Capitolo 26(1)- You can't always get what you want

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Me ne torno sconsolata verso casa pensando al peso della promessa di Vicky e di tutto ciò che potrebbe scatenare. Non posso fare a meno di sentirmi veramente stupida ma, ancora peggio, una pessima amica. In fondo però qualcosa mi blocca, mi impedisce di tornare sui miei passi. Infilo le cuffie nelle orecchie mentre mi dirigo con calma verso il campus. I Lynyrd Skynyrd accompagnano il ritmo dei miei passi.

Bye, bye, baby it's been a sweet love.
Though this feeling I can't change.
But please don't take it so badly,
'Cause the lord knows I'm to blame.
But, if I stayed here with you girl,
Things just couldn't be the same.
Cause I'm as free as a bird now,
And this bird you can not change.

Nel momento esatto in cui entro in casa Violet mi fissa seduta sul divano. Sono giorni che non parliamo, o quantomeno cerchiamo di ignorare la mia uscita poco felice dopo Exeter. Temo la sua reazione e la sua giustificata rabbia più di quanto lei possa immaginare.

«Ti preparo un the» dice non appena i nostri occhi si incrociano.

Dopo qualche minuto siamo sedute entrambe, ognuna al suo capo del divano con le nostre tazze di the fumanti.

Lei non chiede, io non dico.
E va bene così.

**

«Hai sistemato tutto?»

«Andrà tutto bene signor McCartney, ho pensato a tutto»

«Mi raccomando, è davvero importante»

È passata più di una settimana da quando ho parlato con Chris e la voglia di distrarmi ha portato ancora una volta al mio impegno stakanovista da McCartney. Il caso ha voluto che questo sia un periodo decisamente frenetico al negozio, soprattutto in vista del piccolo concerto di Ralph McTell.

"Sai, la mia Eleanor lo adorava" continua a dirmi senza sosta. Non riesco a non sorridere ogni volta che parla della moglie. Con i suoi racconti e i suoi gesti McCartney si preoccupa perennemente di tenerla in vita. L'ha persa qualche anno fa e nella mia mente lui continua a vivere la propria vita proprio come prima, come se lei non se ne fosse mai andata. Mi immagino una casa che profuma di pancake la domenica, i vicini che si raccolgono in cortile come se lei fosse ancora qui, pronta ai tornei di carte in giardino. Poi penso al signor McCartney tutto solo in quella casa, che dorme sempre dallo stesso lato del letto, seduto sempre allo stesso posto in un tavolo enorme e vuoto, mentre le lascia sempre l'ultimo pezzo di torta per non farsi accusare di essere il solito goloso; infine trattenersi dal frugare nei cassetti dove la dolce Eleanor nascondeva la marmellata.

Penso ad un amore del genere e mi chiedo come si possa sopportare una tale perdita dopo essere stati felici per tutta la vita.

Quaranta minuti dopo il piccolo spazio adibito al concerto si è già riempito e mi scalda il cuore vedere quanti spettatori siano qui solo per stare accanto al signor McCartney. Uno sguardo di intesa, una stretta di mano, un abbraccio prima dell'arrivo dell'ospite d'eccezione.

Mi sistemo in un angolo, a lato del palco per non rubare il posto al pubblico che, entusiasta, vede salire sul palco un signore sulla settantina, sorridente con la sua chitarra sottobraccio.
McCartney lo raggiunge e timidamente prende la parola.

«È meraviglioso essere qui oggi e avervi tutti con noi» esclama leggendo un foglio scritto in precedenza per introdurre la serata. Il silenzio cala nella sala mentre McCartney, visibilmente provato, piega in quattro il pezzo di carta e lo infila in tasca «Eppure, amici io stasera in mezzo a tutti voi non posso sentirmi completamente felice. Vedo decine di persone sorridenti, che mi vogliono bene. Eppure, manca qualcuno, e voi sapete di chi sto parlando. Io non credo nel paradiso o qualsiasi cosa venga dopo...» si passa una mano sulla fronte «Spero che ovunque tu sia Eleanor, questa sera tu sia con noi».

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