Capitolo 6

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"Mi racconti perchè ti chiamano Abby l'assassina?"

Quella domanda vorticava nella mia testa. Ero confusa. Sentivo gli occhi pesanti e la bocca secca. Non volevo dire a Louis il perchè di quel nomignolo. Non ho mai raccontato quella storia e non avrei voluto farlo nemmeno adesso. Lui era lì che continuava a guardarmi. La mia vista si offuscò. Ero pronta a piangere, di nuovo. Piangere d'avanti agli altri non mi è mai piaciuto. Apparivo una debole, una che ha bisogno di pietá. Ma io la pietá non la volevo da nessuno, io volevo solo essere una ragazza di quelle normali che si vivono la vita. Una ragazza senza il peso dei sensi di colpa per aver ucciso i suoi genitori. Una ragazza normale.

Louis notò la mia instabilitá. Presa il portafoglio lasciò i soldi sul tavolo.

Mi prese la mano e mi condusse fuori dal quel posto che mi stava soffocando.

Salimmo in macchina. Avevo brividi di freddo e le gambe mi temavano. Lui teneva la mia mano. Una presa ferrea. Una di quelle prese forti, che non mi fanno circolare il sangue. Amo il modo in cui la sua mano si incastra con la mia. La mia così piccola e la sua enorme.

Una lacrima scivolò lungo la mia guancia. Arrivammo al parco. Il mio parco, quello di lato casa. Louis non mi mollava la mano, il parco a quell'ora era vuoto. Non c'erano bambini che correvano ovunque. C'eravamo solo io, Louis e quella domanda che non faceva altro che rimbombare nella mia testa.

Mi condusse ad una panchina. Mi sedetti e aspettai che lui lo facesse lo stesso. Ma non si sedette di lato a me come credevo. Si accomodò sull'erba fresca del prato, di fronte a me. Giocavo con il laccio della mia amata felpa e tiravo le maniche di quest'ultima verso il basso. Avevo paura che poteva scoprire le bende e così facendo il mio segreto. Lo guardai negli occhi. Occhi che potevano sembrare azzurri ma il contorno della pupilla era verde. Occhi che mi scrutavano attenti. Occhi che attendevano le mie parole.

"Io.." dissi titubante e mi venne voglia di scappare. Non sono mai stata una di quelle che affronta i problemi. Io scappo dai problemi, ma loro mi rincorrono e sono più veloci di me. Nella corsa non sono mai stata un granchè!

Louis mi presa la mano e la intrecciò con la sua per infondermi sicurezza. Feci un respiro profono, chiusi gli occhi e incominciai a parlare.

"Mi chiamano così, perchè ho ucciso i miei genitori" dissi. Riaprii gli occhi e aveva uno sguardo confuso. Non capiva.

"In che senso hai ucciso i tuoi genitori?"

"Era l'estate dell'anno scorso. Io ero solita passare le estati in un campus. Ma quell'anno mia mamma non voleva passassi tre mesi fuori casa, si era appena sposata con Josh. Io ci volevo proprio andare a quel campus. Era un modo carino per passare l'estate. Una mattina bisticciai sia con lei che con Josh e scappai di casa. Avevo lasciato il telefono a casa e la voglia di tornare indietro non ce l'avevo e quindi rimasi fuori tutto il giorno. Non ero mai stata così tanto fuori casa e la cosa non mi piaceva. Avevo un brutto presentimento ma per orgoglio tornai verso sera a casa. Arrivata a casa non c'era nessuno, strano a quell'ora, più o meno, cenavamo.

Incominciò a suonare il telefono di casa. Risposi era una voce che non avevo mai sentito. Il rumore del telefono che cadeva a terra risuonó per tutta la casa. Uscii di casa e incominciai a correre. Gli occhi mi bruciavano. I miei genitori in ospedale. Il mio patrigno morto. Mia mamma in coma. Non poteva abbandonarmi, io non l'avevo mai abbandonata ero rimasta sempre con lei. Dovevo correre arrivare più in fretta possibile in ospedale. Mi passò un pensiero per la testa in quel momento. Theo. Forse era giá in ospedale. Arrivai all'ospedale corsi in terapia intensiva e chiesi di mia madre. Mi indicarono la stanza. Non potevo entrare. Potevo solo guardarla da uno stupido vetro. Ma non sono mai stata una che segue le regole. Quindi entrai e me ne fregai delle infermiere che imprecavano contro di me. Mia mamma aveva bisogno di me. Nessuno mi avrebbe fermata. Piangevo. Presi la mano a mamma era fredda. La mamma sentiva freddo dovevano coprirla di più. Appena la mia pelle toccó la sua. Lei aprì i suoi stupendi occhi mi guardò e in un sussurro mi disse 'Addio' ." Singhiozzavo, non riuscivo a respirare i miei genitori erano morti per colpa mia. Per uno stupido litigio, avevo perso tutto. Erano usciti per cercarmi quella sera.

Louis mi circondò con le sue braccia mi accarezzava i capelli. Non riuscivo a calmarmi. Lo abbracciai anch'io. Mi sussurrava all'orecchio di calmarmi che non era stata colpa mia, che non potevo sapere quello che sarebbe successo. Era la prima persona che mi diceva che la colpa non era la mia, che era del destino.

Riuscì a tranquillizzarmi.

È la sua voce che mi tranquillizza. È il suo modo di parlare, quel nomignolo che mi riserva. E quando si tratta di lui io non so che mi succede. Per qunto cerco di trattenermi, se si tratta di lui io sono felice.

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