Capitolo 16

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I giorni passarono velocemente e la mia vita mi sembrava meravigliosa! Con Reeze le cose stavano andando molto bene e in breve tempo la notizia della nostra frequentazione era diventata di dominio pubblico, cosicché partecipammo ai festeggiamenti per l’Equinozio d’Autunno come coppia. – Sei stupenda… – mi disse con lo sguardo intenso che mi piaceva da impazzire, quando uscii dalla mia stanza con al seguito la Debois (ormai era la mia stylist personale, mi cuciva anche la biancheria!). Il vestito per il Gran Ballo era di un azzurro molto chiaro, di velluto, dal taglio a sirena. Le maniche, lunghe e trasparenti, erano decorate con disegni dalle forme a spirale, mentre la scollatura ampia a U sulla schiena, mi lasciava la pelle nuda fino al livello lombare. Cornelia e Minerva, le aiutanti di Madame Debois, avevano scelto un trucco dalle sfumature argentee per gli occhi e mi illuminarono il viso con prodotti che da sola non avrei mai pensato di utilizzare; i capelli li legarono in un’acconciatura alta, a cestino, impreziosita qui e lì da brillantini per capelli. Nel complesso mi sentii niente male, questo finché non vidi Reeze. Portava uno smoking antracite, dal taglio classico, molto elegante e il papillon alla collottola era dello stesso azzurro del mio vestito. Era davvero magnifico vestito così. A volte, come in quel momento, mi sentivo troppo poco per lui: ero nettamente più giovane, (sebbene mostrasse solo vent’anni, ne aveva 63), goffa e impacciata in confronto alla sua fierezza. Lui continuava a ripetermi che non fosse così, ma quel senso di inadeguatezza mi stava perseguitando. Come se avesse capito i miei pensieri, mi prese dolcemente per la vita e mi baciò, incurante che ci fossero la Debois e le altre a guardarci. – Ehm, ehm… – fece lei con un sorrisino malizioso. – Vi consiglio di andare, il Ballo sta per iniziare e non è carino che la Suprema arrivi in ritardo. –.

Scendemmo lentamente le scale a causa dei tacchi che portavo, e raggiungemmo il Grande Salone: era stato decorato con temi autunnali, dai colori che passavano dal marrone al giallo dorato. Tutto intorno, ghirlande di foglie abbellivano la cupola e le pareti circostanti. Moltissime persone era già presenti nel Salone; tutte famiglie di un certo rango e rispetto, mi avevano spiegato. La Guardia all’entrata, annunciò la nostra entrata e tutti si voltarono curiosi a guardarci. Mi sentii imbarazzata, ma cercai comunque di mostrare un certo contegno. Reeze guardava davanti a sé con la sua solita espressione di superiorità, mentre io cercavo di sorridere e salutare quante più persone possibili con inchini ed educati cenni del capo. – Stasera hanno occhi solo per te. – fece lui, non appena prendemmo posto al tavolo del Consiglio. Visto che Selma non era ancora rientrata, poteva tranquillamente accomodarsi affianco a me. Poco dopo fummo raggiunti da Angel, anch’egli vestito impeccabilmente per l’occasione. – A quanto pare, molte delle dame presenti non si riescono a capacitare del fatto che tu ti sia finalmente impegnato, Capitano! – esclamò trattenendo a stento le risate. – Non è colpa mia se sono tutte prive di personalità e superficiali. – rispose Reeze divertito. – Stanno solo rosicando che Dafne riesca ad avere più portamento e classe di loro che sono cresciute nell’alta società. –. Arrossii al suo complimento, pensando a quante di loro abbiano cercato di approcciare con Reeze, senza riuscire. – Preparati, ragazzina. – incalzò. – Tra poco dovremo dare il via alle danze. –. Io annuii ma qualcosa nel mio stomaco si contorse: era vero che avevamo passato pomeriggi interi a ballare, visto che gli confidai di non saperlo fare, e che dopo svariati tentativi era riuscito a non farmi sembrare un tronco, ma l’idea di farlo davanti a tutte quelle persone che fissavano mi face entrare nel pallone. Reeze mi prese delicatamente per mano e mi guidò al centro del Salone. All’improvviso, un cerchio si formò intorno a noi. “Adesso svengo.”, pensai. – Segui me, andrai benissimo! – sussurrò lui, rivolgendomi uno dei suoi sorrisi più belli in assoluto. I musicisti iniziarono a suonare un lento valzer e Reeze mi prese in vita e io poggiai la mano destra sulla sua spalla, l’altra intrecciata alla sua. Iniziammo a volteggiare e mi tranquillizzai. Stava andando bene, mi ero focalizzata sugli occhi di lui e quasi mi scordai di tutti gli altri presenti. Non mi resi nemmeno conto che la musica stesse terminando. Lui mi fece fare una giravolta, mi prese di nuovo per la vita, stavolta con tutto il braccio, e mi piegò leggermente la schiena all’indietro, in un casquet elegante. Lo fissai negli occhi e in un attimo fu sulla mia bocca, leggero. Mi sentii sciogliere mentre dal Salone partivano applausi da tutte le direzioni. Subito dopo fummo raggiunti da altri ospiti sulla pista, che però abbandonammo. – Non ti è sembrato un po’ azzardato baciarmi davanti a tutti? – chiesi. – Perché azzardato? – rispose lui, mentre mi passava una coppa con dello champagne. – Dopotutto sei la mia compagna adesso, non trovo nulla di scandaloso nel volerlo mostrare a tutte le dimensioni! –. Gli sorrisi: mi aveva definita ‘la sua compagna’. In altre circostanze, mi sarebbe sembrato strano; ero abituata a sentire ‘ragazza’ o, in modo più inappropriato ‘fidanzata’, ma nella dimensione in cui mi trovavo le cose erano piuttosto diverse. I Guardiani dedicavano la loro vita a proteggere i vari mondi ed era molto raro che si sposassero o che avessero dei figli, soprattutto quelli presenti alla Fortezza. Quando però trovavano l’amore era per sempre, per questo prima di sposarsi, si riferivano al proprio partner con ‘compagno’ o ‘compagna’. Una sensazione di panico mi avvolse e cercai di scacciarla via. Non avevamo mai parlato di amore nella nostra relazione. Possibile che lui fosse passato già a un livello superiore? – Tutto bene? – mi chiese perplesso. – Certo! – feci io sorseggiando lo champagne che mi aveva dato. – Stavo solo ripensando alla conversazione dell’altro giorno con Erik. –. Cercai di sviare la conversazione, in modo che non potesse intuire i miei pensieri; era diventato molto abile nel farlo, facendomi sospettare che avesse iniziato a leggere nel pensiero come Tjana. – Erik, il tuo amichetto nerd? – fece lui, mentre ci avviavamo al tavolo. – Sì, Reeze e smettila di chiamarlo così! – gli intimai infastidita. – Erik è un bravissimo ragazzo. Un po’ timido, certo, ma sa fare miracoli! –. Reeze alzò gli occhi al cielo, sicuramente per trattenersi dal dire l’ennesima cattiveria. Nonostante vivessero sotto lo stesso tetto da prima del mio arrivo, non si erano mai presentati ufficialmente. Erik mi dava l’impressione di temere i Guardiani soldati. Quando finalmente riuscii a presentarli, Reeze fece di tutto pur di divertirsi a mettere in soggezione il povero Erik, che invece cercava di rimanere calmo. – Sei preoccupata che non riesca? – mi chiese riferendosi al fatto che Erik aveva dato solo il 50% di possibilità di riuscita nella modifica delle sonde, sottoponendole al riconoscimento del DNA demoniaco estratto dal sangue di Reeze. – Ci vorrà un po’ di tempo per togliere le sonde da tutte le dimensioni, riprogrammarle e rimetterle al loro posto e non possiamo essere nemmeno sicuri che funzionino, perché il sangue del Capitano non è di demone al 100%. – aveva ammesso Erik quella stessa mattina. – Dobbiamo sperare che quel poco che abbiamo riesca comunque a farle funzionare. –. L’alternativa era quella di estrarre dei campioni da un demone, ma non allettava né me né Reeze, vista la difficoltà. – Sto solo sperando che vada tutto per il meglio. – dissi in risposta a Reeze. Passammo il resto della serata a parlare con gli ospiti, bere, mangiare e, di tanto in tanto, ballare. Mi era stato chiesto da più persone di concedermi alle danze e lo facevo con una certa riluttanza, pur di non sembrare sgarbata. Reeze sembrò divertirsi un mondo a guardarmi cercare di non pestare i piedi ai miei partner, tutti eccezionali ballerini. Conobbi un sacco di nobili che vivevano al di fuori della Fortezza, nei proprio castelli sparsi in tutta dimensione. Molti di loro, erano genitori di Guardiani mandati alla Fortezza. Tradizione voleva che i figli primogeniti venissero mandati alla Fortezza per essere esaminati al fine di diventare Guardiani della Luce,  indipendentemente dal proprio sesso. Era considerato un grande onore per le famiglie avere un figlio come Guardiano, vista la durezza con cui il Consiglio sceglieva i cadetti. Ebbi il piacere di conoscere la famiglia di Colins, o meglio Eva, l’allieva preferita di Reeze. Le mancava poco all’Iniziazione e non vedeva l’ora. I suoi genitori erano gonfi d’orgoglio ma delle bravissime persone, piuttosto umili nonostante il proprio rango.
I festeggiamenti terminarono tardi, quando ormai erano tutti sazi, stanchi e piuttosto allegri. Reeze tornò con me ai piani superiori per accompagnarmi in camera. Mi sentivo stanca e intontita dalla musica e dall’alcool. – Vuoi che ti metta a letto? – chiese lui con malizia, naturalmente scherzando; non avevamo ancora raggiunto quel livello di intimità. Forse a causa dell’alcool, gli rivolsi un sorriso malizioso a mia volta. – Se vuoi, puoi restare… – affermai. Lui alzò un sopracciglio sorpreso. – Magari aspetto che ti addormenti. – rispose, aprendomi la porta e lasciandomi passare Mi diressi immediatamente in bagno, togliendo i tacchi e buttandoli in terra senza curarmi di rovinarli. I piedi mi facevano malissimo. Tolsi il vestito cercando di non rovinarlo per non dovermi subire al Debois, mi struccai e sciolsi i capelli. Come una cretina, lasciai il pigiama in camera. – Reeze, – lo chiamai da dietro la porta del bagno. – ti dispiacerebbe passarmi il pigiama? Dovrebbe essere sotto al cuscino! –. Lo sentii alzarsi dalla sedia su cui si era accomodato e trafficare con le mie coperte sfatte. – Forse sarebbe il caso che facessi un po’ di ordine qui dentro. – osservò mentre il suo braccio si insinuava nella porta del bagno semiaperta. Mi passò il  pigiama (una vecchia T-shirt con lo stemma dei Green Day risalente ai tempi di ‘American Idiot’ e un paio di pantaloni della tuta, belli larghi) e lo ringraziai. – Perché dovrei farlo? – chiesi nel frattempo che mi cambiavo. – Dopotutto ci vivo solo io qui dentro e ci torno solo per dormire e lavarmi. – Perché, – riprese lui scocciato. – il disordine è sinonimo di disturbo mentale. – Oh, certo! – risposi io, fingendomi offesa. – ‘Una scrivania disordinata rappresenta una mente disordinata, ma cosa rappresenta allora una scrivania vuota?’ – uscii dal bagno citando Einstein e trovai Reeze spaparanzato sul letto, che nel frattempo aveva rifatto. – Sempre la risposta pronta, vero? – mi abbracciò non appena mi sdraiai accanto a lui. – Sempre. – risposi stampandogli un bacio sul collo. – Inizia a farci l’abitudine. – Immagino dovrò farlo. – disse lui sorridente. Mi accoccolai sul suo petto, mentre con un braccio mi cingeva le spalle. Il ritmo del suo cuore diventò la mia ninna nanna. Stavo per assopirmi, quando lo sentii sospirare. – Dafne? – fece. – Ti sei addormentata? –. Scossi la testa per dire no, mugugnando. – Sai… – riprese. – è un po’ che ci sto pensando… – dal tono mi sembrava piuttosto imbarazzato. – Se un giorno dovessimo, ecco, sposarci e tutto il resto, ti andrebbe di andare a vivere al mare? –. Il sonno mi abbandonò all’istante e sgranai gli occhi. Mi alzai e lo fissai per qualche minuto prima di rispondere: era serio, pazzesco! – Reeze… – iniziai. – credo sia un po’ presto per parlare di queste cose, non credi? –. Lui sembrò rabbuiarsi. – Ascoltami, – proseguii. – io sono giovane, molto giovane. Capisco che tu voglia sistemarti vista la tua età, ma ancora non me la sento. Vorrei aspettare almeno fino ai 25 prima di parlare di certe cose, mi capisci? –. Lui si alzò a sua volta, sedendosi di fronte a me con un espressione strana in volto. – Quindi, – disse con un tono che non mi piacque affatto. – tu credi che io ti stia parlando di ‘certe cose’ perché voglio sistemarmi? Seriamente? – scattò in piedi. – Dafne, sarò più vecchio di te, ma qui non sono altro che un ragazzino anch’io! Non ti sto parlando di questo perché sento il bisogno di sposarmi o di avere una famiglia! – E allora perché? – chiesi perplessa. – Lascia stare… – rispose con un filo di voce. – Va’ a dormire, domani dobbiamo andare alle cascate. Buonanotte. –. Uscì dalla stanza come un fulmine, senza darmi la possibilità di capire. Perché davvero, non riuscivo a capirlo.

– Perché, razza di idiota, – fece Tjana a colazione, la mattina dopo. – lui ti ama. –. Per poco non mi strozzai. Non avevamo mai parlato di questo con Reeze; sì, era evidente che stessimo benissimo assieme e negli ultimi tempi avevo iniziato a definire quello che sentivo nei suoi confronti, ma era davvero amore? – Dai, Dafne! – disse lei, spazientita. – Non dirmi che non vedi come ti guarda! Lui è totalmente preso da te. E’ innamorato e non sa come dirtelo! – Beh, – replicai. – sicuramente parlare di matrimonio e casa al mare non è l’approccio giusto per affrontare l’argomento! Mi ha terrorizzata, capisci? –. Lei sbuffò. – Dafne, lui non ha esperienza in questo campo come te e siete due capoccioni! – sussurrò per non farsi sentire dalle persone che andavano e venivano attorno a noi. – Non riuscite a esprimere i vostri sentimenti se non passando il tempo a baciarvi non appena avete l’occasione! Non è così che si affronta la cosa. – si alzò. – Farai meglio a capire cosa provi, perché è inutile che stiate insieme se uno dà il 100% e l’altra non ci riesce. Ci vediamo a pranzo! –. Tjana mi lasciò ancora più perplessa di quanto non fossi già. Inoltre, mi aspettava una noiosissima seduta straordinaria del Consiglio, con presenti tutte le famiglie nobili che si erano riunite alla Fortezza per festeggiare l’Equinozio. Mi diressi alla Sala della Luce, dove era prevista la seduta vista la quantità di partecipanti, e con enorme sollievo notai che Angel era lì. Presi posto al centro del tavolo riservato ai membri del Consiglio e passai le successive quattro ore ad ascoltare le varie problematiche che le famiglie riscontravano nei proprio domini: alcune molto stupide, a mio avviso, altre piuttosto gravi. – …ci ha distrutto metà del raccolto per questo, a nome dei Swen, chiedo umilmente che ci vengano restituiti i danni. –. Il patriarca della famiglia Swen si rimise a sedere, in attesa di risposta. – Invieremo immediatamente una pattuglia a catturare l'animale e vi restituiremo i danni pari alla somma di ogni spiga di grano persa, più un terzo, cosicché possiate riprendere l’attività dei vostri granai. – annunciai mentre il volto dell’uomo si illuminava. – Vi ringrazio, Vostra Grazia! – fece. Il notaio alle mie spalle, annotò accuratamente ogni parola pronunciata durante la seduta e passò al tesoriere i fogli con le varie somme di denaro richieste. Sapevo che non c’era problema: il denaro della Fortezza era davvero una risorsa inesauribile. La seduta finalmente finì e salutai i presenti, invitandoli alla processione del pomeriggio. Mano a mano si congedarono tutti, lasciandomi sola con Angel. – Dovremmo andare a pranzo. – fece. – Gli allenamenti di oggi sono sospesi, ma questo lo sapevi già. –. Ci dirigemmo in cucina e incontrammo Reeze all’ingresso della Fortezza, assieme a Eva e ai signori Colins. Stavano conversando dei progressi della figlia quando li raggiungemmo. – Vostra Grazia! – esclamò il padre della ragazza. – Che piacere incontrarvi! –. Salutai con un inchino. – Non ho potuto non notare la vostra assenza alla seduta di stamane. – dissi cercando di evitare il contatto con Reeze, il quale sembrò ignorarmi totalmente. – Oh, vedete, a noi non manca nulla. – disse lui con orgoglio. – Abbiamo preferito passare una piacevole mattinata con nostra figlia e il suo Custode, piuttosto che sprecare il tempo a sentire i problemi altrui. –. Sorrisi. “Beati a loro che potevano permetterselo di saltarle le sedute.”, pensai. – Vi unite con noi a pranzo? – domandò Angel. – La ringrazio Generale, ma temo abbiamo preso già un impegno con suo figlio, presso le nostre stanze! – rispose il signor Colins. Ci salutammo e, assieme ad Angel, andammo in cucina. Tjana non era presente: era sicuramente occupata a costruire le ghirlande che avremmo lasciato sul fiume nel pomeriggio. Angel e io ci sedemmo al nostro solito posto. – A quanto pare i Colins non hanno ancora perso la speranza. – disse lui divertito. – Che speranza? – chiesi mentre addentavo un pezzo di pane. – Reeze non te ne ha parlato? – domandò sorpreso e divertito più di prima. Io lo fissai perplessa, così iniziò a raccontare. – Eva è la primissima allieva di Reeze ed è anche la più talentuosa che gli sia stata assegnata. Aveva 3 anni quando iniziò l’addestramento. – “Caspita! Era piccolissima!”, pensai mentre mangiavo il mio pesce spada. – In pratica l’ha cresciuta lui. – riprese Angel. – E credo che i suoi sperassero che tra i due nascesse qualcosa così da, ecco, unire le nostre casate. –. Sgranai gli occhi. Quella notizia mi fece uno stranissimo effetto. – In più Eva ha sempre avuto un debole per Reeze, che lui non ha mai contraccambiato. La stima, quello senza alcun dubbio, ma la vede solo come una sorta di sorella. Sai, non è inusuale che Custodi e allievi abbiano delle relazioni o si sposino, una volta che i futuri Guardiani diventano grandi abbastanza. –. La mia mente iniziò a viaggiare a velocità della luce. “Quella piccola stronza!”, pensai, anche se ‘piccola’ non era esatto: Eva aveva quasi due anni più di me e stava per essere iniziata. – Quindi, – cercai di mantenere un tono di voce normale e indifferente. – secondo te i suoi sperano ancora che qualcosa possa scoccare tra i due? –. Angel mi guardò incuriosito. – Beh, è solo un’ipotesi, Dafne. – rispose con calma. – E poi, Reeze sta con te adesso. – Appunto. – sibilai inferocita. Avrei mandato quella puttanella in ogni missione possibile, non avrebbe più rivisto la Fortezza. – Chi è la puttanella? E perché vuoi mandarla via da qui? – chiese Tjana, arrivata all’improvviso, completamente cosparsa di foglie. Angel mi guardò sbalordito. – Dafne… – iniziò, ma nel frattempo io mi ero alzata e me ne stavo andando, imbarazzatissima. Il tempismo di Tjana era qualcosa di incredibile, soprattutto quando si trattava di cose imbarazzanti e private.

Mi diressi in Armeria, al Poligono. Sarebbero indubbiamente dovuti scendere, prima o poi. Presi in mano una pistola e iniziai a sparare colpi al fantoccio di cartone. Avevo sparato venti colpi, dieci al centro della testa e dieci al cuore; alla fine il poverino aveva due buchi grandi come palline da golf. Poco dopo, arrivarono Reeze con Eva e i suoi. Si stupirono di vedermi lì. Io sorrisi ferocemente e mi avvicinai. – Eccovi, finalmente! – dissi cercando di non sembrare isterica. – Pranzato bene? – Sì, grazie Vostra Grazia! Voi? – il tono di quella troia mi fece venire la nausea. Reeze mi guardò allarmato. – Eccellente! Spero non ti sia abbuffata troppo, ti allenerai con me oggi. – feci, prendendo due spade da combattimento e dirigendomi al campo interno. Mi sembrarono tutti molto increduli, soprattutto Reeze. – Hai sentito, Vostra Grazia, Eva! – le fece il padre. – Va’, figlia mia! –. Si dispose al centro del cerchio, davanti a me e le lanciai la spada. – Cinque colpi mortali, esci fuori dal cerchio e ne perdi uno, sono stata chiara? – feci con più disprezzo del dovuto. – Capitano, saresti così gentile da arbitrarci? –. Reeze fece un passo avanti fissandomi più preoccupato di prima. – Pronte? – disse. – Cominciate! –. Mi bastarono due o forse tre scatti per ‘infilzare’ la povera Eva, puntando la spada sul suo petto. – Morta. – sibilai. Lei mi sembrò spaventata ma l’umiliazione la fece ricomporre. Le leggevo la voglia di vendetta negli occhi. Altre cinque mosse e la buttai fuori dal cerchio. – Concentrati! – tuonai. – Mi era stato detto che sei la più brava del tuo anno! –. Lei scattò infuriata, ma la sorpassai con un balzo, puntandole la spada alla schiena. – Sei lenta. – le dissi sogghignando. – E distratta! Non devi pensare che mamma e papà ti guardano, altrimenti perdi la concentrazione. Tutto quello che ti deve interessare sono io. –. Lei annuì. Girammo in tondo per un po’ e stavolta fui io a scattare; lei parò il colpo e cercò di colpire me, ma mi buttai a terra, rotolando sul fianco e le fui sopra, la spada attorno al collo. – E con questa sono quattro. – dissi compiaciuta di me stessa. – Vuoi continuare o preferisci fermarci qui? –. La guardai e vidi la rabbia bruciarle negli occhi nocciola. – No. – fece. Ci rimettemmo in posizione e guardai per un secondo Reeze: il suo sguardo era severo, furioso. Eva approfittò della mia distrazione per attaccare, ma la schivai, colpendola sulla schiena. – Basta così! – fece Reeze senza staccare gli occhi infuriati da me. – Eva puoi andare a riposare con tuoi, ci vedremo più tardi. – Arrivederci, signori Colins! – salutai. Sentivo una gioia feroce pervadermi. Andai verso l’ufficio dei Capitani con Reeze al mio seguito. Entrammo e mi sedetti alla scrivania, mentre lui chiudeva la porta. – Mi avevate tutti detto che fosse un talento naturale quella, invece scopro che non vale nulla! – dissi con un gran sorriso. – Ma si può sapere che diavolo ti ha preso? – sibilò furibondo, ma lo ignorai. – Sei sicuro di volerla iniziare in inverno? Secondo me un altro anno di addestramento non le farebbe male! – Dafne… – O forse non è sufficiente… Ha altri ‘talenti’ oltre a quello che le manca? – Dafne… – Forse potremmo trovarle un posto in Armeria; magari con un po’ di praticantato riuscirebbe a dare una mano a qualcuno… – DAFNE! – Reeze batté il pugno sul tavolo, rosso di rabbia. Alzai lo sguardo su di lui stupita. – Sì? – feci. – Ma sei impazzita?!? Che diavolo ti ha detto il cervello?! Potevi farle male sul serio! – tuonò. – Oh, certo… non sia mai che la tua pupilla venga offesa! – risposi io acida. Reeze mi scrutò perplesso e ancora infuriato. – Ma che stai dicendo? – chiese a denti stretti. – I suoi ti hanno invitato a pranzo cosicché poteste decidere la data delle nozze? Avete deciso anche i fiori? La location? – scattai in piedi furibonda. Reeze sbiancò all’istante. – Chi te l’ha detto? – sussurrò. – Non tu. –. Ci guardammo in cagnesco. Lui si appoggiò alla scrivania. – Quando pensavi di dirmi che quella ti sbava dietro? – mi trattenni dal dire ‘puttana’. – Dafne, non ha importanza di quello che lei o i suoi pensino o vogliano. Io sto con te, ricordi? Non capisco questa tua improvvisa gelosia! – Gelosa IO? Ma fammi il piacere! – gli voltai le spalle e guardai fuori dalla finestra. A breve sarei dovuta andare a prepararmi per la processione. – Sì, lo sei! E non lo capisco, davvero! – fece lui, ancora infuriato. – Mi sembrava di aver capito che non stessi prendendo questa storia seriamente! – Quindi adesso il problema sono io che non prendo la storia seriamente? Solo perché ti ho detto che non voglio correre? Non essere patetico! – Io sarei patetico? – era offeso e la cosa mi fece incazzare ancora di più. – Sì! Sei patetico! – Dafne, vattene. – mi intimò con calma apparente. – Va’ via. –. Mi voltai per guardarlo e me ne andai senza dire altro.

Mentre percorrevo l’Armeria, incontrai Madame Debois. – Oh, eccoti! – mi disse. – Qu’est ce que c’est quella faccia da funerale? Forza, a cambiarti! –. Entrai nel suo Settore svogliata e le sue aiutanti iniziarono subito a prepararmi. Mi fissavo allo specchio senza vedermi. L’espressione di Reeze mi stava facendo impazzire; forse avevo davvero esagerato. Però l’idea che una stronza potesse intromettersi tra noi mi aveva fatto perdere la testa. Io non volevo perderlo, solo il pensiero mi faceva malissimo. Cornelia e Minerva finirono di truccarmi e pettinarmi e la Debois mi mise in mano un abito piuttosto giovanile, composto da una gonna a vita alta bordeaux e un cardigan grigio chiaro. – Naturalmente sotto camicia bianca e calze nere velate, eh! – fece la stilista. – Forza, cambiati! –. Mi cambiai nel camerino e uscii trovandomi davanti Reeze. – Che ci fai qui? – feci acida. – Devo cambiarmi anch’io, ricordi? Ti accompagno… – Non voglio tu lo faccia. – lo interruppi con freddezza. – Ma puoi accompagnare Eva. I suoi ne saranno sicuramente estasiati! –. Lui strinse i pugni e uscì. – Oh la la. – fece Madame Debois – Problemi in paradiso? – Si faccia gli affari suoi. – replicai sgarbata. Reeze non mi avrebbe accompagnata in processione e mi resi conto di quanto questo mi facesse sentire sola.

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