Capitolo 27

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NOTA DELL'AUTRICE: Questo è uno dei capitoli a cui tengo particolarmente, per cui fatemi sapere cosa ne pensate e, nel caso vi piaccia, votatelo. Buona lettura! P.

Il pomeriggio man mano divenne sera e io mi aggirai per la Fortezza senza meta, alla disperata ricerca di qualcosa da fare. Tentai di intrufolarmi in Armeria, ma fui bloccata dalle Guardie all’ingresso. – Solo gli addetti ai lavori passano, Vostra Grazia. – mi disse uno di loro, senza degnarmi di uno sguardo. – Sei consapevole del fatto che sono il tuo capo? – chiesi irritata. – Solo gli addetti ai lavori, mi dispiace, Vostra Grazia. –. Dopo un inutile tentativo di persuasione, girai sui tacchi e mi avviai verso l’ingresso. Sandor aveva scatenato un tempaccio per cui era impossibile andare all’aperto; inoltre, non avevo nemmeno troppa voglia di andare in Biblioteca. Mi sedetti sugli scalini che portavano ai piani superiori e tirai fuori il cellulare. Iniziai a spulciare qua e là, ma mi resi conto fin da subito che era stato tutto formattato. Non c’era più nessuna foto, nessun contatto o messaggio; qualsiasi cosa potesse farmi tornare la voglia della mia vecchia vita era andata persa per sempre. Sfogliai la mia nuova rubrica, stupendomi del fatto di non essermi resa conto che tutti quelli che conoscevo alla Fortezza possedessero un cellulare. Mai da quando ero là avevo visto qualcuno di loro usarne uno. Ma questo forse perché erano troppo impegnati a combattere l’Oscurità. Qualcuno, (quasi sicuramente Erik), aveva salvato i numeri che mi servivano, tra cui quello di Tjana e quello di Reeze, contrassegnato da un cuoricino vicino al nome. Decisi di cambiare le impostazioni e di mettere proprio il suo numero sulla chiamata rapida, per primo, accanto a Cainnear. All’improvviso, mi venne in mente un’idea malsana: premendo sul numero, trovai la voce ‘Messaggio’. Composi il testo e inviai. Sorrisi all’idea che un tempo questo era il modo più immediato comunicare nella mia vecchia vita. In pratica passavo più tempo a mandare messaggi che a conversare di persona con i miei amici. E anche con i ragazzi, soprattutto coi ragazzi. Ero così immersa nei ricordi, che sentire il ching familiare quasi mi fece sobbalzare. Sotto al testo che avevo inviato, - Dove sei? Mi manchi ☹ - era apparsa la risposta di Reeze: - Sono appena uscito dalla doccia. Puoi venire qui se vuoi ;) -. Sorrisi tra me e me e mi precipitai verso i dormitori. La stanza di Reeze si trovava più in fondo rispetto alla mia e ci ero stata davvero rarissime volte; di solito era lui che veniva da me. Arrivata sulla soglia, bussai. La porta si aprì, mostrandomi la figura perfettamente scolpita di Reeze. I suoi capelli erano umidi e non indossava la maglietta. Mi stava sorridendo malizioso e prima che potessi dire qualunque cosa, mi trascinò dentro prendendomi il braccio e mi strinse a sé. – Ciao, ragazzina. – sussurrò senza staccare i suoi occhi dai miei. Sentivo il suo profumo misto a sapone e la testa mi stava girando da matti. Il suo viso era vicinissimo al mio. – Ciao… – risposi con voce roca. Reeze sorrise di nuovo e mi baciò come solo lui sapeva fare. E, come ogni volta, io smisi di capire qualsiasi cosa. Era indescrivibile l’effetto che mi faceva. Si staccò dolcemente da me e si avvicinò al letto dove aveva lasciato la maglietta che presumibilmente si stava per mettere, prima che arrivassi io. – Insomma ti è stato restituito il telefono. – notò divertito. – A quanto pare… Ehi! – esclamai all’improvviso scandalizzata. – Tu lo sapevi! Dovevi dirmelo che tenevano in ostaggio il mio cellulare! –. Reeze scoppiò a ridere e mi guardò con aria di sfida: – E a che scopo? Così è decisamente più divertente. – Mi fa piacere che tu sia divertito. – mormorai sarcastica. – Tra quanto vai? – chiesi mentre mi sedevo sul suo letto. – Alla solita. – rispose e si sdraiò appoggiando la testa sulle mie gambe. Iniziai a giocare con i suoi capelli. – Quanto durerà ancora questa farsa? – domandai imbronciata. Mi mancava da morire passare le notti con lui. – Suppongo tutta la nostra esistenza. – rispose. – Sai, questa è la vita che facciamo. Siamo Guardiani. – Sì, ma tu sei libero di andare e goderti l’azione, mentre io sono confinata qui. –. Mi resi conto del mio tono lagnoso e mi odiai. Reeze accarezzò la mia mano: - Per ora. Dafne, hai ancora molto da imparare, per due volte che sei andata in missione, hai rischiato la pelle. – Tu lo fai ogni volta. – protestai. – Ogni Guardiano rischia la propria vita in ogni missione e io che dovrei essere la guida di tutti voi, non posso uscire da queste quattro mura visto che ogni volta qualcosa va storto in un modo o un altro! – Dafne… – Reeze sbuffò, anche se il suo tono era calmo e paziente. – A differenza tua, ogni Guardiano qui o negli altri due Forti ha superato quasi vent’anni di addestramento, anche i novellini. Tu sei bravissima, ti impegni ma questo non basta, non ancora almeno. Lascia che siano gli altri a sporcarsi le mani per ora. – Ma di questo passo non andrò mai in missione e non farò esperienza! – Inizia a fare esperienza con le piccole cose. – riprese. – Se inizi subito a strafare, i risultati saranno sempre quelli che abbiamo visto. –. Restai in silenzio a riflettere sulle parole di Reeze: dovetti dargli ragione, io non ero pronta. Avevo ancora molto da imparare su ogni fronte e stavo iniziando a muovere i primi passi in quel mondo, per cui la cosa migliore era andarci coi piedi di piombo. Il problema principale persisteva, però: – Dovrò trovarmi qualcuno che mi faccia compagnia nelle notti in cui sei via… – annunciai fingendo tristezza. Reeze scattò così rapidamente che quasi mi fece paura. Mi ritrovai appiccicata al muro, le sue mani che stringevano i miei polsi senza farmi male. – Ne sei sicura? – sussurrò alzando le sopracciglia. I miei battiti aumentarono bruscamente. – E credi che qualcuno sia capace di farti provare questo? –. Le dita della sua mano destra percorsero lentamente il mio braccio, facendomi rabbrividire, fino ad arrivare alle mie labbra. Il mio respiro si fece più pesante e Reeze ne rise compiaciuto. Nel frattempo, la sua altra mano scese sul mio fianco. – O questo? – chiese nuovamente con quel tono sexy. Passò la successiva ora a convincermi che nessun altro sarebbe riuscito a soddisfarmi come lui e dovevo ammettere che fosse così.

Finito il piacere, iniziò il dovere (per lui). Scendemmo insieme all’ingresso dove qualcuno della sua truppa lo stava già aspettando. Tra questi, c’era Tjana che non appena ci scorse, alzò un sopracciglio. – Mi fai schifo. – disse a Reeze quando fummo abbastanza vicini. – Non fate altro che fornicare. E’ snervante, sapete? – Allora fuori dalla mente, Tjana. – fece Reeze, dandole una spallata mentre andava dagli altri a dare ordini. In risposta, lei gli diede un buffo sul collo. – Dove sei stata? – chiesi. – In giro… – rispose lei enigmatica. – In giro? – le feci il verso. – Sono stata in giro tutto il pomeriggio e non eri da nessuna parte. – Ok! Lo ammetto, ho dormito tutti il giorno. – ammise spazientita. – Non ti credo. –. Lei alzò gli occhi al cielo e fu salvata dalla raffica di domande che stavo per farle da Reeze che iniziò a richiamare l’ordine. Attesi che si dirigessero al Portale e andai in cucina a mangiare qualcosa. Nonostante non fosse tardissimo, non c’era nessuno. – Klaus… – feci, guardandomi attorno. – Dove sono tutti? – Oh, non lo sai? – chiese Klaus stupito. – Sono partiti tutti un’ora fa con Angel. A quanto pare lo hanno scovato! –. Impallidii. – Scovato chi? – chiesi lentamente, anche se sapevo benissimo a chi si riferisse. – Ma come chi! – esclamò lui burbero. – Il Traditore, Dafne! Lo hanno trovato! E con un po’ di fortuna, anche preso. –. Scattai in piedi e corsi più veloce che potevo. Tirai il cellulare fuori e cercai il numero, nella speranza di trovarlo. Riuscii scovarlo solo dopo essere arrivata al mio studio. Sorpassai le Guardie e chiamai. Al terzo squillo, la voce di Cainnear rispose, finalmente. – Dafne? – Cai, sì, scusami per l’ora! Ho urgente bisogno di vedere te, Erik, Sandor e Eva qui, nello studio. Contattali e venite, presto! –. Riagganciai senza nemmeno sentire la risposta. Per il nervosismo, mi ritrovai a camminare avanti e indietro per la stanza. Angel non poteva farmi questo, gli avevo detto che volevo indagare. Se fosse tornato con Talerius, avrei dovuto farlo giustiziare al massimo in due giorni e io non potevo, non volevo farlo. Cercai disperatamente una soluzione, ma l’unica che mi venne in mente era completamente folle. Sentii bussare e prima ancora che la Guardia mi annunciasse gli ospiti, feci loro entrare. Le loro facce erano un misto tra curiosità e preoccupazione. – Dafne, cosa succede? – chiese Eva. – Io… devo dirvi una cosa. –. Così spiegai loro la verità: il Traditore era mio padre, non c’era stato nessuno scontro tra noi poiché l’ho lasciato andare ed ero quasi completamente convinta che fosse innocente. Restarono tutti allibiti dalle mie rivelazioni; tutti tranne Sandor che sembrava in estasi. – Questo cambierebbe un bel po’ di cose… – disse Erik ancora a bocca aperta. Cainnear si appoggiò alla scrivania, con un’espressione strana, come se cercasse qualcosa da dire. Eva invece, fissava sconvolta la sottoscritta. – Che si fa, adesso? – chiese Sandor che non riusciva a trattenere il suo entusiasmo. Eva lo guardò sgranando gli occhi, come se avesse detto un’assurdità. – Non lo so. – ammisi, anche se non era del tutto vero. Io sapevo; quello che non sapevo era, invece, come dirlo ai presenti. – Vuoi dire che ci hai convocati qui per confessarci il peccato perché avevi la coscienza sporca? – la voce di Eva era bassa e irritata. – Peccato? – chiesi stupita. – Pensi che sia colpa mia se sono figlia di? Ma la colleghi la bocca al cervello prima di parlare? – Signore! – intervenne Erik prima che Eva potesse ribattere e ritrovarsi agonizzante a terra. – Signore, vi prego. Quello che, credo, la Colins volava intendere è che non ci aspettavamo questa cosa, ecco. – E come pensi che ci sia rimasta io quando l’ho saputo? – chiesi a Erik. – Immaginatevi di svegliarvi una mattina e scoprire che ogni vostro incubo si stia avverando, spazzando via tutte le certezze. Credete che sia facile da accettare? Beh, non lo è. –. Sandor si avvicinò a me: – Non siamo qui per giudicare, infatti. O almeno dovrebbe essere così. – lanciò un’occhiataccia a Eva che avvampò. – Ora, – riprese con più vigore. – Io non credo che tu ci abbia convocati per sfogarti. Cos’hai in mente? –. Inspirai profondamente: non c’era altra soluzione, dovevo farlo. – Angel ha mosso l’intera legione. – dissi. – Lo hanno trovato e a breve lo cattureranno. A quel punto avremo forse un giorno o due prima che debba emettere la sentenza definitiva. Ma se esiste davvero una possibilità di scagionarlo, vorrei provare. Sentite, – ero esasperata e loro mi guardavano con compassione. – so che mi pensate pazza, ma io gli credo. Penso ci sia davvero qualcosa di più grosso sotto e non voglio mandare un innocente a morire, che sia o meno mio padre. Se davvero esiste un testimone che possa confermare la versione di Talerius, io ho bisogno che venga trovato. Ma non posso muovermi da qui, al momento. Uno di voi deve farlo. – Andrò io. – annunciò Sandor. – Ho sempre voluto visitare le Grandi Foreste. –. Qualcosa mi disse che si sarebbe offerto di andare anche se le conoscesse perfettamente. Gli sorrisi per ringraziarlo. – Non può andare da solo. – fece notare Erik. – E’ un Guardiano giovane, il rischio e troppo alto. E io non posso accompagnarlo, sono troppo occupato col progetto qui. La mia assenza desterebbe troppi sospetti. –. Restammo un attimo in silenzio. – Sai che se ci scoprono, saremo tutti mandati al patibolo, te compresa? – mi chiese Eva con un tono pieno di risentimento. – Lo so. – risposi. – Per questo non sto obbligando nessuno. –. La ragazza mi rivolse un sorriso beffardo: – Giuro che dopo questa, pretenderò le missioni migliori. Lo accompagno io il maghetto. – Grazie… – fu l’unica cosa che riuscii a dire.

Passammo la mezzora successiva a elaborare un piano. Alla fine, decidemmo che Cainnear avrebbe distratto la Guardia del Portale, convocandola urgentemente da me; nel frattempo, Erik sarebbe passato lì per caso e si sarebbe offerto di restare lui al Portale, visto che sapeva come aprirlo. A quel punto, Sandor ed Eva sarebbero partiti verso la Foresta e si sarebbero messi alla ricerca del testimone di cui Talerius mi aveva parlato, sperando fosse ancora vivo. – Se le cose dovessero mettersi male, – dissi. – io vi ho obbligati, intesi? – Ma Dafne… – Intesi?! – Sì. – rispose Cainnear. Poco dopo, ognuno partì alla volta del proprio compito. Dieci minuti dopo aver lasciato lo studio, Cai tornò con al suo seguito Christa, la Custode. – Vostra Grazia! – disse la donna sorpresa per la sua convocazione. – Comoda. – le feci mentre mi appoggiavo alla scrivania. – Vorrei sapere come mai i Portali sono stati aperti oggi per permettere a un'intera legione di partire, senza che nessuno mi avvertisse. – Ma… – iniziò la donna indignata. – Vogliate perdonarmi, ma non spetta a me occuparmi di questo! – Lo so. – risposi. – Ma sto convocando tutti i presenti per farmi un quadro generale della situazione e stabilire chi ha commesso subordinazione. –. L’espressione della donna all’improvviso si fece più tesa. – Confido nel fatto che se tu o chiunque altro sappiate qualcosa, me lo direste, no? Trovo alquanto disdicevole che la mia autorità venga nuovamente scavalcata. Ci sono passata su troppe volte, sono stata troppo buona, se me lo concedi, ma stavolta non posso chiudere un occhio, capisci? Ne vale della mia credibilità. –. La Custode sembrò riflettere attentamente su ciò che stava per dire. Io attesi con pazienza, rivolgendole un sorriso incoraggiante, nella speranza che Erik fosse riuscito ad aprire il Portale e i ragazzi fossero partiti. Poi si decise a parlare: – Vostra Grazia, l’ordine di aprire i Portali è arrivato a me e alle altre Guardie alle 16 circa, ma nessuno di noi pensava che non foste stata Voi a darlo! – Certo, ti credo. Ma ora dimmi… – mi avvicinai a lei. – da chi è partito l’ordine? – A noi è stato riferito dal Capitano Belfort, Vostra Grazia. –. Sentii qualcosa dentro di me frantumarsi. Non volevo crederci. – Dal Capitano o dal Generale? – chiesi con una voce che non era la mia. – Dal Capitano. – rispose lei, improvvisamente spaventata. – E’ venuto da me personalmente, Vostra Grazia. – Puoi andare. – sibilai. La Custode scattò e corse via. Cainnear entrò nello studio, fissando perplessa la donna che si precipitava giù dalle scale come se scappasse. – Erik dice che è andata. – fece. – Ma cosa le hai… – Cai sgranò gli occhi, in preda al panico: – Dafne…? Stai bene? – Fuori di qui. – ringhiai. La donna non se lo fece ripetere due volte; così come la Custode, anche lei scappò via dallo studio. Io rimasi a fissare il paesaggio fuori dalla finestra. La notte era buia e pian piano sempre più fredda. Non sapevo bene cosa mi spinse a farlo, né dove avessi trovato la forza, ma urlai così forte da spaccare i vetri della finestra, delle teche, i cristalli e qualsiasi cosa fosse possibile spaccarsi (muri compresi). Le Guardie alla porta d’ingresso si precipitarono all’interno dello studio con le lame sguainate, ma trovarono solo me che fissavo il paesaggio, con il vento che entrava liberamente dalle finestre rotte. – Vo… Vostra Grazia? – chiese incerto uno di loro. Io mi voltai con un’innaturale tranquillità, come se nulla fosse: – Per favore, fate ripulire questo casino. Se qualcuno mi cerca, mi troverà all’ingresso. –. Uscii senza indugiare un secondo in più. La Fortezza era semi deserta, tuttavia i presenti accorsero tutti fuori nei corridoi per capire cosa avesse provocato quel terribile rumore. Qualcuno sostenne che ci fosse stato un terremoto; altri che fossimo stati attaccati. Cercai di rassicurare chiunque incontrassi che non era stato nulla, attribuendo la colpa ai lavori in Armeria. Arrivai finalmente all’ingresso e uscii all’aperto. Incapace di trattenermi ancora, mi trasformai. La rabbia ribolliva nelle mie vene. Mi sentivo usata, tradita, sporca. Reeze era fortunato a essere partito, altrimenti gli avrei strappato il cuore a mani nude. Come poteva farmi una cosa del genere? Come poteva fingere di stare dalla mia, quando in realtà tramava alle mie spalle? E Angel! Lo avrei degradato all’istante. Tutti quelli che avevano preso parte a questa cosa, questo tradimento, me l’avrebbero pagata cara. Ripensai a Tjana e come cercava di sviare su dove fosse stata tutto il giorno. “Stronza!”, urlai dentro di me. Avrei davvero voluto giustiziarli tutti in quel momento, ma una vocina nella mia testa mi diceva che non sarebbe servito a nulla. La mia unica speranza adesso, erano Sandor ed Eva; loro sì che erano degni della mia fiducia. “Ma tanto ti tradirebbero anche loro per raggiungere i propri scopi.”, mi dissi a malincuore. Per la prima volta dopo tanto tempo, mi sentii sola e abbandonata. Avrei potuto capire Angel, si era mostrato fin da subito incredulo, ma Tjana e Reeze, il mio Reeze. Mi aveva usata. Era il diversivo perfetto e Angel lo sapeva, Tjana lo sapeva, perfino lo stesso Reeze lo sapeva. Ma che cazzo ci facevo io lì? Io ero la Guardiana Suprema, eppure sembrava che nessuno mi portasse il rispetto che mi dovevano. Mi ero rotta davvero le scatole di fare da burattino. Io non ero la bombola di nessuno, ero più forte e letale di tutti loro là in mezzo e presto se ne sarebbero accorti. Passai ore a pensare a quali fossero le punizioni più adeguate: naturalmente, in cima alla lista c’erano il Trio: erano loro ad avermi delusa di più. Li avrei degradati tutti e tre, avrei mandato Angel al Forte Occidentale, sotto il comando della Nimrod, così non avrebbe avuto vita facile. Mi sarei assicurata che Tjana smettesse di essere Custode e l’avrei mandata in ‘missione diplomatica’ a cercare e reclutare nuovi Guardiani. Dio solo sapeva quanto Tjana odiasse la noia e la monotonia. E Reeze… beh, lui non avrebbe più visto un demone in vita sua. Lo avrei messo ad allenare bambini e non gli avrei più permesso di tenere una spada che non fosse quella da allenamento. Poi avrei personalmente interrogato l’intero battaglione, punendo severamente chiunque fosse a conoscenza di quella mossa meschina. Avrebbero tutti presto rimpianto di avere una nuova Suprema.

Verso le prime luci dell’alba, iniziai ad accusare sonnolenza, ma non mi importava: nell’altra forma potevo resistere tutto il tempo che volevo. Sulle primissime striature di giallo in cielo, iniziai a sentire voci provenire dai Portali esterni; prima poche poi, a mano a mano sempre più. Erano felici, allegre, gioiose addirittura. Mi eressi in piedi in tutta la mia fierezza. Perché io ero fiera, eccome se lo ero! Attesi paziente l’arrivo dei Guardiani. I primi che arrivarono, si fermarono davanti alla scalinata, salutandomi solennemente, i volti vittoriosi. Erano completamente ignari di ciò che li attendeva, poveri scemi. Sorrisi compiaciuta della mia stessa cattiveria. La folla davanti a me iniziò a farsi sempre più numerosa; notai con estremo piacere che nessuno osò salire le scale, in cima dalle quali li guardavo dall’alto in basso, con sufficienza. Probabilmente, ‘l’altra me’ li spaventava, il che mi regalava sensazioni simi a orgasmi multipli. Poi finalmente li scorsi: Angel e Reeze, padre e figlio, camminavano fianco a fianco. Davanti a loro, Tjana avanzava in trans: stava bloccando i movimenti di una persona davanti a sé. Riuscii a vedere Talerius, sporco, quasi rachitico e legato, mentre lo trasportavano due Guardiani/gorilla. La rabbia in me cresceva cieca a ogni secondo che passava. Non appena Reeze si accorse di me, la sua espressione cambiò e disse qualcosa. Istintivamente, chiusi la mente. Se Tjana avesse cercato di entrarci, avrebbe trovato solo un muro. Angel e Reeze si fecero largo tra la folla e salirono a metà la scalinata. I due Guardiani che trasportavano mio padre e Tjana che lo immobilizzava, stavano dietro ai due. – Buongiorno! – esordii con tutto il risentimento, il disgusto e l’odio che riuscivo a trasmettere. Vidi Reeze irrigidire la mascella. – Una volta si soleva rispondere ai saluti. – proseguii visto che nessuno sembrava intenzionato a parlare. – Devo presupporre che non siamo più, come dire, amici? Ah, no aspetta! – iniziai a camminare avanti e indietro, le mani dietro la schiena e alzai la voce affinché mi sentissero tutti. – Ma noi non siamo amici! Gerarchicamente parlando, Belfort Senior è un Generale, quindi un mio sottoposto, Belfort Junior è un sottoposto di Belfort Senior, quindi un mio sottoposto, così come il resto dei Capitani, Colonnelli, Tenenti e Luogotenenti e per finire, soldati semplici e cadetti, poiché vedete, anche i cadetti sono sotto al mio comando e se volessi in questo istante, potrei fargli svegliare dalle loro Curatrici e mandarli in missione, nonostante siano bambini. E sapete perché? Perché io sono la Guardiana Mater, Suprema, Anima Pura o quello che volete voi, che vi piaccia o no. E, allo stesso modo, che a voi piaccia o no, tutti voi obbedite a me, ai miei ordini e ai miei capricci. Adesso che sono state chiarite le posizioni, voi due scimmioni, – indicai i Guardiani che trasportavano Talerius. – scortate il prigioniero alle celle e se scopro che gli è successo qualcosa prima che io decida cosa farne, sarete voi due a fare la sua sorte, ci siamo capiti? –. I due annuirono e avanzarono incerti. Tjana nel frattempo perse il contatto e, come tutti gli altri, mi guardò contrariata. – Per quel che riguarda te, Generale, voglio il tuo culo assieme a quello dei tuoi pupilli nel mio ufficio tra, diciamo, ora. –. Reeze sembrò sul punto di dire qualcosa, ma Angel lo fermò. Il trio mi sorpassò, senza guardarmi in faccia. – Stai facendo un grosso sbaglio. – bisbigliò Angel, non appena fu abbastanza vicino. – Sei tu ad aver sbagliato a giocare con me. – risposi con disprezzo. – Per quanto riguarda voialtri, siete convocati subito dopo pranzo per essere interrogati dal Consiglio degli Anziani. Vi raccomando di non cercare di mentire, nel caso in cui lo faceste, le cose potrebbero diventare assai meno piacevoli. A più tardi. –. Sentivo il risentimento di quelle persone, perforarmi con i loro sguardi. Molti di loro non capivano nemmeno cosa fosse successo, altri probabilmente mi credevano una traditrice che difendeva il nemico. Mandai un messaggio a Cainnear, dicendole di convocare Magnus nel mio studio. Detestavo l’idea e mi detestavo per questo, ma avevo bisogno di qualcuno di rilievo che mi desse ragione al momento. Entrai nello studio, i tre erano in piedi davanti alla mia scrivania. I vetri non erano ancora stati rimessi e le pareti avevano ancora crepe, ma almeno tutti i cocci erano stati rimossi. Sorpassai il trio e mi sedetti alla scrivania. Li fissai uno a uno, in attesa. – Beh? – incalzai. – Non avete nulla da dire? – Cos’è successo qui dentro? – chiese Reeze. Non mi guardava, il suo sguardo era fisso davanti a lui. Avrei voluto strappargli gli occhi e costringerlo a fissare il mio odio per tutta la vita. – Niente di che, – risposi con non curanza. – Ho urlato quando mi sono resa conto del vostro tradimento e, beh, questo è il risultato. –. Reeze serrò la mascella. – Tradimento? – mi fece eco Angel. – Non ti sembra di esagerare, adesso? – Oh, no. – dissi. – Non esagero. Tu hai deciso insieme a questi due di scavalcarmi, di scavalcare la mia autorità, nonostante mi ripeta in continuazione che devo farmi rispettare e di non farmi mettere i piedi in testa. Questa è insubordinazione, Angel e per quanto mi riguarda un tradimento alla mia fiducia. – Ma cosa ti aspettavi che facessi? – sbottò lui. – Tu non mi avresti mai permesso di farlo, ti fidi di uno sporco assassino solo perché ti ha riempito la testa di cazzate, se te lo avessi detto, non avresti fatto nulla! – Mi fa piacere che tu abbia finalmente mostrato la vera considerazione che hai di me! – risi sarcastica. – Permettimi però di dissentire: se tu mi avessi detto di averlo trovato, ti avrei permesso di prenderlo, a patto che tu aiutassi me a scoprire se mi abbia mentito o meno! Non sono stupida quanto pensi, Angel! Io le valuto le opzioni, sia che mi vadano a genio, sia che vadano contro il mio pensiero! –. Angel strinse i pugni dalla rabbia, ma gli lessi in faccia il pentimento. Probabilmente aveva capito che la soluzione appena proposta sarebbe stata la più saggia per accontentare entrambi. – Comunque, – proseguii con un ampio sorriso. – ho risolto anche senza il tuo aiuto. Sandor ed Eva si sono gentilmente offerti di cercare il mio testimone. – Hai mandato Eva in missione? – fu Tjana a parlare; era sconcertata, il suo sguardo pieno di preoccupazione. – Sì. – risposi compiaciuta. – Avrei chiesto a te, ma visto che eri occupata a dormire... –. Tjana sembrava sull’orlo di una crisi. Provai una fitta di dispiacere, ma non me ne importò. Dopotutto nemmeno lei si era curata di come mi sentissi io o di come mi fossi sentita. La porta dello studio si aprì. – Vostra Grazia, – disse la voce della Guardia. – l’Anziano Magnus. – Fallo entrare. – risposi. Tutti e tre sgranarono gli occhi. – Vostra Grazia. – esordì la voce melliflua dell’Anziano alle loro spalle. – Come posso esservi utile? Oh, ma vedo che abbiamo compagnia. Complimenti per l’esito della missione, Generale. – Mio Signore, aspetterei a complimentarmi. – feci io con disprezzo. – Credo il Consiglio sarà felice di sapere che l’intera operazione si è svolta senza il mio consenso. All’oscuro della mia persona, a dir la verità.  – Ah, ma davvero? – chiese lui con gli occhietti scintillanti che passavano da me agli altri tre. – Permettete di dissentire. – controbatté Angel. – Vostra Grazia, voi mi avete nominato Generale in comando per la missione. Dovevo fare le vostre veci. – Certamente. – risposi. – Ma da nessuna parte è stato scritto che potevi prendere decisioni senza prima consultarmi. Credevo fosse chiaro. –. Angel serrò la mascella. Magnus ci guardava deliziato. – Ci troviamo dunque davanti a un caso di insubordinazione, devo supporre? – chiese con finto dispiacere. – Temo di sì, Mio Signore. – risposi senza togliere lo sguardo da Angel. – In quanto membro del Consiglio, come consiglia di procedere? – Oh, beh… – riprese lui camminando per la stanza. – L’insubordinazione nei confronti della Guardiana Mater solitamente viene condannata con il massimo della pena, Vostra Grazia. –. “Morte.”, pensai, all’improvviso preoccupata. – Tuttavia, ci sono dei fattori da considerare: la missione era in atto ancor prima di questa insubordinazione e l’esito di questa, per quanto sia increscioso e sbagliato il fatto, è stato positivo. Pertanto, io credo di parlare a nome di tutto il Consiglio quando dico che la massima pena non dovrebbe essere applicata. Non nego però che l’azione non dovrebbe passare impunita, ma questo è solo un mio modestissimo parere. – La colpa è stata mia. – fece Angel. – Sono stato io a organizzare tutto alle spalle della Guardiana Suprema, tutti coloro che hanno partecipato non erano a conoscenza della sua insaputa. Me ne assumo la totale responsabilità. –. Guardai Angel in cagnesco. – Allora perché anche il Capitano Belfort e Kandori sono qui, se posso? – chiese Magnus perplesso. – Li ho convocati io. – dissi. – Se il Generale garantisce per loro e per tutti coloro che hanno preso parte all’operazione, questo mi basta e basterà al Consiglio. –. Angel mi lanciò un’occhiata di gratitudine. – Bene. – commentò Magnus. – Devo riunire il Consiglio, Vostra Grazia? – Per ora no. – risposi. – Dobbiamo prima pensare al prigioniero. Lo interrogherò personalmente. Potete andare, tutti voi. –. Li osservai uscire dalla stanza. Rimasta sola nello studio, tornai ‘normale’. Sentii tutto il peso della stanchezza crollarmi addosso all’istante. Mi sentivo completamente svuotata, come se ogni sentimento che fino a quel momento avessi provato, mi fosse scivolato via da dentro il corpo. Non mi sentivo più nemmeno ferita. Avrei voluto piangere, ma tutto ciò che mi usciva erano singhiozzi senza lacrime. Pian piano, la consapevolezza di aver perso le uniche persone di cui mi fossi mai potuta fidare davvero, fece spazio a qualcosa di più grande, come un’illuminazione: da quel momento in avanti sarei stata sola. Non avrei più condiviso le gioie, i dolori, le paure e le incertezze con coloro che consideravo da tempo la mia famiglia. Probabilmente, non avrei più condiviso niente con nessuno. Fissai il vuoto davanti a me; sapevo che quel percorso mi avrebbe portato all’autodistruzione prima o poi, e, nel silenzio dello studio che occupavo, accettai mio malgrado di portare quel fardello da sola.

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