Capitolo 36

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TYLERS' POV

Entro nell’appartamento.

Ma c’è qualcosa di diverso; le pareti, gli oggetti, i mobili sono gli stessi ma c’è qualcosa che non va, me lo sento.

Mi sbottono la giacca, intanto che vado verso la camera da letto.

Apro la porta, e notando che è tutto buio, accendo la luce.

Schiaccio il pulsante dell’interruttore, ma non cambia nulla, l’unica cosa che succede, è che iniziano a sentirsi dei singhiozzi.

“Summer? Summer, sei tu?”

I singhiozzi si fanno sempre più forti e più frequenti.

“Piccola. Piccola che cos’hai?” avanzo nel buio. “Piccola, parlami. Ti prego.”

Inizio ad alzare la voce, nel tentativo di farmi sentire di più, visto che non ottengo risposte.

“Perché.” Odo un suo mormorio strozzato.

“Cosa perché?” le chiedo fermandomi, mentre i miei occhi cercano di abituarsi al buio.

“Perché lo hai fatto.” Questa volta la voce è diversa.

Sudori freddi e brividi si impossessano di me. Sembra di essere stato catapultato in un film dell’orrore.

“Perché ho fatto cosa, piccola.”

Delle luci abbaglianti si accendono.
Socchiudo leggermente gli occhi.

Questa non è la nostra camera, ma quello che più mi sconvolge è ciò che vedo davanti a me.

Su due sedie differenti ci sono Summer e… Gwen.

Hanno entrambe una maglietta bianca che arriva appena sotto le cosce, sporche e con qualche macchia di sangue.

Summer, ha dei lividi su tutto il corpo e sta piangendo.
Il trucco nero è colato sulle guance, per quel poco che riesco a vedere, visto che i suoi capelli che tanto amo accarezzare, le coprono il viso.

Gwen invece, lei è bellissima come sempre, i capelli castano chiaro sono raccolti nella solita treccia scompigliata che è solita portare.

In confronto a Summer e alle loro magliette, lei non ha segni o lividi o roba simile.

Il suo corpo ha il solito colore chiaro e delicato della sua carnagione, e la pelle è lucente e morbia, anche se non posso toccarla lo so, me la ricordo bene.

Alzano in perfetta sintonia, il capo verso di me.

Mi guardano dritto negli occhi e sussurrano a fatica: “Perché ci-ci hai uccise. P-Perché ci hai lasciate… m-morire.”

Dai loro petti, all’altezza dei loro cuori una piccola fuoriuscita di sangue, si espande sempre di più.

“No! Io non vi ho fatto nulla! Non vi farei mai del male!” grido.

Faccio per correre da loro, ma sono come  ancorato al pavimento.

Allungo le braccia, per cercare di riuscire ad accarezzarle, quando vedo che nelle mie mani ci sono due pistole.

No! Non posso averlo fatto.






Mi tiro su di colpo, col respiro affannoso e brividi in tutto il corpo.

Tiro su di poco le gambe e allargandole leggermente mi ci appoggio sopra con i gomiti.

Mi passo le mani tra i capelli.

Rᥱsᥴᥙᥱ MᥱDove le storie prendono vita. Scoprilo ora