Angelica si svegliò con un enorme problema in testa. Letteralmente.
I capelli sporchi le davano fastidio, ma non lo erano ancora abbastanza per essere lavati.
L'aggravante di quella mattina, però, era la piega che alcune ciocche avevano assunto poco sopra la linea dell'orecchio. Tenerli sciolti era fuori discussione.
Sbuffando, rovistò nella trousse e trovò l'elastico blu, l'unico che era riuscita a non perdere durante il trasloco. Mossa poco furba quella di infilare il mucchio a casaccio in uno scatolone qualsiasi.
Fatta la coda alta, indossò una semplicissima maglietta bianca a maniche corte e la infilò nei jeans azzurro chiaro effetto vintage, non aderenti, con il risvoltino alto. Era il look che lei catalogava come "all'americana", fresco e sbarazzino.
Riuscì a mettere sotto i denti una merendina prima di ingurgitare il cappuccino e maledirsi perché si era bruciata la lingua. Tutta colpa del suo fratellino insistente.
- Mamma, Angelica è lenta! Angelica fai in fretta! Veloceeeeeee! - si lagnava.
Lei lo fissò assottigliando lo sguardo. Col cavolo che avrebbe rivisto Peter Pan per la settantesima volta solo perché lui era triste! Quella peste si meritava un calcio fuori dalla porta.
- Angelica, hai preparato lo zaino? Non dimenticare la merenda, mi raccomando! - le si rivolse la madre.
La ragazza sbuffò.
Aveva arte per le prime due ore, poi scienze, latino e ginnastica. Raccattò una maglietta vecchia e un paio di pantaloncini e li infilò in una sacca insieme al deodorante: non aveva tempo di pensare alle scarpe da ginnastica, si sarebbe fatta bastare quelle bianche che aveva ai piedi. Mise nello zaino due quaderni a caso e l'astuccio.
All'ultimo, tornò indietro per il portafoglio e le chiavi di casa.
- Adesso arriveremo in ritardo. Perché non siamo partiti prima? - si lamentò Michele.
- Mi spieghi qual è il problema? Io sarò in ritardo e tu persino in anticipo. Punto. - sbottò Angelica.
A lungo andare, perdeva la pazienza. Sua madre la ammonì con lo sguardo.
È solo un bambino.
Trattalo con dolcezza.
Non essere cattiva.
Lui non capisce, sii buona.
Proteggilo.
Frasi che si era sentita ripetere un'infinità di volte dai suoi genitori, ma che ignorava sempre quando avrebbe dovuto tenerle a mente. Il guaio era che dopo le dispiaceva essere stata dura.
Come previsto, Angelica era in ritardo: lo testimoniava il cortile d'ingresso vuoto. Solo due ragazze erano ancora lì fuori, con una sigaretta tra le dita.
Un rombo d'auto richiamò la sua attenzione proprio quando sua madre se ne stava andando. Voltò il capo.
Una Mercedes nera si fermò di colpo e da quel parcheggio molto impreciso uscirono tre persone: Angelica ne conosceva solo una.
- Ciao Bea! Anche voi in ritardo? - domandò.
- Uh, sì. Qualcuno qui si è fatto attendere. - rispose l'amica, guardando un ragazzo biondo con la felpa grigia portata ad arte, ovvero con il cappuccio a tre quarti sulla testa e le maniche tirate su a stringere sugli avambracci.
- Io almeno esco di casa con dei capelli decenti. - replicò il ragazzo, sfacciato.
Beatrice accusò il colpo.
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Scrivimi una canzone
Teen Fiction«Se ti bacio faccio una cazzata?» Angelica deglutì, incantata dal suono roco della sua voce e dal desiderio che traspariva dal suo sguardo caldo. La distanza fra le loro labbra era troppo breve per tirarsi indietro, adesso. Ma, dopotutto, perché avr...