate in silenzio. Il cielo era limpidissimo e la luce della luna illuminava il sentiero. Poco prima di prendere la salita che portava alle cascate, Sandor si fermò. - Chiudi gli occhi. – disse. Io alzai un sopracciglio. – Dafne, fidati di me, ti prego! – insistette. – Non te ne pentirai. –. Inspirai profondamente e chiusi gli occhi. Sandor mi prese per il braccio e mi guidò su per la salita. Arrivati in cima si fermò. – Pronta? – chiese emozionato. – Apri. –. Aprii gli occhi e mi ritrovai davanti a uno degli spettacoli più belli che abbia mai visto: la luna rifletteva sulla cascata, facendo sembrare l’acqua argento liquido; nel laghetto sottostante una chiazza colorata di ninfee galleggiava leggiadra. I petali dei fiori sembravano illuminarsi. Non avevo mai visto nulla di simile. A un certo punto, il mio sguardo fu attirato da un leggero bagliore proveniente dall’altro lato delle cascate. – Le ninfe Vi danno il loro benvenuto, Vostra Grazia! – esordì Sandor. Notai che alla luce della luna i suoi occhi avevano un colore più chiaro, quasi ambrato. Ci sedemmo a bordo del laghetto: ero ancora rapita dallo spettacolo che avevo davanti agli occhi. Qui e lì, quelle che sembravano delle farfalle un po’ grandi, emanavano lampetti di luci colorate: ogni volta che la luce toccava la superficie dell’acqua, una ninfea colorata spuntava fuori dal nulla, riempiendo il laghetto. – Come hai scoperto questa meraviglia? – chiesi dopo un po’. Sandor guardava verso le cascate, sorridente. – Ho avuto moltissimo tempo per scoprire tutti i segreti di questo posto e delle creature che lo abitano. – rispose. – Le ninfe tornano qui una volta l’anno, durante il plenilunio e si riproducono. –. Sgranai gli occhi e lui scoppiò a ridere. – Le ninfee che vedi sull’acqua sono le ninfe che si risveglieranno in primavera. Non si riproducono come le altre creature. Sono molto più affascinanti. – Questo lo vedo… – risposi rapita da due ninfe che svolazzavano sull’acqua, intrecciandosi tra loro. – Sono stupende. – Già… – replicò lui. Restammo ad ammirare le ninfe per quelle che mi sembrarono ore. Dopo che anche l’ultima di loro smise di emettere luci e si ritirò tra gli alberi, ci alzammo e avviammo alla Fortezza. Arrivati ai dormitori ci salutammo. – Sandor? Aspetta. – ero perplessa. Lui si voltò e con un sorriso mi incoraggiò a parlare. – Perché hai voluto mostrarmi le ninfe? – chiesi imbarazzata. Lui sorrise del mio imbarazzo: – Perché sapevo avresti apprezzato. E poi anche la Suprema ha bisogno di staccare la spina ogni tanto, no? Buonanotte Dafne! –. Si rigirò e andò verso la propria stanza. – ‘Notte Sandor… – farfugliai mentre si allontanava.

Lightbearer - La Portatrice di LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora