La camera che Angelica aveva nella vecchia casa era un po' piccola, ma vissuta: tutta rosa, recava ancora disegni, cartelloni e scritte che parlavano della sua infanzia, raccontavano l'evoluzione della sua personalità negli anni. L'armadio, ad esempio, era pieno di adesivi colorati, poster più o meno grandi e oggetti dimenticati dietro pile di magliette e jeans.
Ora, osservando la nuova camera vuota e disadorna, Angelica provò un moto di tristezza. Eppure, le piaceva l'idea che fosse isolata dalle altre camere da letto, con una porzione di stanza che si allungava a L e celava un angolino; le piaceva la vetrata a coprire tutta la metà superiore della parete, le piaceva il parquet nuovo come pavimento, le piaceva la prospettiva di scatenare la sua fantasia e creare la camera che desiderava.
Non la voleva più rosa. Voleva sprazzi di colori diversi dappertutto e mobili di legno chiaro, non più bianchi. Voleva un grande letto matrimoniale su cui far finta di studiare al pomeriggio in tutta comodità.
- Perché lei ha la camera più grande? Voglio starci io qui! - si lagnò subito il piccolo Michele.
- La mia camera è sporca e brutta, da là hanno detto che escono i topi. Ho pensato che meriti di meglio, Michi. - fece Angelica, con falsa gentilezza.
Il bambino rabbrividì alla parola "topi" e guardò la sorella con i grandi occhioni grigi spalancati. Aveva preso gli occhi del padre, a differenza di Angelica.
- Con i topi ci dormi tu. - fece, risoluto.
- Correrò questo rischio. Se mi fanno del male, scappa più forte che puoi. - esagerò la sorella.
Le avvertenze furono sufficienti a far schizzare via Michele, che si andò a rifugiare nella sua cameretta dal lato opposto della casa, dove il piccolo aveva già provveduto a schierare tutti i suoi giocattoli.
Angelica si diede quindi da fare con la madre per sistemare almeno le cose principali per la notte: i letti, il pigiama e qualche ricambio, il tavolo e le sedie in cucina. Ai grandi mobili avrebbero pensato nei giorni seguenti con più calma, anche perché la cucina della nonna non dispiaceva a nessuno.
Dalla casa della nonna si erano portati già cibo sufficiente per metà settimana.
Fu così che Angelica si trovò a girare per casa, sentendosi un po' cretina, in cerca degli oggetti che solitamente trovava già sistemati in bagno: riuscì a farsi trovare comunque pronta per le sette e mezza, spinta anche dall'insistenza della madre e irritata dalle lagne del fratellino.
- Prima accompagni me a scuola oggi. - si impuntò quest'ultimo, salendo in macchina.
- Angelica ha lezione prima di te, Michi. - gli fece notare la madre.
Il bambino si imbronciò.
- Michele, cerca di capire: non ha senso portarci dietro Angelica, lasciarla aspettare e farla arrivare in ritardo, se tu inizi mezz'ora dopo di lei. - spiegò la madre.
Per Michele il ragionamento cominciava ad acquistare un senso, ma non c'era verso di farglielo riconoscere ad alta voce. Era ancora piccolo e il suo orgoglio non aveva subito troppe scalfitture.
Angelica era rimasta in silenzio ad ascoltare la sua musica, tentando nel contempo di memorizzare il percorso che stavano facendo.
Cos'è quel mistero che ancora sei
Che porto qui dentro di meRiccardo.
Un mistero ancora.
Com'era che le canzoni calzavano sempre a pennello inaspettatamente?
Angelica lo vide non appena entrò in classe, seduto in fondo da solo, con quel famoso quadernetto. Salutò Beatrice, che era seduta vicino ad una ragazza che si presentò come Laura e che Angelica ricordò aver notato al suo fianco anche in un'altra lezione, il giorno precedente. Si appuntò mentalmente di indagare su di lei e, magari, di conoscerla meglio.
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Scrivimi una canzone
Teen Fiction«Se ti bacio faccio una cazzata?» Angelica deglutì, incantata dal suono roco della sua voce e dal desiderio che traspariva dal suo sguardo caldo. La distanza fra le loro labbra era troppo breve per tirarsi indietro, adesso. Ma, dopotutto, perché avr...