Capitolo 21 • Cantami

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Alle nove di un lunedì sera qualunque, Angelica soleva mettersi il pigiama e stare a letto a studiare oppure rilassarsi con libri, film, musica o semplici giri sui social. O, ancora, telefonate, ma quella più propensa a stare ore a parlare al telefono era sua madre: lei apparteneva alla generazione dei messaggi e degli scatti flash.

Quello, però, non era un lunedì sera qualunque. Dopo essersi assicurata che Michele si stesse addormentando, si arrovellò il cervello di fronte all'armadio, indecisa su come vestirsi.

Infilò i pantaloni larghi del pigiama azzurro con le nuvole e cercò la maglia coordinata, ma era ancora in canotta bianca quando Riccardo la avvisò via messaggio che era arrivato. Prese allora la vestaglia e se la buttò addosso, senza tirarne fuori i capelli, per aprire la finestra della sua camera e scrivergli di entrare da lì.

Non aveva voglia di spiegare a sua madre perché Riccardo era lì a quell'ora e arrivare al davanzale della finestra non doveva essere complicato, considerata l'altezza irrisoria.

Un minuto dopo, eccolo lì: i ricci scuri scompigliati dal venticello notturno, milioni di stelle racchiuse in due chiazze verdi e un sorriso che avrebbe smosso oceani a curvare dolcemente le labbra piene. Indossava una felpa leggera e aperta, una maglietta grigia di cotone e un comune paio di jeans, ma Angelica vide oltre quei dozzinali abiti e cercò di immaginare il suo corpo. Evitò di concentrarsi troppo su quel pensiero per non fare la figura dell'idiota.

- Ciao. - sussurrò.

- Ciao. - sorrise lui, roco.

Angelica si trattenne dallo sporgersi sul momento e baciarlo, facendo forse la cazzata della vita. Aprì di più la finestra per consentirgli di entrare più agevolmente e lo guidò verso il letto.

- Carina la camera. - commentò Riccardo.

Nonostante fosse qualcosa cui non si sarebbe dovuto attribuire importanza, Angelica si sentì gratificata del lavoro che l'aveva impegnata tutta la domenica mattina.

- Grazie! Quella che avevo fino a poco tempo fa era molto più piccola. Ho dovuto dire a Michele che ci sono i topi qui per non litigare con lui. - raccontò.

- Ha paura dei topi? - ridacchiò il ragazzo.

- Non credo, ma nessuno vorrebbe avere dei topi in camera, no?

- No, infatti. - annuì.

Riccardo sentì che era il momento giusto.

Bisognava parlarne: era lì per quello, d'altronde.

- Io... Ci tenevo a parlarti perché... - esordì.

Angelica tentò di restare seria, ma le sembrava troppo solenne quell'inizio e avvertì l'impulso di allentare la tensione di Riccardo.

Perché era tanto nervoso?

Fece un'espressione buffa e stupida.

- Dai, non mi deconcentrare! - si lamentò lui, ridendo.

- Sei rigido come le assi di questo letto. Sciogliti un po', non ti sto mica puntando una pistola addosso. - sorrise Angelica.

La osservò mentre si distendeva, i capelli sparsi sul cuscino, il ventre piatto e la curva dei seni più in evidenza, ora che aderiva su una superficie orizzontale. E sporgevano anche le clavicole, la labbra subìvano l'effetto della luce, risaltando nel volume, e gli occhi apparivano più chiari.

- Sono stato io a dire a Nicola di non andare all'appuntamento sabato sera. - confessò Riccardo, prendendo coraggio dall'aria tranquilla che le aleggiava intorno.

Angelica chiuse gli occhi, senza perdere quella tranquillità che tanto confortava Riccardo.

- Perché? - mormorò.

Scrivimi una canzoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora