Capitolo 47

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SUMMERS' POV

Avete presente quando nei film accade di tutto e di più alla protagonista, ogni cosa è più brutta dell'altra e che quando le sembra di riuscire a venirne fuori, non ci riesce?
Ecco, solo che poi arriva qualcosa o qualcuno che le migliora la vita, e dimentica il suo passato, vivendo felice e contenta. Si chiama lieto fine.

Io la conosco solo questa parola, l'ho sempre e solo sentita dire e vista nei film. Non ne conosco il significato, perché non l'ho mai vissuto.

Pensavo fosse Tyler il mio lieto fine, ma pure lui se ne è andato, mi ha lasciata ad affrontare tutto questo da sola.
Riesco a far allontanare da me chiunque, pur non volendolo, non facendolo apposta.

Ancora una volta devo contare solo su me stessa, farmi forza da sola, ed essere accanto a gli altri, per diminuire il loro dolore, la loro sofferenza.
Ma ora mi chiedo, come posso fare tutto ciò, come posso essere di supporto a qualcuno, quando io sono la prima che in questo momento soffre come non mai e sente di non riuscire a vivere un altro giorno su questo mondo.

In questo momento sento ancora più dolore di quello che provavo quando venivo picchiata, umiliata, fatta sentire inutile.
Solo lui mi ha supportato in quel periodo, in quell'incubo che sembrava non avere una fine. Lui era lì a dirmi che ero forte, che ero una combattente.

Se mi vedesse ora sarebbe solo deluso da me. Solo ora mi rendo conto di essere sempre stata una delusione per i miei genitori, per Zayn e in particolare per lui, per Jay.




"Infatti io non compio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio. Questo versetto dei Romani non può essere una..."

La voce del nostro pastore mi risveglia dal turbinio di incertezze e auto colpe, che frullano nella mia testa.

Mi guardo attorno, con gli occhi lucidi, perlustro l'intera chiesa.

Penso di non avere mai visto così tanta gente ad un funerale; c'è tutto il corpo di polizia e tutta la caserma dei Vigili del Fuoco di Chicago, compagni di liceo di Jay, che pensavo che non avrei mai più rivisto, i nostri vicini di casa, i parenti e tantissime altre persone. La chiesa è gremita, e molta gente attende fuori.
Accanto a me, Steffy, la mamma, papà e Zayn.

Steffy non ha mai smesso di piangere; passano pochi minuti da una volta all'altra in cui si asciuga le lacrime o si soffia il naso. Le sue mani sono poggiate sul ventre, ad accarezzarlo dolcemente, con premura.

Mamma, è continuamente scossa dai singhiozzi, ed ogni volta che il pastore pronuncia il nome di Jay scuote il capo, non accettando di aver perso il suo piccolo uomo per sempre, stringendo la mano a papà.

Papà ha un'espressione indecifrabile in volto; la mascella contratta, gli occhi impregnati di lacrime chiusi a due fessure, e le guance leggermente bagnate da qualche lacrima sfuggita al suo controllo.
Le sue mani sono una avvolta a quella della mamma, e l'altra appoggiata sulla gamba di Zayn.

Zayn ha lo sguardo puntato sul bambin Gesù, che occupa una modesta parte dei vetri colorati della chiesa, da quando ci siamo accomodati su queste panche vecchie e scomode, che in situazioni come questa lo diventano ancor di più.

Io, invece, sono distrutta, il mio viso è la parte più inguardabile; scavato, privo di trucco, occhiaie e gli occhi arrossati dal troppo pianto.

Senza accorgermene, troppo persa ad osservare, il culto finisce.

Rᥱsᥴᥙᥱ MᥱDove le storie prendono vita. Scoprilo ora