Capitolo 36 • Ultimo piano

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Quel lunedì fu uno dei più brutti della storia, per Angelica. Aveva pianto talmente tanto il giorno prima, soprattutto la sera con la musica triste nelle orecchie, che aveva ancora gli occhi rossi e gonfi la mattina seguente. In più, le palpebre tiravano perché le ore di sonno non erano state sufficienti, il rossore sul viso e sulle labbra c'era ancora e lei non trovava alcun motivo valido per uscire dal letto. Eppure lo fece.

Non era abbattendosi che le avevano insegnato a vivere.

Aveva bisogno di seguire le lezioni per restare al passo, di recuperare le ore di studio azzerate la domenica in vista delle prossime valutazioni e, soprattutto, di dimostrare a se stessa che era forte abbastanza da incassare quel duro colpo senza stramazzare a terra.

Si fece la doccia, si asciugò e indossò un paio di jeans attillati e una felpa morbida, poi fece una colazione abbondante e si sforzò di mettere da parte la tristezza.

Il gioco fu relativamente semplice da reggere finché non entrò in classe: l'espressione apprensiva di Beatrice e quella rigida di Riccardo distrussero all'istante tutti i suoi propositi. Nicola sedeva accanto all'amico, ma aveva gli occhi puntati sullo schermo del telefono.

L'indifferenza di Riccardo provocò un certo fastidio in Angelica, che decise di non mostrare quanto fosse ferita: si sedette con calma accanto a Beatrice e fece finta di chiacchierare normalmente.

- Quindi? Novità? - domandò tranquillamente.

- Nico non mi ha detto niente, ma è impossibile che non sappia qualcosa. O non ha capito bene o gli sta coprendo le spalle e, se devo essere sincera, entrambe le cose mi preoccupano. - rivelò Beatrice sottovoce.

Angelica annuì, seppur molto sorpresa dentro di sé.

Non comprendeva minimamente quell'improvviso cambiamento di Riccardo e lei si era sempre detta piuttosto brava a capirlo. La sua autostima incassò anche quel colpo.

Ci fu un aggravante all'intervallo: Sofia Frola che ronzava attorno a Riccardo con fare civettuolo.

Angelica si voltò verso Beatrice per ricevere conforto, ma stava baciando Nicola e non le parve il momento per interromperli.

Se ne andò in silenzio, ferita, e sbuffò soltanto quando era sicura di non farsi sentire da nessuno.

Non aveva fame né aveva la necessità di andare in bagno, perciò andò alla ricerca di un luogo isolato in cui stare al telefono indisturbata. Scelse il bagno delle ragazze all'ultimo piano.

Scambiò alcuni messaggi con Cecilia, che si disse prontissima a darle un po' di carica il pomeriggio seguente in palestra, ma capì che aveva bisogno di qualcuno che la abbracciasse e la guardasse dal vivo per tirarle un po' su il morale.

Come faceva Riccardo a dormire sonni tranquilli quando per più di un mese erano stati insieme, innamorati e affiatati più che mai?

Dal bagno centrale provenivano dei rumori strani, come di rigetti, che poi si mescolavano all'acqua dello sciacquone. Angelica bussò.

- Tutto bene?

Chiunque fosse oltre la porta, emise un verso strozzato.

- Oddio, ma che succede? - domandò Angelica, spaventata.

Un minuto dopo, la porta si aprì e ne uscì una ragazza bionda piuttosto familiare.

- Laura?! Ma cosa stavi facendo?! - esclamò Angelica.

Laura era pallida in viso.

- Mio Dio, non dirmi che hai appena vomitato...

Gli occhi bassi e le labbra strette ne furono la conferma.

Angelica rischiò di scoppiare a piangere di nuovo, anche se non si trattava di un suo problema personale.

Abbracciò Laura con impeto.

- Perché? Perché, Laura? Sei bellissima così, non hai bisogno di rigettare tutto. Chiunque sia la causa, non deve minare la tua salute. Mi hai capito?

Una lacrima scese dal viso pallido di Laura.

- Di chi è la colpa? Dimmelo, Laura, merita una punizione. - insistette Angelica, accorata.

Se non era capace di risolvere i propri problemi, si disse di tentare con quelli di Laura.

- Non è colpa di Luca... Sono io che non mi sento abbastanza... Lui è così bello, estroverso, popolare... E io...

- E tu non sei da meno! Non farti questi problemi, ti prego. Sono sicura che gli piaci così come sei e che non devi cambiare per somigliare a qualche stramba modella anoressica. Non odiarti, Laura.

Angelica la guardò negli occhi e sperò di esserle stata d'aiuto.

- Vai e mangia qualcosa, sei bellissima. - le disse.

Laura annuì e fece per andarsene, poi tornò indietro.

- Tu come mai sei venuta fin quassù?

Fu il turno di Angelica di chiudersi in se stessa.

Con Laura non aveva mai avuto molta confidenza, a dire il vero: scherzi in gruppo e sorrisi cordiali, ma niente di più approfondito.

- Volevo stare un po' per conto mio. Non sopporto di vedere Riccardo con Sofia e... Non voglio vedere nessuno, in generale. Avrei preferito non venire proprio a scuola, a dire il vero, solo che devo prendere appunti e stare attenta a lezione. - spiegò.

- Riccardo e Sofia? Ma da quando? Non state più insieme tu e lui?! - esclamò Laura, sbalordita.

Angelica scosse la testa.

Sentiva già le lacrime salirle agli occhi.

- Come mai?

- Non lo so. - sussurrò, trattenendo a stento un singhiozzo.

Laura non ebbe il coraggio di abbracciare Angelica, ma le mise una mano sulla spalla ed espresse tutto il suo dispiacere attraverso lo sguardo.

Angelica le fece cenno di lasciarla sola.

Rimase a fissare la città fuori dalla finestra del bagno per diversi minuti, nel silenzio più totale, mentre da lontano sentiva l'eco degli schiamazzi dei suoi compagni di scuola nei corridoi.

Suonò la campanella, ma lei non era pronta ad asciugarsi il viso e tornare fra gli altri come se niente fosse. Non era vero che non era successo niente.

Passò qualche altro minuto, poi si decise a scendere per non preoccupare nessuno. C'era ginnastica.

Attraversando il corridoio che portava allo spogliatoio femminile, fu costretta a passare davanti a quello maschile e, proprio in quel momento, Riccardo uscì.

Avrebbe voluto fermarla e chiederle dov'era sparita, dirle che non reggeva più quella messinscena da lui stesso creata, ma non ne ebbe il coraggio. Si augurò che lei lo perdonasse, una volta conosciute tutte le dinamiche della vicenda.

Lei, però, gli sferzò uno sguardo micidiale, talmente freddo e cattivo poiché dettato dal dolore della ferita fresca, che Riccardo rabbrividì.

Forse non sarebbe stato così semplice farsi perdonare.

Scrivimi una canzoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora