Cap. 30

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Ci sediamo a tavola in silenzio.

Roman tiene gli occhi fissi sul piatto e mia madre mi guarda preoccupata.

Tengo la mano sotto il tavolo al mio ragazzo e tento di mangiare con una mano sola.

-Allora, Roman, come va il lavoro?- Chiede mio padre.
-Emm..- È palesemente a disagio e vorrei uccidere mio padre in questo momento. -Mi.. Beh. Mi sono licenziato.- Butta fuori tutto d'un fiato. A mia madre cade la forchetta sul tavolo e borbotta le sue scuse mentre la riprende.
Mio padre fa del suo meglio per trattenere un sorriso soddisfatto. E non gli riesce per niente bene. -Mi dispiace. Come mai?-
Roman con tutta la calma possibile alza lo sguardo su di lui. Prende il tovagliolo, mi lascia la mano e si pulisce la bocca. Poi lo posa sul tavolo e torna a guardare mio padre. Incrocia le mani e posa i gomiti sul tavolo. -Mi hanno incastrato in una faccenda.-
-E si può sapere?- Insiste papà.
-Mikael!- Lo riprende la mamma.
-No. Va bene così Rose.- Ro sorride a mia madre e torna a guardare papà, di nuovo serio. -Il capo mi ha accusato di aver rubato dei soldi in cassa. Cosa che non ho assolutamente fatto. E dato che già erano successe alcune cose, ho deciso di andarmene.- Ammette.
-Davvero? Beh, è un accusa grave la sua.- Osserva mio padre.
-Già.- Roman torna a mangiare.
-E tua mamma come sta? Si sta riprendendo?- Continua mio padre.
A quel punto non mi trattengo più. -Papà, smettila! Hai detto che non ti saresti intromesso, ma stai facendo proprio il contrario!- Sbraito.
Mio padre è rosso in viso e mia madre è paonazza. Ma nonostante i loro volti sconcertati Roman si alza in piedi mi prende per mano e con tutta la calma possibile dice: -No, non sta bene. Mi dispiace di non essere perfetto, ma amo vostra figlia. Ora, se non vi dà fastidio, la porto fuori da qui, prima che scaraventi il tavolo dall'altra parte della stanza.-

Mi fa uscire di casa e ci sediamo sul dondolo in giardino, sul retro.

-Mi dispiace, non so perché si comporta così.- Sbuffo prendendomi la faccia tra le mani.
-Non preoccuparti. Non mi tocca più.- Mi prende per i polsi e li posa sul suo petto. -Ti amo, lo sai?- Mi chiede e mi sorride.
-Si. Anch'io ti amo. Ma mi dà fastidio che si comporti in quel modo. Non è giusto!-
-Shh. Sta calma. Non mi dà fastidio, non preoccuparti. Va tutto bene.- Mi sorride di nuovo e mi abbraccia.

Mi lascio cullare dal suo cuore che ha dei battiti irregolari tanto quanto i miei.

-Ti amo.- Sussurra e mi posa un bacio sulla fronte.
-Ti amerò sempre.- Sussurro.

Ridacchia.

-Inizia a fare freddo.- Mormoro, dopo qualche minuto che mi sembrano ore, benché non voglia assolutamente staccarmi da lui.
-Già. Vuoi rientrare?- Mi chiede scostandomi una ciocca di capelli dal viso.
-Non voglio staccarmi da te.- Ammetto.
-Allora ci incolliamo.- Si mette a ridere.

La sua risata si perde nella notte e rimbalza tra i cespugli del giardino. Mi entra dentro e mi ricorda quante volte l'ho sentito ridere così, solo in mia presenza, e quanto sono innamorata di lui.

-Che c'è?- Mi domanda accarezzandomi una guancia. Non mi ero accorta che lo stavo fissando.
-Niente.-
-Avanti!- Mi pizzica un fianco e mi metto a ridere.
-Okay!- Lo fermo prendendogli la mano. -Pensavo a quanto fosse bella la tua risata e a quanto sono innamorata di te. E mi domandavo cos'ho fatto per meritarti.-
-Addirittura?- Sorride. -Che pensieri complicati, piccola.- Mi dà un bacio sulla guancia. -Non hai fatto niente per meritarmi. Mi sono innamorato di te e basta. Non c'è un perché, oppure c'è ma ancora non mi è chiaro.- Sorride di nuovo.
-È strano che fino a un'ora fa stavi piangendo e ora sorridi?-
-No. Sei tu che mi metti di buonumore. Mi fai tornare il sorriso.- Mi sfiora le labbra con il pollice. -Ti amo tanto, piccola.- Mormora. -Ti amo più della mia vita.- Continua. -Lo sai, vero?-
Annuisco non riuscendo a parlare.

Si avvicina e mi bacia. Mi tiene stretta sulle sue gambe. Gli poso una mano sulla guancia e lui mi stringe più forte.

Quando ci allontaniamo abbiamo entrambi il fiato corto.

-Ti amo tanto anche io.- Mormoro con la fronte appoggiata sulla sua.

Rientriamo in casa. Lui saluta i miei genitori e mia madre si scusa per il comportamento di mio padre, quando lui è distratto.

Roman le assicura che non c'è nessun problema e quando lo accompagno verso la porta mi stringe al petto dicendomi che mi ama tanto e che mi sognerà.

Quando vedo la sua macchina uscire dal vialetto rientro in casa e vado verso le scale, ma mio padre mi ferma.

Oh-oh! Vado a prendere i popcorn!

Dice quell'orribile voce nella mia testa. Capisco che sta iniziando un'altra battaglia là dentro.

Mi siedo in poltrona e aspetto lo tsunami!
Smettila, non mi dirà niente di così disastroso.

-Lena Darkess!- Esclama con il tono che usa con gli imputati a lavoro.

Ah, si come no. Ti ha chiamato per nome e cognome per sentire come suona.
Ma smettila!
Ammetti, ho ragione.
No, mai.
Tanto pure che non lo ammetti lo so.

Dio, vorrei tagliarmi la testa solo per non sentirla più!

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