Capitolo 28-Downtown

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Mi sveglio acciaccata con il segno del cuscino stampato sulla guancia. Scosto i capelli dalla mia faccia sbuffando sonoramente, perfettamente consapevole di dover iniziare la mia nuova vita oggi.

Ma come ci si prepara a iniziare una nuova vita che non avresti voluto?

Mi trascino giù per le scale fino alla cucina.

«Mamma? Papà? Jimmy» chiama la mia voce ancora roca per la lunga dormita. Nessuno risponde mentre guardo la casa enorme, vuota. La luce del sole che filtra dalle finestre mi mette stranamente di buon umore. Mi lancio con tutto il mio peso sull'orrendo divano di pelle che ci ritroviamo da anni in salotto. Mio padre sostiene che su un divano di pelle nera chiunque assuma un'aria distinta, mentre io so solo che in estate potrei farci una grigliata.

La nuvola di cuscini con cui mia madre ha ricoperto quell'orrore rende ancora più palese il fatto che solo mio padre ne sia il vero estimatore.

Pensavo che mi sarei sentita soffocare dal ritorno immediato in questa casa ma devo ammettere che per ora guardarsi intorno e conoscere ogni centimetro, ogni singolo aspetto della mia nuova vita mi fa sentire protetta.

Balzo in piedi appena i miei occhi si posano sulla vecchia sedia a dondolo accanto al giradischi.

Mi avvicino alla libreria, dove mio padre ha riposto in ordine quasi ossessivo una marea di vinili. Sfilo dal mucchio "Les plus grands succés de Petula Clark" e lo posiziono sul piatto.

Downtown risuona dalle casse per invadere ogni stanza della casa.

When you're alone, and life is making you lonely
You can always go
Downtown
When you've got worries, all the noise and the hurry
Seems to help, I know
Downtown
Just listen to the music of the traffic in the city
Linger on the sidewalk where the neon signs are pretty
How can you lose?

Mentre sorseggio una spremuta d'arancia fisso il computer e compilo il mio curriculum. Lo sconforto prende per un momento il sopravvento mentre mi rendo conto di non avere davvero esperienza in nessun campo.

Gli unici lavori che io abbia mai svolto sono quello al negozio dei miei genitori e qualche mese da McCartney.

Innamorarsi di uomini totalmente fuori dalla mia portata non è un talento, giusto?

Cerco di sorridere e mettermi al lavoro, cercando di estrapolare delle qualità che non sono nemmeno sicura di avere.

Quando finisco di scrivere stampo il curriculum e mi chiedo se sia davvero possibile racchiudere una persona in un documento formato europeo di tre pagine. È possibile imprigionare la complessità di qualcuno su un pezzo di carta? I nostri ricordi, le canzoni che canticchiamo quando siamo felici, le frasi che diciamo più spesso sono tutti elementi essenziali del pacchetto, eppure perché nulla di tutto ciò sembra avere un'importanza nel definirci?

Infilo i fogli in una cartellina e, dopo aver sistemato tutto in una borsa, esco finalmente di casa. Cammino verso il centro del paese osservando tutti i negozi alzare le serrande e la gente che distrattamente fa colazione sulle panchine lungo la strada.

Non avendo ancora deciso dove lasciare il curriculum, cammino osservando le vetrine cercando di sentire il coraggio di entrare.

Quando passo davanti alla biblioteca pubblica mi lascio guidare dai ricordi di Oxford e faccio un passo avanti.

Salgo le scale di pietra del vecchio edificio. Amavo passare i pomeriggi chiusa qui dentro, nascondendomi tra i polverosi scaffali, sorbendomi anche le ramanzine della bibliotecaria che sosteneva fossi troppo "vivace" per un luogo come quello. Mi avvicino al bancone ed eccola, la stessa signora che avrà ormai cent'anni, ma che ti guarda perennemente con gli occhiali calati sul naso, come a scrutarti per capire se potrà ammetterti nel suo prezioso regno di carta e copertine di pelle.

Us against the world - In revisioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora