Capitolo 26(2)- Where does the good go?

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Ancora una volta desidererei tornare bambina e costruire con le coperte un piccolo fortino dove nessuno sia in grado di trovarmi. Nascondermi dal mondo, fare tutto ciò che voglio e rimpinzarmi di cioccolato.

In un certo senso è proprio così che sto passando queste mie ultime ore ad Oxford. Violet, affetta da una strana sindrome da crocerossina, raccoglie i miei cocci mentre giro per casa arraffando cose da mettere in valigia. Mi chiedo come si possa imprigionare in una Samsonite tutta la vita che avrei voluto per me e tutti i ricordi che ancora dovevano essere costruiti.

«Come farò senza di te che entri in casa con un'espressione diversa ogni volta e ti scoli mille birre prima di sputare il rospo?» dice sorridendo mentre mi aiuta a piegare le lenzuola.

«Come farò senza di te che mi assilli?» rispondo a tono, senza malizia. È proprio vero che quando stai per andartene provi malinconia anche per ciò che più ti infastidiva.

Una volta finito di piegare tutto, ci sediamo sul mio letto ormai spoglio di tutto tranne che del materasso. Mi sono sentita vicina a lei poche volte durante la nostra convivenza, e proprio ora che me ne devo andare scopro di aver sempre convissuto con un'amica. Forse è giusto così, che i rapporti si creino come se non dovessero mai finire, come se si potesse stare insieme per sempre.

La vibrazione del mio telefono smuove all'improvviso tutto il letto. Pianto i gomiti nel materasso per alzarmi con calma e mi accorgo di esserci sdraiata sopra. Appena leggo il nome che mi si presenta sul display la mia testa ripiomba sul letto. Chris.

Non mi perdonerei mai di essere partito senza averti salutato.

"Allora non partire" è l'unica cosa che mi viene in mente di rispondergli. La verità, però, è che non sono più la sua Piper ormai. Tutto è cambiato e, anche se so che sarà dolorosissimo, una piccola parte di me sa che lui ha il diritto di sapere.

Prendiamoci un the da Life alle cinque.

****

Quando mi avvicino alla caffetteria Chris è già li. Si guarda intorno con le mani nelle tasche della giacca. Non appena mi vede arrivare il suo sguardo si posa irrimediabilmente su di me e io mi sento avvampare. Ormai io non sono più una studentessa e lui non è più il mio professore ma, in fondo, quando lo siamo mai stati?

Arrivo di fronte a lui che si avvicina lentamente per darmi un bacio sulla guancia. Gli poggio una mano sul braccio, mentre tento di farmi forza per ciò che verrà.

Entriamo e stiamo in silenzio fino a quando ordiniamo il the.

«Quando parti?» chiedo timida, quasi come se sapessi di non voler toccare l'argomento e allo stesso modo consapevole di non aver nient'altro da dirci.

«Domani» esclama increspando le labbra «Avevo bisogno di chiederti scusa»

«Mmm» annuisco lentamente.

«Non mi sarei dovuto permettere di decidere per te qualcosa di così importante»

«No, non avresti dovuto»

«Non riuscivo ad accettare l'idea di lasciarti andare» appoggia una mano sulla fronte «E in tutta franchezza non riesco ancora»

«Chris, tu mi hai mentito su troppe cose importanti e, peggio ancora, tutte le decisioni che hai preso mi sono state imposte, come se tu valessi più di me in questa storia»

«Ma non è quello che penso!» sbotta lui, avvicinandosi a me cercando di non dare nell'occhio.

«Hai sbagliato a dimostrarmelo allora»

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