Capitolo 43 • Sconfitto

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Occhi bassi, un respiro profondo
Forza, oggi è un nuovo giorno
Pensa a me, so che mi vedi
Guardami, dimmi chi vedi
Parlami, lo so che fremi
Toccami, ma senza freni
Baciami, perché ti trattieni?

Sotto questo sole, dietro a mille ombre
Il nostro è un solo cuore
Non vedi quanto soffre?
E guarda mentre finisce
Il tramonto che cosa c'è
C'è un dolore grande che trascina me e te
E ci porta giù nelle tenebre...

Capelli lunghi, curve mozzafiato
Statuaria bellezza, fascino innato
Viso un po' spento, cos'è capitato?
Vieni qui e apri il tuo cuore
Raccontami, mio grande amore
Mostrami il tuo dolore
Lascia che io lo porti altrove
Tendimi le tue belle mani
e stringimi come se non ci fosse un domani

Sotto questo sole, con mille desideri
dimentica gli sbagli che ho fatto fino a ieri
Balla con me come se ci fossimo solo io e te
Canta con me questa notte perché io lo farei per te
Amami tanto quanto io amo te
E dimmi che non hai mai smesso perché il mio cuore appartiene ancora a te...
Ora e per sempre.

Angelica, reggendosi a Nicola, che a sua volta teneva la mano di Beatrice dall'altro lato, aveva le lacrime agli occhi e il sorriso sulle labbra. Era così orgogliosa di vedere Riccardo, il suo Riccardo, il suo grande amore, cantare la sua canzone preferita proprio davanti a lei. Nessuno aveva dubbi su di loro, non più: si amavano, si guardavano, la canzone rimbalzava melodiosa fra loro, ma ancora non era chiaro perché non tornassero insieme.

Quando Riccardo scese dal palco, Angelica gli andò vicino e gli poggiò le mani sulle spalle.

- Dimmi che mi ami. - sussurrò, piangendo.

- Certo che ti amo. Ti ho sempre amata. - annuì lui, con gli occhi che brillavano dopo mesi di oscurità.

- Dimmi che non mi lascerai più. - continuò la ragazza.

- Ora che ti ho ritrovata, niente ci dividerà più.

Angelica gli stampò un bacio sulle labbra, intenso e tormentato, ma colmo di gioia.

Riccardo la strinse a sé, incredulo che lei non avesse esitato a perdonarlo. O, almeno, così sembrava.

Qualcuno applaudì a ritmo scandito con lentezza.

- Complimenti, bello spettacolino. - commentò Edoardo.

Erano in un angolo piuttosto isolato della sala, dietro le scale che portavano al palco.

Edoardo fece qualche passo con la solita scioltezza, scostò Angelica in modo da offrirle l'appoggio del corrimano della scala e si fermò di fronte a Riccardo. Fece mezzo passo all'indietro e caricò un gancio destro che colpì con sorprendente velocità e forza lo zigomo sinistro del riccio.

Il ragazzo rischiò di cadere a terra.

- Edoardo! - urlò Angelica, esterrefatta.

- Zitta tu.

Riccardo si riassestò e afferrò il nemico per il colletto della camicia.

- Non osare zittirla. Anzi, non parlarle più. Ho chiuso con la tua merda. - sibilò, freddo e tagliente.

Edoardo si permise di fare un sorrisetto malvagio.

- Non proprio. Dille perché l'hai lasciata. Fallo tu, visto che io non le devo parlare. Vediamo se poi lei vorrà ancora parlarti. - insinuò.

Riccardo strinse il pugno con forza e si trattenne miracolosamente dal fracassargli la mascella. Gli sputò sul naso e lo spinse via, rabbioso.

- Fai schifo. La gente come te non merita niente.

Scrivimi una canzoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora