Capitolo 8

759 30 4
                                    

Paura.

Stupida paura.

Paura di incominciare a provare qualcosa per il ragazzo con gli occhi azzurri. Amare è un rischio però io continuo a pensare a lui. Non conoscevo perfezione  poi ho visto il suo viso. Non credevo nell'amore però poi ha sorriso. Neanche io so dare un nome a questi sentimenti.

Ero appena tornata a casa, avevo fatto la doccia e stavo asciugando i capelli. Mentre passavo le dita nei capelli ancora un pò umidi, pensavo alla mia mattinata passata con Louis.

Fuori ancora piove, la mia mente adesso naviga verso nuove realtá. La mia testa era popolata da un paio di occhi azzurri ed un sorriso stupendo. Immagino il sapore tra le labbra che Louis avrebbe lasciato se lo avessi baciato.

Ero fregata. Avevo una grande paura.

Non conoscevo niente di Louis.

Non sapevo se è un tipo con i suoi spazi, un tipo che si imbarazza. Se beve latte a colazione. Non sapevo niente.

Lo conoscevo da quanto due giorni? E giá provavo qualcosa per lui.

Avevo lo stomaco sottosopra e la mente in confusione.

Louis mi attirava verso di se. Eravamo come attaccati da un filo invisibile. Avevo la necessitá di sentire la sua voce, di intrecciare la mia mano alla sua, di ridere insieme a lui. Solo volevo stare bene, di nuovo. Avevo deciso di ricominciare a vivere.

I capelli erano asciutti. Staccai il phone dalla presa e lo posai. Avevo fame scesi di sotto e c'era Theo che stava mangiando. Volevo chiarire con lui, non mi piaceva questa tenzione che si era creata tra di noi. Appena mi vide si alzò e se ne stava andando, ma prima che potesse uscire dalla porta lo tirai da un braccio e affondai nel suo petto, abbracciandolo così forte da rischiare di soffocarlo. Mi mancava un casino. Respirai il suo profumo. Profuma di pane fatto in casa, di caffè al mattino, di fumo sulle dita. Ha quell'odore di asfalto bagnato, di vernice fresca, di erba appena tagliata. Sa di vecchi vinili e libri mai aperti, di libertá e di lacrime senza dolore. Davvero ha quello strano odore di mare a gennaio, di anemoni che devono ancora sfiorire, di cioccolata e di vestiti appena stirati. Sa di pioggia a giugno, di vittoria dopo la maratona. Sa di casa dopo essere tornati dall'estero. Sa di inchiostro sulla carta e sulla pelle. Sa di regali ancora da scartare, di pastelli appena temperati, di papaveri nei campi.

È la corda preferita della mia chitarra, il rosso tramonto che squarcia il grigiore di Doncaster. È il raggio di sole prima, durante e dopo la bufera. È la neve a Natale, i film di Burton e Depp, le canzoni dei Pink Floyd, la voglia di sorridere che fa a botte col dolore. È il mio posto preferito. È casa mia.

Non potevo stare senza di lui.

Stavo piangendo di nuovo. Ormai non facevo altro.

Stavo per staccarmi da lui quando due grosse braccia mi attirarono di nuovo verso il suo petto. Si stava così bene. Non avevamo bisogno di parole. L'unica cosa importante era stare abbracciati.

Abbracciamoci, stringimi, costringimi a non avere paura del futuro o di quel che sará.

Alzai gli occhi e incontrai i suoi verdi. Le gambe mi cedetterò, stavo per cadere per terra quando lui mi prese e mi portò sul divano.

"Scusami Theo, io non volevo che succedesse quello che è successo, davvero io volevo solo andare a quello stupido campus. Non potevo immaginare che scappando di casa avrei perso tutto. Io non.." singhiozzai. I singhiozzi rompevano le mie parole. Faceva così male.

"Shh bambina, sono qui non vado più via." mi sussurrò coricandosi sul divano e abbracciandomi forte. Appoggiai la testa sul suo petto e piansi, mentre lui mi accarezzava i capelli. Tenevo la sua maglia stretta in un pugno, avevo paura che si alzasse e se ne andasse.

Stremata chiusi gli occhi e mi addormentai.

~You make me strong!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora