Indossai la tenuta da caccia in fretta e furia e legai i capelli alla meglio mentre ci precipitavamo di fuori. Il panico generale era evidente: Guardiani che correvano fuori dai dormitori - chi ancora in pigiama, chi in tenuta da caccia - tutti stupiti, confusi, assonnati. Raggiungemmo l’ingresso a fatica: le porte erano sbarrate mentre tutt’attorno la gente fluiva da ogni parte. – Vostra Grazia! – mi chiamò una Guardia non appena mi scorse in mezzo alla folla che di colpo si aprì per lasciarmi il passaggio. Con Reeze al mio fianco avanzai verso il portone. – Che diavolo succede? – domandai ancora sbalordita. – Vostra Grazia, circa un’ora fa è divampato un incendio ai Giardini della Luce e si è propagato fino all’ingresso. – rispose la stessa Guardia che mi aveva chiamato. – Gli Stregoni sono già riuniti fuori per spegnere le fiamme. Ci hanno raccomandato di non far uscire nessuno da qui finché le fiamme non verranno spente. – La causa? – chiese Reeze. Il suo volto era teso e la mano posata sul pomello della spada, pronto a sguainarla se ce ne fosse stato bisogno. – Non lo sappiamo, Capitano. Gli Stregoni non sono ancora rientrati e… – Da quanto tempo sono lì fuori? – domandai io, all’improvviso avvolta da un profondo senso di ansia. – Da… beh, sarà quasi un’ora. – Aprite quelle porte. – ordinai. Il panico cresceva in me a ritmo irregolare. – Ma non possiamo! – rispose la Guardia. – Ci è stato intimato di non far uscire nessuno. – Bene. – proseguii. – Io invece vi impongo l’apertura di quelle dannate porte! Uscirò solo io. – Non se ne parla. – la voce di Reeze era autoritaria come mai prima d’allora. Lo fulminai con lo sguardo; l’ultima preoccupazione che mi serviva in quel momento era la sua iperprotettività. – Ho imparato a controllare gli elementi, Reeze. – gli dissi abbassando la voce per non farmi sentire dalle Guardie attorno a noi. – E’ passata un’ora e gli Stregoni sono ancora là fuori. Qualcosa non va. –. Reeze mi squadrò da cima a piedi ma infine annuì: – Sta’ attenta, ragazzina. – disse. Intanto, le Guardie iniziarono ad aprire il portone quel che bastava per far uscire me. Una nuvola di fumo denso e nero entrò nell’ingresso e decisi che trasformarmi sarebbe stato l’unico modo sicuro per non morire soffocata, così lo feci. Avanzai a passo svelto e in pochi istanti fui fuori, con il portone che si chiudeva alle mie spalle con un gran tonfo. Osservai quella scena apocalittica dall’alto della scalinata dove, per fortuna, le fiamme non erano giunte; sotto di essa però, la situazione sembrava ben diversa e decisamente più grave di come avessi immaginato: stava andando tutto a fuoco, il che non aveva alcun senso. Il terreno battuto davanti alla scalinata della Fortezza era fatto di sola terra, arida, non vi cresceva nemmeno un’erbaccia. Avrei potuto capire i Giardini, ma la propagazione delle fiamme fin davanti la possente struttura era… innaturale. Feci qualche passo in avanti e scrutai con la vista fin dentro il fuoco: la mia vista, grazie alla trasformazione, non soffriva per il fumo né tantomeno faticava a scorgere attraverso le fiamme. Ebbi la sensazione di aver già vissuto quel momento, mi sembrava tutto estremamente familiare, eppure non riuscivo a ricollegare quella sensazione a nessun ricordo. Decisi di lasciar correre e di agire, poiché le fiamme di lì a poco avrebbero raggiunto la scalinata; mi concentrai sul fuoco, come ormai ero solita fare, e tentai di espandervi la mia coscienza, ma fui come respinta. Incredula, tentai nuovamente e poi ancora e ancora. Niente da fare, quelle fiamme non volevano lasciarsi controllare. Spinta dalla determinazione, spinsi con più prepotenza; non avrei permesso a quell’elemento di sconfiggermi. E fu in quel momento che lo sentii: un urlo straziante, colmo di dolore, di rabbia, che mi percosse tutta. Istintivamente mi ritrassi e capii: quel fuoco era maledetto. Per forza le fiamme si erano propagate con tanta facilità, erano fameliche. E sapevo bene che l’incendio non avrebbe cessato, no. Avrebbe continuato ad ardere fin quando anche l’ultima briciola di vita non sarebbe stata ridotta in cenere. Sconvolta e ancora incredula, mi voltai indietro e bussai al portone che si riaprii quasi subito, lasciandomi spazio per passare. L’ingresso ora era completamente riempito di Guardiani. – Allora? – la voce di Reeze sovrastò subito le altre. – L’hai spento? Dove sono gli Stregoni? –. Feci fatica a ricompormi; in testa avevo una miriade di domande a cui non riuscivo a dare neanche l’accenno di una risposta. – Dafne… – fu Angel a parlare, affiancato da mio padre, Tjana e Ronel. – Dafne che succede? Dove sono gli… – Morti. – riuscii a dire con una voce che non sembrava nemmeno la mia. – Io… quelle fiamme… la mia casa… – presi a farneticare mentre i vecchi ricordi riaffioravano nella mia mente, facendomi rivivere quell’incubo che era stato il mio passato. Reeze mi sorresse prima che mi accasciassi a terra. – Ehi, ragazzina! – disse. – Va tutto bene, sono con te ora. Respira. Brava, così. –. Mi sentivo svuotata. Era un dejà vu: le fiamme, la mia vecchia casa che ardeva, il fumo accecante, l’aria acre colma dell’odore di sangue bruciato. – E’ sotto shock. – fece Tjana da sopra la spalla di Reeze. – La sua testa è un turbine, non riesco a entrare. –. Reeze mi strinse forte a sé, anche se sentivo le sue braccia tremendamente lontane: – Dafne, cerca di riprenderti. Dobbiamo sapere che cosa hai visto. –. La sua voce mi risuonò dentro come la sveglia indesiderata del lunedì mattina, quando si è consapevoli di non voler lasciare il tepore del letto, ma allo stesso tempo bisogna farlo per poter affrontare gli impegni della giornata incombente. Mi sciolsi da lui con una certa fatica, ma cercai di restare in piedi con le mie forze. – Credo siano morti. – dissi in modo che potessero sentirmi. – Quel fuoco è maledetto, non si è lasciato comandare. Vuole altro sangue, l’ho sentito. – Ma come diamine è possibile una cosa del genere? – esclamò Angel. – Non lo so. – risposi. – Ma è così. Dobbiamo muoverci a trovare una soluzione altrimenti bruceremo tutti qui dentro. – Gli Stregoni erano stati mandati tutti fuori, – continuò lui. – e sono morti, mi dici. Non possiamo contrastarlo. – Possiamo, invece. – intervenne Talerius. – Ma ci servirà collaborazione e un po’ di fortuna. – Che intendi dire? – chiese Tjana con la fronte corrugata e le sopracciglia aggrottate. – E’ l’unica soluzione attuabile. – le rispose Talerius e capii che stavano intrattenendo una conversazione mentale. La vidi indugiare per poi annuire e dileguarsi con la velocità di un giaguaro tra la folla. – Che le hai detto? – chiese allarmato il fratello della ragazza. – Di chiamare tuo nonno. – rispose mio padre con fare pratico. – Reeze, tu va’ a chiamare l’altro elementista, come si chiama… Sandor! Svelto! Non possiamo perdere altro tempo. –. Reeze alzò un sopracciglio, perplesso, ma si fece strada anch’egli tra la folla per scomparire alla ricerca del Guardiano. – Ora… – Talerius si voltò verso me e mi fissò con uno sguardo perforante. – Ho bisogno che tu rimanga concentrata, bambina mia. Dovrai fare appello a tutta la tua forza di volontà e non puoi lasciarti trasportare dal dolore, non adesso. – Cosa vuoi fare? – chiesi confusa. Talerius sorrise e mi diede un pizzicotto sulla guancia. – Tu fidati di me e soprattutto, resta lucida. –. Angel dietro mio padre era confuso quanto me, ma Talerius non sembrò minimamente voler accennare a cosa avesse in mente. Qualche minuto dopo, Tjana tornò assieme a suo nonno e Reeze si trascinò dietro Sandor, ancora visibilmente assonnato. – Che succede? – disse quest’ultimo in uno sbadiglio. – Ora che siamo tutti qui, vi spiego qual è il piano. –. Tlerius iniziò a spiegarci la sua idea, avvertendoci che non fosse una certezza e che i rischi di fallimento fossero molti. – Quindi se ho ben capito: – fece Sandor. – vuoi che uniamo le nostre coscienze e attacchiamo il fuoco demoniaco con tutte le nostre forze? – Esattamente. – rispose mio padre con un certo compiacimento. – C’è un piccolo problema, però. – proseguì il ragazzo. – Noi non siamo telepati. – Non vi serve esserlo. – affermò lo Stregone. – Il meccanismo è lo stesso di quando espandete la vostra coscienza verso l’elemento, solo che stavolta dovrete trovare le altre coscienze. Non entrerete nelle rispettive menti, non le sfiorerete nemmeno. L’espansione della coscienza è differente dalla lettura della mente. – Come ha fatto Dafne la volta in cui ci siamo trasportati da... – Tjana tacque nello stesso istante in cui intercettò il mio sguardo. – Lo hai già fato? – chiese incredulo mio padre a me. – Sì. – ammisi. – Ma non ero esattamente conscia di cosa facessi. Mi è venuto spontaneo. – Beh, eccellente! – esclamò lui, entusiasta. – Se non avete altre domande, possiamo uscire. – Il fumo è pesante lì fuori. – lo avvertii gettando lo sguardo su Silas. Mio padre comprese al volo e si rivolse a Angel. – Fammi portare delle maschere antifumo. –. Angel annuì e si precipitò egli stesso a prenderle. Per fortuna quasi tutti i Settori erano stati ricollegati nella nuova Armeria, altrimenti ci saremmo ritrovati anche senza armi. – Vedo con piacere che il Maestro Belfort è tornato operativo. –. Lo sgradevole tono mellifluo precedette l’odiosa figura di Magnus. Talerius strinse i pugni per poi voltarsi in tutta tranquillità verso il viscido Anziano. – Mi sto dando da fare al meglio che posso. – rispose. La sua voce celava calma celava un risentimento secolare che non riuscii nemmeno a immaginare. L’odio che mio padre provava per quell’uomo era qualcosa che nemmeno la mente del più vissuto degli uomini avrebbe potuto mai comprendere. – Beh, io ho dato l’ordine agli Stregoni di occuparsi della faccenda. – disse l’Anziano. – Ma a quanto vedo, la situazione è ben più grave dell’immaginario. Cosa pensi sia successo? – Non mi pare di averle mai dato il permesso di darmi del tu. – lo rimproverò Tlerius. Magnus dal canto suo, esibì uno dei suoi sorrisi falsi migliori: – Mi voglia scusare, Maestro, ma le vecchie abitudini son dure a morire. – Nessun problema. Si riabituerà, Mio Signore. – replicò lo Stregone. – Comunque, penso che abbiamo a che fare con un attacco di uno o più Ariet. Prima spegniamo l’incendio, prima capiremo cosa stia succedendo. – I demoni non possono varcare la dimensione. – controbatté l’Anziano sempre con lo sguardo sempre più maligno. – Si sbaglia, Mio Signore. – risposi io. – Se ben ricorda, Yfrit era riuscito a raggiungermi alle cascate. – Giusto… – replicò la mummia rivolgendo la sua smorfia a me. – Vi auguro buona fortuna, allora! Se davvero avrete a che fare con un Ariet, ne avrete bisogno. –. Angel tornò poco dopo che il vecchio avesse girato i tacchi per andarsene. – Abilita le truppe. – gli fece Talerius. – Se le mie ipotesi dovessero rivelarsi vere, avremo un bel da fare qui. – Suprema? – disse Angel rivolto a me. In un primo momento non capii, ma poi arrivò l’illuminazione: ero io a dover dare l’ordine. – Procedi. – feci. Avrei dovuto chiedere a mio padre di tenermi lezioni su come gestire la mia mansione. Era decisamente più bravo di me a spartire ordini. – Siamo pronti? – chiese. – Dafne? – Andiamo. – dissi cercando di mostrando almeno un briciolo dell’autorità che lui sembrava emanare da tutti i pori.
Il portone si riaprì e tutti e quattro uscimmo all’esterno, facendo fronte comune. La situazione era peggiorata, ma non più di tanto. Ci disponemmo ai piedi della scalinata in fila, io e Tlerius al centro, Sandor al mio fianco sinistro, Silas a quello destro di mio padre. – Ricordate: – disse quest’ultimo. – espandete la vostra coscienza verso il compagno affianco e non verso le fiamme. –. Qualche istante dopo, eravamo tutti tesi per la concentrazione. Sebbene la prima volta che lo feci mi era sembrata una passeggiata, questa si stava rivelando una tortura: cercavo di espandermi ma venivo attratta dalle fiamme costantemente. Sandor al mio fianco sembrava avere lo stesso problema. Gli tesi la mia mano e lui la strinse nella sua come a capire cosa intendessi fare. Concentrandoci maggiormente l’uno sull’altra avremmo avuto maggiori possibilità di riuscita. D’altro canto, sia Talerius che lo Sciamano sembravano aver raggiunto l’equilibrio e restavano in attesa di noialtri. Non avrei mai saputo descrivere la sensazione che provai non appena sentii la coscienza di Sandor sfiorarmi. Lasciai che mi invadesse per poi mischiarmi alla sua e fu la cosa più strana che avessi mai provato. Era un contatto estremamente intimo. All’istante, avvertii anche quella di mio padre e lasciai che anche le nostre coscienze si fondessero, ma non provai la stessa sensazione, restandone perplessa e, allo stesso tempo, tremendamente affascinata. – Bene. Adesso. Spingete! – la voce di mio padre risuonò lontana alle mie orecchie, ovattata, ma al suo comando iniziai a premere contro quel fuoco maledetto. Non appena lo avvertii, ebbi nuovamente l’istinto di ritrarmi. Dafne, resta con me. Talerius, avvertendo la mia titubanza, mi contattò immediatamente e la sua voce, in qualche modo, mi diede la carica per continuare a lottare contro quel nemico insaziabile. Con Talerius al mio fianco non avevo paura. Ci volle del tempo per riuscire a domare quella bestia. Il fuoco bruciava e si dimenava alla nostra volontà con una ferocia animale. Mi resi conto solo in quel momento che da sola non sarei mai riuscita a domarlo. Le fiamme pian piano iniziarono a ritrarsi, ma lo sforzo fu davvero immenso. All’improvviso, l’incendio si spense e io persi contatto con gli altri. Come se mi fossi risvegliata da un sogno, tornai alla realtà ad ammirare la terra nera che le fiamme si erano lasciate dietro. Era uno spettacolo desolante. – Cos’è stato? – chiese Silas a mio padre, senza ottenere risposta. Lo Stregone fissava un punto davanti a sé, del tutto incurante del resto. – Papà? – feci preoccupata scuotendolo per un braccio. Lui non si curò nemmeno di me, costringendomi a fissare il punto che scrutava con tanta attenzione. Non me ne resi conto subito, probabilmente perché lo sforzo mi aveva fatta tornare alla forma umana, ma la macchia scura che credevo fumo si spostava troppo velocemente. – Un’orda. – disse infine lo Stregone. – Rientriamo, presto! –. Fu costretto a trascinarmi per il braccio poiché ero rimasta paralizzata dalla mia stessa incredulità: un’orda di demoni stava marciando dritta verso la Fortezza. Il portone si richiuse con un tonfo, facendomi sobbalzare. – I Portali sono attivi? – domandai a nessuno in particolare. – Sì, Vostra Grazia. – mi rispose una Guardia dell’ingresso. – Tutti i bambini e ragazzi non iniziati vanno mandati via. – continuai come in trans, mentre cercavo di riordinare i pensieri. – E anche tutti coloro che non possono combattere. Fate svuotare l’edificio. Veloci! –. Mi trasformai e saltai sopra la guardiola, in modo da poter essere vista e sentita da tutti i presenti. – Siamo sotto attacco. Tutti i guerrieri iniziati si preparino alla battaglia. Il resto vada ai Portali. Silas, devo chiedervi di restare ad aiutarci. Tu ritirati dentro con Tjana e Ronel a proteggerti. Andate! Angel, abilita le truppe subito. Avvertite il Consiglio che non voglio abbandonino la Fortezza, abbiamo già perso tutti gli Stregoni. SILENZIO!!! – fui costretta a tuonare per smorzare il caos che si era creato. – Procedete con ordine. Siete Guardiani! Avete affrontato situazioni peggiori, non a casa vostra, certo, ma lo avete fatto. I clan sono liberi di andare se vogliono, ma mandate via prima i bambini. Baxter, avete spazio a sufficienza al Forte Orientale? –. Il Generale annuì immerso tra la folla. – Bene, i bambini vadano al Forte Orientale e che qualcuno li accompagni, Signora Xang? – Certo! – rispose la donna affiancata da Klaus. – I clan resteranno. – urlò uno degli esponenti del gruppo dei licantropi venuti per l’Assemblea. Il vampiro al suo fianco sembrò appoggiare il ‘compagno’. – Grazie. – risposi sinceramente grata. – Voglio la legione in formazione qui fuori tra massimo dieci minuti. Vi prego, mantenete la calma ed eseguite gli ordini. –. Saltai giù e fui presa al volo d Reeze che mi rimise subito a terra. – Quanti sono? – chiese ancor prima che potessi aprire bocca. – Non ne ho idea, ma sembrano davvero tanti. – Solitamente un’orda demoniaca contiene non meno di 500 elementi. – intervenne Sandor. – Quello che ci interessa non è tanto il numero ma il tipo di demone. E ce ne sono sicuramente differenti tra cui uno o due Ariet per certo. – Dafne, posso parlarti un attimo? –. Talerius si intromise tra noi tre e mi tese la mano. – Proseguite voi qui con la strategia ed esponetela a Angel, d’accordo? –. I due annuirono e io mi allontanai seguendo mio padre in un corridoio che non fosse trafficato, anche se l’impresa di trovarne uno ci costò qualche minuto di troppo. – Cosa c’è? – domandai. Talerius sembrava incerto: mi guardava come se stesse per dire qualcosa, per poi ripensarci. – Dafne, – disse infine. – dovresti andartene anche tu. – Cosa? – esclamai. – Sono la Suprema, non posso andarmene. – Invece sì. – fece lui con il tono autoritario con cui, qualche tempo prima, aveva impartito ordini. – Questa cosa è più grande di te e non puoi restare. Il rischio è troppo alto. – Ehm, pronto? – replicai spazientita. – Sono la Guardiana Suprema! Capisco il tuo istinto paterno ritrovato, ma non puoi decidere tu di mandarmi via da qui. Io non posso abbandonare tutto e tutti. – Dafne, ti prego! – la voce era tutt’altro che supplichevole. – Tu non sei pronta per una battaglia. – Ma tu che ne sai? – sbottai. – Non ci sei mai stato, tu non hai idea di quello che ho dovuto affrontare stando qui. Non ho esperienza in campo, te lo concedo, ma non ho intenzione di abbandonare la mia gente. Se dovessi morire lo farò combattendo per loro. Non sono una codarda, io. –. “Stupida ragazzina arrogante!”, mi rimproverai per quelle parole appena uscirono dalla mia bocca. L’espressione afflitta di Talerius non fece che farmi sentire peggio. Non disse nulla, annuì soltanto. – Scusa… – cercai di dire, ma non me lo concesse: – Fa’ solo molta attenzione, intesi? –. Mi strinse in un abbraccio e all’improvviso avrei voluto dargli retta e andarmene. In fondo aveva pienamente ragione: io ero solo una ragazzina inesperta che giocava a fare l’eroina. E avevo bisogno del mio papà, quell’abbraccio fu l’ennesima conferma della mia necessità. – Dobbiamo andare ora, piccola. – disse facendo svanire le mie fantasie di una vita semplice e felice, lontana da guerre, lotte, morte e distruzione. Annuii e mi sciolsi dall’abbraccio. Talerius mi fissò con orgoglio: – Devo ammettere che ti trovo molto più bella quando sei umana. – Peccato che io non sia mai stata del tutto umana. –.
L’esercito era già in posizione: i sei Capitani erano ognuno a comando delle proprie truppe, riserve comprese; dietro di loro, Angel comandava il proprio battaglione di cui facevano parte straordinariamente gli altri due Generali, la guardia dello Sciamano, i clan dei vampiri e dei licantropi e mio padre. Li fissai tutti da sopra la scalinata per poi soffermarmi a guardare l’orizzonte o, per meglio dire, le sagome all’orizzonte. Deglutii: era come se i peggiori incubi della mia infanzia si fossero materializzati davanti ai miei occhi, dando forma ai mostri sotto il letto e dentro l’armadio a cui avevo smesso di credere molto tempo prima. Questa però era la realtà, la crudele, devastante, orrenda realtà. Non riuscii a contare quanti demoni facessero parte dell’orda e mi resi conto che non aveva tutta questa importanza. C’erano solo due possibili opzioni: o avrebbero vinto loro - massacrandoci - oppure avremmo vinto noi, sterminando fino all’ultimo dei parassiti che ha osato mettere piede su quella terra sacra. Una sagoma in particolare attirò la mia attenzione e sorrisi tra me riconoscendo quella forma schifosamente familiare. Yfrit sembrò captare il mio sorriso maligno e ricreò una smorfia con le sue affilatissime zanne che, probabilmente, fu il suo sorriso di risposta. Scesi i gradini lentamente col cervello che fumava. “I bambini sono in salvo.”, continuavo a ripetermi per cercare un briciolo di sollievo. – Non sei obbligata a restare qui. – mi disse Talerius quando lo affiancai. Angel annuì: – Se le cose dovessero precipitare, voi due e Reeze scapperete. Non. Una. Parola. Dafne. Non ho intenzione di discutere adesso. Ascolta gli adulti, per una dannata volta. – Vuoi che ti ordini di abbandonare il campo seduta stante? – lo fulminai. – Io non me ne vado se le cose si mettono male. – Vorrà dire che ti trascineremo via. – Vi ammazzo se ci provate. – Basta ora! – mio padre parlò con durezza. – Abbiamo visite. –. Rivolsi nuovamente lo sguardo all’orizzonte e vidi Yfrit accompagnato da due demoni-cane che sbavavano catrame. Disgustata, presi ad avanzargli incontro, affiancata dai miei due valorosi rompipalle. – Ma che bello vedere la famiglia al completo! – esordì l’Ingannatore con la sua voce demoniaca. Mi sforzai di mantenere il controllo su me stessa. Non mi avrebbe fatto paura, non glielo avrei permesso. – Mi rattrista che il mio di figlio non voglia tornare da me così come la tua ha invece fatto, sai vecchia volpe? – si rivolse a Talerius, ma i suoi occhi neri erano posati su di me. – I figli sanno essere degli ingrati, a volte. – E per cosa esattamente Reeze dovrebbe esserti grato, se posso? – domandai acida. – Ma per avergli dato vita, naturalmente! – rispose divertito il demone. – Per quello che è, grazie a me, per non averlo ucciso quando era un moccioso. – Per averci provato una volta adulto. – continuai io. Yfrit emise un basso ringhio che sarebbe dovuta essere una risata. – Non vi è concessa questa terra, Ingannatore. – intervenne Angel. – Ritiratevi e non vi sarà fatto alcun male. – Ah, Angelus! – Yfrit si voltò a guardare il Generale, seccato dalla sua presenza. – Lo faremo. Ma voglio quello che tu mi hai tolto. Dopotutto, Talerius ha la sua Dafne e anch’io rivoglio indietro mio figlio. – Il ragazzo non è merce di scambio, feccia. – sibilò mio padre. – Farai meglio ad andartene. – Altrimenti? Tu non hai più alcun potere, vecchia ciabatta! – lo derise il demone. – I vostri Stregoni sono polvere ormai. Cosa vuoi fare, mandarmi contro la tua cagnolina? Come vedi ne ho già due, decisamente di razza migliore. Più - come dire - pura. – Eppure la cagnolina te l’ha messo al culo quante, due, tre volte? – mi intromisi. L’aria di strafottenza di Yfrit sparì dal suo volto per lasciar posto a un’ombra scura. Risi compiaciuta di aver toccato un nervo scoperto. – Il ragazzo per le vostre misere vite. – sibilò avvicinandosi di qualche passo. Avanzai anch’io, incurante della preoccupazione dei due Guardiani che avevo accanto: – Fottiti. Sempre che qualcuno abbia il coraggio di accoppiarsi con te, feccia. –. Il demone mi fissò dritta negli occhi con odio e io feci altrettanto. Pece contro ghiaccio. – E sia, allora. – disse a con un ringhio. – Buona morte. – Altrettanto. – risposi. Tornammo tutti ai propri ranghi. – Guardiani! – tuonai. – Prepararsi alla battaglia!* –. Poi mi avvicinai a mio padre, sorridente: – Ho sempre voluto dirlo. –. Talerius alzò gli occhi al cielo e mi cinse le spalle, senza dire nulla. Attorno a noi l’aria sembrò vibrare mentre le spade venivano sguainate. L’alba stava per sorgere in quello che, forse, sarebbe stato il nostro ultimo giorno.
* Per chi non lo sapesse, questa è la battuta che fa Gandalf dopo aver spodestato Denethor, segnando l'inizio della battaglia di Minas Tirith. (Tratta da 'Il Signore degli Anelli - Il ritorno del Re').
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Lightbearer - La Portatrice di Luce
FantasyDa millenni ogni dimensione viene protetta dall'Oscurità dalla Congrega della Luce, senza esserne spesso a conoscenza. I Guardiani della Luce vivono in una loro dimensione e si curano di mantenere in vita ogni creatura. Dopo la rinuncia dell'ultim...