Capitolo 47 • Consapevole

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Angelica rientrò con un solo lecca-lecca in mano, avendo mangiato il suo strada facendo. All'ingresso, venne trascinata da sua madre in camera da letto.

- Ho appena parlato con vostro padre al telefono. - esordì la madre.

Un brivido attraversò la spina dorsale di Angelica. Era da tempo immemore che non sentiva suo padre.

- E?

- E vorrebbe venire al compleanno di Michele.

Angelica fece una risata falsa e forzata.

- Sul serio? Con che coraggio? Non ci ha fatto neanche gli auguri di Natale e dell'anno nuovo, non è passato a trovarci una volta in sei mesi... Si può sapere che importanza ritiene di avere adesso per noi?

La madre di Angelica annuì, d'accordo con il ragionamento della figlia.

- Mi ha fatto gli auguri anche per voi...

- Non conta. Io non li ho sentiti da lui e per me non valgono. - la interruppe Angelica.

- Certo, tesoro. Capisco. Hai deciso di non avere un normale rapporto padre-figlia con lui?

Angelica soppesò la domanda.

- Voglio dire, perché lo vuoi escludere dalle vostre vite? Io non ci vado d'accordo e ho preso la mia decisione, ma ciò non implica che anche voi tagliate i ponti con lui. Resta comunque l'unico padre che avete, l'unico a cui vi potrete rivolgere, l'unico e basta. E Michele è troppo piccolo per prendere una decisione. - spiegò la madre.

- Gli farebbe piacere vedere papà il giorno del suo compleanno. - constatò Angelica.

- Ma?

- Ma sappiamo bene cosa accadrà. Papà tornerà alla sua vita, una vita cui io e Michele non apparteniamo, e ci dimenticherà di nuovo per mesi. Come pensi che ci rimanga Michele? Lui ci crede ancora, in fondo in fondo. Vuole bene a papà, non capisce perché abbiamo dovuto cambiare tutto e, forse, spera ancora che si possa tornare tutti uniti come prima. Lui sarà anche troppo piccolo per prendere una decisione, ma io so cosa prova e l'impatto che le persone importanti hanno su di lui. Non voglio vederlo distrutto dentro, è già difficile così. - ragionò Angelica.

Poteva sembrare strano che a tali conclusioni fosse giunta la sorella invece che la madre del bambino, ma era la prima ad aver accudito il secondo da più vicino. La madre di Angelica abbracciò la figlia con orgoglio, fiera della ragazza intelligente che aveva cresciuto.

- Gli dirò che farebbe meglio a non passare. - decretò.

- Ottimo. - concordò Angelica.

Andò poi da Michele per dargli il lecca-lecca. L'espressione stupita e gioiosa del bambino rallegrò anche lei.

Si sedette accanto a Riccardo.

- Allora... Quante volte ti ha battuto Michele? - domandò.

- Sei o sette. Questo bambino è un fenomeno. - riferì il ragazzo, strabiliato.

Il soggetto della conversazione fece un sorriso enorme.

- Pensavi di avere vita facile, eh? Gioca come un indemoniato.

- Ho notato. Avrei vinto io, se mi fossi allenato un po'. Ti è andata bene, campione. - replicò Riccardo, fingendosi offeso.

- Io sono il più forte di tutti! - esultò Michele.

Nessuno osò contraddirlo.

La madre di Angelica iniziò a smuovere padelle da ogni dove della cucina e a tirare fuori ingredienti per preparare il pranzo.

- Tu resti a pranzo con noi, Riccardo?

- Non so... - vacillò il ragazzo.

Angelica fece cenno di sì per confermargli che le avrebbe fatto piacere.

- Okay. - disse allora Riccardo.

La ragazza lo condusse in camera propria, delegando Michele come aiutante della madre in cucina.

Riccardo rise.

- Un giorno smetterai di farcirlo di bugie?

- Un giorno, sì. Per ora può benissimo credere che in cucina è più utile di me e che nessuno sa maneggiare le pentole come lui. - sorrise Angelica.

Il riccio non aveva fratelli o sorelle, perciò non poteva sapere che piccole menzogne e prese in giro spesso salvavano la vita in casa, ma immaginava che fosse normale osservare un comportamento di quel tipo in Angelica. D'altronde, non le sarebbe stato possibile strumentalizzare e raggirare il fratello per molto tempo ancora.

Angelica si distese sul letto e invitò Riccardo a fare lo stesso accanto a lei. Le loro mani si intrecciarono quasi in automatico.

- Penso che prima o poi mi farà fare tutti i chilometri che io gli ho ordinato di percorrere da una stanza all'altra per prendermi l'acqua o le cuffie del telefono. Avresti dovuto vederlo, quando sgambettava per casa tutto contento di fare qualcosa. Potevo mica rovinargli la festa?

- No, certo che no. Povero bambino. - ridacchiò Riccardo.

Seguì un attimo di silenzio.

Fuori aveva iniziato a nevicare, ma nessuno dei due se ne accorse.

- Se io avessi avuto un fratello più grande, credo che avrei meno problemi con mio padre oggi. - commentò Riccardo.

- Avrebbe indirizzato lui al ruolo di dirigente dell'azienda? - domandò Angelica.

Il ragazzo annuì.

- Non è un po'... Antiquato? Voglio dire, magari tra i due il più adatto saresti stato comunque tu. Non tutti hanno la pasta da dirigente. - ragionò Angelica.

- Mio padre è tradizionalista. Anche se facessi musica per un po', il mio ruolo di dirigente sarebbe lì ad aspettarmi. Non credere che cederebbe la sua azienda a qualcun altro, sapendo che ha un figlio e che non ha nessun motivo per non essere adatto all'incarico. Non voler svolgere quel lavoro non è un buon motivo per non svolgerlo, secondo lui. - spiegò Riccardo.

La ragazza si trovò divisa tra la comprensione per il padre di Riccardo, che credeva fermamente nei valori tradizionalisti e voleva che il suo naturale erede mantenesse in vita ciò per cui aveva lavorato per tutta la vita, e il dispiacere per il ragazzo che amava, stretto fra confini che limitavano la sua libertà e creatività.

Riccardo Amante non era un ragazzo comune, non lo sarebbe mai stato. Era un'anima assetata d'infinito, romantica nel senso più filosofico e concreto del termine. Solo un romantico autentico le avrebbe potuto scrivere e dedicare canzoni intere, no?

Scrivimi una canzoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora