Capitolo 3

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Dopo una doccia veloce, mi vestii indossando la mia tuta nuova e scesi in cucina a mangiare qualcosa. Reeze mi aveva dato appuntamento per le 6, anche se dubitavo si sarebbe presentato.
Klaus era già intento a preparare i suoi manicaretti. Quando entrai in cucina, esordì con un sonoro: – Buongiorno Vostra Grazia! Del the? – mi porse una tazza fumante. Sorrisi e lo ringraziai. Chissà se Angel fosse già partito. – Temo proprio di sì, ma l’hai mancato per poco! Klaus, che buon profumo! –. Tjana si sedette accanto a me con grazia. – Torta di melassa. – si vantò il cuoco.
Bevvi un sorso di the mentre i due iniziarono una conversazione su come far sì che la torta venga morbida e le mele croccanti. Mi finsi interessata, anche se la mia mente era da tutt’altra parte.
Con Angel fuori e Reeze da evitare, non avrei avuto nessuno con cui allenarmi. Pensai che l’unica cosa che mi restasse da fare, era studiare in Biblioteca, ma sapevo che restare ferma avrebbe rallentato il mio allenamento già protrattosi per più tempo del dovuto. Forse avrei potuto chiedere a Tjana. – Con piacere! – fece lei, improvvisamente guardandomi. – Non sono una vera Custode, ma un po’ di esperienza ce l’ho. Cercherò di aiutarti come posso! – mi sorrise.
Non sapevo ancora se la sua dote mi incuriosisse o desse fastidio. Leggere nel pensiero degli altri poteva essere considerato una violazione di privacy? Tjana arrossì. – Non preoccuparti. – le dissi. – Mi abituerò. –.

Terminata la colazione mi chiese di aspettarla all’entrata poiché doveva mettere la tuta. Mi fermai lì e la guardai salire le scale rapidamente, a due a due. Persino correndo riusciva ad avere un’aria aggraziata. Mi chiesi se fosse una cosa che poteva essere appresa col tempo; non mi sarebbe dispiaciuto muovermi come lei, anche se non ero esattamente sicura di avere qualcosa di aggraziato in me.
“Oh, no…”, pensai quando vidi una figura alta e atletica scendere dalla scalinata di fronte a me, i ciuffi biondi ancora arruffati. Reeze sembrava totalmente assorto nella lettura di un libro di cui non riuscii a leggere il titolo. Feci finta di non vederlo, anche se con la coda dell’occhio lo cercai. Cosa sarebbe successo se si fosse accorto di me? Mi avrebbe aggredita? Umiliata? Non osai immaginarlo.
Lui, incurante, con gli occhi immersi in quel suo libro, svoltò l’angolo e si avviò verso la cucina. Non indossava la tuta, segno che non mi avrebbe allenata.
Un misto di sollievo e preoccupazione si fece strada in me; Tjana mi avrebbe aiutata, ma se Angel avesse davvero voluto che fosse lei ad allenarmi, glielo avrebbe chiesto. Invece aveva scelto Reeze. Per qualche strana ragione, era convinto che potessimo imparare l’uno dall’altra. Mi pesò ammetterlo, ma Reeze aveva avuto ragione il giorno prima: io avrei indubbiamente imparato molto da lui, ma lui cosa avrebbe potuto imparare da me? Non avevo nessun apparante talento, anche se il giorno prima non me l’ero affatto cavata male con la spada. Il merito non era mio però, non poteva essere mio. Era la spada, ne ero certa.
Intravidi Tjana scendere l’ultima rampa di scale che l’avrebbe portata da me, quando Reeze uscì dalla cucina e si avviò verso la scalinata per tornare ai piani di sopra. Quando si incrociarono, Tjana batté il suo pugnetto sul petto: – Capitano – disse. Lui richiuse il suo libro, lasciando il pollice all’interno per tenere il segno. – Kandori. – rispose. Sembrava calmo. Molto calmo. Troppo calmo. Si guardarono per qualche istante; alla fine lei annuì e si congedò, mentre lui riprese la salita, immergendosi di nuovo nella lettura. Mi domandai cosa si fossero detti.
– Andiamo? – chiese Tjana appena mi ha raggiunta. Annuii e ci incamminammo all’esterno.
Il sole era sorto, pallido. Arrivate ai Giardini, Tjana iniziò a raccontarmi le proprietà di alcune piante che incontravamo. – Non so se lo sai… – disse con un sorriso. – Ok, so che non lo sai! Allora. I Guardiani possono attingere energia dagli elementi, in alcuni casi, molto, molto rari, persino controllarli. Quello che vedi qui, – indicò il Giardino. – è più unico che raro. Il Giardino viene costantemente curato dagli Stregoni Bianchi e da coloro tra i Guardiani che riescono a manipolare la Terra. Per questo abbiamo una così vasta collezione di piante; per ognuna di loro è stato pensato un microambiente favorevole alla loro prosperità! –. "Chissà come ci riuscivano a controllarli gli elementi...", mi chiesi, ed ecco subito pronta la risposta di Tjana: – Oh, è molto difficile. La Fusione, di cui ho saputo sei già capace, complimenti! Comunque, dicevo… la Fusione è un procedimento complesso, che consiste appunto con il fondersi del Guardiano con l’ambiente circostante e diventare un tutt’uno, una sola anima. Ci vuole una concentrazione molto forte e un responso anche da parte dell’ambiente, per questo non tutti vi riescono. A volte, quando il rapporto con il Guardiano e l’elemento diventa particolarmente forte, al Guardiano viene concesso di controllare l’elemento. Non sempre però questi usa la sua dote a fin di bene. – arrivammo al campo e Tjana si fermò. – Adesso però concentriamoci su di te. – iniziò lei. – Reeze mi ha detto che sei riuscita nei salti mortali ma, com’era prevedibile, ti sei ferita. – indicò con un cenno della testa i graffi sul mio viso, riprendendo poi a parlare: – Per un Guardiano è fondamentale rendersi impercettibile alle Creature delle Tenebre e questo comporta anche il non ferirsi poiché il sangue attirerebbe i nemici a te molto più velocemente. Per questo, – disse facendosi più seria. – cercherò di insegnarti la sinuosità dei movimenti, anche se so che non sarà semplice. Ti avverto: ti farai sicuramente male, ma provvederemo anche a questo. E ora, allunghiamoci! – terminò la spiegazione e iniziammo una serie di esercizi per preparare i muscoli.
Tjana sembrava un gatto: era molto elastica nei suoi movimenti, sembrava non avere le ossa. Io feci del mio meglio per imitarla, con il risultato che i miei muscoli bruciarono dopo pochi minuti. – Fa piano, non restare rigida, altrimenti ti strapperai qualcosa! – si avvicinò a me e iniziò a guidare i miei movimenti. Sentire le sue mani calde mi fece rilassare. Pian piano il bruciore svanì, e un senso di rilassamento totale mi avvolse.
Dopo una mezzoretta, Tjana disse che poteva bastare. – Ricordati che la respirazione è importante. Controllare il respiro ti aiuta a rilassarti ed è solo così che i movimenti si fanno più fluidi. Vieni, arrampichiamoci! –. Si avvicinò ad un albero dietro al campo e con un singolo balzo, raggiunse i rami. Si dondolò senza fare rumore, roteò su se stessa e atterrò perfettamente con entrambi i piedi sul ramo, senza che questo si muovesse. Io non riuscii a raggiungere i rami al primo balzo, come lei, così mi arrampicai come il giorno prima, afferrando la corteccia. – Scendi. – disse lei con pazienza. – Rifallo da capo. Non puoi far aderire il tuo corpo al tronco, lasceresti il tuo odore. –. Mi buttai di nuovo a terra e riprovai. Così per almeno altre dieci volte; non riuscivo a 'spiccare il volo' e le gambe iniziavano a farmi male.
Tjana nel frattempo, si mise comodamente seduta sul ramo. – Sai che i cugini più prossimi degli umani sono i primati, vero? – chiese, sorridendo. Sembrava divertirsi un mondo. Io annuii, incapace di parlare a causa del fiatone che mi venne. – Appellati al tuo istinto animale; le scimmie non hanno la capacità di movimento che abbiamo noi, eppure riescono a saltare da un ramo all’altro, perché tu non dovresti? –. Tjana mi ricordava molto Angel: era paziente e gentile, non si spazientiva nonostante non avessi fatto nessun miglioramento. – So che puoi farlo, lo sento. – disse, incoraggiandomi.
Mi fermai un attimo, prendendo fiato. Chiusi gli occhi e respirai profondamente. “Posso farcela.", mi dissi. Piegai leggermente le ginocchia, schiena dritta ma rilassata, braccia all’indietro per darmi la spinta. “Posso farcela, ce la farò!”. Saltai; il terreno sotto i miei piedi si fece più distante. Sporsi le braccia in avanti e afferrai il ramo davanti a me; mi dondolai leggermente e con una spinta delle gambe, girai su me stessa, lasciando il ramo. Atterrai con i piedi e le braccia aperte per mantenere l’equilibrio. Avevo fatto poco rumore, il ramo oscillava appena, o almeno così mi sembrava. Tjana lanciò un gridolino compiaciuto: – Sei stata bravissima! Te l’avevo detto ci saresti riuscita! – mi sorrise, gioiosa. Sorrisi anch’io, ce l’avevo fatta.
Tjana prese ad arrampicarsi più in alto, schivando i rami e così feci io. Come se la mia vista si fosse fatta più acuta, schivai ogni ramoscello e ago che mi si presentavano davanti al viso. Alla fine arrivammo in cima. – Non è una sensazione bellissima? – urlò lei, ridendo. – Decisamente! – urlai anch’io. Da quell’altezza riuscivo a vedere la macchia di alberi che si estendeva per tutto l’ovest, fino ai monti in lontananza. Al centro del bosco, una distesa luminosa mi indicò la presenza di un fiume. L’aria fresca sul viso mi dava una piacevole sensazione. Mi sentivo libera.
Un pensiero mi balenò in testa: “E se…” non stetti a rifletterci molto, mi protesi in avanti, ero ad almeno otto metri da terra ma non sembravano poi così tanti. Mi girai, dando le spalle al campo sottostante. Due Guardiani si allenavano con l’arco, sentivo il rumore delle frecce che venivano scoccate e colpivano il bersaglio. Tjana mi fissò allarmata, ma era troppo tardi. Sorridendole, mi alzai del tutto in piedi, braccia aperte e mi tuffai con un leggero balzo. Era stato stupendo: all’inizio mi sembrò di volare, poi la forza di gravità si fece più forte e mi attiro con prepotenza a sé. Ancora in volo - o meglio caduta libera - strinsi le braccia attorno alle ginocchia piegate e roteai su me stessa, poco prima di atterrare sul terreno duro. Mi resi conto di essere accovacciata, una mano per terra. Non mi ero fatta nemmeno un graffio.
Alzai gli occhi al cielo e vidi Tjana precipitarsi a scendere dall’albero, saltò dagli ultimi quattro metri. Mi si avvicinò con un’espressione selvaggia. Anche i Guardiani al campo iniziarono a farsi più vicini. – Ma sei impazzita?! – sbraitò Tjana. – Cosa ti è saltato in testa? Avresti potuto ammazzarti! –. Era arrabbiata, ma visibilmente sollevata dal fatto che non mi fossi fatta nulla. – Non lo so. Tjana, sto bene, davvero. – dissi io, alzandomi in piedi. La Guardiana sembrava sull’orlo di una crisi isterica. – Tu sei pazza. – disse piano, con voce tesa. – Pazza. –. Mi voltò le spalle e si incamminò verso la Fortezza.
I due Guardiani rimasero a distanza, piuttosto turbati. Mi voltai anch’io e feci per tornare alla Fortezza. Vedendo che mi fissavano, mi battei il pugno sul petto. Loro risposero, imbarazzati, e ripresero la propria attività.

Lightbearer - La Portatrice di LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora