Capitolo 19

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Il giorno dopo mi alzai molto presto per discutere con Angel di come avrei affrontato gli Anziani. Ci incontrammo alle cascate ancora prima che il sole sorgesse. L’aria era umida e appiccicosa. Provavo un senso di vergogna nel doverlo vedere; il giorno prima ero stata piuttosto sgarbata e sapevo avrei dovuto scusarmi. Quando arrivai, lo trovai ad aspettarmi sotto lo stesso albero dove mi apparve Yfrit qualche giorno prima. – Bene, hai  fatto presto. – mi disse scrutando le cascate difronte a lui. Il fragore dell’acqua era più forte delle altre volte, forse a causa delle piogge degli ultimi giorni. – Sì, sono arrivata… –. L’imbarazzo nella mia voce era molto evidente. – La tua Iniziazione non verrà rimandata, – fece. – solo posticipata per il pomeriggio, per cui dopo aver incontrato il Consiglio, va’ a riposarti. –. Annuii. Era molto distaccato mentre mi parlava, o forse era solo una mia impressione visto che non mi guardava. – Angel, scusami per ieri. – dissi incerta. – Non avrei dovuto prendermela con te, non c’entravi nulla… – Abbiamo cose più importanti a cui pensare. – mi interruppe e si voltò a guardarmi finalmente. La severità dei suoi occhi mi fece sentire piccolissima. – Sei riuscita da sola a spezzare una maledizione di un demone di Prima classe, il che sta a dimostrare che la magia è forte in te e da non sottovalutare. – disse mentre io mi sforzavo di guardarlo mentre parlava. – Una volta che sarai Iniziata, ti cercherò un buon maestro da cui tu possa apprendere a usarla. Ma adesso concentriamoci sugli Anziani. – mi sembrò rabbuiarsi e capivo il perché. Avrei subito un altro processo, stavolta chiuso. – Ti faranno domande sull’accaduto e voglio che tu dica loro di Yfrit ma omettendo il perché ti abbia cercata fin qui. Non possono negare che sia riuscito a entrare nella nostra dimensione, il suo puzzo si sente fortissimo qui. Dirai loro che ti ha minacciata, che ti ha detto di toglierti di mezzo e che se non lo avessi fatto, avrebbe fatto del male ai tuoi cari. – Angel, come faccio a mentire agli Anziani? – lo interruppi io stavolta. Lui sorrise debolmente. – Devi essere convinta della tua bugia. Devi immaginarla mentre parli. Crea dei ricordi falsi dell’incontro con il demone, modifica quelli veri. Non à facile ma non abbiamo molto tempo. Tu devi riuscire. Ah! Ecco Selma. – mi voltai per vedere arrivare alle mie spalle la sagoma dai capelli lunghi e sbiaditi dell’ex Guardiana Suprema che si avvicinava a noi a passo svelto ma elegante. La salutammo con delle riverenze. – Salute a voi, Guardiani! – rispose. – Selma si è offerta di farti esercitare. – mi spiegò Angel. – Cerca di fare del tuo meglio. –. Cercai di focalizzare tutte le mie energie su Yfrit e sul nostro incontro. Mi immaginai che mi avesse aggredita verbalmente, ma sentivo ancora la sua voce che parlava di Talerius. – No, Dafne, concentrati. – mi fece pazientemente Selma. – Tu non dovresti nemmeno conoscere quel nome. –. Ma io lo conoscevo eccome! Pensai al racconto che lessi negli Annali e alla storia raccontatami da Angel. – Dafne… – mi riprese di nuovo Selma. – Sì, scusa. –. Ricominciai a pensare a Yfrit che mi parlava, ma stavolta il suo tono era maligno, mi minacciava, diceva che avevo rovinato i suoi piani. Mi stava confidando del perché volesse uccidessi Reeze e poi di nuovo di Talerius. – Stai andando bene, non pensare allo Stregone! – disse Selma. Continuammo così fino al sorgere del sole, ma non riuscivo ancora a liberarmi dal ricordo di Yfrit che mi parlava di mio padre. Mi stava facendo male la testa. – Dafne è quasi ora, concentrati. – la voce di Angel era preoccupata. I miei tentativi non stavano riuscendo. “Avanti! Puoi farcela”, cercavo di autoconvincermi, ma la speranza di riuscire era davvero fioca. Sentii dei passi dietro di me; mi voltai e vidi Reeze in tuta da allenamento che sorrideva. Era bello come sempre. – Come procede? – chiese. – Benissimo, direi. – risposi sarcastica. La sua presenza mi rincuorò un poco, ma non fu sufficiente a indurre i miei ricordi a cambiare. Lui si rabbuiò. – Mi dispiace, ma dobbiamo andare. – annunciò. – Ti stanno aspettando. –. Mi prese il panico; era tutto perduto ormai, gli Anziani avrebbero scoperto la verità.

Ci incamminammo tutti e quattro verso la Fortezza in silenzio, ognuno assorto nei propri pensieri. Arrivammo alla Sala della Luce e Selma prese posto affianco al resto del Consiglio. – Vostra Grazia! – esordì il viscido Magnus con un sorriso smagliante. – Spero Vi siate ripresa da ieri. –. “Muori, stronzo!”, pensai rivolgendo un sorriso falso ai presenti. – Sto benissimo ora, grazie per l’interessamento. –. Mi accomodai sulla sedia di metallo al centro della Sala. Il ricordo del mio primo processo mi fece venire la nausea. – Allora, – riprese lui con la sua voce melliflua del cazzo. – diteci cos’è successo alla Guardiana Kandori. –. Iniziai a parlare di come Tjana mi abbia raggiunto alle cascate e si sia improvvisamente accasciata a terra. – Così? Senza motivo? – domandò lui con un sorriso compiaciuto. Quanto godeva nel mettermi a disagio. Una voglia matta di togliere quella sua espressione da schiaffi dal volto mi assalì. Non gliel’avrei data vinta, non potevo. – Signore, – feci. – non penserà davvero che potessi aggredire una mia collega! –. Cercai di sembrare indignata. – Oh, ma io non lo penso! – disse lui con finta offesa. – A meno che Vostra Grazia non dimostri il contrario, naturalmente. –. Focalizzai il mio pensiero su Yfrit: – Il giorno prima che Tjana avesse il crollo, l’Ingannatore in ‘persona’ venne a trovarmi mentre mi allenavo. Mi ha aggredita per non aver fatto andare il suo piano in porto. –. L’immagine di Yfrit furibondo si stampò nella mia mente. – Mi ha accusata di avergli fatto fare una pessima figura con le forze che lo avevano evocato, senza specificare quali ovviamente. Mi ha detto che me l’avrebbe fatta pagare e sparì prima che potessi battermi con lui o dare l’allarme. –. Yfrit che si dissolveva nel nulla, lasciandomi inquieta, albergò tra i miei ricordi. – Fino alla sera non accadde nulla di sospetto, ma preferii comunque restare sola fino al giorno dopo. In mattinata, mi diressi nuovamente alle cascate per meditare e il resto della storia la sapete già. –. Mi fermai e vidi gli sguardi dei presenti scrutarmi. – Quindi Voi sostenete che il demone fosse mosso da vendetta nei Vostri confronti? – chiese Magnus come se si aspettasse un titubanza da parte mia. Lo fissai decisa: – Sì. Il demone mi teme, credo. Sa di non potermi toccare in alcun modo, altrimenti verrebbe punito o ucciso direttamente dalla sottoscritta, quindi ha deciso di prendersela con chi mi sta attorno. – Non c’è traccia di magia nera in voi, però. – L’ho dissolta. – E come? – Con l’aiuto del figlio di uno Stregone. Il suo nome è Sandor, mi ha illustrato l’incantesimo per contrastare le maledizioni. –. Magnus mi fissò quasi con disgusto. – Quindi Voi avete usato la magia? – Credo sia essa il motivo della mia trasformazione; quando mi trasformo, riesco a fare cose che normalmente non farei. Adesso, per esempio, non posso usarla. – Ma se il Vostro sangue è misto come… – Mio signore, come posso sapere cosa ha voluto la natura per me? Non ho scoperto nulla sul mio conto, so solo di essere un ibrido. La magia è presente in me in maniera che mi sembra scontata, altrimenti non potrei trasformarmi, non credete? –. Mi fulminò con lo sguardo indagatore. Sembrava quasi invidioso. – Vostra Grazia, dovrete sottoporVi all’esame degli Stregoni per capire se davvero la magia sia presente in Voi. – Quando volete. – dissi in tono di sfida. – Io ho finito di dirvi tutto ciò che è successo. A che ora si svolgerà la Cerimonia d’Iniziazione? – Subito dopo pranzo, all’Arena. –. L'espressione di Magnus era impenetrabile. Deducente di aver finito, salutai con un profondo inchino e uscii. Sembrava che ci fossi riuscita a convincerli, ma adesso Magnus si sarebbe attaccato indubbiamente alla mia magia per cercare di capire da dove venisse. Reeze era fuori dalla Sala ad aspettarmi. – Com’è andata? – chiese preoccupato. – Hanno capito che non c’entro nulla. – gli dissi lanciando uno sguardo alla porta della Sala dietro di noi. Erano ancora nella mia testa, lo sentivo. Reeze capì e mi fece strada verso l’ingresso principale. – Devi riposare. – disse. – Ti porterò il pranzo dopo. Ah, Tjana è sveglia e ha detto che se non la faranno uscire paralizza i Guaritori per venire alla Cerimonia. E mi sono permesso di portare la tua spada da Oleg per farla lucidare. Ed Erik mi ha detto di dirti che le sonde funzionano perfettamente e ti ringrazia. E… - non lo feci finire perché mi fiondai sulla sua bocca. – E adesso stai zitto perché ho mal di testa. – dissi a fior di labbra, dopo avergli mozzato il fiato con il mio bacio inatteso.

Salii i gradini a due a due con Reeze che ancora mi fissava, sorridente. Ero contenta che Tjana si fosse svegliata e che le sonde di Erik funzionassero. Entrai in camera e trovai Angel che per poco mi soffocò con un abbraccio tutto forza. – Sapevo ce l’avresti fatta! – esclamò sollevato e felice. Lo capivo: in un certo senso, mi ero sentita così quando lui mi scagionò dalle accuse del primo processo. Finito il momento di gloria, mi porse un foglio. – Questo è il tuo giuramento. Studialo. Per la Cerimonia la Debois ti consiglia la tuta da allenamento, ma secondo me dovresti indossare quella da caccia. Farà più effetto. – disse mentre si avviava verso la porta per uscire. Quando rimasi sola, mi buttai a letto e iniziai a studiare il giuramento a memoria. Non era nulla di complicato, impiegai un’oretta a impararlo. Come promesso, per pranzo Reeze si presentò in camera mia con già indosso la tenuta da caccia e un sacchetto con il mio pranzo in mano. – Mangia e preparati. – disse. – Ascolta, per quanto riguarda il duello, io avrei pensato che visto che non abbiamo provato nessuna coreografia, dovremo improvvisare. Sarebbe d’effetto però se ti lasciassi vincere. – Lasciarmi vincere? – alzai lo sguardo dalla mia insalata con salmone e fissai Reeze interdetta. – Sì, insomma… – iniziò lui cauto. Sapeva di avermi dato fastidio con l’affermazione di prima. – Io sono uno spadaccino migliore di te Dafne, ma l’Iniziazione è la tua e ci terrei a farti fare bella figura. – Quindi credi che io non abbia la possibilità di poterti battere lealmente? – l’irritazione nella mia voce era ben chiara. – Secondo te la soluzione migliore è far finta di perdere, in caso io non riesca a sopraffarti? Reeze, devo forse ricordarti di averti già battuto in duello? – Non con la spada… – iniziò ad agitarsi anche lui. Non gli piaceva essere ripreso, lo sapevo bene. – E ti eri trasformata. – E con ciò? Io voglio sia un duello leale e soprattutto vero. Se devo perdere, è giusto che sia così. Non voglio che tu mi lasci vincere. E’ un ordine, Reeze. – feci decisa e tornai al mio pranzo. Lui non rispose, si limitò ad annuire. Restammo in silenzio finche non finii di mangiare. – Io vado in Arena. Ci vediamo lì. – mi fece con tono neutro, alzandosi. Non risposi al suo saluto, ero ancora infastidita per prima. Odiavo discutere con Reeze; era praticamente una battaglia persa: entrambi testardi, entrambi con la volontà di far prevalere la propria ragione sull’altro, ma stavolta ero sicurissima di avere ragione io. Non trovavo giusto che mi sminuisse e soprattutto non approvavo l’idea di dare spettacolo: l’Iniziazione era un momento importante e, per quanto i duelli non avessero lo scopo di ferirsi seriamente e non prevedessero vincitori e vinti, non volevo fingere. Avrei mostrato le mie abilità e se con esse non fossi riuscita a battere il mio avversario, mi sarebbe andata bene così. Mi alzai per indossare la tenuta da caccia, ornata dalla spilla regalatami da Madame Debois, che quel giorno sarebbe stata sostituita da quella originale. Mi guardai attentamente allo specchio e feci un respiro profondo: ero a posto. Agitata ma a posto. Decisi di legarmi i capelli in una treccia laterale e poi uscii dalla stanza per dirigermi in Armeria a ritirare la mia spada. Arrivata alla scalinata, mi fermai a fissare la statua della Dama Grigia. – Il mio momento è arrivato. – dissi ad alta voce incurante del fatto che qualcuno potesse sentirmi. – Se riuscissi a diventare almeno la metà di quello che sei stata, raggiungerei un bel traguardo. –. Mi battei il pugno sul petto e proseguii verso la mia meta. Non incontrai quasi nessuno; sicuramente si erano già tutti riuniti nell’Arena. Arrivata all’ingresso dell’Armeria trovai Oleg che mi aspettava con il fodero contenente la mia spada in mano. – Vostra Grazia! – esclamò. – La spada è pronta. I miei migliori auguri. – Ti ringrazio. – dissi mentre mi porgeva l’arma. La tirai fuori e notai che fosse stata tirata a lucido in modo impeccabile. La feci roteare prima di rimetterla nel fodero, che nel frattempo avevo indossato sulla schiena. Oleg mi lasciò da sola e si diresse verso l’Arena. Io lo seguii, incamminandomi lentamente. L’Arena si trovava poco più avanti rispetto alle cascate e non ci ero mai andata. Lungo il tragitto ero sola, segno che sarei stata l’ultima ad arrivare. Non ero in ritardo, semplicemente la gente è accorsa a prendere i posti migliori. Dopotutto io e Reeze avremmo dato spettacolo: lui non si esibiva in Arena dalla sua Iniziazione e io ero la Guardiana Suprema, o meglio, stavo per diventarlo ufficialmente. Man mano che mi avvicinavo, l’Arena si faceva sempre più grande: di forma ovale, mi ricordava molto uno stadio. Era costruita in pietra, con un grande cancello d’ingresso in ferro battuto. Le guardie all’ingresso mi salutarono e mi dissero di svoltare a destra, una volta attraversata la soglia e così feci. Mi ritrovai in un corridoio piuttosto buio e dal classico odore di chiuso. Camminai fino alla fine e arrivai in una stanza molto luminosa, tutta in pietra, con delle panche di legno massiccio. Trovai Reeze, Angel e Selma intenti a parlottare tra loro. Non appena mi videro, Angel e Selma mi rivolsero dei sorrisi incoraggianti, mentre Reeze evitò di guardarmi. Gli salutai, ignorando l’indifferenza di Reeze. – Sei pronta? – chiese Angel. – Credo… – risposi cercando di mantenere un tono calmo. Sentivo che le gambe avrebbero iniziato a tremarmi da un momento all’altro. – Sta’ tranquilla. – fece lui, abbracciandomi. – Andrà tutto bene. –. Io annuii e Angel e Selma si congedarono, augurando sia a me che a Reeze buona fortuna. Restammo nella stanza in silenzio fino al momento in cui una guardia ci venne a prendere per portarci fuori. All'interno, l'Arena era molto ampia e al posto del pavimento c’era terriccio. Gli spalti erano molto più alti di quelli della Sala della Luce per poter contenere una quantità maggiore di spettatori. Al centro di essi, un grande baldacchino argentato segnava la presenza dell’Alto Consiglio. Notai che molti nobili erano sopraggiunti per assistere alla Cerimonia. Mi posizionai al centro dell’Arena, Reeze a due passi da me con un'espressione illeggibile in volto. Pensai che stesse ricordando cosa anni prima fosse successo lì e mi si strinse il cuore; forse non avrei dovuto essere dura con lui, in fondo era agitato quanto me, se non di più. L’Anziana Agnes si alzò in piedi e tutti tacquero. – Fratelli, amici, Guardiani! – disse con la voce squillante. – Quest’oggi assisteremo all’evento che tutti noi aspettavamo da anni: la venuta della Guardiana Mater! – ci furono applausi da parte di tutti i presenti. Agnes alzò la mano per farli terminare e proseguì: – Come ogni Cerimonia di Iniziazione, ricordiamo i nostri doveri e compiti in quanto protettori della Luce, dei più deboli e delle dimensioni tutte, così com’è stato deciso agli albori dei tempi… –. Iniziò un lungo monologo sulla storia dei Guardiani che sarebbe stato interessante se non fosse reso noioso dal tono svogliato dell’Anziana. Sapevo che la tradizione richiedesse questo, ma mi domandai quante volte quella storia fosse stata ripetuta. Un'infinità, probabilmente. Terminò il racconto e si rivolse a me. – Sua Grazia ha scelto di duellare con la sua spada, ancora senza nome. – pronunciò la frase con un certo dispiacere. Io la guardai imbarazzata e lei capì di non dover indugiare oltre. – Che il duello inizi! – esclamò e mi voltai verso Reeze.

Ci distanziammo l’uno dall’altra e sguainammo le nostre spade: lui impugnò Luce con una mano e la fece roteare, mentre io impugnai la mia con entrambe le mani e la posizionai di fronte a me. Iniziammo a girare in tondo; Reeze con grazia si lanciò su di me e parai il colpo, con un tintinnio melodico dei metalli che si toccavano. Roteai a destra e lo colpii a mia volta: con un gesto della mano parò il colpo a sua volta e menò un fendente verso la mia gamba. Saltai all’indietro di qualche metro, alzando la polvere da terra mentre atterravo. Reeze si scagliò su di me a tutta velocità e parai tutti i suoi feroci colpi con non poca fatica: gli avevo detto di fare sul serio e mi aveva davvero presa in parola. Decisi di fare sul serio anch’io: spostai la spada nella mano sinistra, presi la rincorsa e lo colpii con un calcio alto sul fianco, per poi girare su me stessa a gamba ancora tesa e riafferrare la spada con la destra e puntarla contro di lui che, prontamente, aveva alzato la sua per parare il colpo. Continuammo per un po’: nessuno dei due riusciva a toccare l’altro con la propria lama, anche se un paio di volte Reeze ci era arrivato molto vicino. Mi resi conto che entrambi ci stavamo battendo per sopraffare l’altro e se ne rese conto anche il nostro pubblico. D’un tratto ci trovammo entrambi ansanti, le spade sguainate davanti a noi, incrociate per parare l’una il colpo dell’altra. Il viso di Reeze era così vicino al mio che sentivo il suo respiro soffiarmi sul volto. I suoi occhi bruciavano; se quella fosse stata la prima volta in cui lo vedevo, sarei scappata a gambe levate solo a causa del suo sguardo feroce. – A quanto pare, – esordì una voce sopra a noi, con il solito tono mellifluo – oggi non avremo vincitori! La prova si conclude qui. –. Magnus si rimise a sedere e Reeze abbassò la sua arma. Non si era lasciato sconfiggere ma non aveva nemmeno voluto vincere; aveva fatto quello che voleva: non farmi fare brutta figura curandosi però di non lasciarmi vincere, molto astuto. Mi voltai a dargli le spalle e mi avvicinai agli spalti. Mi inginocchiai davanti agli Anziani, appoggiandomi alla spada, mentre Agnes prendeva un piccolo forziere in mano. Lo porse a Selma che mi si avvicinò sorridendo: essendo lei l’ultima Guardiana Suprema in vita, il passaggio del testimone spettava a lei. Feci un respiro profondo. “Tocca a te.”, mi dissi e pronunciai il mio giuramento. – Io, Dafne Tempesta, scelta dalla sacra Luce per proteggere essa stessa e tutte le creature a Lei legate, mi impegno e giuro fedelmente di adempiere al compito che mi è stato affidato, mettendo da parte me stessa al fine di fare del bene, di liberare i popoli miei e di altre dimensioni dalle Tenebre, di governare nel giusto sulla Terra che mi è stata affidata. Rinnego l’Oscurità in tutti i suoi aspetti e nelle sue insidie e prometto di lottare con tutte le mie forze affinché questa perisca. E se il compito affidatomi richiedesse la mia vita terrena, mi sacrificherò con dedizione, cosicché la mia Anima resti Pura e la mia Guardia non cessi mai nella memoria della mia gente. – Alzati, Guardiana! – disse Selma con autorevolezza. – Che la tua Guardia sia lunga e luminosa, Dafne. – disse a voce bassa mentre sistemava la spilla vera sul mio petto. – Salutate la nuova Guardiana Suprema della Luce! – esordì rivolgendosi alla platea. Un’orda di applausi, urla di assenso, di gioia e acclamazioni varie si levarono tutt’intorno. Mi voltai verso la platea e battei il pugno sul petto. Era fatta: ero ufficialmente a capo di tutta una Congrega di cui fino a un anno fa non sapevo nemmeno l’esistenza. Nonostante avessi già iniziato a svolgere la mia attività, adesso che era stato tutto ufficializzato, mi sentivo un macigno addosso. Uno a uno, i membri del Consiglio e i nobili che si erano riuniti per vedere la Cerimonia si avvicinarono a me per augurarmi buona fortuna. Angel mi liberò da una conversazione lungimirante di un certo Barone Holdrin sulle abilità di suo figlio Aman e su che Guardiano fantastico sarebbe diventato se la Commissione non avesse deciso di scartarlo. – Nel Salone il banchetto è pronto. – disse rivolgendosi al Barone, il quale si precipitò verso il Grande Salone. – Pensano solo a mangiare, bere e arricchirsi. – fece Angel contrariato non appena Holdrin si fu allontanato. – Non sono molto diversi dai ricchi mortali. – constatai io. – Sai per caso dov’è finito Reeze? – chiesi, ripensando che non l’avevo visto da dopo il duello. – Credo sia andato a darsi una sistemata. Dovresti farlo anche tu. – rispose lui. Uscii dall’Arena e mi diressi verso la mia stanza, ma sul percorso ogni due passi venivo fermata da persone che volevano parlarmi, farmi gli auguri o semplicemente salutarmi. Decisi così di trasformarmi e teletrasportarmi direttamente in camera, per evitare di fare tardi al banchetto. Con un lampo di luce mi ritrovai nel silenzio della mia stanza. – Sei arrivata, alla fine. – Reeze era appoggiato al davanzale su cui ero solita sedermi. Si era lavato e cambiato: al posto della tenuta da caccia, aveva indossato dei jeans scuri e un maglioncino grigio. Come sempre, sebbene fosse molto semplice come abbigliamento, Reeze era bellissimo. Mi ritrasformai e aprii l’armadio, cercando di restare indifferente. – Sei sparito dopo il duello. – feci cercando di mostrare indifferenza. –. Sei rimasto almeno al giuramento oppure hai deciso che devi fare l’offeso fino a che non ti passa del tutto? –. Presi una camicia bianca e un paio di jeans semplici e mi diressi in bagno. – E soprattutto, questa è camera mia. – ripresi visto che Reeze non aveva risposto. – Il fatto che stiamo insieme non ti autorizza a entrare quando e come ti pare. –. Entrai in bagno sbattendo la porta e chiudendo a chiave. Il mio piano di mostrare indifferenza si era appena andato a far benedire, ma poco importava. A quanto pareva Reeze aveva deciso di ignorarmi. “Ma che cazzo è venuto a fare qui, allora?”, mi chiesi senza riuscire a darmi una risposta. Non riuscivo a credere che avesse deciso di fare l’offeso per una discussione da nulla. Se litigassimo per cose più serie, come reagirebbe? Non che io mi fossi comportata da persona matura, ma in un certo senso io potevo permettermelo vista la mia età, lui no. Finii di prepararmi in fretta e aprii la porta del bagno per uscire, ma trovai Reeze sulla soglia a bloccarmi il passaggio. Gli lanciai un occhiataccia ma lui non si spostò. – Senti, – feci spazientita, cercando di sorpassarlo, cosa che non mi lasciò fare. – io non ho tempo di giocare adesso, mi stanno aspettando di sotto quindi togliti, ok? –. Reeze mi fissò: sembrava combattuto. Mi appoggiai alla porta e attesi. Se voleva parlarmi prima o poi lo avrebbe fatto. – Se Angel non mi vedrà arrivare verrà qui a prendermi, lo sai vero? –. Nessuna risposta. Stavo iniziando a preoccuparmi. – Reeze, parlami, dannazione! –. Lui sospirò, e finalmente spostò lo sguardo da me. – Mi dispiace per prima. – disse. – Ci vediamo di sotto. –. Si spostò e uscì dalla camera, lasciandomi perplessa. Tolsi la spilla dalla tenuta da caccia e la misi sopra al gilet che avevo deciso di indossare. Sembravo vagamente un uomo. Stavo per uscire quando qualcuno bussò. Aprii la porta e mi trovai davanti a Tjana che mi saltò al collo. – Finalmente! – fece stringendomi più forte che poteva. – Come stai? Perché non sei già di sotto? Reeze non è con te? Oddio, mi sei mancata da morire! –. Quasi non respiravo, ma ero felice che lei fosse lì. Iniziammo a parlare e le raccontai tutto ciò che era successo da quando aveva perso coscienza. Nel mentre, arrivammo al Grande Salone; i festeggiamenti non erano formali come lo erano stati per l’Equinozio: era stato allestito un enorme tavolo per il buffet e tutt’intorno la sala era riempita da tavoli rotondi per massimo sei persone. Non c’erano gli Anziani, a parte Selma e qualche altro membro minore del Consiglio, come Angel. Reeze era seduto a un tavolo con gli altri Capitani, tutto raggiante. Tjana mi propose di raggiungerlo così da poterlo salutare ma la mandai avanti da sola con la scusa che dovevo prima fare il giro dell’aristocrazia (in realtà volevo evitare di stargli vicino, visto il suo ambiguo comportamento). Salutai tutti i rappresentanti della nobiltà che erano rimasti per il banchetto, seguiti poi dai membri del Consiglio presenti. Arrivata ad Angel e Selma, mi accomodai al tavolo con loro. – Vino, datemi del vino… – dissi. Selma alzò un sopracciglio mentre Angel mi versava la bevanda nel calice, attento a non esagerare. – Non vorrai darti all’alcolismo così presto, non hai nemmeno iniziato col lavoro vero! – scherzò Angel, vedendomi tesa. Non sapeva che la fonte del mio turbamento era in realtà suo figlio adottivo. – E’ stata una giornata piuttosto emozionante, ho solo bisogno di rilassarmi un po’. – risposi. Sentivo lo sguardo di Tjana, seduta qualche tavolo più in là, addosso. Avrei dovuto darle delle spiegazioni, ma preferii non pensarci. – Non avrai molto tempo per rilassarti da adesso in poi, cerca di abituartici. – mi disse Selma. Lei e Angel si scambiarono un rapido sguardo e all’improvviso mi sentii di troppo. Finii il mio vino in fretta, (una scelta pessima perché la sbornia mi sarebbe salita molto più velocemente), e mi alzai dal tavolo congedandomi. A malincuore, mi diressi verso il tavolo dove Tjana, Reeze e gli altri Capitani sembravano divertirsi un sacco. Notai che avevano finito tre brocche di vino e stavano iniziando una quarta. – A quanto pare siete l’unico tavolo in cui non si parla di politica. – dissi per annunciarmi. – Posso? –. Nunghes, il Capitano che punzecchiava spesso Reeze, era palesemente ubriaco ma si alzò lo stesso per porgermi un inchino piuttosto storto. – Vostra Grazia Dafne! – esclamò. – Saremo lieti di avervi, averti qui al nostro tavolo! Del vino? –. Annuii facendo un sorriso e mi sedetti accanto a lui. Di fronte avevo Tjana, intenta a fissarmi. “Non farlo! Hai promesso! Dopo ti racconto tutto, ma adesso non farlo!”, le dissi a mente. Lei fece un cenno impercettibile con la testa e iniziò un’animata discussione con Dubrovnik, il ‘Capitano Orso’ come lo chiamavano, su qualcosa riguardante una foresta. Reeze era accanto a me e mise il braccio sullo schienale della sedia su cui mi ero seduta. “Buon viso a cattivo gioco”, pensai. Davanti agli altri non avrebbe mai fatto vedere che qualcosa potesse affliggerlo. – Allora, Vostra… Dafne! Dafne… scusami, fatico ancora a chiamarti per nome. – disse Nunghes mentre mi porgeva il calice. – Insomma, sei il mio capo! Sei il capo di tutti qui! –. Sbottò a ridere mentre sorseggiavo il vino. – Adesso sono solo una ragazza che vuole rilassarsi un po’. – risposi. Non avevo per niente voglia di parlare di argomenti che potessero farmi pensare ai miei doveri. – Certo, certo. – disse lui prima di scolare un intero bicchiere. – Oggi non si lavora, si festeggia. – enunciò Reeze. Mi sembrava tranquillo. Sembrava che il turbamento di prima fosse svanito nel nulla. Prese un bicchiere e si alzò in piedi. – Vorrei proporre un brindisi alla mia splendida compagna che oggi entra finalmente a far parte di questa fantastica famiglia di pazzi! A Dafne! – fece rivolgendomi uno dei suoi stupendi sorrisi. – A Dafne! – tuonarono gli altri al tavolo. Reeze tornò a sedersi e mi baciò. Dire che fossi confusa era troppo poco.

Passammo la serata a bere, mangiare e chiacchierare di tutto. Molti di loro, soprattutto Nunghes, mi raccontarono la loro esperienza tra i Guardiani e fui felice di scoprire cose nuove sui Capitani; mi avrebbe aiutato a coordinarli e gestirli al meglio. A fine serata eravamo quasi tutti ubriachi; Reeze mi prese per mano e ci congedammo. Rimase in silenzio per tutto il tragitto fino ai dormitori. – Vuoi entrare? – chiesi quando arrivammo davanti alla mia stanza. – Ok. – rispose mentre aprivo la porta. Mi sedetti sul letto mentre lui si appoggiò al davanzale. – Il teatrino è finito. – gli feci. – Posso sapere cosa ti ha preso prima? –. Lui sbuffò: – Dobbiamo per forza parlarne? Mi sembra che la serata sia andata bene, no? Cos’altro vuoi che faccia? Mi sono scusato, non ti ho fatto fare figuracce tenendoti il muso, che cosa vuoi ancora da me? – Ti rendi conto che tutto questo è nato da una scemenza? – mi alzai dal letto spazientita. – Certo, è una scemenza volerti fare benvolere dal popolo che dovrai governare. – disse guardando fuori dalla finestra. – Benvolere? Facendomi vincere slealmente? – mi misi davanti a lui costringendolo a guardarmi. – Non sono tutti stupidi, sai? Pensi che non si sarebbero accorti che bari per agevolarmi? – Infatti non mi pare di averlo fatto! – Volevi farlo però! – mi fissò sbuffando di nuovo. Sembrava davvero che non gliene fregasse nulla della situazione che si era creata. – Se sostieni fosse una scemenza, perché non la fai finita? – chiese. – La verità è che tu non volevi fare brutta figura! – sbottai. Feci per tornarmene a letto ma Reeze mi prese il braccio e mi fece rigirare verso di lui. – Come, scusa? – i suoi occhi erano accesi, il tono apparentemente calmo. Lo stavo facendo arrabbiare. – Tu non volevi che fossi io a fare brutta figura perdendo! – alzai il tono senza nemmeno volerlo. – Ormai tutti sanno che stiamo insieme; tu avevi paura che se avessi perso contro di te, ti avrebbero deriso perché stai con un’impedita! Per questo volevi farmi vincere! E sai che c’è? Se devo diventare un trofeo da sfoggiare, per me possiamo anche finirla qui! –. Reeze sgranò gli occhi e lasciò il mio braccio. – Hai ragione. Meglio chiuderla qui. – disse senza sentimento. Si alzò dal davanzale e si incamminò verso la porta. – Il dente di leone tienilo però. Mi è costato un bel po’ e non saprei cosa farci sinceramente. ‘Notte! –. Rimasi sola, al buio a fissare ancora il punto in cui fino a qualche secondo prima Reeze era appoggiato. Non sapevo cosa pensare: avevo dato voce a dei pensieri stupidi, come del resto tutta quella discussione, e lui se n’era andato, senza darmi la possibilità di controbattere. Le gambe mi cedettero e mi ritrovai seduta sul bordo del letto. Non poteva essere finita davvero, io non volevo finisse davvero. Mi alzai e uscii dalla stanza. Corsi lungo il corridoio fino ad arrivare alla porta della sua stanza; bussai. Nessuna risposta. Bussai di nuovo. Silenzio. Decisi allora di entrare: dopotutto, lui entrava sempre in camera mia senza essere invitato. Girai la maniglia e spinsi la porta: era aperta, ma lui non era in camera. Non ero mai entrata lì dentro: la stanza era più piccola della mia ma molto più ordinata; sulla destra della porta c’era un letto perfettamente fatto, senza l’accenno di una piega sulle lenzuola, segno che Reeze non lo usasse da un bel po’; ai suoi lati c’erano due comodini di legno su cui erano disposti libri in pile ordinate e delle lampade dall’aria antica; una finestra molto ampia si trovava sulla parete alla sinistra, sul davanzale di questa c’erano dei cuscini e delle pergamene; al lato della finestra Reeze teneva una scrivania, mentre sulla parete di fronte alla porta c’era un armadio. Sulla parete destra una porta semiaperta lasciava intravedere un bagno. Mi sedetti sul suo letto e attesi: sarebbe tornato prima o poi. Aspettai per un lasso di tempo che mi sembrò un’eternità, ma di Reeze nessunissima traccia e il sonno iniziò a farsi sentire. Cercai di restare sveglia, ma alla fine crollai sui cuscini immacolati del letto di Reeze e mi addormentai. Quando aprii gli occhi al mattino, mi resi conto di essere in camera mia, sdraiata nel mio letto. Possibile che avessi solo sognato tutta la faccenda con Reeze? Mi alzai e preparai per affrontare una nuova giornata alla Fortezza. Scesi a fare colazione e mi sedetti al solito tavolo dove trovai Tjana, Angel e, con mio stupore, Sandor. Di Reeze non c’era traccia. Salutai tutti e mi sedetti davanti alla torta della nonna che Tjana aveva preso per me. – Dormito bene? – chiese lei con uno strano tono accusatore. – Sì… – risposi lanciandole un’occhiata perplessa. Tjana mi sembrava irritata, ma non capivo il perché. – Oggi vai in ufficio. – mi annunciò Angel. – Nel pomeriggio ci alleneremo sulla tua trasformazione, se non esce altro che devi fare. –. Nemmeno Angel mi sembrava di buon umore. – Non dovrebbe allenarsi anche Reeze con me? – domandai. – Io la trasformazione la controllo. –. Angel bevve il caffè dalla sua tazza e fissò un punto davanti a sé. – Reeze non c’è, è partito. – Che significa partito? – mi girai sconcertata verso il Generale. – Missione nel deserto. – rispose Tjana visto che Angel sembrava ignorarmi. – COSA?! – scattai in piedi. – Calmati, bambina. – fece lui. – Calmati un cazzo! Chi gli ha dato l’ordine di partire? –. Nessuno rispose. Sandor mi fissava in un misto di preoccupazione e divertimento. – Ho chiesto: chi è stato a dargli l’ordine di partire? –. Se avessero continuato a ignorarmi li avrei seriamente picchiati. – Nessuno, Dafne. – rispose Tjna infine. – E’ sceso al Settore F, ha visto dove le sonde erano accese ed è partito per la missione. – E perché non sono stata avvertita di questo? – Non voleva svegliarti. – la voce di Tjana sembrava acido. Passai lo sguardo incredulo da Tjana ad Angel e me ne andai senza salutare. Mi precipitai al Settore F dove trovai Erik e il suo team tutti operativi a dare indicazioni a gruppi di Guardiani su come leggere l’atlante. – Erik, vieni qui. – gli ordinai. – Ciao, Dafne! – salutò lui, imbarazzato. – Stiamo istruendo i soldati a leggere l’Atlante cosicché possano orientarsi da… – Subito. – gli lanciai un’occhiata che sembrò spaventarlo molto. – Sì. – mi si avvicinò impacciato. – Dov’è andato il Capitano Belfort? - chiesi con fare sbrigativo e impaziente. Erik sgranò gli occhi da dietro i suoi spessi occhiali. – Non… non saprei. – rispose perplesso. – Andiamo, Erik! – feci io, quasi piagnucolando. – Non c’era nessuno qui stanotte? – Temo di no… ma perché? Cos’è… – Quel coso non ha qualche dispositivo che registra la memoria su dove viene rilevata l’attività demoniaca? – No… cioè… lo stiamo ultimando e… – Grazie lo stesso. –. Uscii lasciandomi il laboratorio alle spalle per andare ai Portali. Vidi un gruppo di Guardiani in tenuta da caccia prepararsi per partire. Appena mi videro, batterono i pugni sui propri petti. – Qualcuno qui era di guardia stanotte? – chiesi a voce alta per farmi sentire da tutti i presenti. – Io, Vostra Grazia. – una donna piuttosto robusta rispose. Stava attivando il Portale per far partire il gruppetto di Guardiani in missione. – Bene. – risposi. – Belfort. Dov’è andato e con chi. –. Lei mi lanciò un’occhiataccia; in effetti ero stata piuttosto sgarbata. – Il Capitano Belfort è partito da solo, ma non posso dirvi dove. –. I ragazzi iniziarono ad attraversare la luce del Portale uno a uno, in fila. – Che significa non puoi dirmi dove? – chiesi acida. – Il Capitano ha espressamente chiesto che non rivelassi il luogo preciso in cui era diretto. – Come Guardiana Suprema, io ti ordino di dirmi dov’è andato. – Vostra Grazia, non posso davvero. –. Una rabbia omicida si fece strada in me. Se non avesse parlato con le buone, l’avrei fatta parlare con le cattive. – Dafne, vieni con me per favore. –. Sandor mi prese per il braccio e mi fece voltare. Non mi ero nemmeno resa conto della sua presenza. – Non toccarmi. – sibilai. – E non intrometterti. – Dafne, ti prego. – supplicò lui, cercando di portarmi via. – Non credo tu voglia dare spettacolo, no? –. Lo fissai acida. In fondo aveva ragione: comportarsi da pazza non avrebbe giovato di certo alla mia immagine e avrebbe dato motivo al Consiglio di screditarmi nuovamente. Strattonai il braccio per liberarmi dalla presa di Sandor e mi incamminai verso l’ingresso dell’Armeria. Reeze, a cui piaceva tanto darmi della ragazzina, aveva deciso di andare in missione senza dirmi nulla, solo per non dovermi affrontare. Lo avrei degradato non appena avesse messo piede alla Fortezza, quell’incosciente. – Dafne! Aspetta! – sentii Sandor corrermi dietro, ma non mi fermai. – Dafne! Ti prego! – Senti, non sono minimamente dell’umore adatto per parlare con chiunque adesso, intesi? – gli feci senza voltarmi per guardarlo. – D’accordo. – disse lui mentre mi sorpassava. – Allora non parleremo. –. Mi seguì per tutto il tragitto fino all’ultimo piano della Fortezza, la torre. Mi trovai davanti a un portone di legno scuro, ai lati del quale erano appostate due Guardie. – Temo che qui non potrai entrare. – dissi sarcastica. – Buona giornata, Sandor! – entrai sbattendo il portone massiccio e appoggiandomici non appena fu chiuso. Ero sola in quella stanza nuova. Mi dava l’idea di essere la presidenza della mia vecchia scuola. Al centro della stanza c’era una grande scrivania, dietro alla quale si ergeva lo schienale di una poltrona di pelle rossa. Gli scaffali sulle pareti di mogano erano vuoti. Sulla parete sinistra spiccava un araldo con l’albero simbolo ricamato con fili d’oro, sotto al quale c’era un tavolino da liquori. La finestra dietro alla scrivania era molto alta e larga e si affacciava sul bosco in cui scorreva il ruscello che si creava dalle cascate, portando l’acqua al mare. In stanza c’era anche un caminetto rivestito in pietra e dei divanetti della stessa pelle rossa della poltrona. Mi avvicinai alla scrivania lentamente e la sfiorai con le dita. Aprii la finestra e lasciai entrare la fredda aria autunnale, inspirandola profondamente. Mi sforzavo di non pensare a Reeze per non esplodere dalla rabbia, ma non era affatto facile; mi aveva fatto male. Ero convinta che le cose si sarebbero sistemate come sempre, che avremmo fatto pace e sarebbe tornato tutto alla normalità, ma no: lui aveva deciso di andarsene in missione senza nemmeno lasciarmi un biglietto scritto. Mi sedetti alla scrivania e iniziai a leggere i fogli che qualcuno si era preso la briga di ordinare prima che arrivassi. Sentii bussare. – Avanti. – dissi senza sentimento. Sentii il portone aprirsi e richiudersi con un leggero tonfo. – So che hai detto che non avrei potuto seguirti, ma si dà il caso che io sia il tuo segretario, quindi devo per forza seguirti. –. Alzai gli occhi per guardare Sandor in faccia. Stava accennando un sorriso un po’ imbarazzato; non avrei mai visto un sorriso simile sul viso di Reeze, pensai. – Sei stato tu a sistemare sta roba qui? – chiesi. – Certo! – fece lui. – Nessuno oltre a me e te può entrare qui se non convocato. E quei fogli che stai leggendo sono le richieste che i nobili ti hanno sottoposto alla riunione dell’Equinozio. Devi firmale. –. Lo vidi sedersi su un divano nell’attesa che leggessi e firmassi tutti i documenti. – Quindi quando ti sei presentato quella volta in Biblioteca, – replicai senza guardarlo. – sapevi già che saresti stato il mio segretario? – Dafne, – fece lui quasi scoppiando in una risata – Non sono il tuo segretario, sono un mercenario, ricordi? –. Lo guardai perplessa. – Ma come hai fatto a entrare allora? Le Guardie ti hanno lasciato passare? – Ho detto loro che portavo un messaggio urgente di Angel per te. – rispose divertito. – E mi hanno creduto. –. Avrei decisamente dovuto cambiare Guardie. Tornai ai documenti da firmare per non dover guardare la faccia felice di Sandor. Mi dava sui nervi. – Suppongo tu non abbia nessun vero messaggio da riferire. – constatai. – Non di Angel. – fece lui e alzai gli occhi di scatto, quasi sgranandoli. Possibile che Reeze avesse detto a Sandor qualcosa che gli altri non sapevano? Lui sembrò leggere la speranza sul mio volto e si rabbuiò un po’. – Nemmeno di Reeze, Dafne. – disse. Il mio cuore tornò a battere a ritmi regolari, ma la speranza se ne andò, lasciandomi un vuoto dentro. – Ma è di lui che vorrei parlarti. – riprese. – Senti, io ho visto come lui guarda te e come tu guardi lui. Siete innamorati, è ovvio. –. “Innamorati…”, pensai e mi si strinse lo stomaco. – Ma tu sei una Guardiana Suprema e non puoi lasciare che i tuoi sentimenti per lui condizionino il tuo lavoro. Dubito che lui si faccia condizionare da te nel suo. –. Capii dove voleva arrivare Sandor e non potei che dargli ragione. Io avevo reagito come una matta all’idea che Reeze se ne fosse andato, lui lo avrebbe fatto? “No.”, mi dissi, “se ne sarebbe strafregato”. – Quello che sto cercando di dirti, – continuò. – è che non devi permettere a nessuno di diventare così importante da metterlo prima di te stessa. Tu sei quella importante qui, gli altri in confronto a te non valgono nulla, ricordatelo sempre. –. Si alzò e avviò verso il portone. – Ah! – fece voltandosi verso di me. – Riguardo la tua proposta di far parte della tua scorta, ho deciso di accettare. –. Annuii e lo congedai.

A metà mattinata, fui raggiunta da quella che si rivelò essere davvero la mia segretaria, una donna che dimostrava al massimo quarant’anni, bassina e piuttosto snella, con lunghi capelli rossi e lisci, la pelle chiara e lentigginosa e dei grandi occhi ambrati. – Vostra Grazia! – mi salutò con un inchino. – Mi chiamo Cainnear, sono la vostra assistente d’ufficio. Bene! Vedo che avete firmato tutte le richieste, le farò spedire immediatamente! –. Raccolse la pila di documenti dalla scrivania e uscì in fretta, senza darmi il tempo di salutarla e presentarmi. Rimasi lì alla scrivania senza fare nulla fino all’ora di pranzo; Cainnear non era tornata e decisi di andare a pranzo senza aspettarla. Stavo per aprire il portone, ma lei mi anticipò, portando un vassoio colmo di cibo e adagiandolo sul tavolino basso tra il divano e il camino. – Ecco il Vostro pranzo! – esordì con la sua voce squillante. – Se avete bisogno di me, premete il pulsante sotto la scrivania, sulla destra. Buon appetito! – Cainnear? Aspetta, per favore! – riuscii a dire prima che sfuggisse dalla mia portata. – Ditemi. – rispose lei piuttosto confusa. – Intanto, ti prego di darmi del tu e non del voi, io sono Dafne. – le porsi la mano e lei sgranò gli occhi mentre la stringeva con la sua. – Poi, perché devo pranzare qui e non nelle cucine? –. Adesso sembrava stesse per perderli gli occhi. – Ma Vostra… Dafne. – fece lei piuttosto agitata. – Voi…tu sei la nostra monarca! Non posso permetterti di consumare i pasti assieme alla servitù! –. Alzai il sopracciglio. – Si dà il caso, – dissi cercando di sembrare calma. – che io abbia fatto amicizia con gran parte di quella che tu chiami servitù. – Mi è giunta voce della Vos… tua gentilezza, ma ricordati che adesso sei a tutti gli effetti sopra a tutti coloro che incontrerai qui. – disse lei sorridendo i modo gentile. – Non sto dicendo che tu debba essere dispotica, ma nemmeno trattare i tuoi sottoposti alla pari, finirebbero per approfittarsene. –. Una stretta allo stomaco: qualcuno si era già approfittato della mia bontà. – Grazie per i consigli, Cainnear. – feci. – Puoi andare. –. Lei si inchinò e uscì dalla stanza. Mangiai lentamente, senza fretta, ripensando alle parole di Sandor e a quelle di Cainnear. A malincuore, dovetti dare ragione a entrambi: io ero superiore a chiunque in quella struttura, in quella dimensione, forse in tutte le dimensioni e avrei dovuto imparare a comportarmi da tale, altrimenti atti di insubordinazione come quello di Reeze sarebbero diventati l’ordine del giorno. Solo il giorno prima avevo giurato di prendere sul serio il mio compito anche a costo di dovermi sacrificare e lo avrei fatto. Un popolo intero contava su di me, mentre io pensavo solo a uno di loro. Non potevo più permetterlo. Mi alzai e andai alla finestra; il tempo stava cambiando rapidamente: le nuvole scorrevano sul cielo molto velocemente, i rami degli alberi venivano scossi dal vento. Inspirai profondamente. “Non permettere a nessuno di condizionarti, Dafne”, mi dissi mentre le dure lacrime di consapevolezza iniziavano a rigarmi il volto.

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