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passo altri tre giorni in ospedale, i medici mi hanno parlato di contusioni polmonari, intubazioni, tac e altre cose delle quali non ho capito assolutamente niente. ma mi hanno dimessa assicurandomi che non sono in pericolo di vita, quindi sono tornata a casa.
non ho più visto Jesse da quando sono entrata in ospedale e questo mi ha dato modo di pensare, per quanto questa esperienza ci abbia uniti, sono ancora arrabbiata con lui per il modo in cui mi ha trattata prima che Tuco ci rapisse.
io gli ho parlato, gli ho detto tutto ciò che provo quando gli sono vicino e lui che ha fatto? si è approfittato di me, della mia vulnerabilità, non gli ho solo dato il mio corpo quella notte, ma anche il mio cuore, e lui l'ha preso, e senza pietà l'ha spezzato in mille pezzi, per poi ridarmi tutti i cocci. ma ora io che me ne faccio di questi frammenti?

in questi giorni Alex mi è stata sempre vicina, appena l'ho fatta chiamare dall'ospedale è arrivata subito e non se n'è più andata. ovviamente ho dovuto inventare una scusa per giustificare il mio malessere ai polmoni, le ho detto che ero in taxi e stavo andando da mio padre, al cimitero, a trovarlo, quando un'auto è spuntata fuori dal nulla e ci è venuta contro e io che non avevo messo la cintura sono andata a sbattere contro il sedile del passeggero. mi dispiace mentirle, ma di certo non potevo dirle che un super boss della droga aveva rapito me, Jesse e il nostro professore di chimica, che guarda caso è un produttore di metanfetamina, e ci ha rinchiusi in una casa di periferia. in compenso però le ho parlato del comportamento di Jesse e lei ha saputo capirmi e consolarmi, per quanto possibile.

arrivo a casa e sospiro chiudendo la porta, sono le cinque di un pomeriggio di inizio giugno, fuori c'è un caldo asfissiante. proprio mentre entro sento il mio cellulare squillare, lo prendo subito dallo zaino che è rimasto sul pavimento del corridoio fino ad ora, è Alex, faccio per rispondere ma la batteria muore, dovevo immaginarmelo. così lo metto in carica e mentre aspetto che si riaccenda, mangio uno yogurt. appena il telefono si riavvia, richiamo la mia amica.
A: ehi Zoe! tutto bene?
io: ehi, sì grazie, sto molto meglio e tu?
A: sisi, ne sono contenta. ti va di venire a casa mia stasera? è da un po' che non ci prendiamo del tempo per noi e penso che tu abbia bisogno di distrarti, soprattutto dopo la faccenda del taxi e di Jesse, prendiamo delle pizze e ci guardiamo un film, ti va?
onestamente? no. ho solo voglia di buttarmi a letto e dormire per il resto della mia vita, senza Jesse, senza mia madre, senza nessuno, solo io e il mio sonno eterno.
io: sì, certo. a che ora?
la sua voce era troppo felice per poter rifiutare questo invito, so che cerca solo di non farmi pensare alle cose successe con Jesse, e capisco le sue buone intenzioni, ma tanto ci penserei lo stesso.
A: vieni per le otto.
io: d'accordo, a dopo.
riattacco e vado subito a farmi una doccia, ne ho proprio bisogno, sfrego la spugna insaponata sopra ogni parte del mio corpo più di una volta, per togliermi di dosso la puzza d'ospedale, ma penso che serva di più alla mia testa per auto convincermi che ormai la storia con Tuco è finita e posso ricominciare. appena strofino la spugna sul mio petto ho come un flash della gomitata di Tuco e mi si stringe lo stomaco, ma cerco di non pensarci.
una volta pulita, mi metto dei jeans e una maglietta nera con lo scollo a V, mi asciugo i capelli e li sistemo il meglio possibile, poi mi infilo le scarpe e vado da Alex. quando arrivo, da fuori sembra tutto spento, quindi suono il campanello.
A: entra, è aperto!
mi urla dall'interno della casa, io faccio come dice ma appena entro constato che è veramente tutto spento.
io: ok, se è uno dei tuoi scherzi, sappi che non ne sono in vena...
cerco l'interruttore della luce e appena la accendo, saltano fuori un mucchio di ragazzi della mia scuola che urlano in coro "SORPRESAA!", li guardo senza saper cosa dire. la maggior parte di loro non li conosco, e ci scommetterei che per loro è lo stesso, come per la squadra di Cheerleader, o quella di football, ci sono perfino i ragazzi del club del libro. ma non mi meraviglio, infondo Alex è popolare a scuola, oltre ad essere l'organizzatrice di tutti gli eventi che ci sono a scuola è anche il capitano della squadra di Cheerleader, io davvero non so come fa a stare al passo con tutte queste cariche.
io: ok... beh, simpatici davvero.
affermo non sapendo che altro dire, per fortuna Alex viene da me e una volta partita la musica tutti si spargono per la casa.
A: non te l'aspettavi eh?
io: già... ma ecco, vedi, io pensavo che saremmo state solo noi due...
A: credevo che ti sarebbe piaciuta una festa di buon ritorno per festeggiare la fine della scuola.
io: sì, è fantastico ma... mi hai vista? non mi sono preparata per una festa.
A: oh ma non c'è problema! vieni con me!
mi prende per un braccio e mi trascina su per le scale, portandomi in camera sua.
A: ecco!
dice mostrandomi un vestito blu notte sul suo letto.
A: dai svelta, cambiati, la serata è appena cominciata!
metto il vestito luccicante e i tacchi, poi mi sciolgo i capelli, per fortuna sono abbastanza lisci. mi trucco un po' e sono pronta.
A: SEI-UNO-SCHIANTO!
io rido e lei mi porge una birra, poi torniamo al piano di sotto.
io: sai vero che hai invitato mezza scuola?
chiedo sorseggiando la mia birra.
A: sì...
io: aspetta un attimo, quindi c'è anche Kiran?
A: beh... sì, potrei averlo invitato.
sbuffo.
io: ti rendi conto che non farà altro che battutine irritanti sul mio conto?
A: senti, lui si è pentito, davvero. avrebbe voluto scusarsi con te martedì, ma tu non sei venuta a scuola e poi non gli sembrava il caso di raggiungerti in ospedale.
alzo gli occhi al cielo.
io: e menomale!
affermo seccata.
A: dagli almeno la possibilità di farsi perdonare, fallo per me.
dice unendo le mani in segno di preghiera e facendo un faccino da cagnolino bastonato.
io: vedrò cosa posso fare.
affermo indifferente bevendo un altro sorso.
A: ah, a proposito, c'è una cosa che non ti ho detto.
io: e cioè?
A: potrei aver invitato anche un'altra persona...
io: chi?
chiedo con no calanche.
A: Jesse...
io sgrano gli occhi e la guardo.
io: TU COSA?
A: sì, beh, sono andata al suo camper e l'ho invitato, dovrebbe essere qui a momenti.
io: scusa, come facevi a sapere dove abita?
A: ti ho portata da lui quel pomeriggio, ricordi?
io annuisco.
io: ah già.
A: all'inizio ero andata là per cazziarlo di brutto, lo ammetto, ma poi mi ha fatto entrare e mi ha spiegato che non era lucido e...
io: lo stai difendendo o mi sbaglio?
chiedo irritandomi.
A: no, però credo che dovresti...
io: io non dovrei proprio niente! eri tu che avresti dovuto stare al tuo posto! non avevi il diritto di invitarlo qui e soprattutto di dirgli che c'ero anch'io!
sbotto furiosa.
A: Zoe ti prego...
sbuffo acida.
io: guarda, lascia perdere, non importa, ormai il danno è fatto. vado a prendermi qualcosa di più forte di... una birra.
dico per poi andare in cucina e prendere la bottiglia di vodka alla pesca e cominciare a tracannarla tutto d'un sorso.
...: ehi, brutta giornata?
chiede una voce dietro di me mettendomi una mano sulla spalla, sussulto e mi giro.
io: ah sei tu.
affermo trovandomi Kiran davanti.
K: Zoe, volevo scusarmi per come mi sono comportato nelle ultime settimane, sono stato uno stupido, me ne rendo conto solo ora.
io: sì, Alex mi aveva accennato... ha farfugliato qualcosa sul perdonarti.
K: non mi aspetto che tu lo faccia... ah, e per la cronaca, mi sono meritato quel pugno.
dice riferendosi a quello che gli ha dato Jesse. io annuisco pensierosa.
io: non fa niente.
dico pentendomene subito.
K: come?
io: capita di sbagliare, e non so se sia l'alcol a parlare per me, ma a giudicare dal fatto che non mi sono ancora scolata l'intera bottiglia, suppongo di essere ancora abbastanza sobria.
cominciamo a ridere.
K: quindi, ora siamo amici?
io: se manterrai le distanze e non mi bacerai più, credo di sì.
K: beh, figo.
io rido, è evidente che entrambi siamo molto a disagio.
K: ho saputo che eri in ospedale... ma non ho capito il perché...
io: oh... ehm... un incidente d'auto.
dico cercando di ricordarmi la versione data ad Alex.
K: oh e tu come stai ora?
io: molto meglio, grazie.
improvvisamente alcuni ragazzi cominciano a cantare in coro, probabilmente sopraffatti dall'alcol. io guardo Kiran e poi scoppiano a ridere.
K: che ne dici di uscire da qui?
chiede divertito.
io: sì, forse è meglio.
dico per poi farmi prendere la mano e seguirlo, tenendo saldo con l'altra mano un bicchiere di tequila. stiamo per uscire dalla porta d'ingresso per andare in giardino a prendere aria, quando questa si apre e mi si para davanti Jesse. lui mi scruta attentamente e ferma lo sguardo sulla mano intrecciata a quella di Kiran, lascio cadere il bicchiere di tequila senza rendermene conto, mi risveglio da quello stato di trans solo quando il contenuto mi si rovescia sul vestito.
io: cazzo!

Qualcosa Per Cui DrogarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora