Cap. 27

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-Avanti. Parla. Non ho tutto il giorno.- Mi guarda ancora con le braccia incrociate.
-Possiamo sederci prima?-
-Sto bene in piedi.- Ringhia.
-Voglio guardarti negli occhi, senza farmi venire il torcicollo.- Lo guardo e faccio un mezzo sorriso.

Lui non batte ciglio e senza dire una parola si siede sul letto. Lo seguo poco dopo e appena poso un ginocchio per incrociare le gambe lui si sposta infondo al letto. Il più lontano possibile da me.

Il telefono ricomincia a squillare e senza dire una parola lo spengo. Sperando che questo gesto mi aiuti ad esprimere quello che penso.

-Allora?!- Sbotta.
-Non so da dove cominciare.- Ammetto.
-Bene. Allora me ne vado.- Si alza in piedi.
-No! Aspetta.- Mi alzo e gli afferro il braccio.
-Levami le mani di dosso, porca puttana! Perché devi sempre toccarmi, cazzo?!- Toglie il braccio dalla mia stretta con un gesto brusco.
-Puoi cercare di calmarti, per favore?- Lo scongiuro.

Sbuffa e stranamente si siede di nuovo.

-Quindi vuoi fare un discorso o vuoi delle domande?- Non mi guarda nemmeno in faccia.
-Cos'è un'interrogazione?- Scherzo e mi becco un'occhiataccia. -Domande.- Dico infine.
-Cosa provi per quel caz... Jacopo?- È un passo nella direzione della calma che non l'abbia chiamato in quel modo? Spero di sì.
-Niente! Ti giuro che non provo niente per lui.- Dico troppo in fretta.
Mi lancia un'occhiata. -Ah si?-
-Si.-
-Allora accendi il telefono e digli che non lo vuoi. Che la vostra amicizia è conclusa.- Mi fissa negli occhi e non riesco più a distogliere i miei.
-Cosa?-
-Diglielo o me ne vado.-
-Non puoi farmi fare una cosa del genere.-
-E perché no?-
-Perché è un mio amico. Non posso dirgli quelle parole.- Dico scioccata.
-E perché? È sempre meglio del continuo rifiuto e della consapevolezza che non potrà averti.- Lo dice con tale naturalezza che mi sembra impossibile che abbia detto quelle parole.
-Stai scherzando, vero?-
-No.-
-Come puoi dire una cosa del genere?! Non sono di tua proprietà! Non puoi farmi rovinare un'amicizia solo per la tua stupida gelosia! Ma che cazzo hai in testa?! Come ti sentiresti tu, se dovessi dirti a te quelle parole?!-
-Non ho mai detto che eri una mia proprietà. Ho solo detto che non gli appartieni, come molto probabilmente non appartieni più a me. E la chiami stupida gelosia? E quella che hai tu con tutte quelle che mi si avvicinano allora? Cos'è, eh? Non è gelosia vero?- Evito di pensare al "più" nella stessa frase in cui dice che non gli appartengo.
-Rispondi alla domanda che ti ho fatto! Come ti sentiresti tu se ti dicessi che non possiamo più essere amici, Roman?!- Ormai sono al limite della sopportazione. È sfiancante stargli dietro. Tutti sti cambiamenti d'umore non fanno altro che farmi venire il mal di testa.
-Non dirlo neanche per scherzo.- Ringhia.
-Ah, quindi posso fare una cosa del genere a lui, ma non a te?! È assurdo!-
-Non è assurdo! Stiamo insieme, Lena! Non dovresti far avvicinare...-
-Non provare a finire quella frase!- Grido. -Non puoi dire a me di non far avvicinare nessuno quando a te ti si avvicinano a decine!-
-Quindi è questo il punto?!-
-Quale punto?! Non c'è nessun punto!-
-Il punto è questo! Io non posso essere geloso ma tu si!- Si alza in piedi.
-Non è un punto! È quello che è, cazzo! Posso essere gelosa quanto voglio, eri un puttaniere fino a poche settimane fa!- Mi alzo anche io. Ormai stiamo dando spettacolo, e credo che mia madre sia tornata da ormai due ore.
-Ah, quindi è così che mi definisci?! Un puttaniere?! Ero single fino a poche settimane fa! Potevo fare ciò che volevo!-
-Mi facevi stare male, Roman, come cazzo fai a non rendertene conto?! Mi fai stare male ancora adesso quando ti vedo parlare con una ragazza! Se facevo la puttana e andavo con tutti non mi avresti più rivolto la parola!-
-Cosa?!- Ringhia.
-Mi hai sentita.- Sbuffo.
Si avvicina e me lo ritrovo a due millimetri dalla faccia. -Non provare più a dire una cosa del genere.- Ringhia ancora.
-Ti dà fastidio, vero? Ora sai come mi sentivo io quando le ragazze della mia scuola parlavano di te.-
-Di che stai parlando?-
-Tutte quelle che ti facevi, erano studentesse della mia scuola. Entravano in classe e parlavano di te. Dicevano quanto eri bravo a letto e tutte quelle cazzate.- Faccio una smorfia. Ho la nausea.
-Ah, dicevano così?- Fa un passo indietro e si porta una mano nei capelli.
-Si. Dicevano così. Vantatene adesso.- Ringhio e mi lascio cadere sul letto.
-Non è quello che intendevo. Stavi male? Cioè.. Quando ne parlavano?- Mi guarda con l'aria di uno che ha ancora voglia di sperare in qualcosa.
-Certo che ci stavo male, provavo a far finta di non sentire, ma era inutile. Il tuo nome è come...- Mi interrompo prima che possa dire troppo.
-Finisci.- Ordina.
-No. Niente. Ho finito. Stavo male, tutto qua.-
-Avanti, Lena. Finisci quella frase.- Si siede accanto a me.
-Era finita.- Mi guardo le mani.
-Lena. Ti prego.-
-Il tuo nome è come un richiamo!- Dico tutto d'un fiato.
Mi guarda e compare un accenno di sorriso sul suo viso bellissimo. -Che vuoi dire?-
-Che quando sento il tuo nome, mi volto. Come se stessero chiamando me. Non so come spiegartelo, è più forte di me.-
-Non c'è bisogno che lo spieghi. So quello che vuoi dire, è lo stesso per me.-
-Cioè?-
-Che quando sento il tuo nome mi volto, proprio come te.- Abbassa lo sguardo per un secondo e poi torna a guardare me. -Non voglio che parli più con lui.-
-Basta. Non ne voglio più parlare, per favore.-
-Allora non gli parlerai più?-
-No, Roman. Gli parlerò. Non chiuderò un'amicizia, come già ti ho detto.-
-Non mi piace, Lena!- Ringhia.
-Non mi interessa. Siamo amici da sempre, Roman.-
-Ti porterà via da me!- Grida.
-Non mi porterà da nessuna parte.- Lo rassicuro.
-Invece si! È questo il suo piano! Vuole allontanarti da me! Scommetto che voleva dirti che mi devi stare lontana, che sono uno stronzo e pezzo di merda!- Si alza in piedi e ricomincia a camminare.
-Non farebbe mai una cosa del genere. Sa che ti amo e che non potrebbe mai competere con te.- Cazzo, ho detto troppo!
Si volta di scatto. -Cos'hai detto?- Chiede sbigottito.
-Emm.. Niente. Ho parlato senza pensare.-
-No, Lena. Ridillo.- Si avvicina a me e mi si inginocchia davanti.
-Ho detto che ti amo e che non farebbe una cosa del genere perché lo sa.-
-Cos'hai detto dopo?-
-Cos'è?, vuoi sapere che effetto mi fai? Cosa provo per te? Perché non lo chiedi e basta?-
-Dimmi cosa provi per me. Che effetto ti faccio?- Mi guarda negli occhi e vedo i suoi luminosi più che mai.
-L'effetto non te lo so spiegare. Ma quello che provo è.. Beh..-
-Avanti.- Mi prende le mani.
-Ti amo. Da sempre. E questo già lo sai. Sei unico per me. E.. Beh.. Non so.. È come se sentissi quando ti succede qualcosa, come i gemelli, hai presente? Dicono che i gemelli possono sentire quello che prova l'altro, se gli succede qualcosa. Ecco.. È proprio come loro. Sento quando ti succede qualcosa. Come quando hai fatto l'incidente, con il tuo amico, ho sentito una fitta al centro del petto e subito dopo ho iniziato a piangere, senza motivo. Ma quando hai chiamato, il giorno dopo, ho capito che era per quello che il giorno prima stavo in quel modo. E non era la prima volta che capitava, ma non avrei mai potuto associare a te quel dolore lancinante. E invece.. Ecco qua. Era per te.- Faccio un mezzo sorriso. Ma lui non ricambia e ho paura di aver detto qualcosa di sbagliato.
-Quindi in un modo o nell'altro ti faccio stare male?- Mi guarda con occhi tristi.
-No. Sei quel male che mi fa bene.-

Finalmente sorride e mi bacia.

Il litigio di qualche istante fa sembra svanito nel nulla. Ma è solo questione di minuti, di ore.. Sta vorticando sopra di noi, in una nube nera, pronta a scatenare un temporale nella nostra serenità del momento.

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