Capitolo 14 • Rievocare

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Il pallone da basket rotolò fino ai piedi di Angelica ed ebbe l'effetto di spezzare la bolla di intimità che si era creata fra sé e Riccardo.

Distolse faticosamente gli occhi da quelli verdi di lui e si chinò per prendere la palla.

- Ehm... Riproviamo? - propose.

Riccardo impiegò qualche secondo in più a realizzare che si era chiusa quella parentesi, ma si riscosse e annuì.

- Certo. - la fissò - Ti faccio vedere di cosa sono capace.

- Perché, fino adesso non ti sei impegnato? - fece lei, sollevando le sopracciglia.

- Era solo per scaldare il gioco. - buttò lì lui.

Angelica passò la lingua tra i denti e la fece schioccare contro il palato.

- Bene, fatti sotto allora. - lo sfidò.

Nel momento in cui un lieve e rapido sospiro lasciò le labbra di Angelica, Riccardo incanalò il desiderio e, nelle sue vene, si tramutò in adrenalina carica di energia.

Pochi scatti e tanta determinazione furono la chiave vincente: riuscì ad appropriarsi della palla, coprire la distanza che lo separava dal canestro in tre falcate e segnare. Angelica, sorpresa, non riuscì a fermarlo nemmeno nei due tentativi successivi.

- Vuoi incassare un altro punto o ti arrendi? - domandò lui, battagliero.

L'intuito della ragazza le suggerì di interrompere la sfida. Avrebbe perso anche venticinque a uno, se avessero continuato.

- Sospendo la partita. Mi dichiaro troppo stanca per andare avanti. - alzò le mani in segno di resa.

Riccardo fece qualche palleggio ancora, poi andò a posare la palla al suo posto.

Sarebbe stato bello farsi un bagno in piscina, rilassarsi in acqua e godere della compagnia di Angelica senza un'inutile sfida in mezzo, ma il pensiero di averla in costume a pochi centimetri di distanza bastava a farlo vacillare. Non sarebbe più riuscito a trattenersi.

- Se vuoi farti una doccia, posso portarti un asciugamano...

- No, no, grazie. Io... - lo interruppe lei.

Riccardo non voleva che se ne andasse. Era rimasta poco e aveva ancora la testa piena di lei.

Eppure, non sapeva come intrattenerla.

Angelica andò a cambiarsi e ci mise più del solito perché era sovrappensiero.

Non è quel filo di trucco a cambiare tutto. Sei bella ora, tu al cento per cento, anche se un po' rossa, come sei bella con le ciglia nere di un centimetro più lunghe.

- Mi stavo chiedendo... - iniziò, tornando da Riccardo, che non si era mosso.

- Mmh?

- Non so... Pensavo... Tu suoni la chitarra? - domandò dunque.

Riccardo rimase di stucco. Come mai ci aveva pensato?

Non poté evitare di accennare un sorriso al pensiero che lei ci aveva riflettuto.

- Sì, perché?

Anche lei sorrise.

- Ti ci vedo, sai? Seduto con la chitarra tra le braccia a cantare. Magari canzoni tue. Davanti ad una marea di gente. - ipotizzò.

Riccardo provò a figurarsi la scena, esattamente come lei l'aveva descritta.

Immaginò un palco, una sedia dove sedersi a cantare con il microfono fissato sull'asta, il suono dolce della chitarra ora accarezzata ora pizzicata, la propria voce spandersi e raggiungere migliaia di volti. Fra essi, avrebbe cercato quello di Angelica, senz'altro.

- Magari. - le fece eco.

Poco dopo la riaccompagnò a casa, anche se non era tardi: entrambi sentivano che era così che doveva andare e che, forse, un giorno sarebbero rimasti a parlare tutta la sera.

C'era ancora troppa incertezza fra loro.

Riccardo parcheggiò di fronte alla casa di Angelica.

- Grazie per essere venuta. - le disse, non trovando modo migliore per congedarla.

- Sì, be', avrei preferito vincere, ma... Immagino che avrò altre occasioni per batterti. - sorrise lei.

Riccardo annuì e lei si sporse per lasciargli un bacio fugace sulla guancia.

- Ciao, Riccardo. - sussurrò.

- Ciao... Angelica. - ricambiò lui.

Era chiaramente su di giri e lei se ne compiacque. Esercitare anche solo lievemente un effetto su di lui la rallegrava.

Rientrò in casa sorridendo.

- Ange! C'è anche Riccardo? - la salutò Michele, con una macchinina in mano.

Lei spostò lo sguardo sul fratellino.

- Ehm... No, se n'è già andato. - mentì.

- Però voglio stare anche io un po' con lui. - si lagnò il bambino.

Angelica non lo stava più calcolando: galoppava sulle ali della fantasia attraverso scenari bellissimi, immaginando di coronare il suo sogno d'amore.

Amore. Forse era un po' presto per usare quella parola, pensò.

Si lasciò cadere sul letto e chiamò Beatrice per renderla partecipe di tutta la gioia che provava in quel momento.

Anche Riccardo attese di essere in camera sua per rivivere gli istanti magici di quella sera: guidò con insolita lentezza, camminò con leggerezza e fissò il cielo stellato fuori dalla finestra per un lasso di tempo che parve immenso.

Ripensò a quant'era bella Angelica anche nella semplicità del viso senza trucco e della tenuta sportiva addosso, a com'era facile per lei passare dal lato provocatorio a quello insicuro a quello ironico; ripensò al modo in cui si muoveva, al profumo che emanava, al sorriso che la illuminava tutta. E poi c'era stato quello sguardo. Si era trattato di un momento fuori dall'asse temporale, fuori dalla dimensione reale e da qualunque altra, fuori dalla gamma di quelli che gli era capitato di riconoscere.

Si era stabilita un'interconnessione intensa, profonda, carica di elettricità: ognuno era legato all'altro dal flusso di sensazioni che scorreva nel filo immaginario che li legava; ma non c'era niente di meno immaginario di quelle stesse sensazioni. Lui le aveva sentite bruciare sulla pelle, scorrergli nelle vene, permeargli il petto e tutte le membra. E aveva provato un desiderio matto, quasi disperato.

Evocare quei ricordi intensi riaccese la sua vena poetica e fu un attimo prima che Riccardo si alzasse dal letto, ignorasse qualsiasi altra cosa avesse da fare e afferrasse il quadernetto delle canzoni.

Riprese la pagina di Sei Poesia.

Rilesse i versi già scritti e altri fluirono come acqua in un fiume.

Ricordo un cielo estivo
prima di incontrare te
un cielo che mi dava gioia, speranza, ilarità
un po' come i tuoi occhi che cantan libertà

Un chiarore un po' più schivo
getta luce su carta inutile
Carta che non parla di te
Te che sei sempre con me

Ma tu lo sai...
sei più bella di questa carta che
Carta che non parla di te
Te che sei...
Poesia.

Rievoco quella sera
quel profumo che sa di te
sguardi che sfidano
sguardi che sorridono
occhi che mirano
labbra che si schiudono

E se penso a quella sera
non c'era niente di più semplice
di me
con te
E la magia che tu hai su di me

Ma tu lo sai...
sei bella come un pizzico di magia
sei un incanto, non andar via
Tu che sei...
Poesia.

Guardo gli occhi tuoi
Scorgo i pensieri miei
No, non andare via
Resta qui,
mia dolce
Poesia.

Scrivimi una canzoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora