Capitolo 6

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La mattina dopo fu l’infermiera a svegliarmi, portandomi la colazione e dei vestiti puliti.
– Dovreste farvi una doccia, Vostra Grazia – mi disse. – Volete una mano? – No grazie, ce la faccio! – risposi.
Andai nel bagno dell’infermeria che mi dava l’idea dello spogliato di una palestra: c’erano una lunga fila di docce, di fronte alle quali, un’altrettanta lunga fila di appendiabiti.
Ero sola, per cui scelsi la prima doccia che mi capitò e vi entrai, chiudendo la tenda. L’acqua era piacevolmente calda, ma quel posto non era l’ambientazione giusta per un po’ di relax. Cercai di fare in fretta e, con altrettanta fretta, mi asciugai e vestii.
Ritornata in sala trovai Reeze, intento a parlare con un uomo in camice bianco. A prima vista non lo riconobbi, poi mi ricordai che fu lui a somministrarmi quella strana sostanza che mi mise KO la sera in cui arrivai alla Fortezza.
Vedendomi, Reeze sembrò illuminarsi: il suo sguardo e il sorriso raggiante, mi misero a disagio.
Il Guaritore (così chiamavano i medici alla Fortezza), mi salutò battendo il pugno sul petto, mentre Reeze si limitò a un ‘Buongiorno splendore!’ che mi fece sgranare gli occhi.
– Allora, come vi sentite oggi? – mi chiese il medico. – Credo bene. – risposi, fissando Reeze ancora piuttosto perplessa. Ok che la sera prima mi avesse confidato molte cose di se stesso, ma non pensavo che la sua ostilità nei miei confronti sarebbe svanita da un momento all’altro. Il suo atteggiamento mi sembrava davvero strano, sospetto.
– Credete? – chiese cortesemente il Guaritore. – Sì, insomma… – ammisi. – sono un tantino intorpidita. –. “Rincoglionita, per l’esattezza.”, pensai; non mi sembrò il caso di esprimerlo a voce.
– Forse le farebbe bene una passeggiata, eh doc? – chiese Reeze speranzoso. – Beh, se se la sente non vedo dove stia il problema! – rispose il medico. – Cosa stiamo aspettando? Andiamo, su! – esclamai io impaziente, facendo ridere Reeze. – E sia! – disse.
Fece poi una cosa che mi fece insospettire ancora di più riguardo il suo atteggiamento: mi mise una mano sulla schiena e mi guidò verso la porta, aprendola e facendomi passare per prima da vero gentiluomo.

Uscire all’aperto fu un vero toccasana per me: avevo passato le ultime 24 ore sdraiata o semisdraiata su una brandina ospedaliera che non era esattamente il ritratto della comodità, e poter sgranchire le gambe all’aria aperta mi fece sentire davvero bene.
– Forse dovresti ringraziare qualcuno per averti fatto evadere di prigione, non credi? – disse Reeze. Sembrava un’altra persona, da non credere. – Grazie, Capitano. Ti nominerò Primo Ministro quando salirò al potere! – risposi io, autoritaria. – Primo chi? – chiese lui, incuriosito. – Primo Ministro! E dai, non dirmi che non sai chi sia! – Non ne ho la minima idea, giuro! – rispose.
Fu così che iniziammo la nostra camminata con me che gli spiegavo le varie forme di governo esistenti nel mio mondo.
– Continuo a non capire, davvero. A cosa serve la figura del Primo Coso se esiste un sovrano o un… Presidente, giusto? – domandò. – Credo perché si possa parlare di democrazia. – risposi. – Se un sovrano detenesse ogni potere si parlerebbe di dittatura e a nessuno piace pensare di vivere sotto un regime dittatoriale. – Ma tu sai che, messa in questo modo, tu diventerai presto la dittatrice qui? Voglio dire, sì ci sono gli Anziani e il Consiglio a cui partecipano praticamente tutti, ma l’ultima parola sarà sempre la tua, anche se dovessi andare contro tutti. – Lo so… – risposi.
Quell’idea non mi piaceva per niente, ma queste erano le regole: la Guardiana Suprema deteneva tutti i poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. Era inoltre a capo delle forze militari. Per quanto riguardava la Fede, i Guardiani veneravano il 'Creatore', colui che secondo le credenze avesse generato le dimensioni, affiancato dalla Luce stessa, ma non esistevano luoghi di culto o cerimonie in loro onore. Almeno da questo mi sarei salvata: non ero esattamente entusiasta all’idea di dover dire messa!
Reeze sembrò accorgersi del mio scarso entusiasmo: – Ti ci abituerai, vedrai. Non sarà sicuramente semplice, soprattutto all’inizio, ma tu hai Angel al tuo fianco. – E te. – aggiunsi io. Lui mi guardò, sorridendo. – E me, se vorrai. –.
Ci sedemmo sotto l’ombra di un salice piangente. – E' già agosto, – fece lui. – tra poco finirà l’estate e ci saranno i festeggiamenti per il cambio stagione. Angel te ne ha parlato, immagino. –. Annuii. Sapevo tutto sulle loro festività: erano poche e si riducevano praticamente a cinque più importanti: i Solstizi, gli Equinozi e l'Iniziazione. Esistevano altre celebrazioni minori che però non venivano propriamente festeggiate. Quelle cinque però, venivano celebrate in modo a mio avviso eccessivo: i festeggiamenti iniziavano il giorno prima del Solstizio o Equinozio, con una parata al termine della quale si cenava tutti insieme nel Grande Salone, che veniva usato solo per le celebrazioni. Il giorno del Solstizio o dell’Equinozio si andava alle cascate a salutare la stagione finita e dare il benvenuto alla nuova, bevendo dell’Acqua Sacra, proveniente dalle cascate stesse. Inoltre, grandi ghirlande di fiori (visto che si salutava l’estate) sarebbero state fatte galleggiare sull’acqua e trasportate dal fiume, fino al mare. A seguire, un’altra cena tutti insieme. Il giorno dopo la venuta della nuova stagione, veniva dato un Grande Ballo, durante il quale molti Guardiani delle famiglie più nobili sarebbero giunti alla Fortezza. E la sottoscritta avrebbe dovuto partecipare a ogni celebrazione in prima linea, sebbene non fossi ancora stata Iniziata. La cosa mi spaventava più dell’idea di andare a combattere.
Improvvisamente, mi ricordai di qualcosa di importante o per meglio dire, che un tempo sarebbe stato davvero importante.
– Che giorno è, esattamente? – chiesi a Reeze, leggermente in ansia. – E’ il 10, perché? – mi chiese incuriosito dalla mia espressione. “Due settimane”, pensai. – Niente. Tra due settimane compirò diciott’anni. Ma Non. Una. Parola. D’accordo? – lo intimidii puntandogli un dito contro, come per accertarmi che il messaggio fosse arrivato. – Quando, precisamente? – chiese lui. – Il 26. Reeze! – incalzai io. – Devi promettermi che non lo dirai a nessuno, ti prego! – Sì, ma dammi una motivazione valida. – Non ho proprio niente da festeggiare. – risposi secca.
Un'ondata di tristezza mi pervase. Era vero: non avevo nulla da festeggiare, ero più vecchia di un anno e soprattutto non avevo nessuno con cui festeggiare. Reeze sembrò capire i miei pensieri e mi prese per mano. Quel gesto mi stupì: perché continuava a comportarsi così bene con me? Aveva paura di altre botte in arrivo?
– Dafne, Guardiana Mater, Vostra lungimirante Grazia. Giuro sul mio onore che il tuo segreto sarà al sicuro con me. Non ne farò parola con nessuno, dovessero torturarmi per estorcermi quest’informazione vitale! – Ma lo sai che sei davvero un coglione? – dissi io, scoppiando a ridere. – Ma che ti aspettavi, scusa? – rise anche lui. – Non vuoi che faccia sapere in giro del giorno del tuo compleanno, come se io avessi poi così tante persone con cui parlarne! – Scusami, hai ragione, non ci avevo pensato. Scusami, davvero. – mi scusai rendendomi conto di aver toppato. – Guarda che non è una cosa negativa. Ero io a non volerli gli amici e loro hanno colto il messaggio. – Ma ti rispettano tutti qui! –.  Lui rise, cupo. – Rispettano o temono? Dafne, tutti quelli che vivono qui mi hanno visto, hanno visto di cosa sono capace. Quello che tu chiami rispetto non è altro che paura di farmisi nemico. Nient’altro. E a me va bene così. – aggiunse quando mi vide interdetta. – Sono sempre stato meglio solo. – Allora, se preferisci, me ne vado. – feci io, fingendo di essere offesa. – Ma tu non sei come gli altri, mi sembrava scontato! Fai parte di quelle pochissime persone che vorrei sinceramente nella mia vita. –.
Quell’ultima frase mi imbarazzò tantissimo. Nessuno mi aveva mai detto di volermi nella sua vita. I ragazzi che conoscevano si fermavano a ‘sai, vorrei tanto scoparti!’. Reeze invece, sembrava sincero, anche un po’ imbarazzato per aver ammesso di tenere a me, a modo suo.
Restammo in silenzio per un po’ a goderci il sole. Ripensai al mio vecchio giro di amicizie; forse Reeze aveva fatto bene a restarsene per i fatti suoi, piuttosto che avere a che fare con persone vuote e superficiali, come invece ero solita fare io. Non mi ero mai ritrovata in quel gruppo, ma avevo bisogno di qualcosa che mi tirasse fuori dalla mia perfetta famiglia, una valvola di sfogo. Solo che le ragazze erano tutte delle gallinelle che pur di avere un briciolo di attenzione avrebbero fatto di tutto e i ragazzi erano… beh, ragazzi, adolescenti, con tanto di ormoni a palla. Un paio di volte ero uscita con qualcuno di loro, per provare a vedere se magari ci uscisse qualcosa di interessante, ma le uniche cose che sapevano fare erano le continue allusioni al sesso e cercare di infilarmi la lingua in bocca e le mani altrove. I loro comportamenti infantili mi disgustavano, ma non volevo fare la monaca di clausura e così mi adeguai: mettevo minigonne, vestitini che detestavo, tacchi alti scomodissimi e mi truccavo anche per andare al supermercato. Quando arrivai alla Fortezza tutto cambiò: non avevo bisogno di fingere di essere chi non fossi, non mi importava di piacere o meno, volevo solo essere lasciata in pace. Mi sentivo finalmente me stessa.
– A che pensi? – mi chiese Reeze, d’un tratto. – A niente… – mentii. – Tu a che pensi? – Io? – chiese. – Al fatto che non so praticamente nulla di te. A parte quello che sanno tutti. –.
Lui si era aperto con me, magari si aspettava che facessi altrettanto. – Cosa vuoi sapere? – domandai. Lui corrugò la fronte: – Non so… per esempio, qual è il tuo colore preferito? – Rosa. – risposi secca. – Piatto? – Pizza. – Pizza come? – Quattro formaggi. – Animale? – Leone. – Fiori? – Non me ne intendo di piante… – Libro? – Tutti quelli di Tolkien. – Di chi?! – Lascia stare, non capiresti. –.
Continuammo così per un po’: lui faceva domande e io rispondevo. Mi chiese un po’ di tutto, anche cose piuttosto imbarazzanti come se fossi stata con qualcuno in passato, se avessi fatto uso di droghe e roba simile. Si stupì nel sapere che non avessi avuto relazioni ‘serie’.
– Sei una romanticona allora! – disse, scherzandoci sopra. – Non è colpa mia se molti della tua specie sono dei deficienti. – gli dissi, punzecchiandolo. – Ma non esistono altri della mia specie! Io sono unico, mia cara! –. Outch! Vero. – Intendevo dire maschi… – Lo so, cretina! –.

Lightbearer - La Portatrice di LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora