4

459 22 0
                                    

lo faccio entrare in casa.
io: aspettami in soggiorno.
dico mostrandogli la stanza, che è la prima a sinistra appena si entra.
lui si siede sul divano e io vado a posare lo zaino in camera, mi guardo un po' allo specchio e sospiro, poi torno da lui. ha in mano un fermacarte a forma di piramide e lo osserva.
io: mettilo giù, potresti romperlo. me l'ha regalato mia mamma, ci tengo.
lui lo appoggia sul tavolino.
io: hai fame o sete? vuoi qualcosa?
sto davvero facendo la gentile con uno stalker che ha quasi tentato di uccidermi?
J: no, prendo due di queste.
dice vedendo il pacchetto di cicche sul tavolino e mettendosene due in bocca.
io: ok...
J: quindi non hai detto niente della meth alla tua amica giusto?
io: giusto.
J: e al tuo ragazzo?
io: te lo ripeto, quello non è il mio ragazzo. e comunque no, non l'ho detto a nessuno.
lui annuisce e si guarda in torno.
J: bella casa ragazzina. esattamente cosa fai per permettertela? ti scopi qualcuno di importante vero?
io: me la paga mia mamma e non chiamarmi ragazzina.
lui mi scruta dall'alto in basso sorridendo, mentre mastica a bocca aperta le cicche.
J: certo che sei proprio un bel tipetto, ragazzina.
io: scusa, ma quanti anni hai esattamente?
J: perché ti interessa?
chiede divertito.
io: se ti ostini a chiamarmi ragazzina sarai parecchio più grande di me, non pensi?
dico sedendomi sulla poltrona davanti a me.
J: sì beh, ne ho ventiquattro.
rimango basita, come può chiamarmi ragazzina se ha solo cinque anni più di me!
alzo gli occhi al cielo.
J: perché quella faccia? non ti preoccupare, sono così esperto che posso farti urlare quanto un trentenne.
schiudo la bocca, esterrefatta. e lui sorride, ha ottenuto quello che voleva.
io: sei solo un pervertito.
lui sbuffa divertito e in quello stesso momento comincia a squillargli il cellulare, risponde e fa un po' il sbrigativo, infatti dopo due secondi ha già riattaccato.
J: io vado.
dice alzandosi e io lo imito.
io: ti accompagno.
mi segue alla porta, la apro e quando mi giro, lui solleva lo sguardo. mi stava fissando il culo, io sospiro e lui continua a sorridere.
J: è stato un piacere rivederti.
io: tutto tuo.
affermo seccata.
J: ah, un'ultima cosa.
dice prima di scendere i gradini.
J: la divisa ti sta benissimo.
dice ammiccante.
io: certo, come no.
lui gira i tacchi e percorre il vialetto, solo ora noto la Toyota rossa dall'altro lato della strada.
J: ci si vede.
urla dal marciapiede alzando un braccio in segno di saluto, senza neanche girarsi.
io: non ci contare!
urlo io di tutta risposta per poi chiudere la porta.
torno in soggiorno e noto che il fermacarte non è più sul tavolino, mi guardo un po' in giro e poi capisco. corro fuori ma Jesse è già partito, cazzo! cosa non capisce di "è un regalo di mia mamma, ci tengo"? l'ha fatto apposta, così ha una scusa per vedermi. sospiro e guardo l'orologio, sono le cinque, andrò da lui prima di cena.
decido di farmi una doccia e di cambiarmi, così, alle sei e mezza mi ritrovo davanti a casa sua.
entro dal cancello che è aperto, supero la Toyota e il camper e mi trovo davanti alla porta, mi blocco quando sento dei gemiti e degli orgasmi all'interno. ma non mi lascio intimorire e busso, le urla cessano, aspetto due minuti e poi mi viene ad aprire Jesse con addosso i suoi soliti vestiti, l'unica differenza è che la cintura dei suoi pantaloni ora è aperta.
J: wow, a cosa devo questa visita?
dice appoggiandosi allo stipite della porta.
io: lo sai benissimo.
J: no, non lo so. ma se vuoi ne possiamo discutere dentro, c'è una mia amica, ma te la posso presentare.
io: sì, ho sentito, ma non mi piacciono le cose a tre.
lui si morde fortemente il labbro inferiore, così forte che da un momento all'altro penso che gli posso uscire sangue, squadrandomi. so che mi sta immaginando nuda, probabilmente sopra di lui a fare cose indicibili.
J: scusa ragazzina, non ti aspettavo così presto. credevo di avere un po' più di tempo per divertirmi.
io: beh, rivoglio il mio fermacarte. ti aspetto qui, portamelo.
J: forza, entra.
dice rientrando e io lo seguo. questa casa è enorme e arredata benissimo, nonostante il disordine, i bong e la puzza di erba, è una bellissima villetta. come fa a permettersi un posto così? ah già, la droga.
J: il divertimento è finito, tornatene a casa.
una che avrà il doppio della mia età si alza dal divano, è completamente nuda, Jesse la guarda malizioso e poi torna con lo sguardo su di me, io come al solito alzo gli occhi al cielo allibita da tutta questa situazione.
lui si siede tranquillo sulla poltrona e si allaccia la cintura, vedendo che lo sto fissando mentre compie questa azione, si ferma.
J: scusa, che maleducato, ne volevi anche tu per caso?
non ci credo che sono venuta fin qui per uno stupido fermacarte.
io: allora, dov'è?
J: sei sicura di essere qui solo per il tuo fermacarte?
dice alzandosi, allacciandosi la cintura e avvicinandosi un po' troppo, ci divide solo una spanna.
io: e per che altro sennò?
J: per me.
io: ti piacerebbe.
dico seria.
J: oh, altroché.
lo spingo indietro e lui ridacchia, si allontana e su uno scaffale prende la mia piramide fermacarte.
io: grazie.
dico prendendola dalle sue mani ma blocco lo sguardo sul tavolino.
io: quella è erba?
lui si gira e si siede sul divano vicino al tavolino.
J: sì, questa è roba buona. non come quelle merdate che vi fumate voi a scuola.
io: e la tieni sul tavolino così, senza preoccupartene.
J: sì e quindi?
faccio spallucce.
J: ti va qualche tiro?
chiede accendendosi una canna. lo fisso per un po' senza rispondere.
io: beh, perché no?
appoggio il fermacarte sul tavolo e mi siedo in parte a lui e cominciamo a fare ping pong, dopo cinque tiri sono già fuori e non smetto di ridere, rido per qualsiasi cosa. si fanno presto le undici senza neanche rendermene conto.
io: è tardi, devo andare a casa, domani ho scuola.
esordisco ridendo ancora e alzandomi.
J: no, perché? resta ancora un po'.
dice prendendomi per il polso e tirandomi a se, facendomi cadere a cavalcioni su di lui. io scoppio a ridere, ma appena abbasso lo sguardo e mi trovo Jesse a un palmo dal mio viso mi zittisco, ci guardiamo consapevoli del fatto che da un momento all'altro potrebbe accadere qualcosa, qualcosa che a parer mio, sarebbe irreparabile. deglutisco e mi inumidisco le labbra, sento premere le sue dita sui miei fianchi e tirarmi lentamente più a se.
non so cosa succede, ma la parte sobria, quella ragionevole di me stessa mi dice che è sbagliato, se ora lo bacio, lui comincerà a piacermi, più di quanto non mi piaccia già. ma lui è come tutti gli altri, se non peggio, gli interessa solo il sesso, per lui non c'è niente di più.
io: sono tanto stanca.
lui mi guarda negli occhi e li socchiude, come per cercare di capire se sono seria o sto scherzando. quando capisce che non lo bacerò e non permetterò che lui baci me, annuisce e distoglie lo sguardo, come a ragionare sul da farsi.
J: ma certo.
dice tra un sorriso e con una voce comprensiva. tira su col naso e poi si sfrega la manica della felpa su di esso.
J: puoi dormire qui se vuoi.
annuisco e senza rendermene conto sprofondo la testa nell'incavo del suo collo. lui mi prende in braccio e mi sdraia sul divano, poi apre il divano letto e si sdraia accanto a me, così mi accoccolo alla sua spalla mentre Jesse mi accarezza i capelli.

Qualcosa Per Cui DrogarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora